Skip to main content
Racconti Erotici Etero

Aiuto

By 24 Dicembre 2011Dicembre 16th, 2019No Comments

 

Entrò in garage e spense l’auto. Era stanco, aveva lavorato per oltre dodici ore senza fermarsi, avevo bisogno di una doccia e di un letto. Scese dall’auto proprio mentre la porta del garage si chiudeva, si trascinò fino al bagagliaio e ne estrasse la borsa, si avviò verso l’androne del palazzo, l’ascensore era appena arrivato quando un dubbio terribile lo prese, non riusciva a ricordare se aveva chiuso la macchina, esausto e frustato tornò indietro per controllare per scoprire come sempre che si era preoccupato inutilmente. Stava aspettando l’ascensore quando la stanchezza lo colse, era esausto, si appoggiò alla porta e chiuse gli occhi, la sua mente cominciò a vagare, era ad un passo dal sonno, gli servì tutti il suo controllo per non crollare in quel momento, entrò in ascensore e cominciò la salita. Dovette proprio riconoscere che il ronzio dell’ascensore conciliava il sonno, fortunatamente il tragitto era breve. Scese e e si mise davanti la porta, sul pianerottolo c’era un profumino fantastico. 

“Quell’acida deve aver imparato a cucinare, finalmente” pensò riferendosi alla sua vicina, poi con fare stanco estrasse le chiavi e le inserì nella toppa, aveva già aperto quando la vicina fece capolino sul pianerottolo

“Dovrebbe imparare a fare meno rumore quando rientra” l’apostrofò subito

“E lei a bere un po’ di soda caustica, la remerebbe meno acida” si rese contro troppo tardi che quella battuta non sarebbe mai stata colta

“Lei è un maleducato! Come osa rivolgersi così ad una donna?” lui si girò a guardarla e la osservò da capo a piedi. Non si poteva certo dire che non fosse una donna, anzi una bella donna. Il viso con i lineamenti marcati e le labbra molto grandi le davano l’aspetto di una puttana, in compenso però il seno pronunciato e il fisico longilineo la facevano passare per una modella, in quel momento pensò che se il suo lato b fosse stato come il suo lato a poteva benissimo andare sfilare in passerella. In un attimo la sua mente si era riaccesa, il suo cervello si era riattivato e stava cercando un mezzo di paragone per dare un voto a quella bellezza

“Dovrebbe vergognarsi! Mia figlia non riesce a dormire con tutto questo casino!” sapeva benissimo che la figlia dormiva beata, anche perché se dormiva con il volume della televisione ai livelli che usavano loro non si sarebbe mai potuta accorgere del suo passo, anche se effettivamente era pesante. 

“Senta, sono stanco e non voglio problemi, quindi ora entro a casa mia mettendo fine a questa sterile e inutile conversazione” dette queste parole si girò senza prestare attenzione alla sua reazione

“Come si permette? Come si permette di trattarmi in questo modo? Nessuno può fare una cosa simile!” con la porta aperta e un piede già dentro rispose

“Beh, se l’ho fatto vuol dire che qualcuno può farlo. Buonasera!” entrò e chiuse la porta. Era libero, ma qualcosa lo spingeva a pensare a quella donna, provò a trattenersi ma fu più forte di lui, si girò e provò a guardarla dallo spioncino, fece appena in tempo a vederla rientrare in casa e trovò confermate le sue teorie, aveva un culo fantastico. scattò qualcosa nel sua mente e  trovò il paragone che cercava, la Canalis, ecco a chi somigliava. Il seno florido e il culo erano di sicuro alla pari della star, le differenze si vedevano un po’ nel viso, i lineamenti decisi e i capelli neri mossi non li avevano fatto fare subito l’associazione, ma più ci pensava, più si convinceva che la sua vicina somigliasse molto alla Canalis. Un rumore del suo stomaco gli ricordò l’ora, si staccò dalla porta e iniziò a pensare alla cena, in questo momento era prioritaria. 

Dopo una giornata come la sua ci sarebbe voluto il pranzo di un matrimonio per farlo riprendere e il suo frigo era la solita desolazione, l’unica cosa degna di nota era la pancetta, non ci pensò due volte e si preparò un’amatriciana. Stava per buttare la pasta quando sentì le urla dall’appartamento affianco al suo, ci era abituato, succedeva ogni sera, lui tornava la sera ed era di cattivo umore e litigavano, si chiedeva come lui si potesse trattenere dal picchiarla, certe volte ne aveva l’istinto lui che non ci viveva insieme. Questa volta però c’era qualcosa di diverso, le urla erano diventate pianto e sentì distintamente sbattere la porta di casa, incapace di trattenersi andò a sbirciare per vedere lei seduta su uno scalino a piangere, odiava vedere una donna piangere, ancora di più se era una bella donna.

Si chiedeva come potesse preoccuparsi di vederla piangere dopo le continue litigate, ma sapeva bene il motivo, provava pena per lei. Aprì la porta e tornò in cucina, salò l’acqua e attese qualche secondo, il tempo per sentire la porta chiudersi, poi buttò la pasta, per due.

“Sono in cucina, vieni!” lei si fece avanti lentamente, quasi timorosa, la sua presunzione sembrava svanita. Si voltò a guardarla e si commosse a vederla seduta tranquilla su una sedia, tutta schiva, timorosa, lei che era sempre così invadente, pettegola. La osservò meglio e capì il perché

“Controlla che l’acqua non esca” disse avviandosi verso il bagno, tornò dopo poco con il necessario.

“Dammi il viso che con tutto questo piangere ti si è tolto il trucco” lei lo guardò impaurita

“Non è struccante, mi rovini la faccia! Vattene!” la guardò, erano gli ultimi ruggiti di una fiera ferita

“Conosco la chimica molto meglio di te e so bene che non sono struccanti, ma so come si può fare in modo che lo diventino. Ora lasciami fare!” diventava arrogante a volte ma sapeva bene che erano poche le persone che potevano tenergli testa sulla conoscenza in chimica, non a caso lavorava come ricercatore in una grande università e insegnava. Passò un momento di silenzio, poi lei si sporse in avanti

“Brava!” fece mentre si prodigava a lavarle il viso con acqua ossigenata, con cura le tolse tutto il trucco facendo molta attenzione a non arrivare alla bocca o agli occhi, poi prese un ciotola di legno e pestò ancora una piccola crema. Prima che potesse avvicinarsi per mettersela lei si tirò indietro

“MI brucia tutto. Mi fa male! “

“Lascia che ti metta questa, passerà tutto” lei ancora dubbiosa si copriva il volto con le mani senza avvicinarsi, allora lui le allontanò con tocco fermo ma delicato le mani dal viso e passò a spalmarle la crema sul viso. Lei si rilassò e si le scappò anche un sorriso

“Allora lo sai fare” sperava di farla rilassare ma lei si richiuse girandosi in modo da non farsi vedere

“E io che speravo di poterlo ammirare ancora. Sai hai un bellissimo sorriso, dovresti mostrarlo più spesso” forse perché era il primo, forse perché era tanto che non li riceveva più o forse perché in fondo quell’uomo le piaceva lei si girò a fissarlo. Aveva due occhi color nocciola molto espressivi, non riusciva a credere che quello fosse un professore dell’università, lei che li aveva sempre pensati vecchi e bavosi. Lo osservò con attenzione mentre scolava la pasta con lo strofinaccio sul braccio, sembrava proprio un cuoco. Non era molto alto, meno di suo marito e anche meno robusto ma in lui c’era qualcosa che la faceva sentire protetta, al sicuro. Aveva appena servito la pasta quando qualcuno bussò alla porta, anche se più che bussare sembrava voleva buttare giù.

“Torno subito” non fece in tempo ad avvertirlo che lui era già andato ad aprire, aveva paura che Massimo potesse colpirlo, quando era arrabbiato attaccabrighe, sentiva le loro voci, si avvicinò per riuscire a distinguere cosa dicevano

“è mia moglie!!! Togliti di mezzo!!!”

“Adesso è a casa mia e tu non sei il benvenuto.”

“Te la vuoi scopare? Ma cosa credi di fare? Io uccido te e quella troia. Levati dal cazzo!” Massimo provò a farsi largo di forza ma in un nanosecondo il padrone di casa lo afferrò e lo alzò di peso sbattendolo al muro del pianerottolo

“Tu non entri in casa mia! Ci siamo capiti? O devo fartelo capire in altro modo? Ora vattene a casa! Lei tornerà domani, quando starà meglio lei e anche tu.” chiuse la porta e tornò in cucina

“Scusa per le urla, di solito non succede. Mangiamo!” lo guardava con ammirazione, nessuno l’aveva mai difesa in quel modo

“Ma ti sei strappato la camicia”

“Dove?- guardandosi preoccupato la camicia- Oh cavolo, dev’essere stato qualche punta sporgente della porta” lei si avvicinò per osservare

“Sono brava con ago e filo. Te la posso ricucire io” lui stava per replicare di no, che le cuciture gli davano fastidio, quando la vide e capì che avrebbe voluto sdebitarsi. 

“Grazie. Sei molto gentile, ma ora mangiamo o si fredda”

Mangiarono e bevvero, il vino era una cosa che in quella casa non mancava mai, si alzarono e si misero seduti sul divano

“Ho bevuto troppo- protestò lei- ora non riuscirò a cucirti la camicia”

“Non importa, non mi devi ricambiare. Se ti ho aiutata è perché volevo farlo” lei passò la mano sugli strappi

“Toglila o la strappi di più” e si prodigò per cercare di togliergli la camicia, lui inizialmente fece un po’ di resistenza, non voleva che vedesse il suo corpo, alla fine perse la calma

“Lasciami stare!” il tono improvvisamente basso e freddo lasciarono lei interdetta su quanto fosse accaduto

“Forse è meglio andare a letto. Ti mostro la tua camera” lei chinò la testa e lo seguì in silenzio.

Si addormentò continuando a pensare a lei, sapeva che se avesse visto il suo corpo sarebbe scappata come le altre, sapeva bene l’effetto che faceva il suo corpo alle donne, più volte aveva visto quell’espressione misto di disgusto e paura. Ora, però, nel segreto della notte la stava sognando, gli sembrava di sentire le sue mani su di lui, sulle sue spalle, gli sembrava di sentire i suoi capelli, il suo respiro sul suo petto come se lei fosse lì con lui, le sfiorò il corpo, fece scorrere le sue mani su di lei, la riusciva a percepire la sua pelle sotto il lenzuolo, sentiva la sua morbidezza, le sue curve, poi l’attirò a se la bacio. Sapeva di fragola proprio come pensava, poi le scese su di lui, baciò il suo petto, esplorò con la lingua ogni centimetro, ma poi la vide, si fermò, ora sarebbe finito tutto come al solito. Poi la sentì ancora giocava col contorno della cicatrice, non ne aveva paura. Sentiva distintamente ogni suo movimento, i suoi sensi erano a mille, percepiva le sue gambe strofinarsi con le sue, sentiva il suo calore, non riusciva a muoversi, era come se il tempo o lo spazio cambiassero e lui rimanesse fermo, fino a quel momento. Lei si impalò su di lui. Sentì ogni minimo dettaglio, percepì ogni minimo movimento che lei fece, ogni contatto, era qualcosa di incredibile, lo aveva sognato ma mai così bello. Si lasciò guidare dalle sensazioni, lasciò che il piacere prendesse il sopravvento che a guidarlo fossero quelle immagini sfocate che si stampavano nella sua mente, il piacere cresceva forte nel sentire il respiro di lei affannoso, la sentiva muoversi in modo convulso ormai prossima all’orgasmo, piano piano cominciò a muoversi ance lui partecipando attivamente all’amplesso mentre le mani di lei gli strappavano la carne, il suo corpo fremeva come percorso da centinaia di brividi fino a quando colpita da una scossa non si lasciò cadere su di lui ansmante. Riusciva ora a sentire il suo respiro sulla pelle, percepiva ogni suo movimento e adesso era il suo momento, la rigirò, la fissò con intensità negli occhi e la penetrò, lei sorpresa si mosse come si a infilzarla fosse stata una spada, afferrò con forza le sue braccia e si lasciò guidare dal lui in quel mondo di piacere. Entrava lentamente in lei, si godeva ogni centimetro di quegli affondi e del viso di lei stravolto ed estasiato, più la guardava più in lui usciva fuori un lato animalesco sopito da troppo tempo e come un animale che si libera non può più essere rimesso in catene lui non era più i grado di fermarsi, la dominò in tutto e per tutto, mai nessuno le fece provare sensazioni simili, si sentiva dominata, ma anche protetta e coccolata e per quanto lui fosse selvaggio lei non riusciva a vedere dolcezza e gentilezza nei suoi modi. I movimenti divennero veloci, gli affondi più continui e meno profondi, il piacere cresceva in lui, cercò di rallentare ma lei all’apice del piacere lo strinse con le gambe per non farlo uscire, in quel momento lui esplose dentro di lei e si lasciò cadere sul letto. In un breve momento di lucidità la attirò a se e lei soddisfatta si abbandonò alle sue coccole. Si addormentarono così stretti insieme con lei appoggiata al suo petto, non si era mai sentita così protetta.

La mattina si svegliò stanco, il letto era completamente disfatto, cominciò a pensare che non era stato solo un sogno, stanco e affaticato guardò al sveglia. Era tardi, si alzò e cercò la sua ospite, ma non trovò nessuno. Il letto degli ospiti perfetto e immacolato, in cucina non c’erano più i rimasugli della cena, cominciò a pensare di aver sognato veramente, dentro di se sapeva che per sapere se aveva sognato la cosa migliore era chiedere alla diretta interessata ma non trovò il coraggio né quel giorno né dopo, i giorni seguenti fu tutto come al solito, passava le giornate all’università per tornare a casa la sera a sentirsi le urla dei vicini. Ormai erano passate quasi due settimane quando nella cassetta delle lettere trovò una lettera di una donna che lo ringraziava per lei e per la figlia di averle fatto ritrovare la voglia di amare gli uomini, in quel momento capì di non aver solo sognato. 

 

 

Leave a Reply