Skip to main content
Racconti Erotici Etero

Càpita

By 29 Settembre 2016Dicembre 16th, 2019No Comments

Càpita.

Càpita che staccando dopo una giornata di lavoro molto impegnativa non si abbia voglia di rientrare a casa dove attendono al massimo la TV, un libro o il computer. Vivo solo, la mia compagna &egrave impegnata, cosa mi impedisce di farmi un calice di relax e magari mangiare qualcosa vista l’ora? C’&egrave quel bar-ristorante poco distante dal lavoro dove vado ogni tanto, &egrave carino, spazioso, tranquillo. Saluto il titolare e mi siedo, trovandolo fortunatamente libero, al posto all’estremità del bancone, vicino ai bagni. E’ un po’ in disparte e mi consente di guardare tutta la sala. Non faccio particolarmente caso al bicchiere semivuoto a due posti da me e ordino un vino bianco e leggero. Mentre aspetto guardo chi c’&egrave: la solita fauna mista di distinti professionisti in giacca e cravatta insieme a ragazzi, giovani e meno, in abbigliamento sportivo, qualche bella ragazza che spicca, un paio di”chiamiamole milf, che chiacchierano tra loro sbocconcellando qualcosa. E’ il momento dello ‘apericena’ (che brutto neologismo) e in tanti si alzano per andare a riempire i piatti al buffet. Da lontano guardo per capire cosa c’&egrave, solitamente piatti freddi o semifreddi un po’ sfiziosi, numerosi ed abbondanti. Sono indeciso se accodarmi anche io o spostarmi nella sala attigua, ristorante, per mangiare qualcosa di più classico.

– Vieni spesso qui? ‘

La voce dietro di me accompagna un tocco leggero alla spalla. Mi volto e vedo Maria.

Maria &egrave la mia ex moglie. Non ci siamo lasciati molto bene però le necessità di crescere nostro figlio ci hanno tenuti in contatto e alla fine &egrave nata una sorta di collaborazione/cooperazione che ha stemperato di molto i toni astiosi dei primi tempi.

Si accomoda davanti al bicchiere semivuoto a cui avevo appena fatto caso e mi racconta che un incontro con un cliente si &egrave protratto oltre il preventivato e così lei ha avuto la mia stessa idea su come rilassarsi. Parliamo qualche minuto e lei si sposta più vicino a me, mi aggiorna su nostro figlio, che vive essenzialmente con lei, e apprezzo di avere notizie dal vivo anziché per telefono. Veniamo interrotti brevemente da una telefonata. Parla sottovoce girandosi e intuisco dalla smorfia che fa tornando a voltarsi verso di me che c’&egrave qualcosa che non va, qualcosa che non voleva sentire. Se lo lascia dietro e continuiamo a parlare. Finisco il vino che nel frattempo mi &egrave arrivato e le propongo di getto, senza riflettere, di farmi compagnia a cena per continuare la conversazione. Ci pensa un po’ su e poi accetta e ci trasferiamo nell’altra sala. Qui &egrave più tranquillo, pochi tavoli occupati, ci troviamo un tavolino discreto e ordiniamo.

E’ una cenetta tranquilla, quasi intima se vogliamo, ci conosciamo così bene che ritroviamo subito il feeling di un tempo. Senza patemi parliamo dei rispettivi partner, di come vanno le cose. A parte l’argomento mi sembra di essere tornato indietro nel tempo, a quando stavamo ancora insieme. Avverto una specie di suspence tra di noi, le parole che ci diciamo passano in secondo piano rispetto alle espressioni dei nostri volti, al casuale sfiorarsi delle mani. Che stiamo facendo? La sto corteggiando o &egrave lei a corteggiare me? Ogni minuto che passa la vedo più sensuale, una sensazione di caldo mi dice che i miei lombi si stanno risvegliando.

Non dovrei ma una volta usciti dal ristorante, al momento in cui dovremmo salutarci, le indico con il mento l’insegna dell’hotel dall’altra parte del viale. Solo un lieve cenno d’assenso da parte sua, le labbra che si distendono in un sorriso ammaliante. Le prendo la mano e la tiro con me imprecando contro un automobilista che ci suona il clacson. Ha ragione lui, stiamo passando col rosso ma &egrave troppa la fretta, l’urgenza che ho addosso.
Prendiamo la camera sotto lo sguardo ironico della receptionist che sbriga velocemente le formalità prima di stendermi la card augurandoci ‘la buona notte’. E’ così evidente?
Sì, lo &egrave. Appena dentro l’ascensore la abbraccio e la bacio incontrando le sue labbra consenzienti, dolci come le ricordavo, avide come le mie.
Dentro la camera getto la valigetta da qualche parte e mi spoglio come in trance mentre lei fa lo stesso. Poco a poco vedo comparire quel corpo che non vedevo da anni. Sì, il tempo ha lasciato il suo segno, la curva delle anche &egrave più piena, il seno &egrave un po’ sceso ma mi appare soffice e burroso come piace a me quando allungo le mani a carezzarlo, segno evidente che non ha ancora ceduto alle lusinghe del chirurgo. I miei boxer sono tesi allo spasimo mentre, fattala sedere sul letto, le sfilo le autoreggenti color carne prima di passare allo slippino nero di pizzo che faccio scendere lentamente sulle cosce. Ora si depila totalmente ed il suo fiore mi appare nella sua magnificenza. Non resisto e infilo la testa tra le sue cosce, riassaporo ciò che un tempo fu mio e come un tempo la sento reagire subito al primo tocco della mia lingua sul clitoride, le sue mani che mi artigliano i capelli, le sue unghie che affondano nella cute. Ho troppa voglia di lei, non ce la faccio ad aspettare per farla godere così, devo entrare in lei o morire. Salgo sul suo corpo, mi insinuo tra le sue cosce spalancate e finalmente la mia spada trova il suo fodero e la mia lingua la sua.
Mi muovo sopra di lei, accelero i colpi e la sento fremere, un mugolio le esce dalle labbra prima che le mie se ne impadroniscano ancora. Si agita adesso, la sento scartare, spostarmi, rovesciarmi e salirmi sopra senza permettere che io esca.
E’ lei ora a dettare i tempi, amazzone eccitata che con le ginocchia mi sprona come un cavallo per spingermi al galoppo e io, sotto di lei, sgroppo come uno stallone in amore.

E’ troppo per me, devo fermarmi o rischio di venire troppo presto. A malincuore la spingo di lato. Il suo gemito di protesta si trasforma quando lestamente la metto in ginocchio e la prendo da dietro aggrappandomi ai suoi fianchi prima ed ai suoi seni poi, quando i colpi lenti e cadenzati dell’inizio diventano disordine e frenesia. La sento godere sotto di me incitandomi a fare più forte, a darglielo tutto, fino in fondo.

Devo smettere di colpo ancora una volta prima di raggiungere il punto di non ritorno e manca poco che la visione della sua faccia soddisfatta non mi spinga oltre il limite. Riprendo fiato e lei &egrave abbandonata sul letto, mi guarda dal basso verso l’alto sorridendomi quando mi avvicino in ginocchio porgendole il mio uccello. Le sue labbra si spalancano e mi accolgono, la sua lingua nervosa copre la cappella e scivola sull’asta. Mi ero dimenticato di quanto fosse brava, di come conoscesse i miei punti più sensibili; sento l’orgasmo salirmi ancora dentro nel momento in cui lei mi prende in mano i testicoli, li stringe dolcemente.
La distraggo mettendole una mano sul pube esposto, allargando le labbra per entrare con due dita in lei, scivolandole dentro a cercare i punti più nascosti e reattivi. Dimena le anche alzandole per farsi incontro alle mie dita ed &egrave allora che non ce la faccio più. Mi sottraggo alla sua bocca e le vado sopra, rimpiazzo le mie dita con l’uccello teso e parto per la volata finale che raggiungo dopo forse nemmeno un minuto. Esco fuori da lei all’ultimo istante, il mio uccello scivola tra i nostri corpi nei movimenti del coito che ancora compio ed il mio seme fuoriesce a sporcare i nostri addomi uniti.

Quando torno sulla terra mi accorgo di averla lasciata a metà, la sua mano &egrave andata al clitoride, lo carezza con difficoltà stretta com’&egrave sotto il mio peso. Mi alzo e lei grata geme proseguendo la carezza a fondo. Ancora con due dita la cerco, la penetro, le chiudo a artiglio come a cercare un contatto con la sua mano che frulla impazzita sul bottoncino.
Gode di colpo, le mie dita che si muovono veloci in lei, la sua mano che ruota ancora più veloce, fino a che non si rilassa e posso togliere la mano infradiciata dalla sua micina.
Faccio andare prima lei in bagno a lavarsi e quando torno dopo il mio turno si sta rivestendo frettolosamente.
La faccia prima radiosa nel piacere ora &egrave spigolosa, dura come il suo tono di voce:

– Abbiamo fatto una cazzata ‘

Non dice altro e non posso smentirla. Sì, abbiamo fatto una cazzata ma la cazzata più bella dell’anno.
Solo una volta vestita, mentre si dirige alla porta, ha come un attimo di ripensamento e torna verso di me seduto sul letto. Mi carezza una guancia, sorride persino appoggiando le labbra sulle mie per un bacio leggero:

– E’ stato bello però”.. mai più ‘

La vedo uscire e mi stendo sul letto. Inutile tornare a casa, posso dormire lì e andare al lavoro al mattino senza sorbirmi il viaggio a volte stressante, e pazienza se la camicia sarà stazzonata. Punto la sveglia sul cellulare ripensando ai momenti di questa sera.

– Sì, mai più”’. almeno fino alla prossima volta ‘

Mi addormento beato.

Leave a Reply