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Racconti Erotici Etero

Accadde per caso

By 18 Gennaio 2011Dicembre 16th, 2019No Comments

 

ACCADDE PER CASO

Sono arrivato in città da pochi ore. Appena il tempo di prendere l’autobus ed arrivare alla piccola casina posta al limite della città. Ho estratto il mazzo di chiavi dalla tasca dello zaino per aprire la porticina, che si era fatta da parte con un sospiro.
Tutto era come lo avevo lasciato o quasi, in quella piccola casa di due stanze più bagno. Un biglietto appeso alla parete mi da il benvenuto della padrona di casa lontana dalla sua dimora per motivi di lavoro. Mi invita a fare l’uso che meglio credo della sua piccola, ma accogliente casa. Sorrido e appallottolo il biglietto.
Appena disfatta la borsa, mi butto sotto la doccia calda che si porta via la fatica del viaggio. Avevo percorso 600 chilometri spinto dal desiderio, stuzzicato da una frase di solo sette giorni prima.
“Perché no?”. La frase lampeggiava sullo schermo, seguita dall’emoticon che faceva l’occhiolino. Rimasi per un attimo stupito. Non era la risposta che mi aspettavo alla domanda che avevo posto. Avevo semplicemente chiesto: “Ma tu la passeresti una notte di sesso con me?”. Pensai ad uno scherzo e ributtai ancora la domanda: “Passeresti una notte di sesso con me?”. Di nuovo la stessa risposta: “Perché no?”. Continuavo a non capire. Per rompere l’incantesimo dissi: “Ok, quando?”. Immediatamente la risposta “Sabato prossimo, qui da me”. Il resto era stato un susseguirsi di telefonate febbrili per trovare un alloggio e un rimandare impegni già assunti per la settimana in questione.
Ora ero a 600 chilometri di distanza aspettando che arrivasse l’ora dell’incontro. Mentre mi insaponavo il corpo ripensavo alle numerose discussioni avute con lei, alle battute, ai doppisensi, ai pomeriggi passati in messenger a discutere di sesso. Ma mai mi sarei aspettato di incontrarla così. Invece stava per succedere.
Alle 22:00 in punto il mio cellulare vibra. Rispondo: è lei. “Scendi sono sotto casa”. Appena fuori dal piccolo portone la vedo alla guida di una 500 di nuova generazione.
“Ciao!” la saluto.
“Monta dai, che andiamo a fare un giro”. Salgo in auto e vengo accolto dal suo profumo e da due schioccanti baci sulle guance. Partiamo alla svelta, mentre dall’autoradio arrivano le note di chitarre distorte a me sconosciute. Lei è concentratissima sulla guida e i suoi occhi fissi sulla strada. I miei sono invece fissi su di lei. E’ davvero carina stasera, proprio come me la ricordavo. Era vestita unicamente di un vestitino nero, leggero, che ben si adattava all’afa di quei giorni di Luglio. Sotto intravedevo il suo corpo piccolo e aggraziato, le cui gambe nervose tradivano una certa impazienza. Aveva voglia, voglia di vita.
Arriviamo in centro e lei mi pilota in un locale affollatissimo. Luci, tavolini all’aperto e musica caribeña a tutto volume. Ci sediamo ad un tavolo libero e ordiniamo qualcosa. La discussione langue, è evidente che l’imbarazzo ci frena. Nessuno dei due sa come finirà questa notte, anche se forse, in cuor nostro speriamo la stessa cosa. Frasi scontate sul viaggio e sul tempo. Ma la musica arriva in mio, nostro, soccorso.
Un ritmo di salsa, latino, che arriva qui in Italia passando chissà da dove. Non è il solito pezzo commerciale battuto dalle radio, ma una musica sconosciuta. Sembra che sia stata inventata apposta per noi.
“Vieni!” le dico. “Ma non so ballare la salsa” protesta lei. “Nemmeno io” ribatto. E così finiamo in pista cercando di fare la figura migliore possibile. Ridiamo come i matti cercando di imitare gli altri. Ad un tratto la musica si fa più sensuale, più coinvolgente, e i nostri corpi inevitabilmente si avvicinano e si toccano. I nostri sorrisi scompaiono. Il nostro respiro si fa corto. La musica ci spinge a stringerci l’uno con l’altro. Il cuore mi batte come il tamburo dell’orchestra del pezzo di salsa. Sembra che stia per sfondare il petto. Come per evitarlo, la stringo ancora di più a me sentendo il suo piccolo seno premere contro il mio petto. Le nostre bocche si sfiorano un attimo, incerte sul da farsi. Poi si uniscono nel bacio. Le nostre lingue mulinano veloci cercandosi, scontrandosi, lottando. La musica finisce di colpo lasciandoci storditi e confusi. Abbiamo passato il Rubicone, ne siamo consci entrambi.
“Andiamo?” mi domanda lei. “Si” le rispondo semplicemente.

Il viaggio verso la casina che ci aspetta sorniona, avviene nel più assoluto silenzio. Siamo entrambi come in trance.
La porta si chiude lentamente alle nostre spalle. Spengo il cell. per lasciare che il mondo resti fuori da quella porta. L’abbraccio mentre lei è di spalle. La sento trasalire al mio tocco, mentre le mie labbra si appoggiano al suo collo. Lei sospira assecondando con movimento del capo la mia lingua che inizia ad accarezzarla. Le mia mani vagano sul suo corpo accarezzandola.
Solo pochi passi ci separano dal letto. Li muoviamo incespicando. Così, stesa, è bellissima. Mi adagio vicino a lei e inizio a baciarla. Lei accoglie la mia bocca afferrandomi il capo, quasi temendo che possa scappare. La sua mano mi preme la nuca. Abbandono per un attimo le sue labbra per scendere verso il resto del corpo. Scivolo sicuro verso l’incavo dei suoi piccoli seni. Abbasso le spalline del vestito e li libero dalla costrizione del reggiseno. I suoi capezzoli sono irti, duri e puntano verso di me quasi con arroganza. Mentre li stuzzico con la mano, le sfugge un gemito e la bocca scende subito a dare sollievo. Mi attacco a quei dolci bottoncini come un cucciolo. Li sento duri e sodi nella bocca, mentre l’altra mano cinge l’altro seno quasi a volerlo soppesare.
I denti si serrano delicatamente intorno a quei piccoli bottoni del piacere, mentre posso udire distintamente il battere affannoso del suo cuore.
La mia lingua scende ancora verso il suo stomaco, lasciando dietro di sé una scia umida quasi a voler segnare il cammino per poter ritornare indietro. Ma ormai non è più possibile ritornare indietro. Il vestito scende con l’avanzare del mio viso. La mia lingua conquista prima lo stomaco, poi l’ombelico, infine il suo ventre piatto. Sono ormai di fronte al suo giardino segreto protetto da un velo di sottile nylon nero. Il profumo inebriante che ne sale mi stordisce. Abbasso gli slip già umidi di desiderio. Mi rivelano un sesso completamente depilato, bagnato e leggermente dischiuso. la bocca inizia una danza intorno a lui mentre le mani accarezzano le sue gambe lisce.
Un attimo di pausa e infine mi tuffo su quella perla di Venere. La mia lingua si fa strada senza fatica tra le pieghe della sua giovane carne, raccogliendo i suoi saporosi umori. Mi bevo il suo nettare senza esitazione. La punta della mia lingua individua il centro del piacere nel piccolo clitoride eretto, gonfio di voglia e lo tempesta di mille colpetti. Lei sobbalza sotto le mie mani e singhiozza di piacere. Ho il viso lustro dei suoi umori, mentre la tortura continua. Il mio pene è gonfio da farmi male e preme contro i jeans per uscire. Ma le mie mani sono ora troppo occupate a dare sostegno al lavorio della lingua, evidenziando il clitoride. Le mie labbra formano una “o” perfetta e si chiudono a succhiare quell’appendice di piacere. Non passa molto e un orgasmo la scuote urlando. Rimane come morta.
Risalgo il suo corpo baciandola mentre lei si scioglie in un abbraccio. Rimaniamo così allacciati solo pochi minuti.

E’ lei a risollevarsi. Mi spinge supino mentre con un movimento da gatta scivola su di me fino a posizionarsi a cavalcioni delle mie gambe. Il suo sesso è a pochi centimetri dal mio ancora inguainato dai boxer e dalla resistente stoffa dei jeans. Lei sorride maliziosa e inizia a slacciarmi la cinta dei pantaloni. Indice e pollice e il bottone yankee cede. Con un movimento sinuoso mi sfila i pantaloni. Si sdraia su di me premendo sulla dolorante erezione con il suo corpo e mi sfila anche la T-shirt. Ora sono con solo i boxer indosso di fronte a lei. Le scarpe sono scomparse già da molto tempo. Lei mi bacia il petto, solleticandomi i capezzoli con la sua lingua impertinente mentre una mano e scesa a massaggiare il mio pene eretto. La supplico di porre fine a quella tortura. Lei fa una risatina sommessa e si sposta. Afferra i mie boxer ai lati che lentamente scendono, rivelando un’erezione da record. Lei la osserva solo un attimo poi l’afferra col pugno, masturbandomi. Mi fissa negli occhi mentre la sua mano si muove su e giù su di me. Non riesco a sostenere il suo sguardo, sconvolto dal piacere. Appena chiudo gli occhi avverto il pene avvolto dal un dolcissimo calore mentre riconosco il ritmo del sesso orale. Apro solo un attimo gli occhi per godermi lo spettacolo della sua bocca che scorre leggera sul mio membro lucido della sua saliva. Vedo la sua lingua disegnare immaginari arabeschi sulla punta del mio pene gonfio.
Sento l’orgasmo crescere dentro di me. L’avverto sollevando il capo. Lei mi fa solo cenno di starmene giù buono. Crollo di nuovo, ormai avvinto dalle sue carezze che si sono fatte più veloci. Sento aumentare il ritmo proporzionalmente al mio desiderio. Sempre più veloci, sempre più veloci, le su labbra mi stimolano il mio pene gonfio. Una mano scende ad accarezzarmi i testicoli nel momento stesso in cui questi lasciano andare un torrente di seme bollente fra le sue mani.
Sto tremando, ma incredibilmente mantengo l’erezione. Lei lo nota e senza dire nulla mi monta a cavalcioni impalandosi sul mio sesso eretto. La vedo rimanere un attimo ferma (sorpresa?) e poi iniziare a muoversi lentamente sul mio pene eretto. I miei occhi sono fissi sul suo seno che non sobbalza nemmeno di un millimetro tanto è sodo. Muove il bacino con maestria, gustandosi bene quel pezzo di carne bollente che tiene stretto nella sua intimità. La cavalcata aumenta di ritmo. La vedo approssimarsi all’orgasmo mentre si china per ficcarmi in bocca i suoi capezzoli bisognosi di coccole. Io la rovescio e la metto prona. La penetro, strappandole un urletto seguito dal dei gemiti profondi. La mia punta paonazza si incunea imperiosa fra le labbra affamate del suo dolcissimo sesso. Il mio pube sbatte contro il suo. Con furia, con foga. Sento scorrere il mio arnese dentro di lei senza difficoltà alcuna. Spingo dentro di lei tutto il mio ardore. Con una mano la tengo per i fianchi snelli, mentre con l’altra le metto un dito in bocca che lei succhia avidamente. La tempesto di colpi, la martello. I nostri movimenti sono ormai scoordinati, scomposti. Sento un sussulto, mentre i muscoli della sua vagina si tendono strozzandomi il pene. Questo mi manda il sangue alla testa mentre, l’orgasmo monta in me improvvisamente. Veniamo travolti entrambi da un piacere diabolico e squassante. Le riverso nelle viscere numerosi schizzi del mio seme.
Ci abbandoniamo stanchi e spossati l’uno nelle braccia dell’altro mentre fuori, la notte, scorre silenziosa.

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