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Erotici Racconti

Animosa e spavalda

By 30 Agosto 2018Febbraio 11th, 2023No Comments

Quel tardo pomeriggio Amelia si collocò sedendosi sull’ottomana alquanto stanca e irrequieta alla fine di quell’esasperante giornata. Era tardi e finalmente poteva isolarsi estromettendosi un attimo con se stessa per ragionare. Qualcosa però sfuggiva alla sua attenzione, alla logica disciplinata e ordinata che scandiva tutta la sua vita e quella delle persone che le ruotavano attorno. Filippo, il grande amore della sua vita, il suo compagno di sempre, nascondeva qualcosa, in concretezza non sapeva dire che cosa, solamente sensazioni, unicamente intuizioni di donna, forse angosce insensate e istintive, ansie impulsive e irrazionali, ma qualcosa dentro di lei sussurrava avvertendola che c’era qualcosa che non andava. Gli avvenimenti degli ultimi giorni l’avevano ridotta alquanto esposta, suscettibile e tesa, per di più indocile, insofferente e precipitosa, ciò nonostante c’era qualcosa di dissimile, il computer portatile di Filippo sempre acceso quando era in camera da solo e subito spento quando entrava anche lei. No, non potevano esserci fantasmi. 

Quella sera Amelia stabilì di fare chiarezza, di cercare, non sapeva ancora bene che cosa, di conseguenza iniziò a guardarsi intorno con una certa determinazione, aprì la borsa di Filippo, frugò tra gli appunti di lavoro trovando una lettera a corredo d’una carta telefonica prepagata con il numero telefonico e il PIN. Quel numero le era sconosciuto. A cosa poteva servire una nuova utenza di cellulare? La mente di Amelia abbozzò iniziando a girare come un mulinello, mentre il cuore palpitava scatenato nel petto. Accese il cellulare, inserì il Pin con un briciolo di scetticismo, possibile che non avesse pensato di modificarlo? Il display s’animò, comparve la lista delle funzioni, i messaggi, l’elenco dei messaggi ricevuti, in quel frangente il suo sguardo s’annebbiò all’istante. Di chi erano quei numeri? Lesse qualche messaggio e pensò di svenire. Il tono di confidenza, la complicità che trapelava, il tono deciso e vistosamente eccitato nei messaggi di lui. Le date, ecco, quelle date potevano restituirle qualche chiara indicazione, in quanto risalivano a diversi mesi addietro:

‘Dove mi trovavo io? Possibile che non mi sia accorta di niente? Dove ho vissuto in questi mesi? Come ho fatto a non rendermi? Chi è quest’uomo di cui credevo di conoscere tutto, ma che al presente scopro che un completo forestiero?’. 

Tutti questi pensieri mulinavano nel suo intelletto, Amelia annotò i numeri su d’un foglio, mentre grandi lacrime le sfocavano la vista rigandole la faccia fino a gocciolare sulla carta. Nascose il foglio nell’agenda, spense la luce e andò in camera da letto. Senza fare rumore si spogliò, s’infilò sotto la trapunta facendo attenzione di non svegliare Filippo e restò là rintanata in un angolo mentre singhiozzi profondi scuotevano il suo corpo. Rimase sveglia per ore rimuginando, macchinando e ponderando, considerando di ricordare date, cercando di risalire indietro con la memoria a qualche indizio, quando il sonno la sconfisse impalpabili sintomi di luce filtravano già attraverso la serranda. Quella mattina fece molta attenzione a ogni singolo gesto di Filippo, alla camicia che indossava, all’abito raffinato che ne esaltava la figura, al profumo che era solito vaporizzare e che al momento percepiva in maniera più acuta. Anche lei mise una cura quasi eccessiva nel prepararsi, scelse una gonna nera corta e piuttosto fasciante, indossò una camicia bianca arricciata sul davanti e chiusa da una chiusura lampo, molto sensuale senza nulla di volgare, arricciò i capelli come non aveva mai fatto prima, si confezionò un trucco accurato e alla fine salì sugli alti tacchi delle sue scarpe nere preferite. Si rimirò allo specchio e convenne che l’effetto era veramente notevole. Perfino Filippo la squadrò, manifestamente ammirato e seccato dicendo:

‘Molto bene, stamattina riceverai dei sonori applausi’ – sentenziò in modo insolente a modo di freddura. Amelia subito speculò:

‘Non credevo che fosse così impertinente e villano, in altre occasioni mi sarei addirittura sentita in colpa’ – rimuginando per l’accaduto dentro di sé.

Si diresse verso il reparto come incantata, entrò nella sua stanza, si sedette nei pressi del suo computer e cominciò a cercare sul motore di ricerca i nomi che aveva ben impresso nella mente, giacché incredibilmente ne trovò uno in un forum, lesse tutti i messaggi postati, dal momento che s’iscrisse a sua volta usando il primo pseudonimo che le balenò in mente: ‘Delizia’. Amelia, adesso, sotto le sembianze di Delizia divenne una cybernauta nel mondo aggrovigliato dell’erotismo online. I primi giorni si limitò unicamente a leggere, ad afferrare assimilando i termini, i concetti, il linguaggio, cercando di captare e di comprendere il piglio e le atmosfere, finché s’imbatté in un sito di trio e d’orge. Anche lì in quel portale si registrò con il solito nome fittizio, che era ignoto a tutti cominciando a esplorare l’ambiente: esperienze personali, chat, inserzioni, rodaggi e tentativi d’ogni sorta. Ma che mondo è mai questo pensò Amelia, quasi allestendo una sfida con se stessa, in tal modo inserì un annuncio di presentazione.

L’anonimato, il colloquiare protetta dal computer, la resero animosa e spavalda, perché cominciò a rispondere alle varie mail. Con sua grande sorpresa, scoprì che alcune delle persone che le scrivevano dimostravano una grande cultura, erano conoscitori della letteratura, discorrevano di musica e di pittura, uno soprattutto l’aveva in special modo impressionata per la pacatezza dei toni, per lo scrivere fluido, per l’eleganza inusuale delle espressioni, per la naturalezza con cui parlava dei suoi desideri, della coscienza del suo essere. Si contraddistingueva come ‘Zaffiro’. Poco per volta, quasi senz’accorgersene, s’isolò da tutti gli altri corrispondenti, perché in conclusione leggere una sua mail era sempre una grande emozione. Pure lui cominciò a essere sempre più assiduo, perché le scriveva più volte durante la mattinata e Amelia non riusciva più a concentrarsi sul lavoro in ufficio, ma ciò che era più inconcepibile, soffriva sempre meno del suo rapporto con Filippo con il quale, malgrado tutto, riusciva a fare sesso in maniera intensa e gratificante per entrambi. Un giorno Zaffiro le scarabocchiò in modo diretto: 

‘Senti Delizia, vorresti onorarmi d’essere la mia personale prigioniera? Se me lo concederai, farai di me l’uomo più raggiante e trionfante del mondo, per me non esisteranno altre donne da omaggiare’.

Amelia rimase un attimo senza fiato, poi elaborò di getto sulla tastiera la sua lussuriosa e triviale proposta:

‘Sì, ben volentieri, però sono completamente impreparata e sprovveduta, del tutto inesperta, mi guiderai tu in ogni passo’. 

Da quel momento la sua vita cambiò, ogni mattina riceveva una mail che diceva coerenza, disciplina e metodo, poiché Zaffiro le chiedeva parecchie cose da svolgere, sintetizzate come segue da compiere in una specifica classifica e con una precisa sequenza da osservare:

‘Procurati un vestito sfrontato e scollato, indossalo senza biancheria intima per andare in ufficio. Desidero che radi la tua fica e che dedichi a me questo tuo nuovo aspetto di fanciulla. Mi piace che tu non usi collant, ma solamente calze e reggicalze rigorosamente nere. Gradisco che in ufficio, quando sei da sola, allarghi le gambe e sollevi la gonna penetrandoti con un dito. Preferisco che tu vada in bagno, ti spogli completamente rimanendo unicamente con i tacchi alti. Richiedo che ti poggi con le spalle al muro, con le gambe divaricate e ti fotografi la fica con la fotocamera. Adesso masturbati fino all’orgasmo. Questo è tutto Delizia’.

Erano numerose le richieste alle quali Amelia doveva adempiere. Lei eseguiva, malgrado i malumori di Filippo che si risentiva, la desiderava ma, danneggiato e offeso, s’allontanava sempre più da lei. Amelia lo fece, cercando disperatamente qualche scusa con cui giustificare questa novità con Filippo. Le venne incontro inconsapevolmente proprio Filippo che un giorno le disse quanto le sarebbe piaciuto vederla completamente rasata, in quella circostanza Amelia s’inventò d’uscire di casa tutti i giorni più tardi, in modo tale che Filippo non vedesse che usava il reggicalze. Amelia fece questo nell’ansia che qualcuno potesse entrare in stanza e vederla. Lei ubbidì adempiendo, andò in bagno, dispose il cellulare con la fotocamera sull’autoscatto e dopo qualche tentativo realizzò la successione per le tante direttive e inviò il messaggio multimediale alla mailbox di Zaffiro. Dopo qualche minuto ricevette una mail di risposta.

Amelia aveva eseguito tutto, eccitata e al tempo stesso spaventata da questa sua sottomissione di cui non si credeva capace. L’ansia la tormentava, ma il forte desiderio di compiacere Zaffiro superava qualunque remora e s’accorse, nonostante lo sconvolgimento che stava vivendo, che il suo corpo viveva di vita propria e quanto più forte era la prova tanto più la sua fica era bagnata di tutte le sue secrezioni. Un giorno infatti Zaffiro le scrisse:

‘Carissima Delizia, adesso che ho soggiogato la tua mente è giusto che io conquisti e avvilisca svergognando il tuo corpo. Lo bramo tanto Delizia. Io t’umilierò, ti darò la sofferenza di cui hai bisogno. E’ giunto il momento d’incontrarci. Cerca un giorno della prossima settimana nel quale non andrai in ufficio. Ti farò sapere con esattezza dove avverrà l’incontro. 

Amelia pensò tutta la sera su come fare per liberarsi un’intera mattinata. Inventare una malattia? La parrucchiera? Una visita presso un parente ammalato? Tutto troppo pericoloso, finché Filippo a cena, discutendo le accennò la possibilità d’una trasferta di lavoro a Firenze chiedendole se le facesse piacere andare con lui: 

‘Lo sai che mi piacerebbe tanto, ma non posso’ – rispose Amelia.

‘Mi auguro che se non altro ti facciano partire di giovedì, giacché è una giornata facile da gestire’ – gli annuncio Amelia, ben sapendo che Filippo avrebbe cercato d’organizzarsi in tal senso.

Il giorno successivo stilò a Zaffiro che sarebbe stata disponibile di giovedì, lui le ordinò d’acquistare una camicia aderente da indossare senza reggipetto, una gonna di pelle nera e un paio di scarpe nere molto alte con le stringhe allacciate alla caviglia. La settimana trascorse in un’atmosfera piacevole, adesso l’apprensione e il batticuore di Amelia annegava nella sua stessa eccitazione, anche perché la quotidianità familiare adesso appariva più piacevole. Filippo era anche più pacifico e amorevole del solito. Lo stato di tensione che Amelia viveva sembrava contagiare tutti e Filippo più degli altri collimava a quest’eccitazione manifestando il suo desiderio, continuo, quasi innaturale, un trasporto e una frenesia s’impossessava ininterrottamente dei loro corpi, che si cercavano tutti i giorni, persino più volte al giorno. Sopraggiunse giovedì, Amelia come sempre andò in ufficio e ricevette la mail di Zaffiro: 

‘Agghindati come sai, io t’aspetterò giovedì alle undici presso il Grand Hotel Minerva. C’è già una camera prenotata a tuo nome. Entrerai e poserai le tue cose, t’accomoderai sulla poltrona e là m’aspetterai al buio. Non dovrai accendere la luce per nessun motivo. Se o quando avrai paura di me o del dolore, mi stringerai due volte e io mi fermerò. Se vorrai andare via mi stringerai tre volte e io scomparirò’. 

Amelia avrebbe voluto chiedergli come avrebbe fatto ad entrare, ma non ebbe il coraggio di chiedere niente. Gli chiese soltanto di poter avere una sua mail di gradimento se fosse stata all’altezza della prova. Quella giornata sembrò non finire mai, perché quando tornò a casa nel tardo pomeriggio, Filippo era già rientrato, in quanto stava sistemando le cose che gli sarebbero servite l’indomani, il volo era alle otto di mattina, perciò sarebbe uscito molto presto di casa. Cenarono in silenzio, lui l’aiutò a sistemare la cucina e poi se ne andarono in camera da letto. Amelia si strinse a lui mormorandogli: 

‘E’ proprio necessario che tu parta domani?’ – gli domandò in modo serioso.

‘Si, è necessario, ma dopo non succederà più. Ho chiesto di non seguire più quell’attività. Questo è il compimento d’una fase del progetto, dopodiché sarà portata avanti da qualcun altro. Sta’ tranquilla Amelia’ – la rincuorò Filippo abbracciandola e accarezzandola. 

‘Tu invece, che cosa farai domani?’. 

‘Io sarò a un congresso. Speriamo non sia tedioso, fingendo d’addormentarsi per evitare altre domande, ma non dormì per tutta la notte. 

L’indomani Filippo si preparò con sollecitudine come sempre, salutò Amelia sulla porta e avvertì che sarebbe tornato con il volo della sera. Amelia si lavò preparandosi con una dedizione e con un amore infinito, si cosparse il corpo con un balsamo profumato che rendeva la pelle morbida e liscia, si truccò pettinandosi in maniera meticolosa, indossò gli abiti che le erano stati richiesti e notò come la valorizzassero, malgrado Zaffiro non avesse mai visto il suo corpo, in conclusione salì sulla sua autovettura e guidando molto prudentemente si recò all’hotel. Alla sala dell’accettazione dell’hotel fu più facile del previsto, mascherò il suo imbarazzo con maniere disinvolte e decise e appena afferrata la chiave si recò nella sua stanza. Aprì lentamente la porta, la stanza era illuminata, elegante, con un grande letto e una poltrona con uno scrittoio di fronte alla finestra. Amelia diventò ‘Delizia’, posò la borsa, chiuse la serranda e tirò le tende, rimanendo ad aspettare seduta in poltrona. Trascorsero quindici minuti, eppure ad Amelia sembrarono un’eternità. Tutti i suoi muscoli erano tesi e brividi freddi percorrevano la sua schiena, d’improvviso sentì che una porta s’apriva, ma non era la porta d’accesso della stanza. Il rumore era più sulla sinistra, forse era una porta di separazione con un’altra stanza, Amelia era in apprensione, le vene della testa le pulsavano visibilmente e il suo istinto sarebbe stato quello di gridare, d’alzarsi e di fuggire via, ma oramai era tardi, il buio era profondo il corpo gelato e la fica in quell’occasione inspiegabilmente umida. 

Il silenzio era totale, Amelia percepì il respiro dell’uomo vicino a lei, meravigliandosi di come avesse potuto orientarsi nell’ombra. Il tocco delle sue dita la fece sussultare, le sue mani percorsero la linea delle spalle, le braccia, le mani invitandola ad alzarsi in piedi. Malgrado i suoi tacchi alti le arrivava alle spalle, Zaffiro continuò a seguire la linea del suo corpo, poggiò le mani sui suoi seni valutandoli con dei movimenti circolari, indugiò un poco sui capezzoli che per la tensione erano alquanto irti, poi pose le mani sul torace, accarezzando la linea sensuale della vita e scendendo lentamente sui fianchi tondi e morbidi. Infilò una mano nell’interno caldo delle cosce percependo gli umori liquidi di Amanda e quasi un gemito sfuggì alle sue labbra. Lasciò una mano ad esplorare tra le cosce mentre l’altra scorreva dietro i fianchi, fino ai glutei e insinuandosi tra le natiche tonde e sode. Zaffiro era già nudo, Amelia percepiva il contatto con la sua pelle e sentiva anche i segni evidenti della sua eccitazione, il suo cazzo rigonfio spingeva eretto contro la sua gonna sollevata. Con abilità Zaffiro gliela slacciò abbassandola fino a sfilargliela, poi a rilento le aprì la camicia facendo uscire i floridi seni, in seguito la fece sedere sul letto, si chinò davanti a lei estraendo qualcosa che aveva già preparato sotto il letto.

Amelia sentì che qualcosa di rigido stava tastando la sua fica, non era un dito, neanche un fallo, era qualcosa di duro e di sottile, Zaffiro lo sfregò più volte sulle gradi labbra, dopo repentinamente lo spinse un poco dentro ruotandolo, a lei sfuggì un piccolo gridò, mentre Zaffiro lo estrasse accostandoglielo alle labbra. Lei istintivamente scostò indietro la bocca, ma lui la ghermì dietro la nuca immobilizzandola, costringendola a sporcarsi le labbra dei suoi stessi fluidi. Zaffiro inginocchiato davanti alle sue gambe, che in quella postura non potevano chiudersi, infilò due dita nella fica di Amelia e poi le forzò la bocca nel succhiarle. La tensione di Amelia aumentava e un leggero tremito l’attraversava, Zaffiro agguantò qualcosa di tintinnante e glielo fece dondolare davanti alla faccia, al punto che lei ne percepisse lo spostamento d’aria. Qualcosa di grande infatti s’accostò alla sua bocca, sarà il suo cazzo pensò Amelia, all’opposto era un aggeggio insolito, Zaffiro glielo infilò nella bocca serrandolo con forza e provocandole dei conati di vomito. Poi con un gesto improvviso la spinse in mezzo ai seni facendola cadere supina. Quel qualcosa di duro comparve di nuovo sul suo busto puntandola come un fioretto, perché lei non ebbe coraggio di muoversi e lasciò che lui l’esplorasse con dovizia. Sentì la mano di Zaffiro che frugava sulla sua fica, poi il dolore intenso ebbe il sopravvento. Le aveva applicato una molletta sulle labbra, mentre un grido le moriva sulla bocca, un altro dolore quasi più forte del primo la fulminò.

Lei scuoteva la testa gemendo di dolore, mentre Zaffiro stava cavalcioni su di lei gioendo del suo dolore e gongolando della sua umiliazione. Avrebbe potuto stringere il braccio di lui per interrompere quella brutale sessione, ma non lo fece, il suo sesso era un fuoco liquido, il cazzo di Zaffiro gonfio e pulsante premeva tra i suoi seni. Troppa eccitazione. Zaffiro si sollevò di scatto introducendosi fra le gambe di Amelia, un lampo di dolore l’accecò. Aveva tolto le mollette, lei era inondata di lacrime, lui l’accarezzò sulla fica, poi introdusse la lingua nella fica facendo guizzare contro le pareti e spingendola verso l’alto. Amelia si rese conto inaspettatamente che stava provando un orgasmo. La sorpresa, il piacere e la tensione la lasciarono stremata, mentre lui le consentiva di riprendere fiato per qualche minuto.

Quando il respiro di Amelia divenne regolare, Zaffiro si rimise sul letto inginocchiato sopra di lei, cercò con le mani la sua faccia, la sollevò, liberò la bocca del bavaglio e l’accostò al suo cazzo, lei dischiuse un poco le labbra e lo fece scivolare dentro, lo leccò intorno con la lingua mentre Zaffiro lo muoveva lentamente, indugiò sulla punta per accentuare il suo piacere poi cominciò a succhiarlo con avidità.

Il movimento di lui era più profondo e più ritmico e lo spingeva sempre più a fondo, mentre fremiti lo facevano sussultare. Malgrado si fossero reciprocamente impegnati per non parlare, Zaffiro le sussurrò nell’orecchio con voce alterata dall’eccitazione:

‘Tu desideri farmi sborrare troppo presto, puttana, mi ecciti come la bagascia più esperta, così mi costringi a interrompere tutto. Ti punirò per questo’ – le disse, afferrando l’aggeggio rigido con il quale le aveva vellicato il clitoride frustandole l’interno delle cosce, facendola sussultare e costringendola a rannicchiarsi per ripararsi.

Avrebbe senz’altro potuto interrompere la sessione, tuttavia Amelia non lo eseguì, perché era conscia del fatto che stava compiendo qualcosa che non avrebbe più avuto il coraggio di replicare, sicché voleva viverla fino in fondo, fin dove il suo essere poteva spingersi, ambiva apprendere il suo limite, bramava arrivare fino alla linea estrema. Zaffiro ansimando per lo sforzo e per la tensione si distese accanto a lei, non disse nulla, eppure qualcosa passava nella sua mente perché ci fu un momento di tregua. Nessuno dei due, seppe infatti valutare quanto fosse lungo questo momento, ciò nonostante il bisogno di recuperare la lucidità era evidente perché il gioco non diventasse pericoloso, perché le emozioni non prendessero il sopravvento. Quando Amelia credeva che la sessione fosse terminata, percepì la mano di Zaffiro afferrarle un seno e palparlo, strizzandolo per esaltarne la rotondità, poi rotolò su di lei afferrando anche l’altro e pizzicandone leggermente i capezzoli eccitandoli. Quando divennero carnosi li afferrò e mentre li comprimeva Amelia avvertì che il suo cazzo si gonfiava tra le sue gambe si dischiuse agevolmente per accoglierlo. Mentre Zaffiro la penetrava le sue mani iniziarono a pigiare più energicamente i capezzoli tirandoli verso l’alto. Amelia in modo spontaneo cercò di chiudere le gambe, ma la cavita pelvica di Zaffiro non le consentiva di farlo, anzi, godeva ancora di più di questo suo irrigidimento, perché più lui stringeva più Amelia s’irrigidiva divincolandosi malgrado il dolore.

Questa supplizio non previsto durò un tempo infinito, così sembrò ad Amelia, che soffocava a malapena i singhiozzi tra un orgasmo e l’altro. Zaffiro lasciò la presa e si sollevò da lei, Amelia s’asciugò gli occhi mentre lo sentiva frugare scartando qualcosa al lato del letto. Percepì il movimento ondulatorio con cui manteneva eccitato il suo cazzo, lo stropiccio dell’involucro che conteneva il profilattico, perché percepì una qualche altra attività che la toccò in mezzo alle natiche. Dopo Zaffiro la voltò su d’un fianco accompagnandola nel disporsi a quattro zampe. Al momento Amelia temeva un rapporto anale, giacché non aveva mai voluto averlo e quando ci aveva provato era stato piuttosto dolente, penoso e insoddisfacente, poi percepì che Zaffiro le accostava qualcosa di sodo e gonfio in mezzo alle gambe, quindi si rilassò per agevolare la penetrazione con un fallo di gomma. Quando quest’ultimo venne introdotto, sentì un altro aggeggio duro e gonfio che la premeva tra le natiche, Zaffiro in ginocchio dietro di lei spingeva con dei piccoli movimenti rotatori, imprimendo delle leggere pressioni con il suo cazzo nell’ano. Appena ritenne d’aver vinto le resistenze d’Amelia spinse in maniera più decisa il cazzo lubrificato dentro l’ano e cominciò a muoverlo sempre più ritmicamente. L’emozione adesso era forte, intensa, forse più del dolore, che a poco a poco scomparve, lasciando un uomo che penetrava l’ano d’una donna della quale non conosceva nome, aspetto, cultura, in quanto esisteva soltanto un cazzo e un ano, le loro terminazioni nervose, il loro accoppiamento nel modo più antico del mondo, un congiungimento da animali: Zaffiro cavalcava Amelia deprimendola e sottomettendola con una doppia penetrazione. Amelia tremava e gemeva, Zaffiro con una mano le stringeva i capelli tenendole la testa riversa all’indietro, mentre l’altra mano le muoveva il fallo tra le cosce. Fino a quando non perse il controllo di se stesso spingendo con maggiore violenza, la pelle s’accapponò, gemiti sordi uscirono dalle sue labbra, fino a quando uno strepito ovattato lo lasciò pulsante nel corpo di Amelia. Rimase così per diversi minuti, in seguito sfilò il pene dall’ano, tolse il fallo di gomma dalla fica e l’adagiò sul letto. Le afferrò le mani baciandole delicatamente, raccolse i suoi strumenti e se ne andò precisamente da dove era entrato. 

In quella circostanza Amelia rimase ancora distesa al buio sul letto manifestamente svigorita, poi accese una luce e controllò l’orario. Erano trascorse cinque ore e non se ne era accorta. Fece all’istante la doccia e cercò nello specchio tracce o segni di ciò che era stato, ma non ravvisò nulla d’allusivo né di significativo, solamente una grande spossatezza al presente si era impossessata di lei. Riaccese il cellulare e ricevette un messaggio da parte di Zaffiro che le comunicava:

‘Mia adorata Amelia, sei stata meravigliosa, rara, unica e impareggiabile, un grande fenomeno’.

Lei sorrise compiaciuta, mentre lo sguardo penzolò sul numero di cellulare. Non era secretato e vagamente familiare, afferrò la borsa e controllando un biglietto nell’agenda rimase totalmente allibita e senza parole. Inviò un messaggio di risposta senz’occultare il suo numero di telefono:

‘Pure tu Zaffiro, non sai quanto, a risentirci con vero e sincero piacere’.

{Idraulico anno 1999} 

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