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Racconti Erotici Etero

ADORABILI CREATURE 1: Luigina, la signora Bolis

By 19 Luglio 2011Dicembre 16th, 2019No Comments

La maestrina
Quasi tutti i bambini si innamorano della loro maestra quando questa é giovane e bella, la signorina Ranzani era tutto questo; veramente, non voleva che la chiamassimo così, diceva che ‘signorina Luigina’ era molto più bello.
Per me, la signorina Luigina era la più bella ragazza che avessi mai visto, ora a distanza di anni credo che il fascino particolare che emanava la sua persona fosse dovuto alla dolcezza con la quale sapeva trattare noi ragazzi, mentre attraversavamo quel periodo che cessa di essere infanzia senza essere ancora adolescenza. Ubbidivamo prontamente ad ogni suo comando, lo facevamo non perché ci minacciasse, ma perché non ubbidirle avrebbe significato rattristarla.
Non so se Luigina fosse veramente bella, per me lo era perché aveva un bel viso e per un ragazzino il viso é la cosa che più colpisce in una donna, ma credo che lo fosse veramente perché nel paese molti giovanotti si fermavano a guardarla quando passava.

Aveva una figura sottile che abiti semplici senza pretesa, mettevano in risalto con una eleganza fatta di semplicità, i suoi capelli erano biondo oro, li portava cortissimi, il che conferiva al suo capo l’aspetto di un pulcino, che metteva tenerezza. Era parere di tutti che la maestrina fosse una ragazza seria perché non dava confidenze a nessuno, specie ai giovanotti che nei paesi usano ronzare attorno alle ragazze più graziose.
Il mio più che amore era adorazione, durante tutta la durata dell’anno scolastico il mio unico pensiero era compiacerla, per questo studiavo con diligenza riuscendo quasi sempre ad essere fra primi della classe. Nulla riuscì mai a scalfire la mia devozione per la maestrina, neanche quando la sorpresi. . .

Ero un ragazzino e come ho detto, quello era l’ultimo mio anno delle elementari. Una domenica di giugno, ricordo che faceva molto caldo, quando con un gruppo di compagni decidemmo di andare in cerca di nidi, ci sparpagliammo per rendere la nostra ricerca più proficua. Io camminavo il naso in aria scrutando fra le fronde degli alberi che crescevano sul bordo del ruscello, ad una quindicina di metri dagli altri miei compagni.
Se avessi notato lo scooter fermo sul bordo del campo di grano, avrei capito che il fruscio che giungeva di fra le messi era dovuto ad una coppia che si era appartata e non avrei deviato dal mio cammino inoltrandomi fra le alte spighe.
Avevo appena fatto pochi metri che quasi inciampai nella coperta stesa sulla quale giacevano i due. Mi fermai senza parole, non vidi subito la ragazza, rimasi colpito dalla vista di due gambe sollevate fra le quale si agitava l’uomo che i calzoni abbassati alle caviglie sollevava e abbassava il sedere grugnendo e pronunciando parole incomprensibili che sovrastavano i gridolini della ragazza avvinghiata con le braccia alla sua schiena.

Tutto avvenne in pochi istanti durante i quali notai meccanicamente gli indumenti femminili sparsi tutto attorno e la parte del corpo chiaro lasciata scoperta dall’uomo che gravava sopra di lei. La ragazza era nuda e sicuramente giovane, nessuno dei due si avvide della mia presenza, solo dopo pochi istanti lei voltò il capo dalla mia parte e spalancò gli occhi.
Mi venne un tuffo al cuore riconoscendo la mia maestra, anche lei mi riconobbe. La sua espressione cambiò di colpo ma ebbi il tempo di leggere sul suo viso l’emozione che doveva provare in quel momento. Mi fissò a bocca aperta, i tratti del bel viso deformati dal terrore, avrebbe gridato ne ero sicuro, con uno sforzo girai sui tacchi e scappai.
Non udii nessun urlo, corsi verso il mio compagno più vicino e trovai una scusa per fargli cambiare strada. Non dissi nulla di quanto avevo visto e quando senza farmi vedere guardai nella direzione dei due, vidi solo la distesa di grano.
Abitando in campagna accade spesso di vedere animali che si accoppiano, ma non avevo mai visto un uomo e una donna fare all’amore. Riconosco che se non si fosse trattato della mia maestrina non sarei rimasto sconvolto più di tanto, ma era la signorina Luigina! Mi ero abituato a vederla così compita e dolce che non riuscivo a capacitarmi che fosse proprio lei! Il lunedì mattina ne ebbi la conferma.

Entrò in classe pallida come se stesse male, evitava di guardarmi, malgrado questo i suoi occhi si volgevano verso di me come se fosse una calamita ad attirarli. Era tanta la sua paura che non mi interrogò come faceva gli altri giorni e quando alzai la mano per rispondere ad una domanda che aveva rivolto a tutta la classe, credetti fosse sul punto di svenire. Mi faceva proprio pena! Maledii il giorno che l’avevo così inopinatamente sorpresa; mai e poi mai l’avrei tradita e a poco a poco mi dimenticai dell’episodio.
Luigina con il passare dei giorni comprese che nulla avrei fatto trapelare dell’accaduto, riprese il suo normale colorito e la sua allegria, e io continuai ad amarla in silenzio.
Le scuole finirono, andai alle medie, ormai vedevo di rado la maestrina e quando l’incontravo era con me sempre gentile. Alle superiori dovetti recarmi a Firenze per frequentare il corso per Geometri, gli studi mi assorbirono interamente, prendevo il treno la mattina e rientravo la sera stanco.

La signora Pardi
Mia madre faceva la sarta e durante il mio tempo libero cercavo di aiutarla facendo le commissioni oppure consegnando gli abiti alle signore del luogo, fu proprio svolgendo quest’ultima incombenza che ebbi il mio primo rapporto intimo con una donna.
Quando bussai alla porta del notaio Pardi nessuno rispose. Udendo provenire dall’interno della casa il suono di una radio accesa, girai la maniglia ed entrai.
– Permesso? – chiesi inoltrandomi timidamente lungo il corridoio.
– C’é nessuno? – Un suono proveniva dall’unica porta aperta, mi avvicinai, ora udivo anche uno scroscio d’acqua, mi fermai di colpo, la signora Pardi era ritta nella vasca da bagno, nuda con in mano una saponetta, si stava lavando ignara della mia presenza.
Mi voltava per tre quarti le spalle e stava finendo di insaponarsi i fianchi. Era la prima volta che vedevo una donna al naturale e la vista di quel corpo levigato coperto di bollicine di sapone provocò in me una subitanea erezione.

Se fossi scappato subito, avrei evitato di essere sorpreso con l’uccello che deformava il davanti dei miei calzoni leggeri, ma rimasi incantato. La signora ora si stava sciacquando, dirigendo con una mano il getto della doccia mentre l’altra passava dove l’acqua colpiva per allontanare ogni traccia di schiuma.
I suoi movimenti erano lenti, la mano che percorreva il suo corpo precedendo il getto sembrava accarezzarlo e forse lo accarezzava veramente da come passava e ripassava fra i seni, ne seguiva la forma come a plasmarli, sollevandoli per guardare il getto colpire la cima dei promontori dove i capezzoli erano tesi, turgidi. . .
Cielo com’era bella la signora Pardi! Era la prima volta che una donna mi appariva diversa! Non un angelo come la mia maestrina o come molte fanciulle della mia età, ma un essere capace con la sola presenza di farmi indurire l’uccello. Ora il getto colpiva la groppa della donna, la mano passando faceva defluire le bollicine lungo le cosce simili a colonne poi la mano passava fra le natiche separandole.
Non mi ero mai masturbato, ma la vista di quella femmina nuda mi fece portare inconsciamente la mano all’uccello. Fu proprio in quel momento che la voce gridò:

– Nicola! Cosa fai . . . Signora! –
Non avevo udito entrare la cameriera del notaio, era lì con la sporta della spesa in mano, lo sguardo indignato. Vi fu un rumore di acqua smossa poi la signora uscì avvolta in un asciugamano.
– Cosa c’é Alice. . . Nicola, cosa fai qui? –
Non aveva avuto il tempo di asciugarsi, le gocce colando bagnavano il pavimento; non sapevo cosa dire, cercai di nascondere il mio turbamento con il pacco dell’abito che dovevo consegnare, riuscii appena a farfugliare:
– Ho suonato, poi ho sentito la radio e sono entrato. . . –
La cameriera si avvicinò inviperita e strappandomi l’involucro accusò:
– La stava spiando, guardi signora! Si masturbava anche! –

Aveva puntato il dito indicando la gobba che faceva il mio uccello che non voleva saperne di ammosciarsi. La signora guardò il rigonfiamento dei miei calzoni e disse.
– Non ti vergogni? Cosa dirà tua madre quando lo saprà? –
Mi stavano venendo le lacrime agli occhi.
– Signora no . . . non glielo dica! –
Dovevo avere lo sguardo di un cane bastonato perché l’espressione della donna cambiò divenendo da arrabbiato a ironico, Con sgomento vidi che l’asciugamano si stava sciogliendo senza che la signora facesse mostra di volerlo fermare, lo trattenne da un lembo prima che cadesse e cominciò ad asciugarsi osservandomi con una strana espressione senza curare di coprirsi.
-Ti piace guardare di nascosto le donne nude? Voglio accontentarti, guardami, sei soddisfatto? –
Lasciò cadere del tutto l’asciugamano e mi fissò con aria di sfida. Ero sgomento, la vista della sua nudità aumentò il mio turbamento mentre la signora compiaciuta sollevava le braccia e roteava lentamente su se stessa poi si fermò piantandosi davanti a me.
– Allora, cosa dici? –

Donne nude ne avevo viste soltanto nelle riviste che i ragazzi facevano circolare di nascosto a scuola ma il vederne una di carne mi lasciò senza parole. Conoscevo la signora Pardi solo di vista quando passava altera per le vie del paese con un’eleganza che metteva soggezione, era come se la vedessi per la prima volta.
Malgrado avesse da poco superato la quarantina era quello che sicuramente chiamano una bella donna, solo il viso con le piccole rughe appena visibili attorno agli occhi ne tradiva l’età pur essendo molto bello. I capelli erano rimasti corvini, la bocca dalle labbra spesse e sensuali erano atteggiate in un’espressione di scherno che ebbe il potere di trasformare il mio turbamento in una rabbia mista al desiderio insano di scagliarmi su di lei. Volevo urlare di coprirsi, ma lei mi fissava beffarda, sicuramente eccitata dalla situazione che lei stessa aveva creato mostrandosi senza veli.
Lasciatemi andare! – supplicai.

Feci per scappare ma la cameriera mi bloccò, la signora si fece vicina.
– Sarebbe troppo facile vero Alice? Anche noi vogliamo vedere come sei fatto, su spogliati altrimenti. . . –
La minaccia era troppo terribile perché potessi ignorarla, la cameriera mi lasciò ma rimase piantata fra me e la porta rendendo vana ogni mia speranza di fuga. Cercai di non guardare le due donne mentre mi toglievo i vestiti.
– Anche gli slip, presto! – ordinò la donna.
Abbassai anche quelli e li tolsi, la signora prese le mani che avevo portato al bassoventre per nascondere il mio sesso e le scostò, la risata nervosa della cameriera aumentò la mia confusione.
– Niente male d’avvero! Ti va di divertirti Alice? –
– Lo sa che ho le mie . . . Ma lei può farlo, Nicola non dirà nulla di sicuro! –
Già, lo penso anch’io. . . –

La donna continuando a tenere ferme le mie mani guardava il mio uccello poi sollevò lo sguardo fissandomi, aveva negli occhi una luce che malgrado la mia paura mi fece un effetto che certamente contribuì a far sì che il pene rimanesse alzato. Era vicinissima, i seni che quasi sfioravano il mio petto erano bellissimi, simili a frutti. Credo che sia a causa della vista delle tette della signora Pardi, opulente e sode che da allora la mia predilezione in fatto di donne é a favore di quelle bene in carne con i seni da matrona purché fermi come quelli che la donna esibiva sotto i miei occhi.
– Signora . . . – farfugliai ancora, ma la sua decisione era presa.
– Da come mi guardi si direbbe che non sei mai stato con una donna, ho ragione? Allora é il momento che cominci, sono sicura che ti piacerà, su, vieni! –
Mi prese per una mano e mi trascinò lungo il corridoio, la cameriera aprì una porta, la donna mi spinse dentro richiudendola dietro di sé. Si fece subito vicinissima, cercai di oppormi ma la signora mi sovrastava di quasi un palmo ed era molto forte. Mi abbracciò attirandomi contro di lei, schiacciando i seni contro il mio petto.

Malgrado la mia paura non potei fare a meno di provare un brivido lungo la schiena al contatto del corpo nudo, fresco che premeva contro il mio; il profumo di lavanda che colpì le mie narici era piacevole, nel fissarmi la sua espressione divenne quasi tenera e prima che potessi rendermi conto aveva posato la bocca sulla mia.
Da principio trovai piacevole il contatto delle sue labbra ma poi quando sentii qualcosa che si insinuava nella mia bocca, la sua lingua credo, mi scostai, se non disgustato, almeno sorpreso.
– Cosa c’é, non vuoi essere baciato? Sei uno sciocco, almeno vorrai scopare con il cazzetto duro che ti ritrovi! –
Mosse il ventre per sentire il mio uccello, oh era osceno ma anche terribilmente eccitante sentire la sua pelle contro la mia. Le sue mani scesero lungo la mia schiena, il mio sedere e afferratomi dietro le cosce mi schiacciò contro di lei continuando a muoversi lubricamente, tentò ancora di baciarmi ma davanti al mio rifiuto desistette.

Eravamo ai piedi dell’ampio letto matrimoniale, la guardai salire ginocchioni, lo fece senza curarsi di mostrare il deretano tondo, pieno, che a distanza di anni ricordo ancora dandomi dello sciocco per non aver saputo apprezzare una simile bellezza. Ma allora, alla vista di quelle chiappe esposte, di quel solco ombreggiato da peli nerissimi che si infittivano in un cespuglio folto là dove le natiche terminavano, mi chiedevo come poteva la moglie del notaio mostrarsi in una postura tanto indecente.
La vidi sistemare con cura i cuscini, poi si voltò coricandosi, e la testa sui guanciali candidi mi sorrise.
– Allora, cosa aspetti? –
Divaricò le gambe, conscia dell’effetto che doveva fare sul ragazzetto timido che la guardava a bocca aperta col pene teso allo spasimo, doveva provare un piacere perverso vedendo come il mio sguardo vagava smarrito sui seni che malgrado la posizione si mostravano compatti, sodi, i capezzoli eretti. Anche se non volevo non potevo fare a meno di vedere il ventre ancora piatto, la vita stringendosi faceva coi fianchi una curva che si allargava nelle anche ampie, voluttuose.

Le gambe erano lunghe e molto belle, le cosce possenti conducevano lo sguardo alla macchia dei peli, arruffata e scura, che celava il sesso e si diradava verso il basso lasciando vedere l’inizio delle natiche.
– Cosa aspetti? su, vieni! –
Mi tese le mani, il sorriso della signora era diventato suadente, invitante. Salii ginocchioni sul letto, fra le sue gambe. Lei afferrò il mio uccello e con mano sicura se lo puntò alla cieca fra le cosce, sentii i peli contro la cappella poi una morbidezza umida. L’altra sua mano mi ghermì dietro il sedere attirandomi sopra di lei, la mano mi schiacciò contro il corpo che sentivo sodo. . .
Sei dentro di me, lo sai? – sussirrò al mio orecchio.
Che emozione provai al contatto della sua pelle fresca ancora umida! E che contrasto col calore che attorniava il mio pene, si, ero dentro di lei, nella fica che non avevo ancora visto!
Dai, cosa aspetti, scopami. . . sai come si fa vero? –

Le sue mani si fecero leggere, sollevai le reni, la vulva della signora accarezzò lungamente il membro che usciva dal suo ventre, le mani premettero. . . Lo ricevette sospirando, arretrai ancora. Le mani mi ricacciarono dentro e. . . ancora, ancora guidando i miei movimenti, accelerando piano i colpi del mio cazzo che scorreva nel suo grembo. Cercò la mia bocca ma mi rifiutai mentre sentivo un piacere perverso impadronirsi del mio pene.
– Fermati! Non sai per niente scopare! Ora che sei dentro non devi aver fretta, muoviti adagio, fammi vedere se riesci a farmi godere, dai! –
Lasciò il mio sedere, le sue parole avevano ferito il mio amor proprio. Posai le mani ai lati del suo corpo e fissandola negli occhi sollevai il bacino. Ritirai adagio il pene e lo affondai lentamente.
– Bravo . . . cosi! –
Lo feci ancora di colpo sbattendo il ventre contro il suo. I bei seni oscillarono, prima che si fermassero lo sbattei nuovamente, oh come si muovevano quelle tette al ritmo dei colpi che mi cacciavano in fondo al suo ventre.

– Si . . . si . . . – alitava la signora.
Era piacevole sentirlo scorrere nella sua vagina sempre più bagnata, la donna chiuse gli occhi, cominciò a muoversi, a ondulare mentre dalla sua bocca uscivano lunghi sospiri. Chinai il viso attirato dalle belle labbra, mi scostai non appena la donna mi tese la lingua ma baciai il collo teso, l’attaccatura delle spalle continuando a far andare la verga fra le calde sue cosce. Si muoveva anch’essa venendo incontro al mio ventre, al mio pene con la vulva madida ricevendomi con sospiri estasiati che mi riempivano di gioia. La signora provava piacere abbandonandosi ad occhi chiusi incurante del mio sguardo che seguiva i seni in movimento. Mi fermai.
– Adesso le piace? – chiesi inorgoglito.
Una sorta di affanno sollevava i seni che sfioravano il mio petto. Aspettò prima di rispondere.
– Piccolo caro . . . mi stai facendo godere sai? –
La sua mano si posò sul mio sedere, scese lenta, toccò i testicoli, la base della verga immersa nel suo ventre.
Senti com’&egrave bagnata la mia passera, é merito del tuo cazzetto sai? –

Ritirai adagio il pene e lo affondai; continuai con lunghi colpi che scuotevano il bel corpo.
– Caro. . . scopi già bene, stai imparando sai? –
Si abbandonò completamente gustando lo scorrere del pene nella vagina scivolosa. Rovesciò il capo con un lungo gemito, baciai la gola scendendo sulle sue spalle e leccando la pelle liscia sospirai in estasi:
– Signora . . . &egrave la prima volta che lo faccio! –
– Mhhh. . . sei il mio puledrino! Oh montami col tuo cazzetto duro. . . Mhhh caro. . . sono tua! Ahhh. . . é bellissimo! Non fermarti. . . mhh. Continua così. . . –
Presi a scorrere in lei con colpi di reni sempre più veloci, spronato dalla signora che non riusciva a trattenersi, gemendo ogni volta che il pene sprofondava nella vulva sempre più scivolosa. Era osceno e sconvolgente come si contorceva offrendosi alla penetrazione che sembrava gradire oltremodo.

– Caro. . . oh mi fai godere! Mhhh. . . sono tua! Mhhh. . . mi fai venire. . . –
Ero talmente felice che non mi importava del mio piacere, solo il piacere di quella donna altera contava! Mi prodigai agitandomi, scorrendo col pene nella vulva palpitante finché esclamò:
– Ahhh . . . sto per venire! Non fermarti. . . dai. . . Oh caro. . . ahhh ! ! ! –
Si inarcò sollevandomi in una posa tanto innaturale che il pene uscì dal suo corpo.
– Ti prego! – supplicò col capo e i piedi puntati sul letto, le cosce spalancate, la fica ancora aperta. Mi inginocchiai fra le sue gambe e sostenendola alle natiche con entrambe le mani affondai di nuovo il pene. Urlò:
– Ohhh fottimi . . . fottimi . . . più forte! –
Era la prima volta che facevo godere una donna, lo ricorderò per tutta la vita! Bastarono pochi colpi e sentii la vagina della signora pulsare, stringendosi e rilassandosi attorno al pene che facevo scorrere con lunghi colpi di reni.

– Adesso! Ahhh . . . ahhh . . . sto venendo! Ah . . . ah . . . adessoooo! ! ! –
Un fiotto liquido bagnò il mio pene, non mi fermai continuando a scorrere nel suo grembo con gli occhi fissi sui seni che si muovevano al ritmo della mia monta mentre il suo capo si agitava senza posa. Infine si adagiò e mi strinse sopra di se accarezzandomi la schiena.
– Oh caro . . . era da tanto che non godevo! Ma tu . . . sei venuto? –
Non sapevo cosa volesse dire ma scossi il capo, tutto preso dall’orgasmo della signora avevo appena cominciato a provare piacere e ora nel calore del suo ventre ero estasiato dalle ultime contrazioni della sua vagina attorno al mio cazzo.
– Signora. . . non ho fatto in tempo. . . –
Arrossì, i suoi occhi mi fissarono dolcemente, passò le mani nei miei capelli.
– Devi godere piccolo mio, ora! Voglio sentire gli schizzi del tuo cazzetto e guardarti mentre vieni. Su, continua, scopami! –
Mi sollevai e con lunghi colpi di reni ripresi a scorrere nella vulva bagnata e calda. Lei mi incoraggiava con parole dolcissime.

– Dai mio bel maschietto . . . dammelo ancora il tuo cazzo, fammelo sentire fin su, dai! Come vuoi che mi metta, così? –
Prese le gambe sotto le ginocchia tirandole a se, aprendole ai lati del suo busto in una posa oscena, spiando sul mio viso il piacere che prese a salire diffondendosi nel mio corpo. Cominciai ad ansimare mentre una libidine infinita offuscava i miei sensi.
– Stai godendo caro? – chiese.
– Si . . . si . . . oh signora! – ansimai.
Accarezzai le sue cosce scendendo alla loro giunzione, le mie dita toccarono il membro. . . Era bellissimo sentirlo entrare e uscire nella vulva morbida, lo affondai ancora e . . .ancora.
– Mhhh . . . così mi farai venire di nuovo . . . ohhh si . . . fai forte . . . ahhh . . . –
La signora godeva nuovamente, la sua vagina fu nuovamente innondata, si agitò gemendo. Sollevai il capo.

– Signora . . . ohhh sto godendo! –
– Anch’io . . . ahhh dammelo tutto! –
– Ecco. . . ecco. . . ahhh. . . –
– Ahhhh . . .
– Signora. . . signoraaaaa ! ! ! – rantolai iniziando ad eiaculare.
– Si. . . si . . . ti sento . . . sento i tuoi schizzi! Oh che bello . . . mhh. . . ahh. . . –
Il piacere fu così travolgente che mi fermai, lei allora si mosse massaggiando con la vagina pulsante il pene che schizzava sobbalzando. L’orgasmo fu per entrambi sconvolgente, lunghissimo e ci lasciò esausti.
Molto più tardi, mi ritrovai solo nella camera ancora incredulo. Avevo scopato la signora Pardi! Il pensiero mi riempiva d’orgoglio ma la mia esultanza svanì quando entrò la cameriera che con un sorriso ironico mi porse i vestiti.

– Vestiti, il signor notaio sta per rientrare! –
Mi rivestii sotto lo sguardo della ragazza che poi mi riaccompagnò lungo il corridoio.
– Nicola! –
Entrai nel salotto dove la signora si stava provando il vestito che avevo portato, mi guardò appena ma accennò col mento a due biglietti da mille lire posati sul tavolino.
– Prendili, sono per t&egrave. Dì a tua mamma che va bene e che passerò da lei per qualche ritocco. . . ascolta: oggi non é successo niente capito? –
Feci di sì col capo e poco dopo mi ritrovai nel sole con le duemila lire in mano chiedendomi se avessi sognato.
Fu sul treno che da Firenze mi riportava a casa che cominciai a vedere regolarmente la mia maestra delle elementari. La scuola dove insegnava Luigina aveva chiuso e lei aveva trovato lavoro in un paese vicino. Anche se per una sola fermata, facevamo il tragitto assieme, questo rinnovò il mio amore mai completamente sopito.
Scendendo percorrevamo un tratto di strada insieme chiacchierando allegramente. Nessuno trovò mai nulla da ridire se la maestrina si accompagnava a me, andavo allora sui diciotto anni ma ne dimostravo di meno, sembravo poco più di un bambino.
Dissi dei miei studi, parlammo dei cantanti allora in voga, Luigina disse che era fidanzata e che al ritorno dell’amato che lavorava in Germania si sarebbero sposati. Nessuno dei due accennò a quello che era successo anni prima ma a volte mi sembrava dal modo che aveva di scrutarmi, che vi pensasse.
Una volta incrociammo la signora Pardi, erano passati solo poche settimane dalla mia avventura con la moglie del notaio, Luigina vide lo sguardo ambiguo e il sorriso ironico che la donna mi lanciò e arrossì.
Una domenica mia madre andò a trovare un’amica all’ospedale di Firenze e dovette assentarsi per tutta la giornata. Al ritorno dalla stazione dove l’avevo accompagnata incontrai Luigina che usciva da messa, gli raccontai che ero solo e lei subito mi invitò a pranzo a casa sua. Il pensiero di non dovermi accontentare di un panino e sopratutto di stare in compagnia della mia amata mi riempì di gioia. Accettai con gratitudine.

A mezzogiorno suonai alla sua porta, Luigina apparve sorridente mostrando di gradire veramente la mia visita, prese la scatola di cioccolatini che le porgevo.
– Grazie Nico. . . ma non dovevi! –
La tavola era apparecchiata con gusto, la ragazza corse indaffarata in cucina e dandosi da fare ai fornelli scambiava con me battute scherzose.
– Su, a tavola! – disse apparendo con un vassoio dal quale si levava un profumino invitante. Era tutto buonissimo, feci onore alla sua cucina facendo felice la ragazza che mi guardava sorridente, lei stessa mangiò con appetito.
– Sono contenta di averti con me, é triste essere sempre sola. . . Sai sono quasi due mesi dall’ultima volta che Roberto é venuto in Italia, guadagna bene sai? –
Poi all’improvviso il suo sguardo si rattristò.
– Ma i soldi non sono tutto. . . eppure ci fanno comodo ora che dobbiamo mettere su casa! Mi manca, mi manca tanto. . . é molto caro sai, credo che ti piacerebbe! Voglio presentarvi, anzi, verrai al nostro matrimonio. . . ho ordinato l’abito, lui vuole che sia bianco anche se. . . – si interruppe e arrossì.
– Sarai bellissima! – dissi.
Non volevo che parlasse ancora di Roberto, la gelosia che provavo mi fece capire che ero più che mai innamorato della mia maestrina. Dirottai la conversazione su altri argomenti, sui miei studi, sul suo lavoro.

– Insegno a dei ragazzi che hanno l’età che avevi quando. . . Ma tu eri già un uomo perché ti comportasti da uomo! Non ti ho mai ringraziato per aver taciuto di quella volta, lo faccio adesso! Sai, é difficile vivere per una ragazza, non ci vuole nulla a essere considerata una poco di buono. . . Ho ventisei anni e certe necessità. . . per fortuna ora che sono fidanzata é più facile. E’ la prima volta che ne parlo, ma tu sei un amico!
Capivo quello che intendeva dire e mio malgrado avvampai, fortunatamente la maestrina non se ne accorse, si era alzata cominciando a sparecchiare. L’aiutai a portare i piatti e una volta lavati ad asciugarli, quando tutto fu finito, si tolse il grembiule che aveva indossato sul vestitino leggero; vedendo che la guardavo con occhi ammirati piroettò su se stessa mostrando le ginocchia nervose.
– L’ho fatto io, ti piace? – chiese con una punta di civetteria.
– Si, é molto grazioso. – sorrise e chiese ancora:
– E io ti piaccio? – deglutii prima di rispondere.
– Si, sei bellissima! – questa volta si accorse del mio rossore.
Si fece seria e si avvicinò scrutando il mio viso piantando infine gli occhi azzurri nei miei pronunciò una frase che rimbombò nel mio cuore:
– Anche tu sei bello e. . . mi piaci! Vorresti baciarmi? –
– Si. . . – la sillaba uscì da sola dalla mia bocca.

Si avvicinò fino a sfiorarmi, ancora incredulo respirai il suo profumo, lei posò le braccia tornite ai lati del mio collo, osai porre le mani sul suo vitino. . . Il suo viso assunse un’espressione di attesa, chiuse gli occhi. . .
Le sue labbra erano morbide quando vi posai le mie, si dischiusero subito. . . Cielo come batteva il mio cuore, alla leggera pressione delle mie mani fu tutta contro di me. Dopo un po scostò il viso, lessi la sorpresa nei suoi occhi:
– Non hai mai baciato una ragazza? – chiese.
– No, mai. . . – non dissi della moglie del notaio, fu lei a parlarne:
– Neanche la signora Pardi quando. . . – sorrise al mio stupore.
– Me l’ha detto Alice la cameriera, ci ha visti insieme sul corso e ha voluto avvertirmi: ‘attenta Luigina, non ti fidare. . . Nicola é un mandrillo!’ Ha detto così sai? –
– Sono cosa? – se avessi potuto l’avrei strangolata quella pettegola.
– Non farci caso, se vuoi ti insegno io a baciare. –
Non dissi nulla, fu lei a avvicinare il viso e aggrappandosi al mio collo inclinò il capo incollando le sue labbra alle mie poi qualcosa di caldo, di umido me le separò. L’effetto che produsse in me la lingua che Luigina spinse nella mia bocca fu ben diverso della repulsione che provai con la signora Pardi. L’erezione giunse lenta ma inarrestabile.
– Ti piace? – chiese scostandosi appena.
– Oh Luigina. . . – questa volta fui io ad attirarla.

Chiuse gli occhi appena incontrai le sue labbra, con un sospiro ricevette la lingua che timidamente introdussi nella sua bocca. Subito le labbra si serrarono morbidamente su di essa aspirandomi. . . Non si scostò sentendo la mia eccitazione contro il suo ventre, il mio cuore batteva all’impazzata mentre gustavo il primo vero bacio della mia vita.
La maestrina muovendo il viso mi suggeva languidamente, osai percorrere la sua schiena con mani febbricitanti e fermandomi all’incavo delle sue reni sul nascere delle piccole natiche la strinsi protendendomi istintivamente. Lei aprì gli occhi ma li richiuse subito quando spinse nuovamente la sua lingua fra le mie labbra.
Oh fu un bacio bellissimo quello che ci scambiammo creando fra di noi, una complicità singolare. Finalmente si sciolse dall’abbraccio, chinò il viso guardando assorta la protuberanza che deformava i miei pantaloni; i suoi occhi belli, luminosi, si piantarono nei miei mentre un dolce affanno sollevava il suo petto.
– Sei eccitato? Anch’io lo sono. . . sai, mi piacerebbe fare all’amore, &egrave quello che vuoi anche tu vero? –
La guardai come in un sogno, era come se parlasse attraverso un film di cui ero lo spettatore e quando ebbi compreso il pieno significato delle sue parole capii che la sua proposta non era affatto indecente, era la naturale conseguenza dell’intimità che si era creata fra di noi. Non potevo parlare, tanto forte era la mia emozione, riuscii appena ad annuire col capo, sentii che mi prendeva la mano.
– Non qui, vieni! – la seguii camminando come un automa fino in camera sua.
– Aspetta, torno subito. – disse appena giunti e scomparve.

Udii dell’acqua scorrere. Mi guardai attorno, l’arredamento della stanzetta era semplice e ordinato come lo era Luigina, il letto piccolo con il copriletto a fiori, il comodino con in una cornice la foto del fidanzato sorridente, l’armadio con lo specchio che rifletteva la figura quasi spaurita del ragazzotto quale ero allora. Percepii la sua presenza ancora prima di vederla, anche lei si guardò attorno, poi i suoi occhi si posarono su di me, stavo per prenderla fra le braccia ma lei disse:
– Ci spogliamo vero? –
Già la sua mano era sul primo bottone del vestito, lo disfece attaccando subito il secondo. Mi voltai e cominciai a svestirmi sforzandomi di non guardare nello specchio l’aprirsi del suo vestito, il suo scivolare a terra, le mani che portava alla schiena a slacciare il reggiseno bianco, cercai di fare in fretta.
– Fa con comodo, abbiamo tutto il tempo! –
Imprecai dentro di me per le scarpe che avrei dovuto togliere prima di sfilare i calzoni, mi sedetti per toglierli. . . Finalmente mi alzai, Luigina era lì, nuda, sembrava un’apparizione.
– Come sei bella! – fu tutto quello che riuscii a dire.
– Anche tu sei bello Nico! –
Per lunghi istanti restammo a guardarci, non avevo mai visto niente di più delizioso della ragazza che dentro di me continuavo a chiamare ‘la maestrina’. Innocente e impudica allo stesso tempo Luigina non tentava neppure di nascondere le sue grazie: nuda sembrava molto più giovane, aveva un corpo che ho ritrovato nelle giovanissime che mi hanno concesso i loro favori ma lei lo mostrava con un candore disarmante.

I seni erano piccoli, la loro forma conica si ergeva impertinente con in cima delle ciliegine deliziose in mezzo ad aureole rosee larghe come una moneta, l’addome, il ventre erano piatti, il pube decorato da un boschetto dorato che si perdeva fra le gambe mirabilmente tornite celava il sesso che solo l’umidore dei peli lasciava indovinare. Più che una donna sembrava una mia coetanea, una deliziosa adolescente.
Anche lei mi osservava, vedendo che il suo sguardo si era fermato sul mio pene, tentai di celarlo con le mani ma lei avvicinandosi me le scostò con dolcezza.
– No, non nasconderlo, mi piace! –
Fissandomi negli occhi vi portò la mano e senza stringerlo vi passo le dita leggere, calde. . . Anche l’altra mano allungò, la sentii fra le mie cosce sotto i testicoli poi chinò ancora il viso a guardarlo.
– E’ molto bello. . . vuoi che lo baci? –
Non ottenendo risposta mi spinse con dolcezza a distendermi poi portandosi sul fianco del lettino si chinò sul mio ventre, con la mano sollevò il mio cazzetto, questa volta lo strinse e chiudendo su di esso il pollice e l’indice li fece scivolare tendendone la pelle. . .
Trasalii nel vedere le sue labbra così vicine alla cappella, e quando la sfiorò con un bacio leggero ogni mio timore svanì. Col fiato sospeso guardavo fremente le labbra bellissime che ora aveva proteso poi sentii il contatto di qualcosa di caldo, di umido.

Aveva chiuso gli occhi e socchiudendo le labbra le lasciò scendere lentamente come se il mio pene fosse qualcosa di prezioso che meritava la sua devota attenzione e non il cazzetto eccitato di un ragazzino imbranato. Non credevo ai miei occhi, l’aveva preso tutto e il calore del suo respiro fra i peli del mio pube me lo confermò, sospirai:
– Luigina. . . oh cara. . . –
La testolina bionda si sollevò facendomi sentire la delizia delle labbra morbide per tutta la verga, scese, risalì, scese ancora. . . Ero estasiato da tanta dolcezza, più di una volta avevo udito i miei compagni parlare dei ‘pompini’ che facevano le donne di strada ma non poteva essere quello che mi stava facendo Luigina! La sua era una carezza che mi regalavano le sue labbra, non una cosa sporca; nulla di quello che faceva la mia maestrina poteva dirsi sconcia se mi procurava quelle emozioni.
Sollevato sui gomiti guardavo il pene che uscendo dalle sue labbra appariva luccicante della sua saliva, e quando si fermava trattenendo in bocca il glande potevo percepire i colpetti della sua lingua. . . Oh che delizia vedere come le sue labbra scorrevano sulla mia verga, come il suo viso conservava il suo candore mentre la ingoiava, come le guance si incavavano nel soave risucchio che mi faceva tendere.
– Luigina, sei. . . meravigliosa! –
Non riuscivo a dire altro, tanto era il piacere che provavo, lei liberando la bocca mi rivolse un timido sorriso.

– Nessuna ha mai baciato il tuo cazzo? –
L’aveva chiamato ‘cazzo’, non uccello o peggio ancora cazzetto! Allora la mia amata mi considerava un uomo, me lo aveva detto, ma ora ne ero sicuro! Fu con fierezza che mi inarcai per darglielo rispondendo con voce resa roca dall’emozione:
– No. . . – lei lo accolse facendovi scorrere le labbra poi le sollevò e mi sorrise:
– Allora non hai neanche mai baciato la passera ad una ragazza vero? Ti piacerebbe baciare la mia, mi farebbe piacere sai? –
– Oh si. . . si. . . – risposi con un filo di voce.
Mi sorrise ancora poi lo prese nuovamente e come se la sua bocca non potesse fare a meno del mio pene, senza interrompere di scorrere su di esso, sali con le ginocchia sul letto e lentamente le spostò fino ad urtare contro le mie spalle, allora scavalcò con una gamba il mio viso e si chinò prendendolo tutto e roteando la bocca mi fece sentire la lingua sul condotto gonfio, la sentii risalire poi il suo succhiarmi. . .
Sospirai, non avevo mai provato nulla di simile, guardavo allucinato le cosce lisce che si innalzavano ai due lati del mio viso e alla loro giunzione. . . Non osavo neanche guardare come se il vedere la sua intimità fosse un sacrilegio, poi mi feci coraggio.
Vidi dapprima le natiche piccole, paffute, poi il mio sguardo venne attirato dalla macchia dorata dei peli biondi, più larga sul ventre ma che si stringeva fra le cosce diradandosi su un rigonfiamento dove peli serici e radi si dividevano mostrando la carne rosa come una ferita aperta i cui lati emergevano come delle labbra sottili, pallide, dal disegno particolare, che declinavano fino ad una fessura socchiusa.

Era la prima volta che vedevo un sesso femminile, era diverso da come lo descrivevano i miei compagni di classe, era un concentrato di bellezza!
– E’ come un nido. . . Un nido d’amore che aspetta il suo uccello. . . – pensai estasiato.
– Ti piace la mia fichina? – la sua voce aveva interrotto i miei pensieri.
– Oh si, é. . . bellissima! –
La sua mano scese sotto il suo ventre, un dito indicò un punto alla congiunzione delle labbra sottili, solo allora notai la crestolina che i peli fin’ora avevano celato.
– Puoi baciarla tutta ma. . . é qui che mi piace di più! –
Lo disse timidamente quasi si vergognasse, poi la sua bocca riprese la sua conturbante carezza su un pene più duro che mai, lentamente allontanò le ginocchia, il cespuglietto dorato si abbassò, si divise, la passera della maestrina scese sul mio viso preceduta da un profumo particolare, inebriante.
Che emozione sentire contro le guance il calore morbido delle sue cosce, vedere il culetto vellutato, il solco aperto dove l’ano era un’adorabile bocciuolo rosa contornato da pieghine anch’esse rosa disposte a raggiera, appena ombreggiate da peletti radi.
Sollevai appena il viso per raggiungere l’oggetto dei miei desideri, appena senti la mia bocca sotto il suo sesso, Luigina fece udire un lungo sospiro, mostrò subito il suo gradimento suggendomi voluttuosamente. La sua passera era tutta nella bocca che avevo aperto larga passando la lingua nelle carni lisce separando le labbrette che sentivo turgide, pulsanti. . .

Ebbi la gioia di udire i sospiri dolcissimi del piacere della ragazza, di sentire il suo muoversi porgendo la fica alla lingua per farsi leccare come desiderava, ora era la sua crestolina che mi offriva gemendo forte quando le mie labbra stringendo il caro grilletto lo suggevano. Allora la sua bocca divenne ingorda scorrendo sul mio pene, succhiandolo voluttuosamente e quando il piacere diventava per lei troppo forte si sottraeva e con una lenta ondulazione lasciava che la mia lingua percorresse l’intera sua vulva fermandosi per permetterle di immergersi nella stretta vagina dal sapore particolare.
Le mie mani accarezzavano la sua schiena, le reni arcuate, il culetto piccolo, rotondo che separavo per passare le dita fra le natiche esplorandone il solco fino al buchetto; ebbi la gioia di percepire i fremiti che percorrevano la sua spina dorsale e i sospiri che emetteva sul pene soavemente accarezzato dalla sua bocca.
Anch’io sospiravo, un piacere dapprima sottile ma che aumentava ad ogni calare delle labbra dolcissime mi spronava a prodigarmi fra le sue meravigliose cosce. Percepivo l’urto del glande sul fondo della sua gola, la pressione della lingua che manteneva il pene aderente al palato, il risucchio soave della sua bocca. . .
– Oh caro . . . mi stai facendo godere lo sai? –

Si era fermata sollevando il bacino per sottrarsi, la passera bagnata della mia saliva sembrava ancora più nuda ma era cosi bella con le piccole labbra diventate turgide, l’apertura della vagina dischiusa come in attesa dell’omaggio di un pene. La crestolina si era ispessita, il suo rilievo mi attirò e quando fui nuovamente in bocca a Luigina e lei si abbassò sul mio viso, vi premetti la lingua, la mossi sulla piccola appendice meravigliandomi per la sua durezza. Capii che era il punto più sensibile dell’intera passera dai lamenti che la fanciulla emetteva sul mio pene.
Ora non solo aveva aumentato l’andatura della bocca ma mi succhiava rumorosamente facendo salire rapidamente il mio piacere. Feci andare la lingua sulla cresta di carne incoraggiato dai lamenti che udivo e dall’oscillare lento che la ragazza faceva per porgere l’intera fica alla mia lingua quando le sollecitazioni del suo grilletto diventavano per lei irresistibili.
Prese a gemere allorquando serrando la cara protuberanza fra le labbra la massaggiai con la punta della lingua, la mordicchiai stringendo le sue chiappette fra le mani per impedirle di sfuggirmi. Cercò di sottrarsi ma non la mollai malgrado i suoi lamenti e le sue cosce che stringevano il mio viso in una morsa deliziosa, era la prima volta che la facevo godere e la sua reazione ai miei folli baci mi fece capire che il suo piacere doveva eguagliare il mio e quando con un lungo gemito si abbandonò spalancando le cosce, aprii larga la bocca e dardeggiai la lingua facendola andare come un assetato per tutta la fica gemendo io stesso per il piacere che mi dava Luigina.

Non fu un atto sconcio quello che compimmo quel giorno altrimenti il ricordo non sarebbe rimasto cosi vivido nella mia mente. E’ come se lo sentissi ancora il calore del corpo aderente al mio, le mani che vagavano sulle mie cosce in carezze conturbanti, la sua bocca che si muoveva avidamente sul pene che non lasciò più fino alla fine, e il piacere. . . Un piacere che mi fece rantolare nel sesso che baciavo a piena bocca assaporando le carni lisce, incurante dei peli che sentivo sulle labbra, sotto la lingua, stordito dalle mille sensazioni che dà il piacere quando sovrasta ogni cosa e che ti travolge in lunghe ondate sempre più forti finché’
Avvenne all’improvviso, mi sentii aspirato dalle sue labbra, non potei fare nulla per avvertire la ragazza del mio orgasmo. Mi lasciai andare scaricandomi nella bocca che continuò ad andare lungo il mio pene su e giù, su e giù regalandomi una delle sensazioni più belle della mia vita.
Fu talmente bello che incollai la bocca al suo meraviglioso sesso muovendo voluttuosamente la lingua nelle sue carni. Udii Luigina guaire senza smettere il lavorio della bocca, si agitò ondulando il bacino poi con un grido si abbandonò all’orgasmo. Ebbi la gioia di ricevere sulla lingua il suo liquido amoroso che bevetti come un assetato.
Rimanemmo a lungo immobili, le bocche incollate ai nostri sessi anche quando il piacere ebbe termine, infine si sollevò e si accoccolo contro di me. Mi sollevai su un gomito e baciai delicatamente le labbra che mi avevano dato così tanto piacere, lei mi sorrise e chiese scherzosamente:

– Sei un bel porcellino, dove hai messo il musetto? –
– Nella tua passera! – risposi serio.
Arrossi deliziosamente, il suo alito odorava dello sperma che aveva trangugiato e questo mi fece provare per lei un’immensa tenerezza. Disse ancora:
– Mi &egrave piaciuto proprio tanto, e a te? –
– E’ stato bellissimo Luigina! –
Ero sincero. Si alzò e allontanandosi mi disse di non muovermi, udii dell’acqua scorrere nel bagno, dopo alcuni minuti ritornò e si allungò ancora accanto a me. L’abbracciai posando il viso sul suo petto, lei mi accarezzò i capelli assaporando insieme la calma che accompagna l’appagamento dei sensi, udivo il suo cuore battere, il suo respiro sollevava i piccoli seni, deliziose collinette che si innalzavano impertinenti coi loro capezzolini rosa.
– Ti amo Luigina . . . – dissi lasciando vagare la mano sulla pelle delicata delle care tettine. Lei mi interruppe.
– Non lo devi dire perché. . . non é vero, lo so, altrimenti non vorrei più rivederti! Amo Roberto, quello che faccio con te non é tradimento. . . é da tanto che non faccio all’amore, dovevo sfogarmi, anche per te &egrave così lo sò. Ho bisogno di un uomo, con chi potrei farlo se non con un amico. . . e tu sei mio amico, vero? –

Al mio annuire sorrise e mi porse le labbra, la baciai stupito del suo singolare ragionamento, lasciando vagare le mani sulle deliziose mammelline e quando mi sollevai, lei spinse sul mio capo. Cielo come mi piacevano, com’erano tesi i capezzolini fra le mie labbra, emise un lungo sospiro nel sentire la lingua che li faceva vibrare, non si oppose alla mano che scendeva lungo il suo ventre cercando fra i peli la sua fessurina. Sollevando il viso incontrai i suoi occhi.
– Mi stai facendo venire voglia. . . e tu? –
Mi sollevai per esibire orgogliosamente la mia virilità risvegliata, lei allungò la mano e me lo accarezzò pensierosa:
– Hai un bel cazzo sai? Non é per niente piccolo e crescerà ancora! Ho visto che ti viene subito duro, se non cambi farai contente molte ragazze! –
– E’ te che voglio fare contenta. – replicai.
– Allora vieni! –
Divaricò le gambe e quando fui in ginocchio fra di esse le sollevò e poggiando i piedi le aprì, anche la sua fica si aprì. . . Cielo com’era bella! Bella come un frutto prelibato dalla polpa rosea, guardai incantato l’ingresso del suo grembo e appena sotto il disegno delicato delle natiche che si aprivano. Luigina seguiva il mio sguardo con un sorriso mesto, quasi vergognoso, infine chiese:
– Cosa guardi? – risposi senza staccare gli occhi.
– Guardo la tua passera, é bella come un nido d’amore. . . é la prima che vedo!-
– E tua sai? Aspetta il tuo cazzo. . . lo vuole! Oh Nico, vienimi dentro! –

Mi tese le braccia, mi protesi sopra di lei, senza guidarlo il glande incontrò la sua morbida intimità, Luigina sospirò sotto le labbra che avevo posato sulle sue e mentre la baciavo mi distesi sul suo corpo entrando in lei. Ci baciammo languidamente gustando l’intimità dei nostri sessi, sentii le sue mani sulla schiena che percorse adagio fino alle mie natiche, le premettero per sentirmi tutto e mentre le nostre lingue si cercavano in dolci schermaglie, sentivo l’esaltante calore della vagina nella quale ero immerso.
Le nostre bocche si staccarono, mi sollevai sulle braccia per guardare con amore il dolce viso che il lieve rossore rendeva ancora più bello.
– Amore. . . oh mi piace sentirti dentro! – esclamò.
Le mani sulle mie natiche si fecero leggere, sollevai le reni, le mani premettero. Luigina chiuse gli occhi quando affondai, li riaprì subito e mi sorrise, le mani si fecero leggere, premettero. . .
Non riuscirei mai a descrivere le sensazioni che provavo nel sentire come il mio pene veniva accarezzato dalla vagina nel suo scorrere, quello che provavo nello strisciare i fianchi fra le sue cosce, la morbidezza del ventre che il mio premeva ad ogni affondo, scivolando nella fica della maestrina la cui dolcezza potrei paragonare soltanto alla dolcezza della sua bocca.

Luigina ad occhi chiusi, le narici frementi lasciava sfuggire un sospiro ad ogni spinta delle mie reni, ben presto furono lamenti fievoli quelli che uscivano dalle labbra dischiuse, poi cominciò ad ondulare adagio venendo col ventre incontro al mio per ricevere fino in fondo il pene il cui scorrere cominciava a produrre nella ragazza un piacere che mi riempiva di gioia.
– Luigina. . . oh amore, é bellissimo vederti godere! –
Lei aprì gli occhioni azzurri, mi fissò senza smettere la sua conturbante danza.
– E’ merito tuo, mi piace sentirti dentro! E’ la prima volta che facciamo all’amore ma é come se l’avessimo fatto sempre. . . sai come farmi godere. . . –
Flettendo sulle braccia avvicinai il viso, lei mi porse la lingua, ci lambimmo voluttuosamente respirando i nostri sospiri leccandoci le labbra, e quando il mio petto sfiorò il suo, lo mosse adagio facendomi sentire il turgore dei capezzolini.
Al primo suo gemito, mi sollevai, ora aveva chiuso gli occhi accogliendo ogni mio enttrare con un gridolino, il suo viso aveva assunto un’espressione di dolce sofferenza, le sue mani si aggrapparono alla mia nuca. . .
– Amore. . . oh amore, fai forte! –
Accelerai l’andatura delle reni, un piacere particolare, dapprima sottile partiva dal pene e aumentando ad ogni colpo si diffondeva in tutto me stesso, lo cercavo cacciandolo nella vagina divenuta straordinariamente scivolosa strappando alla bella gridolini di gioiosa eccitazione:
– Ahhh. . . più forte. . . più forte. . . si, cosi. . . cosi. . . –

Presi a scorrere velocemente sbattendo il ventre contro il suo, le adorabili tettine tremolavano ad ogni mio entrare, Luigina gemendo faceva andare di qua e di là il capo biondo non trattenendo il piacere che faeva la sua vagina scivolosa rendendo la sua carezza al mio membro sconvolgente, poi urlò quasi:
– Ahhh. . . amore. . . sto per. . . venire! Ah. . . ah. . . ah. . . adesso. . . oh amore. . . godo. . . godoooo! ! ! –
Sentii attorno al pene le pulsioni del suo orgasmo, spalancò nei miei gli occhioni luminosi e con espressione disperata prese a gemere, a gemere attirando la mia bocca sulla sua. Bevetti le sue grida insieme alla sua saliva, la vagina si strinse, si rilassò si strinse ancora come a trattenere il cazzo che continuavo a cacciare nella sua meravigliosa fica finché il suo respiro si calmò e con un lungo sospiro si rilassò.
Ero rimasto nel caldo del suo grembo, anche se il mio piacere non si era completato ero pago del sorriso di gratitudine che mi rivolse accarezzando i miei capelli.
– La senti la mia fichina? Batte ancora, uh. . . ho goduto tanto, ma tu. . . sei ancora duro! Oh caro, non sono stata brava abbastanza eppure mi era sembrato che ti piacesse. Amore, io rimango male quando non riesco a godere, per te é lo stesso lo so! –
Era così cara a preoccuparsi del mio piacere eppure era mancato poco! Il mio pene nella sua calda guaina percepiva ancora le pulsioni della sua vagina, era piacevole sentire come si stringeva e si rilassava attorno alla verga, aspettai che cessassero poi dissi inframmezzando le parole con piccoli baci:

– E’ stato così bello sentire la tua gioia che. . . lo faremo ancora vero? –
– Non ‘lo faremo’ ma lo facciamo subito! – rispose scivolando sotto di me.
Mi girai per guardarla! Si alzò in piedi e aprì le gambe passando un piede dall’altra parte del mio bacino. Com’era bella! Il suo corpo aveva il languore che ho rivisto nelle donne i cui sensi erano stati appagati, i piccoli seni ancora umidi dei miei baci si ergevano perfetti e il vederli di sotto in su ne esaltava la forma.
Luigina si lasciava ammirare, il viso innocente, il corpo impudicamente esposto, ma niente poteva scalfire il suo candore, neanche lo vista del ragazzo arrapato il cui cazzo pulsava di desiderio, il mio sguardo vagava carezzevole dal suo petto di adolescente alle gambe affusolate, ma veniva calamitato dal cespuglio biondo al cui apice i peli bagnati e più scuri non celavano più il taglio del sesso. Al di sotto potevo vedere la curva deliziosa del suo culetto.
– Luigina, sei tutta bella! Le tue tettine sono belle, i tuoi fianchi sono belli, le tue gambe sono belle. . . la tua fica é bellissima! Oh la voglio. . . dammela amore! –
Ero meravigliato per l’audacia delle mie parole, la ragazza arrossi poi sorrise.
– Si. . . si, eccola! – rispose.
Si chinò posandole ginocchia ai due lati del mio ventre poi portando la mano dietro di sé prese il membro e sollevandosi appena lo passò strofinando il glande sulla morbidezza umida della sua fica poi raddrizzando il busto lo puntò e flettendo sulle ginocchia se l’introdusse in grembo.

Sospirai, aveva calato il bacino lentamente per farmi sentire la carezza che la sua vagina regalava alla mia verga. Sospirai nel sentirmi nuovamente inghiottito nel calore del suo ventre. Anche se sapevo che lo faceva per accontentarmi il sentire com’ero scivolato agevolmente nel suo grembo mi illusi che la mia amata provasse ancora piacere. Il sorriso che Luigina mi rivolse sembrava confermare la mia speranza e le sue parole. . .
– Mi piace sentirti dentro! – completarono la mia illusione.
Portò le mani dietro di sé e passando le braccia sotto la piega delle mie ginocchia, le tirò. Le sollevai permettendo alla bella di poggiare la schiena contro le mie cosce, alzò il bacino e poggiati i piedi sul letto si sedette impalata sulla verga. Oh come mi piaceva il calore delle sue chiappette contro i miei testicoli. Si sollevò ancora e si abbassò facendo tremolare le tenere tettine, prese le mie mani, le portò sui deliziosi monticelli e aggrappandosi alle mie braccia cominciò a sollevarsi e ad abbassarsi facendomi ben presto sospirare.
Sorrideva felice come se stesse facendo un bel gioco, gli occhi fissavano il mio viso spiando il piacere che saliva dentro di me.
– Ti piace così? – chiese.
– Sì tanto e. . . a te piace? – non rispose direttamente.
– E’ bello sentire il tuo cazzo nel mio pancino, lo vedi? – chiese.

Sollevai il capo, sì lo vedevo apparire e scomparire nel cespuglietto dorato sullo sfondo delle chiappette che si stringevano mentre la bella si sollevava, aprendosi mostrando la loro deliziosa curva quando scendeva impalandosi sulla verga rigida.
– Si. . . mi piace il calore che hai dentro! –
Muovevo adagio le mani sulle tettine, cercai i capezzoli e prendendoli fra le dita ebbi la gioia di sentirli tendersi, chiuse gli occhi, sospirò quando li feci roteare fra i polpastrelli e quando li pizzicai lievemente. . .
– Mhhh. . . – sgranò su di me gli occhioni poi:
– Oh caro. . . mi piace sai? Chi ti ha insegnato a fare così? – chiese.
– Nessuno ma. . . mi piacciono talmente. . . –
Alle mie parole sì chinò e me le diede in bocca, nel farlo dovette spostarsi in avanti lasciandosi sfuggire il pene. Era talmente rigido che quando mosse il busto per strofinare i bottoncini fra le mie labbra, lo sentii nel solco del suo piccolo culo. Fremetti al contatto del glande contro il buchino che trovai caldo, bruciante.
Luigina non sembrava farci caso ma io mi vergognai del contatto che trovavo indecente ma era cosi piacevole. . . La ragazza sospirò, avevo catturato un capezzolino e passandovi la lingua lo facevo flettere con colpetti leggeri.
Oh mi piace. . . –
Per un istante sospettai che le piacesse anche la pressione che sentiva contro l’ano, scacciai il pensiero anche se nel darmi l’altra tettina mi sembrò che muovesse il culetto spingendolo contro il pene che ora non poteva non sentire.

Il pene rimase nella stretta delle sue chiappette per tutto il tempo che durò il mio omaggio alle sue tettine, mi sembrò che il suo respiro diventasse affannoso mentre mi offriva a turno i duri bottoncini da suggere. Poi sollevandosi sulle braccia disse:
– Caro. . . vuoi proprio farmi godere! –
– Si! –
Liberai il suo culetto dall’imbarazzante contatto e mentre la ragazza arretrava guidai il pene nella calda guaina della sua vagina. Si sedette riprendendo la sua soave cavalcata, sospirava ora Luigina ad ogni mio salire nel suo ventre, lo sforzo che faceva nel sollevarsi faceva contrarre la vagina facendo rapidamente salire il mio piacere.
Anche nella mia amata il piacere doveva salire perché era ad occhi chiusi che andava su e giù in una cavalcata dolcissima, ben presto i suoi sospiri si trasformarono in flebili lamenti, le mani salirono alle sue tettine non curandosi di mostrarsi mentre si torturava i capezzolini ben più rudemente di quanto avessi osato fare io.
– Amore. . . mhhh. . . mi stai facendo godere! Ahhh caro. . . –
Aveva aumentato il ritmo del suo scorrere continuando a lamentarsi ansimando, presi nelle mani il suo piccolo culo e mantenendolo sollevato mossi le reni. Ora ero io a penetrarla facendo salire il mio cazzo nella vagina scivolosa, dapprima adagio poi vedendo il gradimento della bella sempre più velocemente.
– Ohhh. . . cosi amore. . . cosi. . . cosi. . . ah si. . . mhhh. . . –

Le mie dita trovarono il solco delle sue chiappette e fra di loro la calda rosellina. Luigina non si oppose all’oscena carezza del mio dito, era la prima volta che facevo una cosa così indecente ma ero talmente infoiato dal mio godimento che. . .
Gemette quando osai violare il tenero pertugio, ma non mi rimproverò, solo strinse fortemente l’ano, e fu col dito nel suo culetto che continuai a far andare il cazzo nella sua fica aperta mentre la ragazza gemeva, gemeva. . .
– Ahhh. . . oh sto godendo. . . ah dammelo. . . mhhh. . . dammelo forte. . . oh dai. . . oh é bello. . . si. . . ancora. . . ancora. . . mhhh. . . si. . . cosi. . . ahhh. . .-
Capivo che il piacere della maestrina era giunto all’apice, feci salire il mio con violenti colpi di reni che sbattevano i miei fianchi contro le sue cosce scuotendola tutta, Luigina gridò sgranando gli occhi, le guance accese e la bocca aperta dalla quale uscivano incitamenti finché con un ultimo grido si abbandonò all’orgasmo.
– Ah si. . . oh il tuo cazzo! Ah dai. . . dammelo. . . fino in fondo. . . ahhh si. . . così. . . mhhh sto godendo. . . adesso. . . adesso. . . ahhhhh! ! ! –
Le strette del suo piacere serrarono il mio pene in una morsa morbida ma dolcissima, fu col mio dito nel culo che la bella godette, il pene che saliva rapido nel suo ventre la fece ancora fremere e quando lo piantai fino in fondo, fu lei a muoversi su e giù fino alla mia eiaculazione.
– Godi amore. . . godi. . . si schizza. . . oh li sento. . . i tuoi getti. . . si riempimi del tuo seme! Lo voglio tutto. . . tutto. . . –

Continuò a muoversi anche dopo che ebbe spremuto l’ultima goccia del mio piacere poi si protese su di me muovendo avanti e indietro il bacino finché mi sentì duro dentro di lei poi si allungò del tutto baciandomi dolcemente.
Sentii attorno al pene che si afflosciava, le strette della vagina affievolirsi e cessare. Estrassi delicatamente il dito indiscreto dal tenero culetto e la strinsi a me.
Rimasi a lungo in casa di Luigina, l’essere nudi non ci disturbava affatto, sono sicuro che dimenticò persino il fidanzato tanto quel giorno era spensierata. Era come se avesse la mia stessa età tanto era felice, facevamo all’amore quando la mia voglia diventava palese e quando era lei a volerlo sapeva risvegliare i miei sensi con baci sapienti ricevendomi poi dentro di lei con grida gioiose.
Quando giunse la sera ci rivestimmo mestamente, nell’accomiatarmi chiesi:
– Lo rifaremo ancora? –
– Ora che ho trovato in te un amico. . . si, certamente! Ma ora vai! –
Nessuno notò il ragazzotto uscire radioso dalla casa bella maestrina, una volta a casa mia madre non tardò ad arrivare.
– Scusa se ho fatto tardi, non ti sei annoiato da solo? – chiese.
No, anzi tutt’altro! – se solo avesse saputo! Da quel giorno, per più di due mesi, Luigina ed io ci appartenemmo completamente, mai nessuno sospettò che fra il ragazzotto qual ero allora e la maestrina timida e riservata vi fosse un legame amoroso, eppure furono molti quelli che ci videro passare per la via principale conversando oppure seduti all’ombra della fontana davanti alla chiesa.
– Vieni a trovarmi stasera? – oppure: – Posso venire da te? – o: – Ci vediamo? – erano le parole che scambiavamo nel salutarci che per noi significavano voler fare all’amore.
Mai Luigina diceva di no neanche quando il cadere del ciclo mestruale sconsigliava il contatto intimo. In quel caso chiacchieravamo per ore ma sempre prima di accomiatarci, insisteva affinché i miei sensi trovassero sfogo:
– Sei venuto da me perché avevi voglia, non puoi andartene insoddisfatto! –
Allora era nella sua bocca che trovavo la pace e neanche quello era sconcio perché Luigina aveva il dono di rendere puro ogni atto che compivamo, la prova lampante me lo diede l’ultimo giorno, quello dell’addio.
Sapevo quando il fidanzato di Luigina sarebbe tornato, vedevo avvicinarsi quel giorno con tristezza mentre alla ragazza si illuminavano gli occhi quando ne parlava. Mi aveva spiegato la ragione per la quale la sua relazione con me non influiva col suo rapportò con Roberto, avevo voluto approfittarne e ne avrei pagato lo scotto!

L’indomani Roberto sarebbe ritornato. Forse fu per questo che il mio desiderio ne fu notevolmente aumentato come se l’astinenza che mi aspettava decuplicasse le mie energie; Luigina se ne avvide perché quando bussai alla sua porta ero già in erezione.
Appena entrato l’abbracciai baciandola appassionatamente, quando le nostre bocche si separarono mi venne un tuffo al cuore. La casa brillava linda, le tendine delle finestre erano nuove, i vetri lavati a fondo, tutto diceva che aspettava una persona alla quale teneva molto, il fidanzato appunto! Mi rattristai vedendola cosi raggiante, lei leggendo nel mio pensiero cercò di mascherare la sua gioia.
– Povero Nico, non essere triste! Si, é l’ultima volta che stiamo insieme, troverai anche tu una ragazza che avrà il cuore libero e che ti amerà come meriti. Oggi sono ancora tua . . . su, non rattristare anche me! –
– Non voglio che tu sia triste ma. . . vorrei che ti ricordassi di me, io non ti dimenticherò mai! –
Gli occhi della ragazza si velarono come se stesse per piangere poi si fecero teneri, portò la mano al mio pene, lo strinse.
– Come potrò dimenticarti? Mi ricorderò di te e . . . mi ero abituata a ‘lui’, sai? Mi piace talmente che sarà impossibile non pensarci. –

Si scosto e come faceva sempre prima di spogliarsi, si sfilo dal dito l’anello col brillantino a significare che da quel momento era interamente mia. Mentre mi toglievo i vestiti amavo guardare i gesti semplici con i quali si denudava, con quanta cura piegava gli indumenti prima di posarli sulla sedia: La gonna, la camicetta, le mutandine e per ultimo il reggiseno. Finiva sempre di spogliarsi prima di me perché per togliere i jeans dovevo slacciare e sfilare le scarpe mentre lei “usciva” semplicemente dalle pantofole che portava in casa.
La guardai smarrito. Com’era bella! Volevo riempirmi della sua bellezza, del suo calore. . . mi porse le braccia, cinsi il corpo esile, flessuoso, baciai le sue labbra, le leccai, leccai la lingua che allungò, le mie mani scivolarono lungo la sua schiena mentre mi inginocchiavo. Luigina vide il mio sguardo implorante, sentì le mie mani sul suo culetto, vide con quanta cupidigia fissavo il cespuglietto biondo, barcollò quando immersi il viso fra le sue cosce.
– Oh Nico. . . aspetta, andiamo sul letto. –
Ma io non l’ascoltavo, la bocca fra i suoi peli, avevo contro le labbra la morbidezza del suo sesso mentre spingendo la lingua nel meraviglioso taglio, respirando il profumo particolare che emanava, le mie mani stringevano il piccolo culo esplorandone il solco, accarezzando la rosellina dell’ano.
Luigina indietreggiò, la seguii ginocchioni senza lasciare la presa. Urtò contro il divano, si lasciò cadere di peso, afferrai le sue caviglie, le sollevai alte.

– Che cosa vuoi fare? –
Ma lo sapeva perché scivolò col sedere sul bordo e passando le braccia sotto le ginocchia le sollevò aprendole.
– Oh Nico . . . sei tanto caro lo sai? –
Mi guardava mentre con le dita separavo i peli mettendo a nudo la sua passerina. Cielo com’era bella la fichina di Luigina, la guardavo ebbro di desiderio cercando di imprimermi in mente ogni particolare,: la carne rosa, il rilievo delle piccole labbra, la crestolina della clitoride dura e sensibile le spesse labbracoperte da peli finissimi, lo spacco che queste formavano e al di sotto, l’inizio delle chiappette delicate e il buchetto rosa cupo in fondo ad una depressione nella quale brillavano peli serici, radi.
– Oh Luigina. . . com’é bella la tua passera! –
La ragazza mi fissava tenera, quasi materna.
– E’ tutta tua. . . Lo so, vuoi baciarla. . . fallo, ti prego! –
Si era adagiata contro lo schienale e aspettava, bella e impudica. No, non sarebbe bastata quella giornata perché mi saziassi di lei, il mio pene era teso allo spasimo e pulsava per il desiderio che avevo. Era l’ultima volta, non sarebbe mai più stata mia!

Passai lievemente le dita seguendo il contorno delle grandi labbra, ne premetti i bordi allargandole, anche le labbra sottili si aprirono come quelle di una boccuccia, seducenti come le labbra di Luigina. La ragazza lasciò le gambe che rimasero sollevate ai lati del suo busto, le sue mani scompigliarono i miei capelli poi premettero dolcemente sul mio capo.
– Mhhh!!! Si. . . siiii. . . – esclamò quando senti la mia bocca.
Le mie labbra sposarono le sue labbra intime, poi la mia lingua. . . Non posso descrivere le mie azioni senza apparire volgare e Luigina non lo era come non lo é nessuna donna quando si abbandona interamente. La baciai appassionatamente assaporando le carni delicate, il naso solleticato dalla morbida sua pelliccia, respirandone il profumo, le guance contro il tepore delle sue cosce.
Oh Luigina! Sei tu che mi hai insegnato come volevi che baciassi la tua passera, le mani sul mio capo accompagnavano i movimenti della mia bocca. Ero ebbro di lei, del sesso che percorrevo con labbra avide catturando le labbra sottili fra le mie, le sentivo turgide, pulsanti mentre le suggevo, cercai il sapore particolare del suo piacere spingendo la lingua nella vagina, muovendola come un fallo, felice di udire i sospiri della fanciulla salire di intensità. Sollevò il bacino per offrirsi meglio, lo fece puntando i piedi sul bordo del divano.
– Oh Nico. . . prendila tutta. . . tutta! –
La sostenni sotto il sedere facendo scorrere la bocca lungo tutto il sesso, appena mi soffermai sulla clitoride, prese a lamentarsi con voce da bambina, allora serrando fra le labbra la dura crestolina, la picchiettai con piccoli colpi di lingua finche lei quasi urlò:

– Ahhh. . . fermati! Non ancora. . . non ancora! –
Sollevai il capo, vidi il suo viso alterato, quasi sofferente, il suo respiro sollevava ed abbassava i deliziosi senini dai capezzoli eccitati. Puntò ancora i piedi sollevando il bacino per permettermi di prendere il suo culetto nelle mie mani, lo aprii sorreggendola. Aspettai che la fanciulla si riprendesse e. . . ricominciai ma questa volta non mi bastò percorrere con la lingua la deliziosa fichetta ma scesi oltre, nella depressione dell’ano stuzzicando con la punta la dura rosellina. Luigina lamentandosi piano non si sottrasse ma prese a muoversi, a ondulare offrendosi alla lingua indiscreta.
– Oh Nico. . . anche quello é tuo. . . lo sai? –
I lettori e sopratutto le lettrici non si scandalizzino, non era sconcio quello che facevo se procurava piacere alla bella e a me un’ebbrezza indicibile. Lasciai il caro buchetto bagnato di saliva e i peletti che lo circondavano incollati alla pelle e ripresi a leccare il sesso bagnato di nettare odoroso.
Non lo lasciai più baciandolo con slancio, con una sorta di devozione, ascoltando i lamenti della bella salire dolci come un cantico d’amore e quando all’approssimarsi dell’orgasmo si trasformarono in piccole grida, incollai la bocca al dolce taglio prodigandomi con la lingua sull’intera sua fica.
Venne inarcandosi, chiudendo le cosce sul mio viso, aprendole poi larghe mentre come un assetato saettavo la lingua per tutta la fichetta tuffandola poi nella vagina quando sgorgò il rivolo asprigno del suo piacere.

La guardai mentre piano piano si calmava; le sue guance riacquistarono il loro colore naturale, i suoi occhi ripresero lucidità, solo allora sembrò accorgersi del ragazzo che il viso ancora fra le sue cosce la fissava incantato. Mi respinse con dolcezza.
– Vieni, ora tocca a te. –
– E’ con te che voglio godere Luigina. –
– Lo faremo in un modo speciale, una cosa che non abbiamo ancora mai fatto! –
La seguii lungo il corridoio col membro teso guardandola come se fossi stregato. Com’era bello il culetto le cui natiche somigliavano a due mele accostate, premute una contro l’altra, talmente sode che non tremolavano mentre camminava spedita. In camera la ragazza tirò giù la coperta leggera lasciando soltanto le lenzuola.
– Cos’e’ che non abbiamo mai fatto? – chiesi incuriosito guardandola aggiustare i cuscini contro la spalliera del letto uno sopra l’altro come uno schienale.
– Vedrai! Mi sono preparata per questo. . . Ma ora voglio averti in bocca, su accomodati. –
Salii appoggiando la schiena contro i cuscini, salì anch’essa accoccolandosi fra le mie gambe, sollevò le mie ginocchia e con una dolce pressione le aprì al massimo e stringendo le dita attorno alla mia verga la premette contro la sua guancia.
– Lo sai che é diventato più grosso? –
Era vero ed ero contento che la mia bella se ne fosse accorta.
– L’esercizio sviluppa l’organo! – scherzai, lei rise ma poi divenne subito seria.

– Ti é venuto bello e lo diventerà ancora di più, peccato che saranno altre ad approfittarne. Ma oggi &egrave ancora mio! –
Chinò il capo fra le mie cosce, sentii la sua bocca sui testicoli poi la lingua il cui calore lasciava posto a una sensazione di freschezza dove passava. Aprì la bocca prendendo in bocca un testicolo, poi l’altro, scese ancora lambendo l’inizio delle mie natiche, il loro solco. . .
Non ho più permesso a nessuna di farmi una carezza cosi inconsueta ma Luigina era speciale; il sentire la sua lingua saettare in modo cosi indiscreto acuì la mia libidine, cosi che quando risalì incontrò il pene duro come il ferro, lo esplorò tutto girando il capo, lambendolo con cura poi giunta al glande, socchiuse la bocca per farmi sentire la dolcezza delle labbra sull’intera cappella quindi sollevò il viso.
– E’ come la prima volta, ricordi? –
Era ancora più bello perché da parte mia non vi era più l’imbarazzo che si prova la prima volta che una donna te lo prende in bocca; ora potevo gustare pienamente senza vergognarmi il bocchino che la ragazza stava per iniziare. Mi tesi offrendomi con la fierezza che si ha da giovani, quando il pene diventa duro al più piccolo stimolo e ci si sente in grado di accontentare non una donna ma dieci, venti. . .
– Prendilo amore! .

Lei sorrise e cominciò. Guardai le belle labbra aprirsi e scendere, dolci, soavi, finché il glande si fermò in fondo al suo palato, risalirono lente, scesero ancora, risalirono. Le sue mani non restavano inattive, con una manteneva tesa la pelle, le dita serrate alla base della verga, con l’altra palpava lo scroto giocando con i testicoli poi scendeva carezzevole, le dita si insinuavano ancora fra le mie natiche stuzzicandomi.
Se nessuno fin’ora ha mai tessuto l’elogio del bocchino, lo faccio io. Luigina era maestra in quell’arte, la sua bocca mi strappò dei sospiri che continuarono in un crescendo fino alla fine. Guardavo la testolina bionda andare su e giù, estasiato da tanta perversione e dolcezza, faceva ruotare la bocca attorno al membro e nel risalire si fermava trattenendo il glande, le labbra serrate sotto il colletto mentre con la lingua lambiva a piccoli colpi il frenulo. Lo faceva con una sorta di devozione, attenta a non farmi superare il limite, mantenendomi in una sorta di stato di grazia.
– Oh Luigina . . . Luigina . . . –
Liberò il pene che apparve luccicante della sua saliva, mi guardò con tenerezza .
– Godi Nico, godi! –
Lo riprese in bocca e non si fermò più regalandomi una delle sensazioni più belle della mia vita. Sollevai il bacino guardando con occhi sbarrati le labbra salire, scendere, salire ancora, Godevo rantolando, dicendo parole insensate, lei continuava, su e giù, le sue guance si incavavano, si, mi succhiò anche!

Ero agli stremi e lei lo sapeva! Quando giunsi al limite non dissi nulla perché sarebbe stato inutile, non avrebbe staccato la bocca, cosi mi lasciai andare e. . . venni in prepotenti ondate che mi fecero sussultare.
– Ohhh cara . . . cara . . . –
Al primo schizzo, mosse rapidamente la bocca, le dita che serravano l’asta si mossero velocemente aiutando il mio godimento, la sua bocca si riempi, fu con smarrimento che la vidi trangugiare, poi continuò spremendomi fino all’ultima goccia.
– Grazie cara . . . grazie! – dissi quando si fu accoccolata contro di me.
– Per averti dato piacere? Allora anch’io debbo ringraziarti, mi &egrave piaciuto, sentirti schizzare, bere il tuo seme . . . Lo sai che fremi tutto quando godi? –
– E’ merito tuo. – risposi deponendo piccoli baci sulle sue labbra.
Rimanemmo a lungo immobili assaporando il torpore che segue il piacere, lasciando le mani vagare mollemente sui nostri corpi, distrattamente all’inizio poi man mano che i sensi si risvegliavano, in carezza più precise. Anche le bocche partecipavano al gioco, Luigina si chinò sul mio petto facendo danzare la lingua sui miei capezzoli irritandoli piacevolmente, facendoli inturgidire.
La rovesciai per ricambiarla percorrendo le care mammelline, ricoprendole di saliva, imprigionando i capezzoli già irti fra le labbra, picchiettandoli con la lingua strappando alla bella piccoli lamenti. La sua mano strinse il pene.

– Oh com’é duro! Povero Nico, adesso vuoi scopare vero? Anch’io lo voglio, la mia passera si bagna al solo pensiero di averti ma oggi non puoi godere come vorrei, sai, sono feconda, ma puoi. . . – sollevai il capo per guardarla, era arrossita.
– No, non in bocca. . . Ti piace il mio culetto? Lo so che ti piace. . . Se vuoi puoi mettermelo lì ! Anche per me sarà la prima volta. . . ma con te mi piacerebbe farlo. Ti prego non dire di no, sarà il nostro segreto. . . il mio regalo di addio. . . allora? –
Mi ci volle del tempo prima di rispondere, ero sorpreso ma in Luigina nulla poteva scandalizzarmi. Mi fissava con occhi ansiosi aspettando la mia risposta, era quello che intendeva quando disse che avremmo fatto una cosa mai fatta prima! Mi chinai sulla sua bocca e la baciai con passione, poi:
– Sei tanto cara sai? –
Fece udire la sua risata cristallina quindi scivolò in basso col corpo, feci altrettanto accostandomi a lei che già si era girata col bacino e sollevata la gamba prese il mio pene e lo guidò sulla vulva.
– Adesso Nico! –
Scivolai in lei schiacciandomi contro il suo sedere dando inizio al meraviglioso va e vieni nella vagina lubrificata dal suo desiderio. Non mi aveva mai fatto scopare in quella posizione ma era piacevolissimo, potevo vedere nello specchio i piccoli seni tremolare, potevo accarezzarli, prendere i capezzolini fra le dita, vedere l’espressione della mia amata, leggere sul suo viso l’effetto che provocava lo scorrere del membro, come muoveva le labbra ogni volta che affondavo.

Anche nel piacere era bellissima, la bocca socchiusa lasciava uscire lamenti dolcissimi, i suoi occhi erano sognanti. Accorgendosi di essere osservata, girò il viso verso di me, baciai la sua bocca, continuò a lamentarsi mentre le nostre lingue si cercavano, accarezzandosi.
Sospiravo per il piacere che mi dava lo scorrere nel suo grembo, avrei potuto continuare a lungo quel coito stupendo, ma lei misurando il mio piacere da quello che lei stava provando mi fermò e afferrato il pene uscito dal suo grembo lo passò su per la fichina, trasalendo quando lo premette sulla clitoride quindi lo fece ridiscendere, superare l’apertura della vagina. . .
Dovetti scostarmi per consentirle di passarlo fra le natiche, per farlo allontanai il busto dal suo. Ora vedevo il suo culetto e come il mio pene separava i glutei talmente serrati che la ragazza sollevò maggiormente la gamba per strofinare il glande sulla sua rosellina umettandola dei succhi dei quali era ricoperto, quindi con mossa decisa lo puntò sullo stretto pertugio premendo per farlo entrare. Una libidine incontenibile si impossessò di me nel sentire l’ano caldo, bruciante!
– Dai Nico, spingi, lo voglio. . . lo voglio! –
Dovetti spingere a più riprese. Ad ogni spinta la bella emetteva un gridolino che lungi dal farmi desistere, acuiva la mia lussuria. Finalmente sentii l’ano allargarsi avvolgendo l’asta che lentamente scompariva nei candidi suoi glutei.
Il pube premuto contro il bel sedere scoprivo per la prima volta la sensazione sconvolgente e perversa che da l’essere nelle viscere di una donna. Ero ancora incredulo, fu proprio lei che tolse ogni mio dubbio.

– Sei tutto dentro. . . non fa male sai? Lo volevo nel culetto, volevo provare. . . –
Aveva parlato ad occhi chiusi, fece una smorfia quando muovendo le reni arretrai fin quasi ad uscire e affondai lentamente.
– Non aver paura. . . non mi fai male! –
Forse perché quella era l’ultima volta che stava con me ma sembrava aver dimenticato la forma di pudore che aveva dimostrato in principio. Mi incoraggiava proprio ora che la stavo prendendo in modo cosi. . . inconsueto.
Continuai accelerando i colpi, muovendo di scatto le reni, gli occhi fissi sul pene che vedevo apparire e scomparire nel bel sederino, le natiche tremolavano ogni volta che vi sbattevo contro. Tutto il suo corpo sobbalzava sotto le mie spinte, le mammelline andavano su e giù mentre Luigina con gli occhi sbarrati emetteva un piccolo grido ad ogni assalto.
Ero enormemente eccitato per il calore che avvolgeva la mia verga, lo cercavo immergendola nelle tonde chiappette con una sorta di furore. Portai le mani fra le sue cosce accarezzando la fichina bagnata, la clitoride . . .
– No. . . no. . . – disse allontanando le mie mani. – E’ bello sentirlo così . . . Ohhh mi piace sai? E . . . a te piace? Oh dimmi . . . godi? –
– Oh si . . . si. . . –
– Allora continua. . . mhh. fino alla fine! Ahhh che bellooo ! ! ! ! –

Si mosse anch’essa oscillando col bacino per venire incontro al pene, per farlo entrare tutto, picchiando il sedere contro il mio pube e intanto la sua voce si levava alta nella stanza in gridolini infantili che dicevano tutto il suo piacere. Anche il mio piacere era grande e aumentava sempre più, tanto che temetti di godere troppo presto.
– Ahhh. . . aspetta amore. . . aspetta! –
Si fermo, poi scivolò in avanti liberando la verga ma non completamente perché strinse lo sfintere sotto il glande. Anche lei ansimava, lasciò che la mia mano vagasse sulle tettine che un dolce affanno alzava e abbassava. Voltò il capo verso di me e sorrise.
– Ti piace essere nel mio culetto? –
– Oh si . . . e’ bellissimo! –
– Anche per me é bello! –
Ormai avevo ripreso fiato, non risposi ma affondai adagio. Lei con un gridolino di gioia sollevò il bacino e lo spostò sopra di me. Io, col pene piantato nel bel culetto dovetti girarmi sulla schiena. Allora lei venne tutta sopra, la schiena sul mio petto, le ginocchia alte, aperte ai due lati delle mie gambe, puntò le braccia e si sollevò facendo forza sulle gambe e sulle braccia rimanendo impalata sul mio membro, unico contatto fra me e la ragazza e. . . calò il sedere.

Avrei voluto guardarla per vedere come la mia verga scompariva nel suo culo e riappariva ora che muovendo di scatto le reni scorreva su di me ma vedevo soltanto le sue spalle con la testolina bionda, la nuca delicata. Sollevai il capo per baciare l’attaccatura dei suoi capelli, lei sentendo le mie labbra rovesciò il capo, lo mosse permettendomi di prendere in bocca le orecchie piccole, di suggerne i lobi, di leccarla sul collo. . .
Era bellissimo! Il mio rammarico di non poterla vedere nei movimenti lubrici e sconvolgenti era compensato dal poter passare le mani sui suoi seni, accarezzare i graziosi monticelli, prendere fra le dita i capezzolini sensibili, scendere lungo il suo addome, il ventre in movimento, soffermarmi sulla fichina bagnata, aprirla, esplorarla con le dita. . .
– No. . . così mi fai venire subito! Mhhh. . . voglio godere ancora! – ansimò senza smettere il conturbante movimento che da tempo stava provocando in me un piacere particolare, sconvolgente.
Si lamentava ogni volta che il suo sedere calava ingoiando il mio membro fino ai testicoli ma non poteva impedire alle mie dita di esplorare la cara fessura facendo attenzione a non molestare troppo la crestolina per non provocare il suo orgasmo.

Gridolini di gioiosa eccitazione si levavano dalla gola della fanciulla, ero felice di sentirla gioire, i suoi lamenti alimentavano la mia lussuria, il calore delle sue interiora e l’anello dell’ano provocavano in me un piacere che saliva sempre più. Ansimavo malgrado rimanessi passivo limitandomi a prestare il mio pene, lasciando alla ragazza il compito di provocare il suo e il mio godimento, assaporavo il massaggio che il culetto faceva scorrendo, la morbidezza delle natiche che battevano ritmicamente sul mio bacino, il sentirmi inghiottito nel sui glutei e. . . su e giù, su e giu. . .
– Ohh Nico. . . non sapevo fosse cosi bello! Mhhh. . . Lo sento tutto sai? Ahh. . . é così duro! Ahhh. . . mi piace. . . mi piace. . . Anche a te piace farlo cosi? –
Mi eccitava moltissimo sentirla parlare senza il ritegno che aveva conservato anche nei nostri momenti più intimi, risposi con sincerità, senza inibizioni.
– Si, mi piace essere nel tuo culetto! E caldo dentro. . . Ahhh. . . é stretto ma. . . mi fa godere tanto. . . come la tua fica e. . . ohhh. . . come la tua bocca quando stringi le labbra e vai. . . su e giù! –
Stavo per dire che mi piaceva ancora di più ma mi trattenni. Era vero, essere nel suo sedere mi dava l’illusione di possederla completamente, una sensazione che provo ogni volta che una donna mi concede il suo posteriore e senza la quale da allora, per me la conquista non é completa.
– Oh fermati amore. . . fermati! – ansimai.

Ubbidì adagiandosi sul mio petto. Anche lei ansimava, per lo sforzo e per il piacere che si stava impossessando del suo corpo.
– Stavo per venire lo sai? – sussurrai baciando il suo collo.
– Lo so, l’ho capito dalle contrazioni del tuo cazzo. . . Anche a me manca poco, sarà bello godere insieme! –
Stavo accarezzando la biforcazione delle sue cosce, le labbra della sua fichetta erano aperte come se fossero pronte a ricevere un’altro pene. Scacciai il pensiero ma era come se Luigina avesse letto nella mia mente.
– Oh Nico. . . perché non hai un’altro cazzo per la mia fichina? –
Introdussi un dito e attraverso la parete sottile del grembo toccai il membro conficcato nelle sue interiora, feci scivolare una mano fra le chiappette e toccai l’ano della fanciulla stretto alla base della verga immersa fino ai testicoli.
– Nico caro. . . fammi godere! –
Gia si era sollevata sulle braccia e sulle gambe scorrendo sulla verga. L’afferrai alle anche e mantenendo il suo bacino sollevato feci scattare le reni.
– Ohhhh. . . si Nico. . . così. . . così. . . ah. . . ah. . . ahhh! ! ! –
Ora ero io a muovermi, a immergermi nel suo sedere. Luigina mi riceveva con grida che dicevano il suo piacere, sobbalzando sotto i colpi, muovendo il bacino per meglio darsi al membro che veloce andava e veniva nell’ano rilassato.

– Ihhh. . . ihhh. . . dammelo. . . dammelo tutto. . . ah. . . ahhh. . . fino in fondo. . . fino in fondo. . . ahhh. . . ahhh. . . –
La penetravo come un forsennato in una folle corsa che aveva come meta il piacere. Lei mi incitava con parole che non posso riportare ma che mi eccitavano a tal punto che ben presto presi a rantolare mordicchiando le sue orecchie, sbavando sul suo collo.
– Ahhhh!!! Adesso Nico. . . adesso! Ahhh. . . ahhh. . . –
Ero anch’io sul punto di venire ma le contrazioni dell’ano della fanciulla rallentarono la corsa del pene costringendomi a forzare lo sfintere che lei inconsciamente stringeva. Credo che i miei sforzi per raggiungere il piacere provocarono dolore nella fanciulla perché gridò:
– Ahhh. . . mi fai male. . . mi fai male! –
I suoi lamenti non mi fermarono. Ero talmente allupato che mi accanii nel culo dolorante nonostante le sue grida senza riuscire nel mio intento, allora passai le dita sulla sua fichina, li premetti sulla clitoride, la massaggiai. Subito l’ano si rilassò consentendomi di continuare e di raggiungere finalmente il piacere; nell’eiaculare mi fermai soffiando come un mantice allora Luigina riprese ad andare su e giù, su e giù accompagnando i movimenti del sedere con gridolini di piacere genuino. Rimasi a lungo dentro di lei anche dopo che si fu adagiata spossata, la schiena sul mio petto.
– Ti é piaciuto? – chiese.
– Si, tanto! Ma ti ho fatto male, Scusami. –
– No, solo un pochino ma poi. . . é stato bellissimo! –
L’aiutai ad alzarsi poi l’accompagnai in bagno aspettando discretamente fuori della porta; quando usci, entrai a mia volta
La raggiunsi in cucina dove già la caffettiera gorgogliava. Un soave profumo si diffuse tutto attorno mentre Luigina versava la nera bevanda nelle tazzine. Era rimasta nuda, ne fui contento perché questo significava che la ragazza voleva ancora dare e ricevere piacere.
Bevemmo il nostro caff&egrave in piedi come chi ha fretta di passare a un’attività più interessante; prese la mia tazzina e mi guardò di sott’ecchi.
– Sai Nico. . . ti ho detto una bugia. . . – quando arrossiva era ancora più bella.
– Non é vero che non potevamo farlo. . . Ho detto cosi perché volevo provare a riceverlo nel. . . oh lo sai! Cosa penserai di me? –
Si era girata confusa con le tazzine in mano, mi appressai e l’abbracciai baciandola sulla nuca con le mani a coppa sulle sue tettine quasi temessi che prendessero il volo. Si appoggiò all’indietro premendo il sedere contro il mio pene, muovendolo in modo deliziosamente provocante malgrado lo sentisse ancora molle.

– Penso che hai voluto provare a far godere il tuo culetto! Anche con Roberto lo hai fatto? –
Non dovevo dirlo, la sentii irrigidirsi, sfuggì al mio abbraccio per andare a posare le tazzine nel lavabo, Ritornò per piantarsi davanti a me.
– Cosa ti viene in mente? Se avesse solo provato lo avrei lasciato subito, se vuole farlo vada con una di quelle! Certe cose non si chiedono ad una fidanzata, l’avrei considerata una grande mancanza di rispetto! –
Ero confuso, ma una domanda dovevo fargliela.
– Scusa ma. . . perché con me hai voluto? – la sua espressione si addolcì.
Perché sei mio amico, con un amico si può fare tutto, specie le cose che non si osa fare con chi dovrà diventare tuo marito. –

Oggi a distanza di anni mi assale una grande nostalgia al ricordo di quelle parole e della totale mancanza di senso morale che Luigina in certe occasioni rivelava sotto un’apparenza candida e ingenua, ma allora. . .
La strinsi e mentre la baciavo le mie mani vagavano sulla pelle liscia della sua schiena, il ventre proteso per farle sentire contro il pube il pene che si stava risvegliando. Cielo come mi piaceva il sedere che stavo accarezzando, lungi dall’opporsi lei divaricò leggermente le gambe lasciando che le mie dita si insinuassero nel solco caldo poi più giù fino ad incontrare la morbida fichetta dal taglio umido ritornando poi fra le sue chiappette. Sospirò nella mia bocca poi scostando il viso chiese maliziosamente:
– Lo vuoi ancora il mio buchino? –
– Solo se tu vuoi ancora lì il mio cazzo! –

Ormai il pene era duro contro il suo ventre, sorrise compiaciuta strofinandosi contro l’asta.
– Certo ma. . . e la mia fichina? –
– Mi piace sempre, lo sai! –
– Ma adesso dove vorresti metterlo? – mi stava provocando, oh com’era deliziosa!
– Tu dove vorresti prenderlo? –
– Dappertutto, anche lì capisci?
Certo che capivo! La lasciai, si avvicinò al tavolo e a gambe divaricate si chinò su di esso poggiando le mani sui bordi quindi voltò il capo e con un sorriso chiese:
Ti piaccio così? –

Ero dietro di lei, il viso congestionato per il gran desiderio, il pene che oscillava lievemente per le pulsioni del sangue. Non credo siano molti i ragazzi che come me siano stati portati per mano a conoscere tutte le forme di piacere come Luigina aveva fatto con me. Da allora nessuna donna é stata provocante come la ragazza che ora aspettava bella e impudica che soddisfacessi le mie e le sue voglie. Mi appressai e le mani sui suoi fianchi premetti il pene fra i tondi emisferi, ma lei:
– Non ancora! Non vuoi prepararmi? –
Ero talmente eccitato che non avevo pensato che le avrei fatto male prendendola subito. Mi chinai quasi a inginocchiarmi. . . Oh era bello il culetto che avevo davanti, tondo e delicato allo stesso tempo con le mele delle sue natiche che non celavano nel loro solco, l’ano rosa talmente stretto che sembrava impossibile potesse ricevermi e appena sotto, la passerina che stentai a riconoscere vista da quella posizione con il rigonfiamento delle grandi labbra ricoperte da peli biondi e serici divisi dal taglio che mi parve più lungo, dal quale emergevano le ali sottili della deliziosa farfallina dischiuse come in attesa.

Fu proprio lì che applicai le mie labbra e come un assetato spinsi la lingua trovando subito il sapore del suo desiderio. Luigina si mosse lentamente sollevando il sedere per darmi in bocca la clitoride già tesa che mordicchiai, felice di udire i gridolini eccitati che la mia dolce maestrina emetteva.
– Oh basta. . . così mi farai venire! –
Lasciai la cara fichetta e risalii immergendo il viso nelle sue chiappette, l’ano era duro sotto la mia lingua, lo stuzzicai lungamente.
Oh si. . . si. . . bagnalo bene. . . cosi! Adesso infilalo. . . lo voglio! –

Mi alzai protendendomi sulla sua schiena, le mani sul tavolo per non schiacciarla, mosse il sedere appena sentì il membro, anch’io mi mossi cercando il solco delle sue natiche. Se avessi avuto ancora qualche dubbio su quello che voleva da me fui subito illuminato, portò la mano al mio pene e afferratolo lo guidò alla cieca strofinando il glande sulla rosellina bagnata della mia saliva, lo puntò con mossa decisa.
– Oh il tuo cazzo! Dai. . . dammelo ancora! –
Spinsi adagio timoroso di farle male ma lei aggrappata al tavolo e facendo forza sulle gambe arretrò col sedere spingendo ripetutamente, emettendo dei gridolini eccitati all’avanzare della verga che apriva l’ano affondando nel suo bel culo.
Ahhh. . . sei tutto dentro! –

Ora che ero in lei, sembrò calmarsi, io che avevo trattenuto il fiato respiravo affannosamente sulla sua nuca ma quando baciai il suo collo volse il capo impaziente.
– Ohhh. . . dai Nico. . . dai! –
Continuai a baciarle il collo, la nuca mentre davo inizio ad un lento va e vieni. Luigina il viso voltato a metà aveva chiuso gli occhi e riceveva i miei affondi con dei lunghi:
– Ahhhh. . . Ahhhh. . . Che dicevano il suo gradimento e quando mi fermavo, era lei che spingeva avanti e indietro il sedere infilandosi sul pene, agitandosi per sentire contro la fichetta i miei testicoli.
– Ahhh. . . é bello sai? –

A tratti stringeva i muscoli dello sfintere sfidandomi a continuare per poi mordersi le labbra allorquando forzando lo stretto pertugio riuscivo a penetrarla.
In piedi dietro di lei, le cosce fra le sue cosce divaricate mi beavo del corpo prono, delle sue reni abbassate, del piccolo culo sollevato dentro il quale il pene appariva e scompariva. Mi accorsi che aveva passato un braccio sotto di lei e con le dita si accarezzava la clitoride, allora uscii dal bel culo e d’un sol colpo di reni entrai nella calda sua fica.
– Ahhh. . . caro! Mhhh . . . sai come far godere una ragazza! –
Scivolavo agevolmente nella fica bagnata, nella vagina che massaggiava dolcemente il pene per tutta la sua lunghezza, potevo affondare i colpi più rapidamente senza temere di farle male.

Sospirava forte Luigina, dimenandosi tutta come se il mio cazzo non fosse sufficiente a placare la sua voglia di piacere, arrivando a respingermi per provare una nuova posizione suggerita dalla sua fantasia.
Mi respinse e si girò con la schiena sopra il tavolo, poi scivolò verso di me, il sedere oltre il bordo, sollevò alte le gambe, le piegò offrendosi nella nuova postura. I peli ai lati del suo sesso erano incollati alla pelle, le labbra e la carne rosa della fichetta erano bagnati come erano bagnate le chiappette attorno all’ano.
– Mi piace vederti arrapato, anch’io lo sono tanto. Dai, cosa aspetti? –

Mi avvicinai, il cazzo si posò sulla fichetta calda, pulsante, mi chinai sulla sua bocca e subito la sua lingua avvolse la mia, dolce, suadente. . . Sollevai le reni per entrare in lei, anche Luigina sollevò il bacino, sentii il glande scivolare sulle carni bagnate, lei si sollevò ancora e. . . quando spinsi capii che era nell’ano che stavo scivolando, entrando con una facilita che mi stupì. Gemette nella mia bocca poi le sue mani respinsero il mio busto facendomi alzare.
Mhhh. . . così. . . così. . . –

Vidi il cazzo piantato nel culo della fanciulla, mossi le reni avanti e indietro, dapprima lentamente poi incoraggiato dai gridolini che udivo, più velocemente sbattendo contro le natiche aperte scuotendo il corpo disteso, spostandolo un po ad ogni colpo, costringendomi a prenderla per la vita per mantenerla ferma.
Ora solo le tettine si muovevano, lei vi portò le mani non per arrestarne l’oscillazione ma per accarezzarle, plasmarle, schiacciarle. . . Nel vedere come le sue mani malmenavano le care collinette mi chiesi come non provasse dolore mentre si brutalizzava i piccoli seni arrivando a tirarsi i capezzoli mentre se li pizzicava ma le sue grida erano inequivocabilmente di piacere e anche le sue parole non lasciavano dubbi.
– Ihhh. . . mhhh. . . dammelo tutto. . . Ahhh. . . si. . . nel culo . . . Ihhh. . . fai forte. . . mhhh sfondami. . . Ah come godo. . . come godo! Ahhh. . . dai. . . dai. . . –

Una frenesia mai provata prima si impadronì di me alimentata dalle grida della fanciulla in delirio che si contorceva lubricamente, dalla vista del cazzo che scompariva come ingoiato in un culo così bello che non fosse per le esclamazioni di godimento genuino che strappavo ad ogni affondo, la mia inculata sarebbe sembrata uno stupro osceno.
Quello che fece salire la mia eccitazione alle stelle erano le sue cosce spalancate e la fichetta che emergeva dai peli che la mia saliva aveva incollato e che l’ano dilatato dal pene respingeva verso l’alto facendola apparire più piccola e socchiusa come una boccuccia che aspetta l’omaggio di un pene. . . o di una lingua.

Oh come avrei voluto applicarvi la bocca, sposare con le mie le labbra piccole, che sembravano pulsare! Ne fui talmente attirato che uscii dall’ano e guidata l’asta nella cara fichetta l’affondai d’un colpo, ma lei. . .
– Ahhh. . . così mi fai venire! No. . . nel culo lo voglio! Mi fa godere e . . . il piacere dura di più! Ti prego . . . inculami ancora! –
L’accontentai subito. Quello che mi stupì fu la facilita con la quale ancora questa volta entrai nel suo culetto come se l’ano fosse rimasto aperto in attesa. Luigina non sapeva che le sollecitazioni alle quali il mio pene era sottoposto aveva fatto salire il mio piacere al limite della resistenza, il massaggio dell’ano attorno al membro negli affondi che la ragazza invocava rapidi e profondi, stava per farmelo superare.

– Oh Luigina. . . non resisto. . . ahhh. . . sto per venire! –
– Mhhh. . . anch’io. . . ohhh. . . dai. . . dai. . . non fermarti! –
Il mio orgasmo arrivò improvviso e . . .
– Ohhh. . . ti sento. . . ti sento. . . ah. . . ah. . . si. . . si. . . lo voglio tutto. . . ah . . . ahhh. . . si, riempimi. . . ahhh. . . ahhh. . . –
Capii che anche lei stava venendo dalle contrazioni che a tratti stringevano il pene in una morsa che ne rallentava la corsa a tal punto che il mio accanimento provocò ancora dolore al caro culetto. Strinse le gambe alle mie reni come per fermarmi poi le spalancò incitandomi a continuare e infine:
Ahhhhh. . . non ce la faccio più! Mhhh. . . finiscimi. . . ti prego! –

Estrassi quasi a forza il pene dall’ano dolorante e lo immersi nella morbida fica che lo avvolse col suo calore e adagiandomi su di lei la penetrai con lunghi colpi soffocando con la bocca le grida che presto si trasformarono il lamenti di piacere.
Quando tutto fu finito Luigina mi trattenne dentro di se accarezzandomi la schiena, baciandomi teneramente.
Questo é il ricordo più dolce che conservo del mio primo amore, pianse dicendomi addio ma due giorni dopo quando la vidi nella via principale a braccetto del fidanzato, raggiante e più bella che mai, cambiai strada e. . . fui io a piangere!
Il mese d’agosto fu per me un inferno, il pensiero che Luigina non sarebbe mai più stata mia era insopportabile, così a settembre trovai in Firenze un convitto di padri gesuiti che facevano pensione a studenti, ero pronto a sottopormi alla loro disciplina pur di stare lontano dai luoghi che troppo mi ricordavano la mia amata.
All’inizio mia madre era restia a concedermi il permesso di stare lontano da casa per tanto tempo, ma la convinsi che i miei studi avrebbero trovato giovamento senza la fatica giornaliera che il viaggio in città comportava, e poi, non avrei pesato troppo sulle sue finanze già magre. Buona parte della pensione l’avrei pagata coi servizi che avrei fatto al convitto, lavando i piatti o facendo pulizia nel refettorio.
In quegli anni ottenni ottimi voti; la pace del luogo e la lontananza mi fecero dimenticare il mio amore. Seppi che Luigina si era sposata e si era trasferita in un paese vicino; non cercai di saperne di più ma il desiderio di vederla quando ritornavo a casa per le vacanze pasquali ed estive era forte.

Quello che mi mancava era una relazione stabile con una donna; conobbi diverse ragazze e con alcune di loro ebbi dei rapporti anche intimi che non potevano completamente soddisfarmi perché consumati in clandestinità, nel buio di un parco con ragazze piene di paura che qualcuno potesse vederci.
Molte si spaventavano vedendo il mio membro, grosso (secondo loro), ma quando scostate le mutandine riuscivo ad introdurlo nelle vagine che trovavo sempre bagnate guaivano nella mia bocca e godevano dopo pochi minuti pregandomi subito dopo di toglierlo e me lo menavano per farmi sfogare.
Era difficile che accettassero di prenderlo in bocca e se lo facevano mi chiedevano di avvertirle prima di eiaculare come se il mio piacere fosse una cosa sporca. Sovente mi recavo a delle feste fatte in casa condotto da amici; a volte feste di compleanno che si svolgevano la domenica pomeriggio, in quelle occasioni i genitori consentivano alle ragazze l’uso dell’appartamento e uscivano lasciando noi giovani soli, non prima di aver fatto fra il serio e il faceto le solite raccomandazioni.

Era allora facile intendermi con qualche fanciulla e appartarmi in una delle camere ma vi era sempre il pericolo di essere sorpresi da una coppia in cerca di sinyimità o dall’arrivo improvviso dei genitori della festeggiata. Fu proprio ad una di queste feste che feci la conoscenza di una ragazza e della madre di lei che divennero entrambe mie amanti.
Fu una relazione che durò parecchi mesi fino al mio diploma e che mi soddisfece completamente e credo soddisfece anche loro. Tutto nacque a causa di un equivoco da parte della signora in questione. . . ma andiamo per ordine!

Mi ero recato ad una festa insieme ad un’amica, compagna di classe della festeggiata, Olga, che compiva diciotto anni, una ragazza come tante, carina come lo sono le fanciulle a quella età. Gli occhi, quelli sì erano veramente belli, di colore verde chiaro, dal taglio quasi orientale, era introversa e inavvicinabile, almeno credevo lo fosse, vedendola insieme alle amiche, parlava poco e a monosillabi ballando con i ragazzi. L’invitai a ballare quando la festa volgeva ormai al termine. Appena fu con me in mezzo alle coppie danzanti, disse:
– Aspetta! – Avvicinatasi al giradischi, scelse un L. P. e lo mise. Erano dei lenti, di quelli particolarmente languidi, si lasciò stringere, anzi, passò le braccia attorno al mio collo ballando quasi appesa.

Non mi piaceva in modo particolare ma il sentire il suo corpo aderente al mio e la lunga astinenza provocò in me una rapida erezione. Qualcuno spense la luce. Salvo il fievole chiarore dello stereo l’oscurità era completa. Nessuno poteva notare Olga che si strofinava languidamente contro di me e quando sentì la durezza del mio pene v’incollò il ventre muovendolo adagio, sollevandosi sulla punta dei piedi per cercare il contatto della mia verga contro la sua intimità.
– Ti é venuto su? – sospirò al mio orecchio.
Non risposi all’inutile domanda ma cercai la sua bocca.
– No! Mi rovini il rossetto. . . così! –

Mi offrì la lingua, allungai la mia e ci leccammo adagio voluttuosamente. Era un contatto animalesco che mise ad entrambi una voglia straordinaria. Fu lei a prendere l’iniziativa e prima ancora che finisse la musica mi afferrò per mano pilotandomi fra le coppie allacciate.
Percorremmo un breve corridoio, varcammo una soglia, sentii che richiudeva la porta a chiave. Quando accese la luce, capii che dovevamo essere nella sua stanza, una cameretta ancora da bambina con l’orsacchiotto seduto sul letto, le bambole, alla parete il poster del suo complesso preferito. Già mi stava slacciando la cintura.
– Hai il preservativo? – chiese. – Aspetta! ‘

Frugò in un comodino e sotto dei quaderni trasse una bustina, tolse dal suo involucro l’oggetto di lattice poi fece scendere i miei calzoni e gli slip quindi frugò sotto la gonna a pieghe e si sfilò le mutandine.
– Cosa aspetti, infilalo, dai! Oh lascia, faccio io! –
Mi calzò il preservativo con mosse sicure, solo allora disse:
– Hai un bel cazzo sai? Mi piace! –
Indicò una sedia, invitandomi a sedere, sollevò la gonna fino a metà delle cosce e avanzò con le gambe aperte ai lati delle mie ginocchia schiacciando il petto contro il mio viso poi passata la mano dietro di sé afferrò il membro, lo strofinò fra le cosce, sotto la vulva sospirando al mio orecchio:

– Volevo proprio scopare, ho una voglia! –
Lo puntò tenendolo fermo con la mano e lentamente si sedette infilandoselo in grembo con un lungo sospiro. Capii che ero dentro di lei dal calore che avvolgeva il mio membro, questo e il contatto delle cosce nude della fanciulla sopra le mie erano le uniche cose indicanti che fra noi due era in atto un coito.
Per il resto, non volle neppure denudare un seno, che le sbottonassi la camicetta accettando appena che le toccassi le gambe mentre mi cavalcava. Lo fece ritmicamente aggrappata con le mani al mio collo, il busto all’indietro, le braccia tese andando su e giù come una cavallerizza, guardandomi senza vedermi, sbattendo il sedere sulle mie cosce ad ogni suo calare.

Prese a scorrere sul pene dapprima lentamente, poi man mano che il piacere saliva in lei, sempre più velocemente con grida eccitate che salirono di tono assieme al suo piacere che giunse troppo presto, mentre io provavo solo una grande eccitazione.
– Non hai goduto? Dai, sbrigati! –
Si era fermata guardandomi dispiaciuta e impaziente. Riprese la cavalcata ma vedendo che il mio godimento tardava ad arrivare, si sollevò liberandosi dal pene e arretrò.
– Mi dispiace, ma &egrave tardi. Fra poco arriva mia madre! –
– Non fa niente. – dissi.

Già si stava rimettendo le mutandine. Mi tolsi l’inutile profilattico e mi ricomposi, mentre ritornavamo si voltò per dirmi:
– Grazie, ti devo una scopata, ricorda! –
Ero esterrefatto dall’impudenza della ragazza in apparenza così riservata. Entrando nella sala Olga accese la luce.
– Siamo ammattiti? Cosa penserebbe mia madre se arrivasse ora? –
Poco dopo la signora Bolis arrivò d’avvero, fu subito attorniata dai giovani accorsi per salutarla. Olga gettò le braccia al suo collo.
– Grazie per la festa mamma, ci stiamo divertendo molto! ‘

Vi fu il taglio della torta preceduto dallo spegnimento delle candeline da parte della festeggiata poi la festa languì forse per la presenza della genitrice lievemente imbarazzata. Non so perché’ invitai la signora a ballare.
Fu mentre volteggiavamo al ritmo di un valzer scelto per la circostanza che mi accorsi che la signora Bolis mi piaceva e molto! Era una bella donna, solo leggermente più alta della figlia, capii da chi Olga aveva preso gli occhi, solo che la ragazza li aveva più scuri mentre quelli della madre erano di un bel verde chiaro, ma il viso era più bello, di una bellezza che metteva desiderio, i capelli corvini, le labbra grandi, carnose. . .

Si muoveva leggera, sorridendo con la condiscendenza che hanno le donne mature quando trattano con i giovani. Nel ballare evidentemente non vedeva nulla di male ad aderire contro di me con tutto il corpo, ma il sentirla così flessuosa e soda mi turbava alquanto e al contatto delle sue gambe contro le mie mi venne un inizio di erezione che cercai di scongiurare pensando ad altro. Arrossii vedendo che la donna mi stava osservando, chiese:
– A cosa pensa giovanotto? –
– Penso che lei é molto bella signora, adesso so da chi ha preso Olga! –
Sorrise compiaciuta per il complimento.

– Le piace mia figlia? –
– Oh si é molto graziosa, se posso osare. . . –
– Dimmi caro. – era passata al ‘tu’.
– Vorrei parlarle di una cosa che mi sta a cuore. . . –
– Si? –
– Qui non oso. . . vorrei parlarle da sola. – sorrise materna.
– Oh. . . ma certo! Puoi venire a prendere il caff&egrave da noi diciamo. . . mercoledì alle tre? –
– Grazie signora, non mancherò. –

Quando me ne andai avevo la mente in subbuglio, era stato troppo facile! Il giorno stabilito suonai alla sua porta con un mazzo di rose in mano e il cuore che batteva forte. Appena la signora aprì la porta avrei dovuto capire che vi era stato un grosso equivoco.
– Entra caro! –
Il suo sorriso era franco e aperto. La trovavo bellissima come lo sono le donne che hanno raggiunto una certa sicurezza economica, la cui vita specchiata consente loro rapporti sociali che appagano il loro amor proprio: una famiglia, una figlia che per lei era ancora una bambina, un marito il cui impiego le consentiva di rimanere a casa, di avere oneste distrazioni come la partita a carte con le amiche, la palestra per mantenersi in forma e sentirsi desiderata quando al mare si metteva in due pezzi. Che possibilità avevo di conquistare una tale donna, se avessi avuto un briciolo di buon senso avrei desistito subito ma. . . a diciotto anni il sangue bolle e la desideravo troppo!

Quando mi aiutò a togliere il cappotto il suo profumo mi diede alla testa. Avrei voluto abbracciarla ma rimasi imbambolato col mio mazzo di fiori che porsi con un sorriso idiota.
– Sono per Olga vero? Peccato che non ci sia, era di lei che volevi parlarmi? –
Eravamo nella sala che pochi giorni prima brulicava di giovani, la signora si era voltata per sistemare i fiori in un vaso di cristallo dandomi modo di ammirare le forme che un tailleur semplice ma aderente faceva risaltare. La vita ancora sottile, i fianchi che nelle donne sulla quarantina si ispessiscono quel tanto da renderle terribilmente eccitanti.
– Un culo veramente bello! – pensai ammirando il suo posteriore fasciato ma non schiacciato dalla stoffa che rivelava la forma delle natiche, prominenti quel tanto da darmi il desiderio di toccarle. Le gambe erano messe in risalto dalle scarpe dai tacchi alti e che a giudicare dalle caviglie e dai polpacci dovevano essere sicuramente belle; la gonna lasciava intravedere le pieghe deliziose delle ginocchia, la linea delle cosce e delle anche che promettevano momenti voluttuosi. Si sedette.

– Giovanotto, eri venuto per parlarmi di Olga, non é cosi?-
Deglutii, il petto era abbondante ma i seni ben separati dicevano della loro compattezza. Quando capii il senso della sua domanda fui preso dal panico, farfugliai:
– No signora. . . sono venuto per lei! –
– Cosa? – il suo sorriso si era fermato, come paralizzato..
– Sì, la desidero! – mi colpì all’improvviso con uno schiaffo.
– Tieni! Ma come ti permetti? –
– Non volevo offenderla ma é così. . . La desidero tanto da non dormire! –

La guancia mi bruciava, mi erano venute le lacrime agli occhi ma sostenni il suo sguardo che a poco a poco si fece compassionevole. Guardò le mie rose poi prese le mie mani nelle sue e si sedette accanto a me.
– Ti rendi conto Nicola? Potrei essere tua. . . e poi ho marito, non lo sapevi?-
La sua espressione si era addolcita.
– Non lo sapevo, credevo fosse vedova o separata. . . – mentii.
– Molti lo pensano ma non é così. Mio marito sta fuori dei mesi per lavoro, lo amo capisci? Non lo tradirei mai! – ora o mai più, mi dissi.
– Non sarebbe un tradimento perché l’amore riguarda i sentimenti mentre il desiderio riguarda i sensi, lei é sola da così tanto tempo che non può non avere voglia! La prego, non sia severa con se stessa, si conceda un po di piacere.

Senza accorgermi avevo ragionato come Luigina, vidi che la donna aveva perso parte della sua sicurezza ma ribatté in tono quasi beffardo.
– E perché questo piacere dovrei prenderlo proprio con te? –
– Perché sono qui e . . . ho voglia di lei! Sono sicuro di piacerle altrimenti non mi avrebbe invitato a casa sua anche se pensava fossi venuto per sua figlia.
Arrossì. Vedendo che la sua sicurezza stava vacillando mi venne un’erezione che non tentai di scacciare ma che alimentai immaginando di stringerla fra le braccia. Fece ancora un tentativo:
– Anche se fosse come dici, credi sia facile per una donna come me, tirar su la gonna e . . . – la fermai.
– Non voglio che si alzi la gonna, voglio che se la tolga, che si tolga tutto! ‘

Il suo sorriso si fece smarrito.
– Perché? –
– Perché nuda non sarebbe più la signora Bolis ma. . . una femmina che si concede al maschio e quel maschio vorrei essere io. – la vidi ancora titubare.
– Tu. . . mi desideri così tanto? –
– Si, posso dimostrarglielo! –
Avevo le sue mani nelle mie, prima che potesse rendersi conto tirai con fermezza una di loro e la posai sul mio pene. Lo feci lentamente in modo che capisse quello che stavo facendo. Oppose una debole resistenza ma quando sentì attraverso la stoffa dei pantaloni la durezza del mio membro, chiuse il pugno.
– Oh cosa mi fai fare. . . ‘

Mi chinai sul suo viso e posai la bocca sulla sua. Subito schiuse le labbra alla lingua che insinuai fra i suoi denti, sospirando mentre mi suggeva; ricambiò il bacio famelicamente movendo il busto facendomi sentire i seni contro il mio petto, le dita strette spasmodicamente attorno alla verga come sogliono fare le adolescenti alle prese con il loro primo cazzo.
Guardò mentre facevo scendere la lampo dei pantaloni e armeggiavo per estrarlo con scarsi risultati a causa della sua rigidità e della strettezza degli slip. Dovetti alzarmi per slacciare la cintura e far scendere entrambi fino alle caviglie.
– Mio Dio! – fu l’esclamazione della donna alla vista del membro che oscillava davanti al suo viso. La meraviglia di quella che per diversi mesi sarebbe stata la mia partner nei giochi sessuali fu per me la conferma che il mio organo doveva essere se non eccezionale, perlomeno notevole: lungo più di una spanna e in quanto alla grossezza, beh . . . quando la signora lo riprese in mano, le dita che lo stringevano si toccavano appena.

– Ohhh. . . é bello. . . bello. . .
Con la mano libera mi ghermì dietro le cosce attirandomi contro di lei e facendola risalire sotto i vestiti, accarezzò la pelle della mia schiena; con l’altra si picchiettava il viso col membro ridendo nervosamente. Mi sbarazzai del maglione e della camicia avendo le sue mani che vagavano sul mio petto, la sua bocca che frugava fra i peli del mio bassoventre.
Scostandomi mi tolsi le scarpe e scavalcai i pantaloni e gli slip. Malgrado fossimo a febbraio, non faceva freddo nella casa riscaldata, e completamente nudo sovrastavo la donna che le guance infuocate mi guardava sconcertata. L’aiutai ad alzarsi e allungai le mani sui bottoni della sua camicetta, mi fermò.
– Non qui! – disse.
La seguii in camera. Appena giunti, la signora si affrettò a togliere un ritratto dal comò riponendolo nel cassetto.
– Mio marito ma. . . ora ci sei tu! ‘

Il suo viso era diventato di porpora. Sollevò la mano sinistra e con un gesto deciso si sfilò il cerchio d’oro dal dito e mise anch’esso nel cassetto insieme al ritratto poi cominciò a sbottonarsi.
– Puoi voltarti? –
– Mi consenta di ammirarla, la prego! –
Esitò appena poi finì di sbottonarsi la camicetta e se la tolse evitando di guardarmi. Il suo disagio aumentava la mia eccitazione dandomi una sicurezza che nonostante la mia sfrontatezza, prima non avevo. Andai dietro di lei e sganciai il reggiseno nero; trasalì allo schiocco dell’elastico, posai le mani sul suo collo e seguendo la curva delle spalle feci scivolare le spalline lungo le sue braccia.
Le mosse lasciando che le sfilassi l’indumento. Appressandomi, baciai l’incavo della sua spalla; sospirò rovesciando la testa, permettendo alla mia bocca di risalire il suo collo per mordicchiare il lobo dell’orecchio le mani sotto i seni apprezzandone la rotondità. Mi respinse.

– Aspetta. . . non ho finito! –
Aveva già sganciato la gonna facendo scorrere la cerniera, anche questa cadde, la scavalcò con grazia. Il mio cuore batteva forte davanti alle bellezze che rivelava ad una ad una, ero ancora dietro di lei ammirando il collo purissimo, la schiena liscia, la vita ancora sottile, la curva che le reni facevano col sedere pieno, appena velato da mutandine semitrasparenti, nere come il reggiseno.
Le strisce laterali del reggicalze interrompevano il candore delle cosce sopra le calze color carne. Le sganciò, solo allora si sedette sul letto e accavallando le gambe, le arrotolò una dopo l’altra sfilandole assieme alle scarpe. Fece tutto questo senza guardarmi in un silenzio rotto soltanto dal fruscio dei vestiti che si toglieva.
Fece girare il reggicalze attorno alla vita e lo sganciò. Per ultimo ammainò le mutandine spostandosi di profilo con la grazia che poi ho visto nelle spogliarelliste, e le lasciò cadere. Solo allora sollevò lo sguardo su di me, uno sguardo ansioso ma vedendomi a bocca aperta, prese coraggio e si alzò in piedi.

– E’ così che mi volevi? Ecco, non sono più la signora Bolis ma una femmina davanti al suo maschio e . . . adesso sei tu il mio maschio! –
La sua voce era rotta mentre parlava quasi stesse per singhiozzare ma il suo sguardo era sfrontato come chi fa uno sforzo per dominarsi. Solo molto tempo dopo mi resi conto quanto aveva dovuto essere umiliante per una donna come lei ammettere la debolezza della sua volontà davanti al richiamo dei sensi.
Era accaduto tutto molto in fretta ma a distanza di tempo mi ricordo ancora la bellezza piena della donna che vincendo il suo pudore si offriva nuda e stupenda. Avevo ragione, i seni abbondanti erano distanziati, fermi, il ventre era liscio, una lussureggiante peluria formava un triangolo corvino che si perdeva fra le cosce, mirabili colonne tornite, lunghe. . . Le gambe dalle caviglie nervose, i fianchi voluttuosi, tutto in lei invitava alla lussuria. Sì, era una femmina che voleva il maschio!

Quando la presi fra le braccia aderì a me con tutto il corpo schiacciando il mio pene fra i nostri ventri, le cosce divaricate contro le mie cosce, la bocca aperta al mio bacio lasciando che le mie mani vagassero sulla sua schiena, scendessero sul suo sedere, lei stessa mi prese dietro le cosce stringendomi contro di sé per sentire la mia virilità eccitata.
Era soda e morbida allo stesso tempo la signora Bolis, la lunga castità alla quale l’aveva costretta la sua fedeltà verso il marito l’aveva resa famelica e impaziente. Mi respinse quasi con forza, si lasciò cadere all’indietro sul letto e reggendosi sui gomiti lasciò che le sollevassi le gambe, le aprissi.
Il cespuglio nero proseguiva fra le forti cosce fino all’inizio delle natiche celando il sesso che solo i peli umidi e appiccicati fra di loro ne rivelava l’apertura. Quando mi chinai su di lei, ghermì il mio pene e subito se lo puntò alla cieca. Feci appena in tempo a percepire fra la ruvidezza della sua pelliccia, la calda morbidezza della vulva, che mi sentii stretto alle reni dalle sue ginocchia e avvinghiato alle cosce dai suoi polpacci fui attirato con forza dentro di lei.

– Aihhh! – fece con una smorfia.
La guardai preoccupato, ero entrato troppo facilmente per averle fatto male, e poi . . . non era una ragazzina! Mi sorrise rassicurante;
– I miei peli. . . sono troppi, dovrò tagliarli! –
Allentò la stretta delle gambe e con le dita liberò l’apertura del grembo. Ero arretrato per facilitarle l’operazione, mi attirò subito fino in fondo poi allentando e spingendo i polpacci dietro le mie cosce mi fece scorrere nella calda guaina della sua vagina.
– Così. . . ah così. . . così. . . –
Fu un coito inconsueto, consumato proteso sopra di lei, le mani sul letto ai due lati delle sue spalle, le braccia quasi tese, il petto sui seni della signora che sospirava contro la mia bocca lasciandosi lambire le labbra, la lingua che offriva muovendola lentamente come lentamente mi faceva andare avanti e indietro nel suo grembo.
Il ritmo che la donna aveva imposto non era idoneo a soddisfare un giovane focoso qual’ero io allora ma la signora vi trovava piacere a giudicare dai sospiri e dalle parole che diceva.
– Ahhh é bello . . . mhhh. . . Ahhh mio bel maschietto. . . fottimi dolcemente. . . lentamente, così. . . ohhh così. . . –

Si muoveva, si contorceva adagio, dal busto che teneva sollevato per strusciare i seni contro il mio petto fino al bacino che ondulava per sentire nel ventre il pene in tutta la sua lunghezza. Ad ogni suo muovere stringeva i muscoli della vagina attorno al membro senza rallentarne la corsa, massaggiandolo così soavemente che piano piano anche il mio piacere salì diffondendosi nel mio corpo, dandomi quelle sensazioni che raramente si prova al primo coito e che lentamente si trasformano in godimento, godimento che saliva lento ma che mi permetteva di apprezzare in tutte le sfumature l’atto che stavo compiendo, il calore della vagina nella quale scorrevo ma sopratutto la bellezza della signora i cui lamenti aumentavano di intensità ad ogni mio affondo.
I testicoli che schiacciavo contro la sua pelvi erano bagnati degli umori che il suo piacere stillava in continuazione lubrificando la verga in movimento. L’abbraccio delle ginocchia stringevano i miei fianchi attirandomi e allontanandomi, ritmando il coito che la signora volle lento e costante e così rimase anche quando la donna si abbandonò all’indietro, le braccia aperte e sciolse la stretta delle sue gambe.

Ora mi guardava con un’espressione di stupore, gli occhi fissi su un punto lontano dietro di me quasi volesse isolarsi nel piacere che in lei saliva prepotente strappandole un gemito ogni volta che movendo le reni il mio cazzo entrava fino in fondo al suo grembo, la frugavo con un membro diventato talmente sensibile che non fosse per la lentezza del coito, già avrebbe schizzato il suo carico di piacere.
Sospiravo guardando con gratitudine la donna, cercando di imprimermi in mente la bellezza del corpo che la signora nel piacere offriva senza pudore, a tratti anche oscena nel lento ondulare del ventre. Le gambe che le mie mani mantenevano sollevate e aperte, lisce e affusolate guidavano il mio sguardo alla giunzione delle cosce, al pene che appariva e scompariva nel cespuglio arruffato dove i peli bagnati lasciavano intravedere il bagliore rosso vivo della fica nella quale mi immergevo.

Le mammelle simili a mele grosse, mature, tremolavano in continuazione come ad incitarmi a morderle, a prendere fra le labbra i capezzoli che nel loro movimento descrivevano nell’aria dei piccoli cerchi.
– Non guardarmi cosi! – supplicò.
– La guardo perché. . .é bellissima! E’ meraviglioso poterla amare. . . Vorrei non finisse mai! –
– Oh Nico. . . mhhh. . . mi stai facendo. . . godere! –
– Anch’io godo. . . ahhh. . . cara. . .
I suoi occhi luccicavano di una luce particolare, non mi chiese più di non guardarla. Ormai i miei sospiri si mescolavano con i gemiti che si levavano dalla sua gola, un lungo fremito la percorse tutta poi un’altro. Sollevò più volte di scatto il ventre, emise un gemito lunghissimo. . . Infine si rilassò chiudendo gli occhi, il suo petto si alzava e si abbassava affannosamente poi a poco a poco il suo respiro si fece regolare. Riaprì gli occhi e mi sorrise timidamente come una collegiale.

– Nico. . . sono venuta! – confessò.
Mi respinse con dolcezza scivolando in avanti fin sul bordo del letto. La guardavo come smarrito, deluso di essere rimasto inappagato proprio quando mancava davvero poco al mio soddisfacimento. La donna guardò il membro rimasto rigido e mi tese le braccia con un sorriso quasi materno.
Nell’avvicinarmi, dovetti divaricare le gambe per non urtare le sue ginocchia unite, le sue mani mi presero dietro le cosce attirandomi. Un poco mi vergognai perché la verga premuta contro il suo viso era bagnata come bagnati erano i testicoli che poggiavano sui seni ora uniti che la signora aveva spinto fra le mie cosce.
– Signora. . . –
– Chiamami Gemma, si, lo so. . . lo so. . . ‘

Si scostò appena per prendere il pene in mano. Ero in uno stato di enorme eccitazione, l’eccitazione che precede l’orgasmo quando tutti i sensi sono concentrati nel pene; era questo che volevo dire alla donna quando aveva avvicinato il viso al mio membro, avvertirla che. . . sarei venuto al più piccolo stimolo.
Ora come in trance guardavo la signora muovere la verga contro il suo viso strofinandola quasi brutalmente contro le labbra. Gli occhi fissavano i miei quando cominciò a lambirla lentamente di sotto in su seguendo il gonfiore del condotto, muovendo la testa, rovesciandola per raggiungere con la lingua il glande. . . Sapevo quello che stava per succedere e anche la donna doveva saperlo! Sospirai pieno di gratitudine.

– Oh Gemma. . . sì, ti prego! –
Le sue labbra si erano fermate dove il colletto si separa e inizia il condotto spermatico. Appena sentii le sue labbra schiudersi e la lingua saettare veloce picchiettando con la sua calda estremità il punto più sensibile dell’intero pene, capii che sarebbe successo subito, non potevo impedirlo, non volevo!
Mi fissava la signora mentre proseguiva la sua sconvolgente carezza ma chiuse gli occhi al getto che colpì la sua fronte; li riaprì, ma non si sottrasse, anzi! Aiutò la mia eiaculazione con la mano facendo scorrere la pelle lungo tutto il pene.
In pieno godimento guardavo i getti chiari colpire il bel viso, la sua fronte, gli occhi, il naso per poi scendere lungo le guance, sulle sue labbra, sulla lingua che non smetteva di muovere flagellando la parte sensibile sotto la cappella. Impediva i sobbalzi del pene in orgasmo mantenendolo premuto contro le labbra durante tutto il mio godimento.

– Emma. . . oh basta. . . sono venuto. . . sono venuto. . . –
Solo allora la donna allontanò il membro dal suo viso per guardarlo. Lo avvicinò ancora e lambì il glande incurante dello sperma che rigava le sue guance, imbrattava le sue labbra e i capelli corvini con gocce perlacee. Finalmente lo lasciò per guardarsi attorno.
– Le mie mutandine, dammele! – ordinò.

Gli porsi l’indumento che trovai ai piedi del letto, con quello si asciugò sommariamente il volto poi si allontanò lasciandomi seduto sul letto ancora incredulo. Avevo sedotto la signora Bolis, l’avevo scopata!
Udii dell’acqua scorrere; dopo qualche minuto mi chiamò. Seguii la sua voce, la porta del bagno era aperta, la signora china sul lavabo si stava lavando il viso. Mentre si asciugava, sorrise guardandosi allo specchio.
– La prossima volta dovrò mettere una cuffia! – scherzò.
– Ci sarà una prossima volta? – chiesi.
– Dipende da te. . . ma non te n’andrai subito vero? –
– Dipende da lei! Se dipendesse da me. . -.
– Sì? – fu la sua risposta ironica.

Cielo com’era bella! Bella come lo sono certe donne quando la bellezza propria della giovinezza fa posto ad una bellezza matura, ancora più provocante perché consapevole e . . . la signora era straordinariamente provocante!
Una sensualità particolare emanava dal corpo pieno nel quale le forme che doveva avere in gioventù si erano riempite, arrotondate, non vi era un filo di grasso in tutto il suo corpo, ma carne soda, appetibile. . .
Le gambe erano lunghe, di una bellezza che toglieva il fiato, le cosce tonde, un sedere prominente e fermo, il ventre solo lievemente bombato, dei seni straordinari, ben attaccati e fermi nonché opulenti. Era una bellezza che ricordava quella di certe statue greche: la Venere Callipigia doveva essere così pensai.
– Allora? Se dipendesse da te? – chiese.

Sorridendo mi lasciò il posto. Mentre mi detergevo il pene mi accorsi che stavo entrando nuovamente in erezione, erezione che si completò nelle mani della signora che volle asciugarmelo.
– E’ da tanto che non faccio all’amore. – mi giustificai.
– Anch’io sai? –
Si lasciò abbracciare e mentre la baciavo, non si oppose alle mani che sentì sulla schiena scivolare sulla caduta delle sue reni, vagare sul suo sedere. Si scostò appena per guardare il pene che poggiava sul suo ventre.
– Oh il tuo cazzo! Sai come conquistare una donna, vai subito al sodo. . . sei stato bravo a risvegliare la mia voglia. . . per questo ho ceduto così presto, altri ci hanno provato sai? Dicevano di essersi innamorati di me, volevano portarmi a cena per conoscermi meglio. Tu no, hai detto subito che mi desideravi e . . . mi hai dato in mano il tuo cazzo, era quello che volevo e tu lo hai capito! –

Parlava manipolando il mio pene con tanta bramosia che la baciai lambendo golosamente la sua lingua, bevendo la sua saliva.
– Che cosa aspettiamo? – sospirò nella mia bocca.
Ritornati in camera, insisté affinché mi adagiassi sulla schiena. Mi guardò a lungo come se mi vedesse per la prima volta.
– Se ci sarà una prossima volta, potrai farmi quello che vorrai perché. . . sarò tutta tua! Oggi sei tu ad essere mio! –
Salì sul letto, mi scavalcò con una gamba sedendosi sulle mie cosce le ginocchia alte, accarezzando lentamente la verga rigida premendosela contro il pube, poi sollevandosi sulle ginocchia la puntò con entrambe le mani sotto la sua vulva ma prima di introdurlo, lo mosse strofinando la cappella nel lungo taglio.
– Accidenti ai miei peli! ‘

Mentre la baciavo non si oppose alle mani che sentiva vagare sul sedere che aveva sollevato. Cercò col glande l’apertura della vagina e quando l’ebbe trovata scivolò lungo il membro introducendoselo in corpo con un sospiro di sollievo.
– Oh Gemma come sei calda dentro! –
– Anche il tuo cazzo é caldo. Mhhh mi piace. . . mi piace. . . –
Cominciò un lento movimento su e giù, su e giù, aveva chiuso gli occhi assaporando la presenza che saliva nel suo grembo e che riceveva schiacciando le natiche aperte sui miei testicoli per prenderlo tutto il mio cazzo. Con la testa rovesciata esponeva il corpo giunonico alla mia vista, ero incantato dai seni che seguivano il ritmo della sua cavalcata sobbalzando appena tanto erano fermi.
Quando aprendo gli occhi vide il mio sguardo seguire col viso alterato i movimenti delle mammelle, con un sorriso di fiera soddisfazione si chinò porgendole alla mia bocca, mosse il busto passando i capezzoli fra le mie labbra ridendo nervosamente senza smettere di impalarsi e quando riuscii a catturare uno dei bottoncini schiacciò il seno sulla mia bocca costringendomi ad aprirla larga.

– Mhhh. . . – fece sentendo che lo flagellavo.
Era duro, teso il capezzolo sulla lingua che muovevo facendolo vibrare, strappando alla signora delle sensazioni che la spinsero a darmi l’altra punta da leccare, da suggere. Quando li sottrasse fu per schiaffeggiarmi amorosamente con le mammelle sode e soffici che agitava movendo di qua e di là il busto mentre rideva nervosamente.
Il piacere che saliva nel mio pene mi spinse a muovere il viso cercando di lambire gli stupendi promontori, non riuscendovi, lo sollevai protendendo la lingua nella valle che li divideva, la donna allora si fermò consentendomi di leccare or l’una or l’altra mammella che mi porgeva con movimenti sinuosi.
– Oh come sei caro. . . caro. . . – sospirava estasiata.
Anche lei godeva, lo capivo dal rumore bagnato che la vagina faceva nello scorrere sul membro e dai lamenti che la signora non riusciva a trattenere. Ora era sul mio petto che strusciava i seni umidi quando calò la bocca sulla mia aprendola come affamata, aspirando la mia lingua per suggerla voluttuosamente.

Le mie mani scesero lungo la sua schiena, sulle reni in movimento, sulla bella groppa palpando liberamente le natiche consistenti, separandole per seguirne il solco fino ai peli in prossimità dell’ano poi più giù a toccare le labbra della vulva aperta sul membro come una bocca salivante.
– Oh la tua fica. . . mi piace sai? –
– Mhhh. . . se non l’hai ancora vista! Ma. . . ahhh . . . é tua. . . tutta tua! –
Ci baciammo ancora, emise dei lunghi gemiti allo scattare delle mie reni, ora ero io che la penetravo mentre lei rimaneva ferma nel ricevere il membro suggendo la mia lingua, poi mi diede la sua che ricevetti insieme alle grida non più contenute, sollevò appena il viso per ansimare:

– Puoi schizzare. . . mhhh . . . si, voglio il tuo seme. . . adesso caro. . . adesso. . . ahhh sto per venire. . . ahhh. . . si. . . si. . . –
Stavo eiaculando, mi diede ancora la bocca, la baciai ricevendo i gemiti del suo orgasmo, gridò nella mia bocca salivando abbondantemente ora anche lei si muoveva incontro al membro che le davo con rapidi scatti delle reni, sentii gli spasimi della sua vagina stringermi ed era talmente scivolosa che godemmo insieme fino alla fine.
Si abbandonò tutta sopra di me, il culo nelle mie mani ebbe ancora degli scatti, poi lentamente le strette della vagina si chetarono, la donna rimase immobile.
– Oh Gemma, é stato bellissimo. . . grazie. . . grazie! –
La signora sollevò il viso guardandomi con gratitudine.
– Di cosa mi ringrazi? –
– Per avermi concesso di amarti. . . – risposi facendola sorridere.
– Allora sono io che devo ringraziarti! Sai da quanto non faccio all’amore? Sono quattro mesi. . . non ricordavo si potesse godere tanto!-
Solo allora si accorse del tempo trascorso, Guardò l’orologio che aveva al polso.
Uhhh! Sono quasi le cinque, fra poco arriva mia figlia, devi andare! –

Raccolse i vestiti sparsi sul pavimento e cominciò a rivestirsi, corsi nella sala e mi vestii rapidamente, la signora mi raggiunse abbottonandosi la camicetta.
– Ora va caro!- già aveva aperto la porta, mi voltai uscendo per chiedere:
– Potrò rivederti?-
– Non so, forse. . . Dammi il tuo numero di telefono! – disse prendendo un taccuino.
Le diedi il numero del convitto, la signora mi accomiatò con un bacio frettoloso.

IL DESIDERIO DI UNA SPOSA

Con il passare dei giorni dubitai che la signora Bolis telefonasse. Temevo che per lei il nostro incontro solo un capriccio, in fin dei conti ero solo un ragazzo che le aveva dato dei momenti piacevoli mentre lei era una signora che non poteva compromettersi. . .
Trascorsero più di dieci giorni e ormai mi ero rassegnato, quando uno dei padri mi disse che c’era per me una telefonata, non pensavo che fosse lei a cercarmi, invece:
– Nicola sei tu? Senti, ho detto che dovevi portarmi un libro, hai capito? Domani é mercoledì, se vuoi puoi venire alle due. . . anche prima se puoi! –
– Va bene! Glielo porto senz’altro. . . si, prima delle due! –
Prima di riattaccare udii la risata divertita della donna.
L’indomani erano appena l’una e dieci che suonai alla sua porta. Mi aprì subito.

– Entra Nico. . . – prima di richiudere si guardo timorosa attorno.
Era in vestaglia, le pantofole rosa che portava ai piedi la facevano sembrare più piccola, ora era alta quanto me, mi avvicinai per stringerla ma lei disse:
– Aspetta! –
Andò alle finestre e tirò con cura le tendine. La sala dava su un grande cortile, mi chiesi se l’altro giorno qualcuno mi avesse visto denudarmi davanti alla signora seduta. Scacciai il pensiero, Gemma si era girata rossa in viso.
– Ho passato dei giorni sapessi. . . La settimana scorsa sono stata sul punto di telefonarti ma poi non ho osato! Mi sentivo una donnaccia che aspetta il suo amante, anche adesso sai. . . sono una donna facile vero? –
Superai la distanza che ci separava e la presi fra le braccia, lei con un sospiro rovesciò il capo, la sua bocca si animò sotto la mia aprendosi alla mia lingua che sentii aspirata. Mentre la baciavo le mie mani si mossero sulla sua schiena, mi accorsi subito che sotto era nuda, la scostai cercando di sciogliere la cintura della vestaglia.

– No, prima tu. . . –
Mi spogliai febbrilmente togliendomi tutto, anche le scarpe. Lo sguardo della donna scese subito al mio ventre dove il pene già aveva iniziato ad ergersi.
– Sei bello Nico. . . mi piaci da impazzire! Non fraintendermi, sei troppo giovane perché possa provare un sentimento. Sei un bel puledro, uno splendido animale da letto! Quello che provo mi fa sentire una sgualdrina, sono contenta di esserlo perché così posso averti e goderti . –
I begli occhi verdi sfavillavano mentre diceva quello che pensava. Si era finalmente liberata dall’immagine di perbenismo che la opprimeva costringendola ad una castità che non si addiceva ad una donna passionale qual’era. Grazie a me stava sottraendosi alle imposizioni dettate dalla sua condizione di donna sposata, di madre, dalle convenzioni sociali. . . Continuò dicendo:
– Anche se non lo sono voglio piacerti, essere come mi vorresti. Sono andata dalla massaggiatrice, mi sono fatta sistemare quei peli orribili, guarda!

Aveva aperto la vestaglia lasciandola scivolare a terra. . . Non la ricordavo così bella, era talmente desiderabile che il mio membro completò l’erezione davanti ai suoi occhi, li sollevò sul mio viso guardandomi ansiosa, aspettando il mio responso. Chiuse istintivamente le gambe vedendomi fissare il suo pube.
– Gemma. . . – esclamai.
Sembrava il ventre di un’altra, anche le sue cosce sembravano diverse! Mi ci volle qualche secondo per capire che il cambiamento era dovuto unicamente al vello scuro che aveva lasciato il posto ad una peluria corta e diradata che si innalzava allargandosi appena, il suo scopo non era più quello di proteggere il sesso ma di decorarlo invitando lo sguardo all’unione delle cosce. Gli inguini liberi mostravano le pieghe deliziose che facevano col ventre mettendo in risalto il gonfiore del monte di Venere
– Ho detto che volevo indossare un costume sgambato.. . – spiegarò.
– Apri le gambe! – ordinai interrompendola.

La donna arrossì, esitò appena un istante poi le divaricò. Dove le gambe si congiungevano la vulva era socchiusa come una bocca dalla quale spuntavano le sottili labbra scure e la cresta spessa della clitoride non più celata dai peli divenuti radi.
– Oh Nico. . . l’ho fatto per te. . . – la interruppi ancora.
– Girati! –
Ubbidì nuovamente, le gambe tese aperte. . . Che culo pensai! La signora imbarazzatissima per la posizione che legli avevo chiesto di prendere aveva girato parzialmente il busto per guardarmi, vedendo il mio sguardo ammirato, un’espressione compiaciuta si dipinse sul suo volto. Disse:
– Soddisfatto? ‘

– Gemma sei bellissima! No, rimani così. . . –
Rimase immobile. Si, era veramente bella, la sua posizione lasciava vedere lo scorcio di uno dei seni contro il chiarore della finestra, il capezzolo teso indicava lo stato d’eccitazione cui l’aveva portata la sua esibizione, la vita ancora stretta si allargava nelle anche voluttuose e proseguiva nelle cosce socchiuse, possenti e tornite.
Ma era al suo sedere che il mio sguardo ritornava, alle natiche, lisce, paffute, l’arco che sotto facevano rivelava la gonfiore della vulva nella cui divisione vedevo le sottili labbra scure declinare fino all’apertura della vagina dischiusa come un richiamo. Ebbi un fremito d’eccitazione. Quella donna era nuda per me!
Mi appressai schiacciando il membro contro le sue rotondità, rimase immobile anche quando mi sentì tendere il ventre per premere l’asta nel solco caldo delle sue natiche.

– Come sei eccitato. . . ti sento così duro! –
Mosse il deretano. Incollai il ventre alle sue terga, non so come ma il pene diritto e rigido separò i bei globi. Lei rise.
– Che cosa vorresti fare? –
Strinse le natiche, le mosse ancora . . . Le sensazioni che provai in quella dolce morsa mi mise il desiderio folle di immergermi nei suoi caldi emisferi ma la posizione non era favorevole e temevo di offenderla. Ansimai sul suo collo.
– Gemma. . . hai un culo meraviglioso! – lei rise.
– Ti piace veramente? – non si sottrasse, mi strusciai leccandole il collo.
– Sì . . . mi piace da impazzire! –
– E tuo se lo vuoi ma non oggi. . . te lo devi meritare! –
– Come? –
– Facendomi godere come una troia! Oh cosa mi fai dire! ‘

Presi in mano i suoi seni premendo il petto contro la sua schiena, rovesciò il capo quando baciai l’incavo della sua spalla. Si liberò con uno sforzo gettandomi le braccia attorno al collo, attirò il mio capo e incollando la bocca alla mia mi baciò avidamente saettando la lingua, lambendo le mie labbra, le mie gengive. Lasciò le mie mani vagare sul suo sedere, la schiacciai contro il mio ventre imprigionando la verga rigida, sospirò nella mia bocca e quando si staccò ansimava.
– Oh caro. . . caro. . . –
Ora era il mio cazzo che guardava col capo chino, vi portò entrambe le mani, lo strinse poi s’inginocchiò e ghermendomi alle natiche mi attirò. Premette il mento fra le mie cosce schiacciando la bocca contro i miei testicoli facendomi sentire il calore umido della lingua che li lambiva.

– Gemma. . . Gemma. . . – esclamai spaventato dalla sua irruenza.
Il suo viso emerse, la voce uscì alterata dalla bocca atteggiata in una smorfia che diceva tutta la sua lussuria, si sollevò per raggiungere il pene che poggiava sulla sua fronte.
– Lo vedi come sono troia? Sono la tua troia. . . Solo le troie vogliono in bocca il cazzo, io lo sono. . . lo sono. . . –
– No Gemma no . . . –
Volevo scostarmi ma lei mi teneva stretto inseguendo la mia verga, facendola oscillare oscenamente mentre rideva in modo talmente sguaiato che la sua lussuria mi contagiò.
– Lo vuoi proprio il mio cazzo? Eccolo troia, prendi. . . prendi. . . –
Dopo mi vergognai, ma allora. . . Mossi bacino facendo oscillate il membro, picchiandolo contro le sue guance schiaffeggiandole, lei ridendo lo inseguiva con la bocca aperta, allora lo battei contro la sua fronte, contro il suo naso facendole chiudere gli occhi.

– Si. . . si. . . dammelo. . . lo voglio, lo voglio. . . –
Continuai a picchiettarlo sul bel viso poi mi fermai poggiando il glande fra le labbra ridenti. Il suo riso si smorzò all’improvviso, aprendo gli occhi vide la mia emozione le sue mani lasciarono le mie natiche portandole sotto il membro e sostenendolo si scostò per guardarlo, poi le labbra sposarono la forma del glande, si aprirono, il viso avanzo mentre il membro scompariva nella sua bocca.
Dopo Luigina, Gemma &egrave stata la sola fin’ora a volere in bocca il mio pene chiedendolo a gran voce. Altre bocche prima di quella della signora mi avevano sollazzato, per lo più erano di ragazze che consideravano la fellatio una cosa di cui vergognarsi, i bocchini che mi facevano erano incompleti, negandomi la loro bocca quando venivo, era come essere masturbato con le loro labbra.

Gemma no, era con malcelata gioia che mi riceveva io fondo alla gola e quando le labbra si ritiravano mi suggeva con voluttà rendendo palese il desiderio che provava. La lasciai fare meravigliato per la libidine che leggevo sul viso che avanzava e si ritraeva salivando abbondantemente, rendendo la carezza delle labbra talmente soave che il mio piacere salì rapidamente. La scostai con dolcezza facendola alzare.
– Perché non vuoi? Volevo farti godere così. . . l’altro giorno avrei voluto farti schizzare in bocca ma non me ne hai dato il tempo! –
La baciai dolcemente ma lei aspirò la mia lingua, le sue labbra entrarono nella mia bocca, si mossero come se fra di loro vi fosse ancora il mio pene, era talmente lasciva che la staccai a forza. Indietreggiò, alla mia spinta si lasciò andare seduta sul divano.

– Dammelo il tuo cazzo. . . voglio. . . succhiarlo! –
La sua libidine mi contagiò, ora ero io in ginocchio! Ebbe un attimo di smarrimento vedendomi col viso fra le sue cosce, le sollevai aprendole, posando le ginocchia sul divano costringendola contro la spalliera. Mi guardò attraverso la valle dei suoi seni.
– Oh cosa vuoi fare? –
– Lo sai! Ti sei fatta depilare per mostrarmi la fica! Voglio vederla! –
La mia risposta le fece chiudere gli occhi. Vidi la sua emozione nel sapersi aperta. Cielo com’erano belli i seni che s’innalzavano ai lati del suo viso, belli, lisci, il loro chiarore faceva risaltare il rosato delle sue guance e quando abbassai lo sguardo sul ventre. . .
– Oh é bella. . . bella! – esclamai.

Fin’ora avevo visto soltanto la fica di Luigina, delicata, stretta. . . ma quella della signora Bolis era un’altra cosa! Era un frutto aperto, la rara peluria che ricopriva appena le labbra spesse lasciava vedere la pelle sottostante ed erano spalancate come se non riuscissero a contenere la polpa rosso vivo della carne umida dalla quale si innalzavano le labbra sottili dai lobi scuri, anch’esse aperte come ad invitare lo sguardo a seguirne la valle fino all’apertura socchiusa del suo grembo.
Al di sopra, il gonfiore del clitoride disegnava un arco dove si congiungevano le piccole labbra proseguendo poi in una cresta dapprima spessa ma che si assottigliava fino all’unione delle labbra gonfie. Una peluria di un nero rossiccio bordava il conturbante peduncolo impreziosendolo e rendendolo straordinariamente arrapante. Il profumo che emanava il bel sesso agì in me come un afrodisiaco facendomi esclamare:
– Gemma. . . la tua fica. . . é bellissima! ‘

– L’ho preparata per te. . . sono contenta che ti piaccia, é tua amore! –
Aveva parlato con voce esitante quasi temesse un rifiuto, mi chinai per baciare l’interno delle cosce candide, al contatto delle mie labbra trasalì lasciandosi scivolare in avanti. Sospirò nel sentire il mio alito nelle sue carni e quando chinai maggiormente il viso, d’istinto tentò di chiudere le cosce, la mantenni aperta; allora si abbandonò con un sospiro. Baciai il suo sesso con lo stesso ardore con il quale avevo baciato la sua bocca, frugandolo avidamente con la lingua e con le labbra, le orecchie piene dei sospiri che emetteva la bella signora misti ad incitamenti osceni.

– Mhhh. . . che bello! Oh dai. . . Shhh. . . ah come me la baci bene. . . Ohh prendila, mordila. . . Ahhh così. . . sì. . . siii. Mhhh ti piace la mia fica? Oh sì, ancora. . . ancora, sì! Ahhh. . . ahhh. . . –
A tratti le cosce si chiudevano sul mio viso imprigionandolo dolcemente. Com’era bello subire contro le guance la loro stretta mentre la mia lingua percorreva come un assetato il lungo taglio incurante delle sue grida, inebriato dal profumo del suo desiderio. Era lascivamente che muovevo la bocca, assaporando la carne liscia, soffermandosi sulla clitoride, succhiandola mordendola mentre lei gemeva il suo piacere senza smettere di offrirsi.

Schiacciai il naso nei peli umidi, respirando il profumo particolare del sesso che sentivo morbido e aperto al mio desiderio. Voltando appena il capo leccai prima l’una poi l’altra piega degli inguini. Il mio pene era più duro che mai ma per me niente era più importante del piacere di quella donna stupenda. La vulva, i peli, le cosce vicino al sesso erano viscide della mia saliva e sapevo che continuando avrei bevuto il suo godimento. La mia lingua già percepiva i fremiti della vulva in calore, ancora poco. . . Ma la mia lussuria non era ancora paga dal guardare la sua intimità.
Al di sotto le labbra si assottigliavano e si congiungevano in un tratto liscio e glabro dove iniziava il solco che divideva i tondi emisferi delle natiche aperte e. . . circondato a raggiera da corte pieghine brune vidi la gemma che desideravo violare.
– Guardami caro. . . sono tutta tua! ‘

Mi sollevai, Gemma col viso congestionato tentava di sorridere, i miei occhi indugiarono lungamente per imprimere nella mia mente la conturbante bellezza della sua intimità poi ebbro di lussuria la mia bocca copri ancora la sua vulva, questa volta immersi la lingua nella vagina palpitante muovendola come un fallo. Sentii la donna irrigidirsi e nel respingermi gridò:
– Aspetta. . . non voglio venire così! –
– Cosa vorresti fare? ‘ chiesi, mi rispose con un lungo gemito.
– Ohhh . . . Amore, lo sai. . . ti voglio in bocca! –
Mi tese le braccia e quando mi alzai, una mano mi ghermì alla coscia attirandomi, prese la verga, la inclinò. . . Chiusi gli occhi sentendo la bocca dolcissima scivolare lungo la mia asta di carne. Sospirai mentre le sue labbra scendevano in una sconvolgente carezza. Mi lasciai cullare dalle sensazioni che mi dava la sua bocca e le sue mani che vagavano sulle mie cosce.

Portai la mano ai suoi seni, accarezzando adagio i capezzoli che sentii allungarsi e tendersi procurando alla signora sensazioni che la fecero gemere sul mio pene. Aprii gli occhi e respinsi la testa bruna. Lessi nel suo sguardo un desiderio infinito quando disse:
– Oh amore! Sapessi come mi piace il tuo cazzo! Voglio farlo godere nella mia bocca, dammelo ancora, ti prego! –
La feci alzare. Appena la baciai, cercò la mia lingua per suggerla dolcemente, infine si staccò e ripeté:
– Caro, fammi godere con in bocca il tuo cazzo! –
Il pene stretto fra i nostri ventri ebbe una contrazione che non sfuggì alla donna, si scostò per guardarlo.
– E’ bellissimo. . . si dammelo! – disse. La costrinsi a guardarmi e . . .
– Vienimi sopra! Già mi ero allungato sul divano ma lei. . . –
– Non qui, in camera! Voglio che ti ricordi come te lo bacio, come la mia bocca ti farà godere sapendo quello che farai alla mia fica! ‘

Seguii lungo il corridoio la figura piena e talmente desiderabile che per la prima volta mi chiesi se sarei stato in grado di soddisfare interamente una donna appassionata come la signora Bolis.
Mi invitò sul letto poi mi fece voltare sul fianco, salì anch’essa e si allungò accanto a me al contrario premendo subito contro il mio viso l’adorabile gonfiore del suo bassoventre. Si spostò ancora e sollevata una gamba la piegò per poggiare il piede dietro la mia testa. Avanzai il capo e posai la guancia sul morbido cuscino della sua coscia, sentii il suo alito sul pene mentre diceva:
– Caro, ti piace cosi? –
– Amore, non ho mai visto niente di più bello! –
Già le sue mani mi stavano accarezzando i miei testicoli, il membro, muovendosi leggere, stringendo l’asta per provarne la consistenza. Ne tese la pelle premendolo contro il viso.

– E’ il tuo cazzo che voglio far godere, poi se avrai ancora voglia. . . –
La donna non si accorgeva che la posizione che aveva assunto permetteva al mio sguardo di indugiare sul suo meraviglioso fondoschiena, sul solco profondo che divideva i globi delle natiche di un candore abbagliante.
– Lo sai dove mi piacerebbe metterlo . . . Me lo darai il tuo culo? –
La bella per tutta risposta prese a leccarmi. Sentendo la calda lingua sulla mia asta, allargai le sue cosce. . . avevo letto che molte donne si vergognano a mostrare il sesso, a meno che non sentano qualcosa di speciale per il partner, allora non vi é limite alla loro libidine. Credo che Gemma provasse qualcosa di simile dal modo come mi leccava. Pieno di gratitudine, esclamai:
– Hai una fica bellissima! –
– E’ tua amore. Baciala. . . falla godere! –
Sollevò il ginocchio offrendomi il sesso mentre la sua bocca fu sul glande, poi sentii la lenta carezza delle sue labbra lungo l’intera asta di carne.

– Oh cara . . . sì cosi. –
Imparò subito a muovere le labbra adagio, ne sentivo la carezza lungo tutto il membro e il calore della gola sulla cappella, lo suggeva premendolo contro il palato, poi ricominciava.
Era bello sentire com’era eccitata. Protendeva il ventre offrendomi la fica che da tempo stillava il suo nettare ma io esasperavo il suo desiderio lambendo le labbra spesse. Gemma si contorse sospirando finche spostò la bocca per supplicare:
– Amore, oh fammi sentire nella fica la tua lingua. . . la voglio! –
Già stavo titillando il caro peduncolo flagellandolo con veloci colpi di lingua.
– Ahhh . . . – fece la donna. Subito riprese il cazzo scorrendo veloce su di lui con la bocca diventata famelica. L’effetto fu tanto sconvolgente che sfogai la mia lussuria mordicchiando il caro grilletto finché lei serrò le cosce.

– Oh non voglio venire subito . . . Piano ti prego! –
Ansimavo, il naso nelle carni madide, il viso stretto nella morsa più deliziosa che un uomo possa desiderare.
– Cara . . Oh ci sai fare! Si, adagio . . . –
Le sue cosce si dischiusero, le dolci labbra scesero lente, risalirono con un delizioso risucchio che mi fece sospirare. Spinsi la lingua fra le labbra spesse, la passai per tutta la lunghezza del taglio, dalla clitoride fino alla vagina aperta. Non resistetti e entrai nel calore del suo grembo, la mossi avanti e indietro con le labbra incollate al sesso in calore.
I suoi gemiti accompagnavano la singolare penetrazione, oscena per molti, ma non per me, vedevo il dorso della donna era percorso come da un’onda che partiva dalla testa bruna che con ampi movimenti scorreva sulla verga, e piano piano si smorzava nella lenta oscillazione del suo sedere mentre strofinava il sesso contro le mie labbra.

Vidi nello specchio il mio viso accaldato incollato alle carni candide, vidi le mie mani palpare il bel culo, aprire le natiche per accarezzarne l’interno, sentii sotto le dita l’ano contratto . . . Le cosce si chiusero ancora costringendomi a ritirare la lingua.
– Amore . . . se fai cosi, vengo adesso. E’ quello che vuoi? –
Non risposi ma costrinsi la bella ad aprire ancora le cosce. Ero eccitato al massimo, lei capi e riprese a scorrere sul membro con lenti movimenti delle labbra. Presi con delicatezza a suggere la clitoride, lei cercò nuovamente di chiudersi, ma non la lasciai, non lasciai la conturbante sporgenza che mordicchiai piano. Allora lei spalancò le gambe abbandonandomi il suo sesso.
– Mhhh! ! ! – non lasciò il membro ma accelerò i movimenti della bocca Capii che stava per venire da come prendeva il mio cazzo, lo succhiava, lo leccava, aiutandosi con le mani per aumentare il mio piacere finché agli stremi mossi istintivamente le reni spingendo il pene nella bocca ingorda, ritirandolo per spingerlo ancora mentre a piena bocca baciavo la sua vulva.

La signora era riuscita a portarmi sull’orlo dell’orgasmo. Era la prima volta che non riuscivo a padroneggiare i miei sensi, avevo appena cominciato e già ansimavo sul suo sesso sentendo il piacere salire in lunghe ondate che non potevo più fermare.
Mi arresi gemendo fra le calde cosce, leccando perdutamente la vulva bellissima, mischiando la mia saliva agli umori della donna agli stremi che continuava a ricevere il pene con lunghi lamenti. La stanza si riempì dei sospiri e delle esclamazioni della nostra lussuria mentre i corpi percorsi da fremiti sussultavano di piacere.

Con una forza che non sospettavo mi rovesciò mettendosi cavalcioni sul mio viso e senza lasciare il pene allargò al massimo le cosce sulla mia bocca.
– Mhhh . . . ahhh . . .ahhh . . . – faceva senza smettere di far scorrere le labbra sul cazzo duro, succhiandolo, facendomi sentire il calore della lingua che lo massaggiava senza posa. Dardeggiai la mia nello spacco della fica aperta, lei si strusciò sulla mia bocca succhiandomi ancora finche. . . iniziai ad eiaculare.

Venni con getti ripetuti, in un orgasmo devastante, gemendo nella vulva che continuai a leccare finche la donna con un urlo entrò in orgasmo senza smettere di scorrere sul mio pene, ingoiando lo sperma che zampillava copioso.
Gemette godendo senza ritegno a cosce aperte lasciandosi frugare dalla lingua che percorreva il bel sesso; bevetti il suo piacere nella coppa delle sue carni mentre lei accompagnava il mio orgasmo col dolce movimento delle labbra.
Mi respinse con delicatezza e si alzò. Nella doccia, mentre l’acqua scorreva su di noi, sorrise timidamente:
– Mi piace il tuo sapore, lo sai? Ho bevuto tutto come fanno le puttane! ‘

La strinsi nelle braccia baciando le labbra che mi avevano dato cosi tanto piacere. Anche se sazio, accarezzai il suo corpo felice di averla soddisfatta.
– Non lo sei ma. . . sei stata deliziosa, anche per me é stato bellissimo! –
Ci asciugammo, poi ci venne sete, andammo in sala. Versai due bicchierini e mentre sorseggiavamo i nostri liquori seduti sul divano, chiese:
– Non ti &egrave dispiaciuto vero, venire nella mia bocca? –
Mi guardava con apprensione, come temesse che la sua compagnia fosse di peso. Mi alzai e tolsi dalle sue mani il bicchiere, lo posai sul tavolino poi presi fra le mani il bel viso.
– No perché anche tu sei venuta nella mia! –
Seguì un lungo imbarazzante silenzio poi la donna si alzò. Non vi fu bisogno di parlare, cinsi i sui fianchi e insieme varcammo nuovamente la porta della sua camera.

Distesi uno di fronte all’altra, i capi poggiati sui cuscini, nella pace che segue l’appagamento dei sensi Gemma ed io ci guardavamo consapevoli dell’intimità particolare che si era creata fra noi. Gli occhi luminosi fissavano i miei, finalmente sorrise.
– Va meglio? – chiesi.
– Si. . . – ma il suo sguardo si era fatto pensieroso.
– Cosa c’é amore? Vidi che le piaceva sentirsi chiamare ‘amore’. –
– Pensavo. . . Sai, non avevo mai tradito mio marito. –
– Ti sei pentita? – chiesi.
Guardavo la mia amante mollemente adagiata sul fianco; anche se per il momento ero sazio, ammiravo la bellezza muliebre del corpo che la donna aveva deciso di donarmi interamente, i seni che ora si toccavano, la curva che il fianco faceva con la vita, la lieve bombatura del ventre, il gonfiore del monte di Venere decorato dalla stretta pelliccetta, le lunghe gambe dalle cosce forti. . .

– Un pochino lo sono. . . E’ che sei così giovane! Andresti bene per mia figlia. . . &egrave fidanzata sai? So che di tanto in tanto fa all’amore con il suo ragazzo. . . l’ho letto sul suo diario. Le ragazze oggi vogliono subito tutto, io mi sono sposata vergine. . . Tu ce l’hai la ragazza? –
– No, mi trovo bene con te. –
– Anch’io mi trovo bene ma. . . sei mai stato innamorato? –
– Si, una volta. . . – il pensiero di Luigina affiorò dolorosamente.
– E’ stata la prima donna che. . . – arrossì per la sua curiosità.
– No, anche la mia prima donna era sposata, é successo due anni fa. . . –
Gli raccontai brevemente della mia avventura, di come ero stato sorpreso, tutto!
– Eri così giovane! E’ stato bello? –
Non so. . . sono stato costretto, soltanto con te é stato bello dalla prima volta!

Sorrise compiaciuta, Mi guardò allungare la mano alle sua vita, farla risalire sulla curva morbida del suo fianco, scendere il declivio della sua coscia, insinuarsi fra le ginocchia per poi risalire fra le sue gambe. . . Abbassò sorpresa lo sguardo al mio ventre.
– Di già? – chiese vedendo che il mio pene aveva iniziato la sua erezione.
– E’ che sei così bella! –
Rise girandosi sulla schiena, mi protesi su di lei e sfiorando col petto i suoi seni deposi piccoli baci sulle labbra carnose. Il risalire della mia mano le fece dischiudere le gambe.
– Vuoi farmi venire voglia? – chiese.
Io ce l’ho. . . – la mia risposta la fece sorridere, allungò la mano al pene, lo strinse.

La mia mano aveva raggiunto la biforcazione delle sue cosce premendo la morbida pagnottella che racchiudeva il sesso della signora. Anche lei aveva voglia, la sentì il dito che aveva incontrato la fessura umida e poi separando le labbra sottili ne risaliva il taglio e incontrata la sporgenza della clitoride la stuzzicava adagio.
Sentii la mano sul pene muoversi accarezzandolo dolcemente per poi chiudersi e scivolare trascinando la pelle. Ci masturbammo lentamente guardandoci negli occhi poi la signora sospirò e socchiudendo le labbra allungò la lingua, l’accarezzai con la mia assaporando insieme l’eccitazione che saliva nei nostri sessi.
Anche se quelli erano solo preliminari, li facemmo durare come se fosse il solo modo che avevamo di darci piacere. Non so se la signora Bolis avesse praticato quell’esercizio in gioventù, io sì, era così che trastullavo le ragazze che volevano conservare la loro verginità senza rinunciare ai piaceri del sesso.

Più di una volta intrisi il dito per poi farlo scivolare lungo la fica rendendola bagnata dei succhi colti nella sua vagina. Alla signora piaceva farsi titillare il grilletto, lo capivo dal modo che aveva di offrirmi la bocca aperta per farsi lambire e da come la sua mano scorreva sulla verga arrivando persino a strattonarla.
– Caro. . . ora dammi il tuo cazzo! Lo voglio. . . lo voglio. . . – sospirò infine.
Mi prese dietro le cosce per attirarmi. Mi misi in ginocchio esibendo fieramente il cazzo duro, facendolo ondeggiare sopra il suo petto, la fica sotto la mia mano era bagnata e pronta ma era sopra il suo seno che la signora mi stava attirando.

– Eccolo, é tuo. . . tutto tuo! – esclamai.
Ero estasiato per la libidine che mostrava. Con espressione alterata strofinava il pene sopra il seno facendomi sentire la morbidezza della mammella che l’asta dura deformava, poi guidandolo sulla punta, faceva flettere il capezzolo che raddrizzandosi vibrava facendola sospirare. La sua libidine mi contagiò facendomi scavalcare con una gamba il corpo disteso e quando chinandomi porsi la verga lei premette uno contro l’altro i seni gonfi imprigionandola in una morsa morbidissima.
Fra amanti non vi sono situazioni sconvenienti, ogni atto é consentito se compiuto di comune accordo. Nei miei pensieri più lubrici avevo immaginato molti modi di godere il corpo di una donna ma la signora mi aveva sorpassato dimostrando una fantasia che solo le donne navigate sanno mettere in pratica. Mi guardava, felice di avermi sorpreso.

– Mi piace sentirti duro fra le mie tette. . . sono una puttana vero? –
– Si, ma una puttana meravigliosa, una troia stupenda! –
Sorrise come se le mie parole fossero un complimento e. . . lo erano!
– Dai, cosa aspetti? – disse allentando appena la stretta delle mammelle.
Cominciai a muovere le reni facendo scorrere il pene avanti e indietro. Oh erano soffici i seni che accarezzavano la mia verga, lo strusciare ne faceva scorrere la pelle provocando in me sensazioni nuove. La signora sapeva anche come eccitarsi, lo fece trastullandosi i capezzoli coi pollici che passava sulle punte, poi non ancora contenta li umettò portandoli alla bocca, ne approfittai per presentare il glande alle sue labbra protendendo il ventre sopra il suo viso.

Lo prese subito lasciandomi affondare più volte nella sua bocca, mi fermai sentendo che lo stava succhiandolo, lo fece con tanta ingordigia che dovetti sottrarlo e quando lo strinse nuovamente fra i seni, il suo scorrere diventò piacevolissimo.
– Non so cosa non farei col tuo cazzo. . . – lo vorrei dappertutto! –
– Allora prendilo ! –
– Si. . . dammelo. . . dammelo! –
Vidi che sollevava il capo per vederlo spuntare fra i seni, passai la mano dietro la sua nuca alzandola e protendendo il bacino lo spinsi, la donna con un grido gioioso aprì la bocca. . .
Un’esaltazione indescrivibile si impadronì di me vedendo con quanta libidine riceveva i bocca il glande ad ogni mia spinta. La saliva che lo bagnava lo lasciava scivolare piacevolmente fra le tette che la donna strinse maggiormente senza smettere di titillarsi le punte bagnate, tese e vibranti e quando entravo nella sua bocca. . .

– Gemma. . . oh sei meravigliosa! –
Sospiravo per le sollecitazioni che riceveva il mio membro, anche lei sospirava eccitata dall’insolito coito e dai capezzoli che le procuravano un doloroso piacere ad ogni passaggio delle sue dita. Durò abbastanza da portarci entrambi a desiderare emozioni più forti e quando mi vide arretrare capì.
– Si, adesso caro! –
Mi portai fra le sue gambe, lei prese il membro guidandolo fra le cosce, lo lasciò per tendermi le braccia.
– Vieni! – disse. L’abbracciai e allungandomi su di lei lo immersi nel suo grembo.
– Oh siiii! ! ! – il suo grido di esultanza mi riempì di gioia.
Ero dentro di lei, ritrovavo il calore umido della sua vagina! La facilità con la quale ero scivolato diceva il grado di eccitazione che la donna aveva nella fica. Anch’io ero fortemente eccitato, entrambi dovevamo calmarci per gustare pienamente il piacere che volevamo trarre dai nostri sessi.

Era sodo il corpo sul quale gravavo, i seni schiacciati sotto il mio petto facevano sentire la durezza dei capezzoli. Gemma mi abbracciò lasciando scivolare le mani lungo la mia schiena. Il suo viso era raggiante, i begli occhi verdi mi guardavano con gratitudine.
– Ci sai fare Nico. . . sai cosa vogliono le donne! Hai capito che ora desidero tenerti dentro, sentire la durezza del tuo cazzo nella mia pancia. . . Ora voglio essere trattata con dolcezza, dopo sarò la tua puttana e tu. . . il mio stallone! –
Non lo sapevo ancora ma poche sono le donne che si rivelano interamente come la signora Bolis. La maggioranza vuole conservare una parvenza di rispettabilità trattenendosi dal rivelarsi nei momenti intimi, sono quelle che poi non rimangono completamente appagate. Non era il caso di Gemma, con me aveva scoperto quanto fosse bello darsi al piacere senza sotterfugi, era talmente adorabile che non potevo deluderla.

– Sei stupenda, ho avuto poche donne ma sei tu che mi hai dato il piacere più grande. Neanche quando vuoi sembrarlo sei una troia, se prima ti ho chiamato cosi é perché sapevo che ti eccitava sentirtelo dire. Sei adorabile! –
Avevo preso il suo viso nelle mia mani, era con gratitudine che mi sorrideva, la baciai dolcemente. Fu un momento di intimità bellissimo, il sentire sotto di me il corpo pieno, l’essere nel suo grembo, assaporare la sua bocca. . .
Mi sollevai sulle braccia, fra i seni vidi la traccia umida che aveva lasciato il mio pene, le punte si ergevano ancora eccitate dalle aureole larghe e lievemente sporgenti.
Sono bellissimi! – dissi chinandomi su di essi.

Scompigliò i miei capelli sospirando al contatto delle labbra sulle sue aureole, ne saggiai con la lingua il seducente rilievo e quando incontrai il bottoncino irto e duro come il mozzicone di una matita, lo torturai delicatamente con la punta per poi incappucciarlo con le labbra continuando a girare intorno con la lingua finché la donna lo sottrasse.
– Mhhh. . . – l’altro suo seno subì lo stesso trattamento, sentii attorno al pene la vagina contrarsi, sollevai il capo guardandola con meraviglia.
– Si, mi piace quello che fai alle mie tette, quando poi ho nella fica un cazzo come il tuo non so resistere! – allungò le mani al mio petto cercando con le dita i capezzoli.
– Vedo che anche a te piace. . . – osservò.
Si aggrappò alla mia schiena per sollevarsi. Appena sentii l’umidore delle sue labbra fui io a sospirare, si aiutò coi denti e quando sentì l’ergersi del bottoncino, lo prese fra le labbra picchiettandolo, suggendolo. . .

– Gemma. . . Gemma. . . – esclamai.
Era la prima volta sono sicuro che lo faceva, ma la dolce tortura che mi provocavano le sue labbra, la sua lingua, fece scorrere un fremito lungo la mia spina dorsale che si trasmise al pene. Fu istintivamente che lo ritirai e lo affondai.
– Si amore. . . fottimi. . . ahhh fottimi! – esclamò alitando contro il mio petto.
Trovò l’altro mio capezzolo già eretto, lo torturò gemendo piano, per lungo tempo si udirono solo i nostri sospiri. . . e lo schlac. . . schlac. . . schlac. . . del cazzo nella fica madida. Poi la donna sollevò alte le gambe aperte per sentirne la durezza fino in fondo, contro la bocca del suo utero.
– Si continua amore. . . così. . . cosi. . . ahhh. . . ahhh. . . –
Si lasciò andare sul letto, le braccia distese dietro il capo in segno di resa totale guardando l’espressione di piacere dipinta sul mio viso. Ora gemeva ad ogni entrare del mio cazzo, lo spingevo tutto, fino a schiacciare i testicoli nel caldo solco delle sue natiche estasiato dai fremiti che vedevo percorrere il corpo della signora, del godimento che coloriva le sue guance.

– Cara. . . ohhh. . . é meraviglioso amarti, godere con te! –
– Ahhh. . . anch’io godo. . . mhhh. . . dammelo. . . ancora amore. . . si cosi. . . –
Chiuse gli occhi vedendo la cupidigia colla quale guardavo le sue mammelle muoversi, sobbalzare. . . Cielo come mi piaceva scopare quella donna! Ero meravigliato dell’intesa perfetta che avevamo, sapevo che fra poco il piacere ci avrebbe colti nello stesso tempo. . .
– Oh amore. . . amore. . . – rantolai coprendola col mio corpo.
– Ohhh si. . . anche tu vero? –
Aprì subito la bocca alla mia e mentre le lingue si cercavano lambendosi voluttuosamente, le mie mani passarono sotto la sua schiena scivolando lungo le sue reni, sollevò il bacino permettendomi di prendere in mano le sue natiche, di scivolare con le dita nel solco bruciante.

– Ahhh. . . – rantolò nella mia bocca ma non si oppose al dito che immersi nel suo culo, ora solo i nostri bacini si muovevano, le mie reni nell’immergermi per tutta la lunghezza del membro, lei ondulando languidamente lo accoglieva gemendo nella mia bocca. Poi le contrazioni della vagina si fecero pressanti, le sue cosce si chiusero alle mie anche accompagnando l’immergersi del membro nella fica agli stremi.
Feci scorrere ancora il dito nell’ano della bella finché nell’orgasmo strinse i muscoli dello sfintere e mentre lo ritiravo, con rapidi movimenti delle reni completai il suo e il mio godimento piantandomi infine in fondo al suo ventre irrorando il suo utero con lo sperma che avevo a lungo trattenuto.
Fu bellissimo venire insieme, bocca nella bocca a soffocare i nostri rantoli di piacere continuando a muoverci languidamente nell’intimità dei sessi uniti. A poco a poco i sensi si chetarono e ritornammo in noi, la signora volle che rimanessi ancora dentro di lei, l’accontentai coprendo il suo viso di piccoli baci.

Ci alzammo infine e abbracciati ci recammo in bagno. mi volle accanto a nella doccia e sotto l’acqua scrosciante ci baciammo ancora.
Fu un mesto rivestirci il nostro e quando chiesi se l’avrei ancora rivista disse:
– Non riuscirei più a fare a meno di te! Il mercoledì sarà il nostro giorno, finché mio marito non tornerà sarò tua! Vorrei che non tornasse più! –
Era arrossita nel dirlo ma le sue parole mi resero felice.

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