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Racconti Erotici Etero

Carpe Diem – premessa

By 13 Settembre 2013Dicembre 16th, 2019No Comments

 

Carpe Diem

 

La filosofia del poeta latino Orazio del “carpe diem” è basata sull’incognita del futuro,

e sul presente su cui l’uomo può intervenire, concentrare la sua attenzione che, in ogni sua manifestazione, deve sempre cercare di cogliere le occasioni, le opportunità, le gioie che si presentano oggi, senza alcun rimando a speranze future.

 

— Mentre parliamo il tempo sarà già fuggito, come se ci odiasse.—

— cogli l’attimo, confidando il meno possibile nel domani—

 

La sua filosofia mette in primo piano la libertà dell’individuo di gestire la propria vita e invita a essere responsabili del proprio tempo.

Ed è pensando a ciò che ho ideato questo racconto basato sull’attimo fuggente.

 

Mi capirà meglio chi ha già vissuto questo sprazzo di fortuna, quest’attimo in cui è cosciente che gli è capitato per caso, e non ricapiterà mai più.

 

Ed in quel momento è una frazione infinitesimale, il decidere giunti al bivio, e scegliere la via del si! o quella del no!

E dunque ho pensato ad un racconto che vale sia per chi goloso coglie l’attimo fuggente, sia per chi onesto, si scansa, non volendo approfittarsi d’altrui disponibilità. Ma nella nostra storia questa seconda ipotesi porterebbe al vivere placido l’esistenza senza scintille, senza eccessi. Così il carpe diem porta su due racconti paralleli con gli stessi protagonisti che vivono in modo diverso l’attimo fuggente.

 

 

CARPE DIEM, premessa

 

Quello che sono diventato, è quanto, di tutte le mie esperienze, che mi hanno piegato soggiogato e nulla dato, reso così.

Chi mi giudica perdente, schifoso, bastardo, io mi sento sopra a ciò, ho preso troppe fregature, perso così tante volte, come se ce l’avessi nel DNA. Ho capito poche cose, tra queste, o nasci con la camicia o no, io penso che me l’abbiano ciullata da piccolo. Piano piano ho imparato ad approfittare del momento, ma senza strafare.

Carpe Diem, lo chiamano, l’ho capito, eccome se l’ho capito.

Sono convinto che qualcuno guidi il nostro destino, come un angelo che decide ogni singolo secondo della tua vita, e che, se sei nato segnato, fortunato, ti porterà sulla strada dell’incontro con quella bionda mozzafiato, se invece nasci come me sarai portato sulla strada dove la bionda non ti degnerà di un minimo d’attenzione.

Allora ho pensato che probabilmente questo tutore non è sempre attento, perchè qualche volta ho sì incontrato delle chicche e penso sia stato perchè il mio tutore in quel momento era distratto. Ho elaborato anche il pensiero che se vado sempre con lo stesso ritmo, lui mi controlli più facilmente, mentre se effettuo scarti improvvisi, accelerazioni subitanee cambi di direzioni posso prenderlo alla sprovvista e riesco a strappargli quei pochi minuti di distrazione per poter piegare la fortuna dalla mia parte…cogliere l’attimo fuggente.

Sono un semplice tecnico informatico, arrotondo cercando di dare lezioni private a chicchessia, ma la concorrenza sleale e la stupidità della gente che beve facilmente le parole boriose di chi vanta la sua superiorità fa sì che di clientela ne abbia poco.

 

Io sono uno semplice, che crede nelle sue poche forze, che sa di essere onesto, ma non sono un banditore un vanaglorioso, purtroppo quelli che credono alle mie parole sono sempre meno.

Sarà per le mie basse tariffe che riuscii a strappare qualche lezione per l’inizio del periodo estivo, poco prima delle vacanze del genitore, per una studentessa delle medie. Una ragazza quattordicenne o quasi, a cui non fregava niente di tutto, tanto meno imposto da una madre separata, troppo occupata del suo lavoro e tutto il resto, che non l’accorgersi di una figlia cui mancava disperatamente una figura paterna, dell’amore da un genitore e di un appoggio morale psicologico.

 

Aveva lo sguardo triste la ragazza, vagava sperduta sull’autostrada della sua vita, non sapeva cosa fare, come guidare, dove andare.

Mi recai a quel domicilio e le prime lezioni furono solo una grande perdita di tempo mia e svogliatezza sua, con contorno di menefreghismo da parte della ragazza, ma per me, significava ossigeno, il campare.

Non riuscivo a creare contatto con lei, ero tentato di piantare tutto, ma nelle ultime due lezioni vedendo la svogliatezza della ragazzina anche nel suo abbigliamento qualcosa mi balenò nella mente. Non un’idea precisa, ma sapete quando si sa che è giusto così, ma non il perché.

E così feci, proseguii stando più attento ai dettagli, a tutto quanto capitava. A lei che vestita con una minigonna ed una maglietta larga il cui tessuto quando aderente alla pelle evidenziava la protuberanza del capezzolo facendomi intuire che sotto non avesse niente. O nel suo modo di sedersi, che mi permetteva spostandomi di poco, d’intravvedere il suo inguine impacchettato stretto da slippini faticanti al nascondere quella dolce carne.

Così non riuscendo ad osservare quelle meraviglie durante il mio spiegare, fingendo di sgranchirmi le gambe e continuando a parlare camminavo in ogni qual dove potessi senza essere visto, sbirciare nella scollatura del maglione sceso da una spalla ed assaporarmi visivamente due rigidi meloncini terminanti in capezzoli così pronunciati ed irti, come sull’attenti. Oppure lasciando cadere distrattamente la matita, biro, o altra cosa tenessi in mano, chinandomi lanciavo occhiate perquisitrici sotto la gonna del momento tra le sue gambe senza l’esserne visto.

In poco tempo riuscii ad inquadrare visioni non comuni. Mi procurai anche una mini camera della dimensione di una pendrive, nella quale inserita una memory card di alcuni giga mi permetteva due ore in autonomia di ripresa. Per cui gingillandomi con quel gadget mi stravaccavo sulla sedia di fronte alla dolce pulzella ed avviavo la ripresa cercando l’inquadratura del contenuto delle sue rosee cosce, o da sopra la spalla una sporadica visione delle sue celestiali tettine.

 

Ma oramai avevo superato quel limite che è l’appagamento del voyeurismo, avevo bisogno di qualcosa di più. Non mi soddisfacevano più le masturbate solitarie guardando quei filmati, quei fotogrammi.

Cercavo una soluzione di contatto, ma tutte le strade mi avrebbero portato allo sputtanamento definitivo con la madre nonché rischio di denuncia.

La fortuna capitò un giorno che il mio angelo era distratto forse dal troppo caldo.

 

Arrivato che fui in quell’oasi tentatrice, mi aprì la madre dicendomi trafelata che la figlia era in camera sua e lei doveva scappare in quanto in ritardo ad un appuntamento di lavoro, lasciandomi lì come un pirla nell’entrata.

Andai nella camera della pulzella, la vidi distesa a pancia in giù sul letto nel mentre stava leggendo e fumando. Aveva le gambe leggermente divaricate ed era vestita con minigonna, il suo eufemismo di abbigliamento, serviva più a dire che vestiva qualcosa che coprire e questo per mia fortuna e gioia, una cuffia calata in testa sparava musica ad alto volume estraniandola dall’ambiente, mentre la solita maglietta slargata dava un senso alla definizione del vedo non vedo.

Entrai nella camera e l’occhio colse al volo lo spettacolo delle sue mutandine che si intravvedevano da dietro, e mi spinse a gustarmi quell’attimo di estemporaneità.

 

Per alcuni secondi mi godetti lo spettacolo, poi…..

 

segue….

 

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