Skip to main content
Racconti Erotici Etero

Calvin e il suo dolcissimo arnese.

By 8 Dicembre 2007Dicembre 16th, 2019No Comments

Calvin non trovava lavoro. Ormai aveva girato tra bar, ristoranti, librerie, discoteche, nessuno era disposto ad offrirgli un lavoro, perchè dicevano che gli affari andavano male. Cosa assurda, perchè se a Roma gli affari vanno male, vuol dire che l’Italia è davvero in ginocchio. Ogni volta che entrava in un nuovo ristorante già conosceva la risposta alle sue richieste di lavoro: “le faremo sapere”, oppure “siamo al completo” o più sempplicemente “mi dispiace, ma gli affari non vanno molto bene”. Calvin era arrivato al punto di girare tra i negozi alla ricerca di una cosa qualsiasi, sennò come avrebbe pagato l’affitto di casa e le bollette? Era disperato e annoiato, camminava per ore senza riuscire a trovare una schifezza di lavoro. Un giorno aveva camminato talmente tanto che si era ritrovato in un vicolo buio, con un ferramenta e un’insegna luminosa, in lontananza. Si chiedeva come fosse arrivato lì, in quella strada che non portava neanche un nome. Quella strada desolata e vuota, silenziosa e buia. I lampioni della strada illuminavano appena. L’insegna luminosa lo attirò, diceva: Luxe.
Aveva un ingresso illuminato di neon azzurri, e un uomo grosso in giacca e cravatta, probabilmente il buttafuori che non aveva un aspetto rassicurante. Calvin voleva tirare dritto e tornare a casa, ma allo stesso tempo si disse che non aveva niente da perdere. Peggio di così non poteva andargli. Quindi si avvicinò all’ingresso, l’omone muscoloso lo fermò.
– Tu che vuoi?
– Senta, volevo sapere se avete bisogno di un cameriere, o più semplicemente un lavapiatti – gli disse Calvin.
– Entra – gli rispose aprendogli la porta.
Calvin non si stupì, sicuramente il buttafuori lo stava invitando ad andare a chiedere all’interno, perchè lui non si occupava di queste cose. Come al solito gli avrebbero cantato la solita canzone. Il Luxe dentro aveva le luci soffuse, ed era pieno di tavoli, e una piscina poco profonda. C’era il tavolo del bar. Era presto, quindi il locale era ancora vuoto. Però c’era un uomo seduto ad un tavolo, con un sigaro in bocca, un capello da cowboy e nudo dalla vita in giù, con una meravigliosa ragazza dai capelli biondi ondulati che lo stava spompinando. Calvin era molto imbarazzato, non si erano accorti di lui, e restò a spiare la scena. La ragazza aveva una maglietta rossa, con uno scollo talmente grande che le sue tette grandi e morbide stavano fuori. E al petto portava un crocifisso, che finiva proprio tra le sue meravigliose tette. La sua testa saliva e scendeva sull’arnese di quell’uomo, Calvin notò i suoi stupendi occhi verdi. Intorno alla vita teneva allacciato un grembiule, doveva essere una cameriera. Ma sotto quel grembiule era completamente nuda. Ai piedi indossava dei vertiginosi tacchi a spillo. Poi l’uomo si accorse di Calvin.
– E tu chi sei?
– Mi dispiace disturbarla ma… ecco… volevo sapere se avete bisogno di personale.
– Aspetta! – gli rispose in maniera secca.
Era il proprietario del Luxe, che stava per venire in bocca a quella graziosa ragazza. Iniziò a spingere l’anca verso l’alto, e intanto teneva una mano dietro la testa bionda di quella fantastica cameriera. Sul volto del proprietario del Luxe apparve un espressione di piacere intenso; socchiuse gli occhi e aprì la bocca, liberando un mugolio di piacere. Dopo qualche secondo Calvin vide scorrere dalla bocca di quella meravigliosa ragazza tutto lo sperma denso e caldo che quell’uomo aveva tirato fuori.
– Oh sì, sei meravigliosa Miriam! – il proprietario del Luxe si alzò dalla sedia e si rialzò i pantaloni coprendosi. – Adesso torna a sistemare i tavoli.
Si avvicinò a Calvin, lo guardò da capo a piedi. Lo invitò a sedersi ad un tavolo, insieme a lui. Gli offrì perfino un amaro. La cameriera con le labbra ancora sporche di sperma iniziò a spolverare i tavoli neri.
– E quindi cerchi lavoro? Questo è un locale per gente di alto livello. Viene da noi solo la gente che conta. Capisci? Effettivamente abbiamo bisogno di camerieri, ma sappi che qui non è come gli altri ristoranti. Qui si lavora affinchè i desideri dei nostri clienti, cioè l’elite, vengano soddisfatti. Sei veramente interessato?
– Sì, e vedrà che saprò essere all’altezza.
– Questo lo vedremo. Inizi da domani sera. Miriam è la tua compagna di lavoro.
Calvin guardò in direzione di Miriam, che era girata verso un tavolo nero. Il suo grembiule la copriva davanti, ma dietro metteva a nudo un culetto tondo e perfetto che faceva venir voglia di masturbarsi. Ma che razza di lavoro era mai quello?
– Tra l’altro hai anche un bel aspetto, sei un ragazzo molto affascinante, ed è questo quello che conta qui al Luxe. Io sono il signor Pitch.
Calvin tornò a casa, doveva essere felice per aver trovato un lavoro, ma invece continuava a porsi domande. Chi era il signor Pitch? E che genere di lavoro si svolgeva nel Luxe. Calvin si distese sul suo letto, poi pensò a Miriam… era fantastica. Ripensò al suo culetto, alle sue belle tette, al suo viso angelico, a quegli occhi verdi e ai capelli biondi, mossi. Si alzò dal letto, si spogliò completamente, aveva un erezione gigante, pensò a Miriam e si smanettò davanti allo specchio. Ripensò a com’era brava a fare pompini. Che sogno di ragazza. La mano di Calvin procedeva lenta nella masturbazione, scopriva e ricopriva il glande. Socchiuse gli occhi, rivide il crocifisso che pendeva tra le grandi tette della sua collega di lavoro. Rivide le sue cosce, il suo culo, e arrivò l’orgasmo con una sborrata esplosiva e densa che finì sullo specchio.
Il giorno dopo Calvin si recò al Luxe alle sei del pomeriggio. Il buttafuori lo riconobbe e lo lasciò passare. Il locale era vuoto, però si sarebbe di certo riempito, perchè era sabato. Miriam era già lì che puliva i tavoli, vestita come il giorno prima, quindi praticamente nuda. Calvin rivedendo il suo culetto ebbe il batticuore.
– Ciao – richiamò la sua attenzione.
– Ciao – Miriam si girò verso di lui. Con le tette al vento, si avvicinò a Calvin. – Tu sei quello nuovo, eh? Piacere, io sono Miriam.
Si strinsero la mano e lei sorrise meravigliosamente. Era fantastica. In quello stesso momento uscì dalla cucina una donna, non bella ma eccitante. Con dei capelli neri lisci, occhi neri e con una camicia bianca aperta agli ultimi bottoni, forse perchè ci teneva a mostrare le sue tette gonfie e dure. Sicuramente era quello un lavoro della chirurgia, a differenza delle belle tette di Miriam, che erano naturali, morbide. La donna che era apparsa dalla cucina si chiamava Angelica, si presentò a Calvin, era la moglie del proprietario, il signor Pitch. Gli disse di seguirla, e lo portò nel camerino del personale. Calvin era un pò imbarazzato, e la signora Angelica stava al centro della stanza, con i pugni premuti contro i fianchi.
– Va bene, puoi iniziarti a spogliare. Vediamo cosa abbiamo qui.
– Mi devo spogliare?
– Certo amore, forza. Spogliati, e ti farò indossare altri panni.
Calvin si sfilò la maglietta, mostrando il suo petto pulito e bello da guardare. Poi si tolse le scarpe e i calzini, sfilandosi i pantaloni. Restò con gli slip neri, sotto gli occhi divertiti e quasi eccitati della signora Angelica, che ammirava la bella forma del suo arnese, che non era ancora duro, però stava sulla buona strada.
– E quelle? – gli chiese. – Non le togli?
– Devo togliere anche le mutande? – Calvin cercò di perdere tempo. – E perchè?
– Avanti maschione, fammi vedere cosa nascondi qui sotto – la signora Angelica si inginocchiò ai piedi di Calvin, prese con tutte e due le mani i bordi delle mutande e gliele tirò giù, il suo arnese venne fuori con un balzo, e anche se non era eretto le dimensioni fecero stupire la signora, che spalancò gli occhi. – Wow, che splendore! Complimenti davvero. Hai un arnese così grosso, è un peccato non mostrarlo.
Il cazzo di Calvin era a poca distanza dal viso della signora Angelica, tanto che iniziò ad indurirsi in tempi record. Diventò duro proprio davanti agli occhi stupiti della signora, e nell’indurirsi il glande toccò di sfuggita il suo naso.
– Oddio, è meraviglioso! Mi verrebbe voglia di prenderlo a morsi.
In quel momento entrò nello stanzino il signor Pitch.
– Caro, hai visto che arsenale che ha il nostro Calvin in mezzo alle cosce?
– Ti piace? – chiese il marito.
– Da impazzire. Sarà perfetto per il Luxe.
La signora Angelica prese con la mano la base del cazzo di Calvin e indirizzò il glande verso le sue labbra. Lo accolse in bocca e succhiò quattro volte. Poi lo fece venire fuori e si mise in piedi, prendendo da un armadietto un grembiule bianco come quello di Miriam, che copriva solo dall’ombelico in giù, fino alle ginocchia. Lo allacciò intorno alla vita di Calvin, e gli diede una pacca sul culo scultoreo nudo.
– Adesso vai a dare una mano alla tua amichetta Miriam.

Lavorare con Miriam era molto difficile, perchè Calvin aveva un erezione perenne. E soltanto con quel grembiule, si vedeva chiaramente un rigonfiamento a punta, di quell’erezione incontrollabile. Prima di aprire al pubblico, Calvin diede una mano a Miriam per pulire i tavoli. Calvin si inflò sotto ad un tavolo, con uno straccio e il sapone. Infilandosi lì sotto il grembiule si era alzato, e il suo pene durissimo era venuto fuori. Miriam, che stava pulendo la parte superiore del tavolo guardò stupefatta il cazzo di Calvin. Si morse il labbro inferiore, aveva voglia di farlo impazzire, di farlo eiaculare. Così si abbassò anche lei.
– Scusami – gli disse, – devo abbassarmi per qualche momento, c’è una macchia che non viene via.
Sì abbassò su Calvin, andando a toccare con le labbra calde della sua passera il suo pene duro. Calvin sentì il calore della sua passera contro l’asta, era stupendo. Miriam iniziò a muoversi, accarezzandolo con le labbra. I peli biondi della sua passera che si sfregavano contro il glande aumentavano l’eccitazione. Miriam si muoveva facendo percorrere alle sue labbra tutto l’arnese di Calvin, dai coglioni fino al glande. Per Calvin era un sogno, di lei vedeva soltanto dalle tette in giù, e ansimava piano per non farsi sentire. Guardava i movimenti del suo bacino, che muoveva avanti e indietro sul suo pene, con quella passera calda e pelosa che lo accarezzava, lo baciava i un denso abbraccio appassionato. E non ci volle molto per l’eiaculazione. Tre fiotti di sperma gli schizzarono sulla pancia e sul grembiule, ma Miriam era assetata e continuò ad accarezzarlo. Poi toccò con le labbra la sua sborra, e si rimise in piedi.
Calvin andò in bagno a pulirsi, prima dell’apertura al pubblico del Luxe. I clienti erano veramente l’elite della città; politici con le loro mogli, sottosegretari, alti gradi dell’esercito, professori universitari. Quella sera c’era anche un tavolo occupato dalla figlia del presidente, che era lì per festeggiare il suo ventesimo compleanno in compagnia delle sue amichette, erano tutte vestite da battone, però di lusso. Vestiti scollati, minigonne, però abiti costosi. La figlia del presidente era una bella passerona dai capelli biondi, che continuava a guardare in direzione di Calvin, che girava tra i tavoli praticamente nudo. Coperto solo da quel grembiule bianco, ma col suo bel culo di fuori. Lavorare in quelle condizioni lo metteva davvero in imbarazzo, anche perchè non poteva far nulla per nascondere la sua erezione. La cucina era stretta, e quando Calvin andava lì per prendere i piatti da servire incontrava Miriam, anche lei lì per lo stesso motivo. E lei forse lo faceva apposta, o forse la cucina era davvero troppo stretta, ma strisciava il suo culetto contro l’arnese di Calvin. E poi uscivano, per andare a servire ai tavoli, dove apprezzamenti a palpatine si sprecavano nei confronti di Miriam. E le donne impazzivano per Calvin, tanto che ad un certo punto la signora Angelica lo chiamò, e lo portò al tavolo della figlia del presidente.
– Signorina, ecco a lei un omaggio del Luxe – disse la signora Angelica, slegando il laccio del grembiule di Calvin, facendo venire fuori il suo invitante cazzo eretto. Calvin era imbarazzatissimo, le ragazze spalancarono gli occhi e ridacchiarono tra di loro. – Le auguriamo buon compleanno.
La signora Angelica prese la panna montata e la spruzzò sul glande bello gonfio di Calvin, coprendolo del tutto. E poi una spruzzata di lampone.
– Dai, prendilo in bocca… – la incitò una delle sue amiche ridendo. – Non fare la timida!
La figlia del presidente sorridendo avvicinò la bocca all’arnese di Calvin, tirò fuori la lingua e con la punta percorse tutta l’asta, fino a giungere al glande, che fece sparire in bocca. Le sue amichette applaudirono e fecero baccano come in un coro da stadio. La figlia del presidente muoveva la lingua come un’infoiata, Calvin non resisteva, voleva sborrare, e mentre lei continuava a muovere la lingua ecco partire un primo schizzo, che le finì sotto il palato. Lei con un sussulto fece venire fuori l’arnese di Calvin, che gettò fuori un altro schizzo, ancora più denso e violento del primo, che le finì sulla sua faccia da mignotta di classe. Le sue amichette fecero partire un altro applauso, ridendo come delle cretine. Il cazzo di Calvin era arrivato allo stremo. Per fortuna la serata al Luxe era quasi finita.
All’uscita, Calvin chiese a Miriam se poteva accompagnarla a casa. Presero il tram, e scesero ad una decina di fermate, lei abitava in un quartiere popolare. L’accompagnò fin sotto al portone, erano le due di notte.
– Che strano lavoro – disse Calvin.
– E ancora non hai visto niente – rispose lei. – Altre sere è ancora peggio. Il nostro lavoro, essenzialmente consiste nell’appagare gli animi depravati della classe alta. Te n’eri accorto?
– E a te va bene così?
– Direi di sì. Basta che mi pagano. Devo pur mantenermi, devo pur pagare l’affitto. Ciao Calvin.
Si baciarono sulle guance, e Miriam gli accarezzò l’uccello sui pantaloni, entrando fugacemente nel palazzo. Calvin impazziva per lei, per quei suoi modi di fare, e per quella sua spudoratezza. Aveva voglia di rivederla.

In foto: Che capolavoro!

Calvin si recò al Luxe il giorno dopo alle sette di sera. Il gorilla buttafuori lo salutò ringhiando. Miriam già era a lavoro, stava sistemando i tavoli, sempre mezza nuda, vestita solo del grembiule e della maglia rossa scollata e con le tette di fuori. Quando vide Calvin gli sorrise e lo salutò con un cenno della mano. Subito la signora Angelica uscì dallo stanzino del personale e lo chiamò.
– Calvin, vieni subito con me. Sei in ritardo.
La seguì nello stanzino. Quel giorno era più elegante del giorno prima, però aveva il solito scollo larghissimo che mostrava le belle forme delle sue tette rifatte, che però quel giorno erano adornate da un meraviglioso collier di diamanti.
– Ti devo depilare – gli disse togliendogli la maglietta con una certa fretta.
– Ma signora Angelica, come vede non ho un petto molto peloso.
– Ma io non parlo del tuo petto – rispose sbottonandogli i pantaloni e abbassandoli fino ai piedi. – Parlo del tuo cazzo, Calvin. Forza, non perdiamo tempo, cacciamo fuori il tuo bestione.
La signora Angelica gli abbassò anche le mutande, l’attrezzo di Calvin non era ancora eretto, ma bastò prenderlo un pò in mano per vederlo indurirsi in pochi attimi. Così la signora Angelica si ritrovò l’asta dura di Calvin puntata contro le sue labbra, con quel glande gonfio e rosa che fece ipnotizzare la signora Angelica.
– Dio mio, sembra ancora più grosso di ieri – lo masturbò un pò e poi prese la base dell’asta con due dita. – Cosa ti dava da mangiare tua mamma da piccolo? Carne taurina?
Cosparse di schiuma da barba tutt’intorno alla base del pene, e sui testicoli su cui si soffermò di più massaggiandoglieli e nel mentre lo guardava negli occhi dal basso. Gli sorrise, poi prese la lametta e cominciò a raderlo, tenendogli il pene sollevato con una mano, impugnandolo in modo deciso e dandogli dei lenti colpetti per tenerlo duro.
– Ma signora Angelica… cosa fa?
– Non ti piace?
– Sì, ma…
– Voglio tenerti in allenamento. Sei il cavallo da montare del Luxe. Se vuoi puoi fare molti soldini, sai?
– Come?
– Quando sarà il momento vedrai.
Con la lametta aveva quasi finito quando Calvin socchiuse gli occhi e aprì la bocca; la mano della signora era di una bravura notevole a masturbare cazzi. Partì il primo schizzo di sperma, lungo e denso che saltò sui capelli neri e lisci della signora Angelica.
– Wow, Calvin! Che schizzo!
Un secondo fiotto finì sulle sue tette, colando nello scollo. Intanto la signora aveva finito di raderlo, adesso era un vero amore di arnese, sembrava ancora più grosso. Era un gioiello. La signora Angelica si rimise in piedi e nell’alzarsi il cazzo di Calvin andò a sbattere sulle sue tette siliconate.
– Adesso puoi andate – gli disse. – Ma prima mettiti il grembiule.
Calvin indossò il suo grembiule da lavoro e nient’altro. Sotto era completamente nudo. Andò nella sala dove c’era Miriam che stava sistemando i bicchieri sui tavoli, era di spalle, aveva un culo così invitante, a mandolino, che a Calvin tornò di nuovo duro. Miriam andò verso di lui con un sorriso così dolce che a Calvin venne voglia di chiederle un fidanzamento ufficiale. Avrebbe chiesto anche la mano al padre se fosse stato necessario. E quelle tette nude poi, Calvin vedeva in lei la madre perfetta per i suoi figli; quelle tette così belle con quelle aureole così larghe, e il crocifisso che le pendeva dal collo ad ornare il petto.
– Ti ha depilato? – gli chiese.
– Che ne sai?
– Hanno depilato anche me – rispose lei spostandosi il grembiule, e mostrando le sue labbra della passera lisce. – è stato il signor Pitch. Non ti dico, dopo me l’ha leccata e succhiata per mezz’ora con quella lingua così avida che si ritrova. E tu? Fammelo vedere, dai.
Con una mano Miriam gli spostò il grembiule, mettendo a nudo il suo pisellone depilato. Si coprì la bocca con una mano in segno di stupore. Bello, maestoso e duro. Miriam non poteva resistere, e si guardò in giro, per vedere se c’erano i padroni del Luxe. La sala era momentaneamente vuota.
– Calvin, io non resisto.
Si abbassò ai suoi piedi e gli prese il cazzo in bocca. Lui cerrcò di trattenerla, aveva paura che avrebbero potuto vederli, ma poi accarezzò i capelli crespi e biondi di Miriam, aiutandola con i movimenti della testa. Aveva una bocca molto esperta, per non parlare della lingua, calda che faceva stare il glande in uno stato di massimo piacere. Come in paradiso. Ma poi arrivò il signor Pitch che prese Miriam per il braccio facendola alzare con una certa autorià, e lei con un sussulto saltò in piedi. Il glande le uscì dalla bocca schioppettando e balzando fuori completamente ricoperto di saliva calda e scivolosa.
– Forza, a lavoro. Non vi pago per fare maialate tra di voi.

Cominciarono ad arrivare le prime persone, un pò di gente d’affari, qualche politico e gente della tivù: giornalisti e prsentatori. Musica suadente nell’aria e cominciò il lavoro duro. Ordinarono da bere e da mangiare e iniziò un via vai dalla cucina alle sale. In cucina la cuoca russa cinquantenne e racchia preparava piatti prelibati che Miriam e Calvin pensavano a portare ai tavoli. La serata si evolveva bene; c’era il pienone e il signor Pitch e signora si arruffianavano i clienti ai tavoli con discorsi inutili e complimenti gratuiti. Calvin si fece rosso dalla gelosia quando vide Miriam che portava un piatto al tavolo di una nota personalità televisiva, di circa quarant’anni, che le accarezzò il sedere. Le insidiò un dito nel buchetto del culo e lei sorridendo lasciò fare.
– Hai proprio un bel culetto – disse – Sai, io potrei farti diventare una star televisiva. Devi solo lasciarti riempire questo buchetto.
– Grazie, lei è molto gentile – rispose lei sorridendo. – Ma la televisione è un mondo che non mi interessa. Sa, io studio all’università, il mio sogno è diventare biologa.
– La biologa? Lasciatelo dire, piccola – aveva iniziato a trapanarle il culo con due dita. – Tu hai altre qualità, perchè non le sfrutti?
Miriam piegò la schiena e fece una smorfia di dolore, con quelle dita nel culo le stava facendo un pò male. Per fortuna aveva da fare, e si allontanò chiedendo il permesso. La signora Angelina chiamò Calvin, gli disse di portare al tavolo dieci un’insalata mista e una bottiglia di vino bianco. A quel tavolo c’era una ragazzina di appena diciotto anni con i capelli lisci scuri e un viso aggraziato ma snob. Era la figlis di un politico molto importante; era vestita da zoccola di alto livello, molto elegante, con una minigonna nera, stivali e una camicia di satin viola. Era bellissima con quel suo visino da porcellina viziata. Guardò Calvin da capo a piedi mentre le portava l’ordinazione. Teneva le braccia distese sul tavolo, su cui Calvin sbadatamente poggiò il suo cazzo mezzo eretto. E nel servirla l’arnese strofinò più volte sul tessuto di satin della sua camicetta. La ragazzina si chiamava Michela, e guardò Calvin con un aria un pò seccata.
– Hai finito di masturbarti su di me?
– Cosa?
– Toglieresti questo schifo dal mio braccio?
Michela gli scostònil grembiule facendogli notare che il suo cazzo era poggiato sul suo braccio.
– Ops, mi scusi signorina.
Mentre le versava il vino bianco nel bicchiere arrivò la signora Angelica con un sorriso falso sul viso.
– Come andiamo? – chiese a Michela.
– Benissimo. Solo che vorrei che il cameriere restasse qui al tavolo per ogni evenienza. Ovviamente le pagherò un extra.
– è tutto suo – rispose la signora scigliendo il laccio del grembiule di Calvin, e glielo tolse.
Adesso era completamente nudo, mezzo ristorante lo guardava. L’erezione diventò gigante e maestosa. Michela iniziò a mangiare la sua insalata mista, guardando di tanto in tanto con fare disinvolto il cazzo di Calvin a poca distanza dal tavolo.
– Comunque ne ho visti di più grossi.
Gli disse ad un certo punto. Era davvero antipatica. Credeva di avercela solo lei. Calvin conosceva bene il padre, una volta alle elezioni l’aveva pure votato, ma da allora mai più perchè aveva capito ghe genere di persona era. Un uomo assetato di potere. E così anche sua figlia, e lo stava dimostrando con quel suo carattere, volendo Calvin tutto per se, pronto ad essere umiliato come e quando voleva lei. Una puttanella di classe a cui piaceva dominare e dettare ordini. Il Luxe aveva organizzato una serata pianobar, e il pianista era appena salito sul palchetto appositamente allestito, e cominciò a suonare canzonette anni cinquanta. L’attenzione si spostò su di lui e non più su Calvin che continuava a stare in piedi e immobile e completamente nudo, come lo schiavo perfetto per Michela, che continuava a mangiare la sua insalata mista. In quel momento passò di lì Miriam, che accarezzò il culetto di Calvin e gli diede un bacio sulla guancia, poi ripartì per la cucina. Michela aveva visto tutta la scena e si era un pò indispettita.
– Chi era quella? La tua ragazza?
Calvin non rispose, assorto tra i suoi pensieri e distratto a vedere Miriam sparire oltre le doppie porte della cucina.
– Masturbati – disse poi all’improvviso.
– Cosa?
– Ho detto masturbati. Voglio che ti masturbi mentre mi guardi mangiare. Non sai come sì fa? Ti faccio vedere io – con una mano prese in mano il cazzo di Calvin e gli diede tre colpetti e i braccialetti d’argento che aveva al polso tintinnarono. Poi si fermò e riprese la forchetta. – Ecco, ti sembra tanto difficile?
Calvin chiuse le dita intorno al suo arnese e lentamente iniziò a masturbarsi guardando Michela che finiva di mangiare. Quando arrivò alla fine del piatto Calvin aumentò la velocità dei movimenti della sua mano, fino a quando il primo lungo schizzo di sborra saltò fino ad andarsi a posare sul bicchiere di vino di Michela. In parte lo sperma cadde dentro, il resto dello schizzò colò sui bordi. Il secondo fiotto saltò sul tavolo. Sul viso di Michela apparve un’espressione di ribrezzo.
– Guarda cosa hai combinato, maiale! Ti vorrei riempire la faccia di schiaffi.
Michela si alzò dal tavolo e prese il bicchiere di vino in mano, portandoselo alle labbra, dalla parte dove stava colando la sborra, bevendo il vino misto allo sperma che galleggiava in superficie, e senza mai smettere di guardare Calvin con due occhi molto nervosi. Posò il bicchiere dopo aver tracannato tutto il vino che conteneva e andò verso la signora Angelica.

Continua…

Calvin si risistemò il grembiule e ritornò a lavorare agli altri tavoli, portando via piatti e bicchieri sporchi. Vide che Michela stava parlando con la signora Angelica di lui, forse gli stava raccontando la storia della sborra sul bicchiere. Ma in realtà la questione era ben diversa. La signora Angelica lo chiamò in disparte e gli disse ogni cosa.
– Te li vuoi guadagnare mille euro e divertirti?
– In che senso, signora Angelica?
– La signorina vuole che tu vada con lei in albergo.
– Cosa? Ma quella mi odia!
– E invece a quanto pare ti vuole. E ti pagherà con un assegno di mille euro. Cosa stai aspettando? Preparati e vai con lei. Ovviamente poi dividiamo. Seicento al Luxe e quattrocento a te.
Calvin non si era mai prostituito prima di quel giorno. E anche se quattrocento euro gli sembravano una somma misera, lo fece per non perdere il posto di lavoro che aveva tanto cercato. Quindi andò in cucina a salutare Miriam, che stava di spalle a preparare i dessert e le si avvicinò da dietro, togliendosi il grembiule e appoggiandogli il cazzo contro il culetto. La abbracciò da dietro.
– Ehi Calvin, cosa c’è? Cos’è tutto questo affetto?
– Io devo andare via, ma era mia intenzione dirti che… credo di essermi innamorato.
Calvin corse via, senza permetterle neanche di replicare. Lei si girò, lo vide sparire oltre le doppie porte della cucina. Sul viso di Miriam apparve un’espressione seria, pensosa. Sussurrò tra se e se che anche lei provava lo stesso sentimento per lui. Ma Calvin già era troppo lontano; era nello spogliatoio a rivestirsi per andare in albergo con Michela. Uscì dallo stanzino e lei lo stava aspettando.
– Quanto tempo c’hai messo? Hai salutato quella troia della tua fidanzata?
– In realtà vedo solo una troia. E non è lei.
Michela lo colpì con uno schiaffo molto forte; il rumore sovrastò la musica del pianobar ma nessuno se ne accorse. Quello schiaffo era solo l’inizio della nottata.
– Non ti azzardare mai più a dire una cosa del genere.
Michela Caricò Calvin in auto e lo portò in albergo. Durante il tragitto non parlarono; c’era della musica in auto, gli Scissor Sisters. Lei disse:
– Questa musica mi eccita.
Aveva un auto molto bella, costosa, aerodinamica ma piccola. Calvin era un pò sovrappensiero. Pensava in parte a Miriam e in parte a quell’esperienza che stava per fare. Prostituirsi per mille euro. L’albergo era meraviglioso, a cinque stelle e con tutti i comfort. Michela doveva essere un abituè, perchè alla reception la conoscevano. Si fece dare la solita chiave della stanza 302, e entrarono in ascensore. Calvin poteva sembrare quasi triste, e Michela trovò la cosa alquanto insopportabile.
– Che c’è? Pensi ancora alei? – lo colpì con un altro schiaffo e il rumore fu così forte che rimbalzò sulle pareti dell’ascensore. – E vedi di dimenticartela per stanotte, altrimenti ti do tanti di quegli schiaffi e poi neanche ti pago. Hai capito?
La camera d’albergo era molto bella, per quanto possa essere bella una camera bianca con dei mobili molto moderni; però c’era un bel balcone, e da quel decimo piano si vedeva un bel panorama. Mentre Calvin si guardava intorno Michela si era tolta la minigonna e gli stivali, restando vestita solo della camicia di satin viola e di un tanga nero. Scavò nella sua borsetta fino a trovare le sigarette, se ne ficcò una in bocca.
– Che fai ancora vestito? Spogliati – gli disse con un sorriso beffardo e antipatico. – Vuoi una sigaretta?
– No grazie.
Michela accese la sua sigaretta e andò a sedersi su una sedia, con le cosce aperte, e si spostò il tessuto del tanga a destra facendo venire fuori la sua passerina pelosa. Calvin intanto si era spogliato e stava in piedi di fronte a lei, con il cazzo mezzo duro, ma sulla via di indurirsi del tutto.
– Leccami – gli ordinò, ma Calvin non ebbe neanche il tempo di abbassarsi per conto suo che lei si alzò dalla sedia e mettendogli una mano dietro il collo lo spinse con violenza a terra, in ginocchio. – Ho detto leccami! Cazzo, datti una mossa!
Urlò. Poi si rimise a sedere sulla sedia e aprì le cosce, spostandosi di nuovo il tanga a lato. Calvin avvicinò il viso alla sua passerina, e con la lingua si addentrò tra i peli scuri fino alle labbra, che non avevano di certo un odore piacevole, come se non fossero pulite. Michela socchiuse gli occhi e tirò la testa indietro, facendo un lungo tiro di sigaretta. Iniziò a mugolare di piacere, sentiva la lingua di Calvin accarezzarle gentilmente le labbra. Fece un altro tiro di sigaretta poi riaprì gli occhi e guardò Calvin con antipatia. Gli mise una mano dietro la nuca e gli spinse la bocca con forza contro la sua patata pelosa, fino quasi a non farlo respirare. Michela digrignava i denti e teneva premuta la testa di Calvin su di se. Lui iniziò a diventare rosso, gli lacrimavano gli occhi. Non riusciva più a respirare. Poi Michela capì che altri due secondi l’avrebbero ucciso, quindi lo lasciò e Calvin si accasciò a terra, con la faccia imbrattata degli umori di Michela, e un fiatone preoccupante. Sentiva la bocca piena del suo sapore indelebile. Cercò di rialzarsi mettendosi in ginocchio, Michela gli strinse il mento con una mano e avvicinandolo a lei gli sputò in faccia.
– Cosa sei tu?
Calvin non rispose perchè non capiva la domanda. Allora lei lo prese per il collo e lo fece mettere in piedi, spingendolo con le spalle al muro. Fece un’altro tiro di sigaretta e gli rifece la stessa domanda. Lasciò cadere la sigaretta a terra, sul pavimento bianco. Gli sputò di nuovo in faccia.
– Cosa sei tu? – con la mano libera iniziò a menargli il cazzo eretto, ma con una velocità assurda, fino a fargli male. E i braccialetti d’argento tintinnarono ossessivamente tutto il tempo. – Devi dire “sono un maiale”.
– Sono un maiale.
– Bravo, così.
Lo smanettò con un ritmo spaventoso, a denti stretti. Poi ad un certo punto lo lasciò.
– Piscia – gli ordinò.
– Cosa? Ma tu sei depravata!
– Piscia! urlò colpendolo con un altro schiaffo.
Con la sua mano alla gola Calvin iniziò a urinare, ma siccome il cazzo era enormemente eretto la pipì usciva a fontanella verso l’alto, finendo ovunque: sulla camicia di satin di Michela, fino a scendere sulle sue mutandine e colando sulle cosce, fino alle ginocchia e alle caviglie, e inoltre sul braccio, sui suoi braccialetti d’argento e sulla mano, sgocciolando dalle dita a terra. Quando ebbe finito Michela era fradicia dalla vita in giù.
– Guarda cosa hai combinato, maiale. Adesso girati.
Lo fece girare, Calvin si mise con le braccia contro la parete, Michela gli riempì di schiaffi il sedere, poi si abbassò. Aprì le natiche e gli infilò la lingua in mezzo, leccandogli avidamente il buco del culo. La lingua di Michela percorreva dolcemente i bordi del buco di Calvin, glielo inumidiva con la saliva sputandogli contro e poi ritornava ad accarezzargli il buco con la lingua. Per la prima volta Calvin quella notte stava provando momenti di intenso piacere. Una mano di Michela raggiunse il cazzo di Calvin, e mentre gli leccava il buco del culo lo masturbò delicatamente, con la mano ancora bagnata di urina, così che il suo arnese sembrava scivoloso. Lo masturbò fino a farlo sborrare. I fiotti di sperma colarono dall’asta raggiungendo le sue dita, gli ricoprirono il polso. Michela smise di leccarlo e si rialzò dandogli uno schiaffo forte su una natica. Con la mano imbrattata di sperma si sistemò i capelli, tirandoli dietro, e la sborra si impiastricciò sulla testa. Poi andò verso la sua borsetta, da dentro tirò fuori un fallo di gomma blu di venti centimetri.
– No, quello mai – disse Calvin.
– Mica è per te, stupido! Aiutami a infilarmelo nel culo.
Michela si tolse il tanta e si sbottonò la camicia, lanciandola con non curanza su una sedia. Adesso era completamente nuda anche lei; aveva un fisico molto aggraziato e un culetto così bello che il cazzo di Calvin ridiventò duro in pochi attimi. Michela si mise a carponi sul letto, col culo rivolto verso l’alto. Il cazzo di gomma era passato nelle mani di Calvin, era suo compito ficcarglielo nel culo. Avvcinò il viso al culetto di Michela, tutt’intorno al buchetto c’era un velo di piccoli peli scuri. Ci avvicinò la lingua, glielo leccò tutto, come aveva fatto lei, e quano fu abbastanza scivoloso le iniziò a farle entrare nel buco la cappella del cazzo di gomma, che venne risucchiata dentro grazie a tutta la saliva di Calvin. Con delicatezza glielo fece entrare tutto, fino alla base. Michela allora scese dal letto senza togliersi quell’enorme cazzo dal culo e prese per mano Calvin. Lo portò nel bagno, ma u suoi movimenti erano molto rallentati; non era facile camminare con un arnese di gomma di venti centimetri nel culo. Portò Calvin sotto la doccia, aprì il rubinetto e si abbracciarono e si accarezzarono sotto l’acqua, romanticamente, quasi come se entrambi si fossero dimenticati di tutti quegli schiaffi di prima. Michela si mise con le mani contro il muro e Calvin gli indirizzò il suo cazzo duro nella passerina; il glande accarezzò la peluria, poi si addentrò in mezzo a quelle labbra calde. Adesso Michela godeva con tutti e due i buchi. Calvin le teneva le mani sui fianchi e la scopava con dolcezza. Prima di sborrare uscì dalla sua passera e poi tolse il cazzo di gomma dal buco del culo per sostituirlo con il suo arnese.
– Che fai? – chiese in tono di rimprovero.
– Voglio sborrarti nel culo.
Michela si fece fare quello che volava, forse l’idea le piaceva. Così dopo qualche spinta si sentì gonfiare e pulsare nel culo il cazzo di Calvin, che in un eruzione di sperma le riempì il buco. Poi fece venire fuori l’arnese e con le dita le cosparse di sperma la lieve peluria che circondava il buco, prima di ficcarci di nuovo dentro il fallo di gomma.
– Oddio che sborrata! – disse Calvin.
Michela si innervosì. Chiuse il rubinetto dell’acqua e lo colpì con uno schiaffo.
– “Che sborrata”? Ma per chi mi hai preso, per una puttana? “Che sborrata” glielo dici alla tua ragazza, hai capito? Ma tu senti questo. Mio padre potrebbe schiacciarti in ogni momento. E il mio ragazzo poi, è il figlio di un grande editore, gente di un certo livello. Mica come te, che sei un poveraccio!
Poi lo prese per mano e lo portò con se sul letto, sempre con passo lento, perchè continuava ad avere nel buco il cazzo di gomma. Si distesero e si fecero le coccole romanticamente. Michela gli accarezzò il pene fino ad addormentarsi. Calvin le tolse delicatamente il fallo di gomma dal culo e quello uscì fuori ricoperto di sperma con un suono quasi di gelatina. Le
guardò quel suo bellissimo culetto ancora un altro minuto, con il buco ancora dilatato e poi si addormentò anche lui, accanto a lei. E si svegliò alle nove del mattino, lei non c’era più. Al suo posto solo il giocattolo blu che aveva avuto dentro per tutto il tempo. Michela stava fuori al balcone. Calvin si rivestì e andò da lei, che stava affacciata alla ringhiera a fumare una sigaretta, occhiali Ray-Ban a goccia, tanga e maglietta nera smanicata. Vide Calvin con la coda dell’occhio.
– I soldi sono sulla scrivania. Prendili e vattene.
– Sai di cosa avresti bisogno? Che qualcuno ti sfondasse quel bel culetto fino a farti male, a scopo educativo. Perchè sei troppo viziata.
Calvin rientrò dentro e prese i due pezzi da cinquecento euro e andò verso la porta. Michela irritata da quello che aveva detto gli corse dietro.
– Stronzo! – gli urlò, ma lui già era andato via.

Continua…

3
1

Leave a Reply