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Erotici Racconti

Ammasso di meraviglie

By 14 Settembre 2018Febbraio 11th, 2023No Comments

Dopo numerosi anni vissuti in Francia a Tolosa, pressappoco da un decennio sono rientrato in maniera definitiva in Italia e attualmente dimoro in Toscana. E’ da qualche tempo che abito stabilmente a Siena, ho avuto diverse avventure ed episodi con differenti donne, ma se onestamente devo ribadire la convenienza e la giustezza delle cose, solamente una mi è rimasta in gola, visto che non concerne questa città, bensì riguarda il mio centro abitato natio, per il fatto che la femmina in argomento si chiama Irene. 

Con lei sono stato insieme circa quattro anni, tenuto conto che attesto nettamente e garantisco inequivocabilmente che non abbiamo mai fatto sesso insieme, anzi, una volta sola rientrando a casa sua al ritorno da un compleanno presso alcuni nostri conoscenti, in quanto eravamo manifestamente alticci. Nei pub e nei ristoranti ci toccavamo impudicamente sotto i tavoli, giocavamo lascivamente ad eccitarci, arrivavamo svergognatamente al limite del desiderio, ma ogni qualvolta che ci avvicinavamo al letto, lei, regolarmente si tirava scorrettamente indietro enunciandomi pacificamente che non era ancora pronta al grande passo del sesso. Io, giustamente sovente m’arrabbiavo imbestialendomi, malgrado ciò in un certo modo ero manifestamente attratto, azzarderei dire tangibilmente battuto e palpabilmente sbaragliato dal suo obbligato gioco. Mi ricordo che una volta non ce la feci più, eravamo in una birreria illuminata con le luci delle candele, lei indossava una camicetta nera aderentissima con dei lacci incrociati all’altezza del seno, da dove risaltava la scanalatura delle sue floride e straripanti tette, in quanto aveva una corta gonna scozzese e dei lunghi stivali di pelle nera. 

Irene iniziò con dovizia e profusione a stuzzicarmi, immergeva sfacciatamente il dito nel mio boccale di birra, lo intingeva nella schiuma e se lo portava alla bocca succhiandolo, parodiando l’inizio d’un pompino, nel contempo m’afferrava una mano e se l’appoggiava intenzionalmente su d’una gamba, invitandomi ad accarezzarla, mentre l’altra sua mano giaceva indisturbata sopra la patta dei miei pantaloni in maniera ingenua e mansueta. La mia mano scivolò velocemente sotto la sua gonna, arrivai a sfiorarle lo slip, lo sentì bagnatissimo, nel frattempo il mio cazzo era cresciuto a dismisura sotto i pantaloni. Ci guardavamo fissi negli occhi, leggevamo la passione l’uno negli occhi dell’altra, m’intrufolai alla svelta fra le sue gambe, spostai lo slip, accarezzai con i polpastrelli il suo foltissimo pelo nero, peraltro morbido e bagnato. Sempre delicatamente trovai il clitoride, era durissimo, assomigliava al nocciolo d’una ciliegia, perché come lo toccai lei sussultò. Dopo s’avvicinò verso di me, mentre facevo ingresso nel suo sesso caldissimo, lei, stringendo nella mano il mio cazzo nell’orecchio mi riferì, ti voglio scopare. 

In conclusione era arrivato il momento, pagai subito il conto e uscimmo celermente, dopodiché la condussi in un vicolo del centro storico, erano le quattro di notte e in giro non c’era nessuno, speditamente l’appoggiai sul cofano della prima auto che trovai, le spalancai le cosce, m’inginocchiai e assaggiai il suo delizioso intimo succo. Lei mi brandì la testa spingendola sulla sua pelosissima e odorosa fica, la sua fragranza era deliziosa e succulenta, la sua fica era alquanto aromatizzata, in quel frangente intervallai lunghe leccate a delle assolute penetrazioni della lingua, la sentivo gemere sempre di più.

In quella circostanza mi sollevai, non feci in tempo ad aprire i pantaloni, che il mio cazzo era già dentro di lei. La sua stupenda fica risucchiò voracemente tutto il mio cazzo, Irene strinse forte le gambe intorno alla mia vita iniziando a dimenarsi sempre più forte. Sembrava per davvero un’indemoniata, perché ci scopammo a vicenda, non facemmo l’amore, perché d’altronde erano quasi quattro anni che ci punzecchiavamo canzonandoci simultaneamente.

Io coglievo l’effetto torrido della sua magnifica e villosa fica, che avvolgeva costantemente il mio cazzo divenuto più compatto e rigonfio di piacere. Raggiungemmo speditamente l’orgasmo nello stesso momento, perché fu un’immensa caterva di fluidi, una canicolare fiumana abbondante di secrezioni, il mio sperma s’unì amalgamandosi con il suo esagerato e incontrollato orgasmo in una fusione indescrivibile e inenarrabile. Rimanemmo a lungo uno dentro l’altro, distesi su quel cofano ormai ammaccato di quell’autovettura, che da silente testimone indisturbata e introversa ci fece per l’occasione da alcova per placare e per rabbonire i nostri dissoluti, famelici e viziosi sensi.

Ci svegliammo solamente nell’udire il pigolio d’una civetta, che dall’alto d’un palazzo ci scrutava e che fu, forse, l’atipica e inconsueta notturna spettatrice di quella notte di lasciva e di peccaminosa passione, perché infatti, quella volta fu l’ultima volta che vidi e che tastai il corpo di Irene.

Davvero un gran peccato mi ripetevo all’epoca, oggigiorno quando ancora pondero a fondo sulla vicenda m’interrogo analizzando l’avventura, ma che razionalmente e plausibilmente è stato meglio che andasse così. Chi può dirlo con esattezza? 

{Idraulico anno 1999} 

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