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Racconti Erotici Etero

Comic Strips.

By 6 Aprile 2010Dicembre 16th, 2019No Comments

01.

Gennaio. La neve cadeva leggera sul parcheggio della biblioteca comunale.
Come tutti i pomeriggi, dopo un’intensa e dura mattinata all’università fra una lezione e l’altra, andai a rifugiarmi nelle calde, afose aule della biblioteca per fare ordine su ciò che avevo appena appreso.
Era un periodo strano della mia vita. Presa dagli studi in medicina, avevo trascurato quella che si poteva definire la mia vita sociale e soprattutto me stessa.
Non avevo più tempo, la mia fissazione era studiare, studiare, studiare.
“Non facciamo l’amore da settimane. Ho voglia di te, ho bisogno di sentire che mi ami ancora, ho bisogno di ristabilire un contatto fisico con te. Voglio portarti fuori a cena, come facevamo tempo fa, farti sentire importante e ricevere lo stesso amore che ti dono io.” Era tutto ciò che aveva detto Davide, il mio ragazzo.
“Non posso permettermi il lusso di stare con te tutte le sere, come abbiamo fatto quest’estate. Ho bisogno di concentrarmi sugli studi adesso.” Rispondevo puntualmente io. Dopo un mese di telefonate ed incontri di questo tipo, Davide interpretò le mie parole come un modo diverso per troncare la relazione. A dire il vero un po’ lo erano. Mi ero stancata delle sue ossessioni e della sua gelosia, diventata ormai incontenibile. Da quel giorno non si fece più sentire.
Salii la antiche scale per raggiungere il piano superiore dell’edificio, ed entrai in una delle tante stanze con gli enormi tavoloni di legno intagliato. Presi posto nell’ultimo tavolo, l’unico nel quale nessuno si era ancora seduto, mi sfilai il cappotto e tirai fuori dalla borsa la miriade di appunti scombinati.
La sala era composta da due file di tre tavoli ciascuno, e una decina di ragazzi e ragazze erano chini sui loro libri alla fioca luce della lampada che, a distanze regolari, illuminava piccoli spazi.
Ero immersa nella lettura di muscoli e legamenti, quando improvvisamente sentì una voce maschile rivolgersi a me.
‘Scusa, è libero questo posto?’
Era profonda, autoritaria e tremendamente sexy. Un brivido mi percorse tutta la schiena.
Alzai il viso ed incontrai un paio di occhi verdi che mi fissavano impazienti, in attesa di una risposta. Il suo sguardo mi penetrò, ed avvampai.
‘Sì, certo, siediti pure.’ Risposi, timida.
La sua presenza vicino mi rendeva nervosa, mi morsi il labbro e gli feci spazio. Lo sconosciuto appoggiò un enorme manuale sul tavolo e si sedette di fronte a me.
A prima occhiata sembrava essere più grande di me, ma non di molto. Gli diedi al massimo 24 anni. Aveva i capelli neri spettinati, spalle larghe, mani grandi ed un corpo possente, ma non eccessivamente muscoloso.
Non ero stata mai attratta in quel modo da uno sconosciuto. Il suo sguardo sul mio corpo, le sue mani intente a sfogliare a vuoto l’enorme manuale, la sua bocca perfetta, mi eccitavano e a stento riuscì a resistere.

Dopo minuti di sguardi intensi, di occhiate maliziose scambiate silenziosamente e di sospiri infiniti, il suo piede accarezzò la mia gamba, e il ragazzo si avvicinò sempre più a me sussurrandomi all’orecchio: ‘Vieni con me..’
La sua voce ora, mi fece bagnare. Nell’avvicinarsi a me trasse un’enorme sospiro, annusando il profumo che avevo sul collo.
‘Dove..?’ Domandai, ad occhi chiusi.
Lo sconosciuto mi prese la mano e mi fece alzare, sforandomi con le dita il fianco destro. Solo in quel momento mi resi conto di quanto fosse più alto di me e di come la sua corporatura si contrapponesse al mio esile e piccolo corpo.
Mi portò in una stanza buia, dove l’unico raggio di luce proveniva da un enorme finestra sul muro posto di fronte all’entrata.
Eravamo uno di fronte all’altro, e potevo percepire i fremiti del suo corpo, come attratto al mio.
Con un’improvvisa e veloce mossa mi prese per i fianchi e mi spinse contro di sé, baciandomi con fin troppa ed evidente passione. Ci spostammo contro il muro, ed avvinghiai le braccia intorno sul collo, lui mi sollevò con facilità, contraendo i bicipiti, mentre gli accerchiai il bacino con le gambe.
Le sue mani si muovevano veloci sotto il mio maglioncino nero, accarezzandomi la schiena, il ventre ed arrivando a sfiorare il reggiseno.
I nostri respiri si fecero sempre più irregolari, e la sua eccitazione fu ad un tratto evidente dal gonfiore che emerse sotto i suoi jeans.
Il ragazzo mi issò salda a sé e mi portò su uno dei tanti tavoli che arredavano la stanza. Sedutami su uno di essi, mi tolse velocemente il maglione, e mise le sue mani sotto il reggiseno, che fu rimosso poco dopo.
Con le dita mi strinse cautamente i capezzoli che diventarono sempre più turgidi ed eccitati. La sua bocca mi baciò il collo con avidità, e raggiunse il seno, su cui si soffermò a lungo.
‘Sei splendida..’ sussurrò, tra un bacio e l’altro.
Sentivo la sua lingua giocare con i miei capezzoli, e le sue dita che cercavano impazienti la cerniera dei pantaloni.
Gli presi con le mani il volto e lo riportai alla mia bocca. Non era ancora il momento per arrivare dove tutti e due volevamo arrivare.
Gli tolsi la maglietta e potei finalmente godere dei pettorali che si intravedevano da vestito. Le sue mani continuavano a muoversi sui miei fianchi, a stringerli, ed accarezzarmi la schiena.
Gli baciai il lobo dell’orecchio, cosa che gradì notevolmente, poiché potei percepire i brividi sulla sua schiena. La mia lingua si muoveva alternando momenti di velocità a momenti di lentezza sulle sue spalle, sul suo viso profumato di dopobarba ( nonostante probabilmente non si facesse la barba da un paio di giorni ) e sul resto del suo corpo.
Finalmente le sue mani raggiunsero la cerniera dei miei jeans che aprì con aria da esperto. Mi sollevò appena per farmeli togliere e mi fece stendere sul tavolo.
Ero già bagnata da quando lo avevo visto, e lui lo capì.
Mi baciò le cosce lisce, potevo sentire la sua lingua leccare per assaporarmi, ed arrivò vicino all’orlo degli slip.
In un primo momento mi baciò in mezzo alle gambe senza togliermeli e, sentendo la mia figa già bagnata, procedette a svestirmi del tutto.
Mi mise le gambe sulle sue spalle e mi sollevò leggermente, in modo da avere una visuale più ampia dell’oggetto del suo desiderio. Il suo sguardo era famelico, ed i miei gemiti contribuirono ad eccitarlo.
Cominciò a leccarmi il clitoride, con la barba che sfregava contro di me e ciò risvegliò in me sensazioni che non provavo da settimane. Gli accarezzavo i capelli, e gli guidavo la lingua tenendolo per la nuca.
Le sue dita passarono dall’accarezzare il piercing che avevo all’ombelico, a stuzzicarmi il clitoride, mentre lui procedeva a penetrarmi con la lingua. Non ero mai stata bagnata così prima di allora, la mia figa era un misto di umori e saliva, ed aveva voglia di essere scopata violentemente.
Le sue dita mi penetrarono in profondità e la mia eccitazione fu tale da cominciare a masturbarmi aiutandolo, accarezzandomi il clitoride e bagnandolo dei miei umori.
Ero sul punto di venire, quando si fermò.
Mi rimisi a sedere sul tavolo, completamente nuda, bagnata ed eccitata e lo baciai con fragore.
Lui mi fece leccare le sue dita, bagnate degli umori della mia figa, mentre con le mani procedevo ad aprirgli i jeans.
Dopo averlo stimolato ancora di più, accarezzando il palo che i boxer nascondevano, mi inginocchiai e lo spogliai del tutto.
Il suo cazzo era già duro e sul punto di venire, con le vene che pulsavano e la cappella arrossata.
Lo baciai piano, facendolo impazzire, dai testicoli fino alla punta. La mia lingua risultava fredda a contatto con il cazzo bollente ed eccitato.
Lo sconosciuto era sul punto di urlare dal piacere, quando mi alzai in piedi di fronte a lui, entrambi con il fiatone e l’eccitazione di essere scoperti.
Lui mi prese violentemente sollevandomi e sbattendomi nuovamente contro il muro, il mio seno si appoggiò contro di lui e la mia figa si aprì facendo posto al suo cazzo in tiro.
Mi penetrò muovendosi piano, facendo abituare il mio buco ancora stretto al suo palo duro.
‘Mmmh, sì.. Fai piano.. Aaaah..’ Sussurrai, la mia bocca vicino al suo orecchio.
Quando fui pronta ad accoglierlo tutto iniziò a muoversi più velocemente, ed il dolore iniziale sparì lasciando posto al piacere e alla voglia di essere sbattuta come una troia.
Il suo cazzo lubrificato dei miei umori riuscì a penetrarmi fino alle palle, sembrando diventare sempre più grosso ad ogni mio gemito.
Stavamo per venire tutti e due, quando lui smise di sbattermi e mi appoggiò a terra, andando verso il tavolo e sdraiandosi.
‘Vieni sopra di me..’ mi invitò.
Era come se avessi perso il senso della ragione e lo raggiunsi sul tavolo, spompinando il suo cazzo e facendomi leccare e chiavare. Mi misi a cavalcioni sopra di lui e mi aiutai con le mani per mettermi di nuovo dentro quel palo enorme. Ora che ero io a comandare, mi teneva stretta per i fianchi, muovendomi avanti e indietro per godere di più.
Eravamo sudati, i nostri respiri accelerarono sempre di più, i nostri gemiti di piacere diventarono sempre più intensi, le mie mani continuavano ad esplorare il suo corpo, le nostre lingue si intrecciarono e ad intervalli le mie spinte erano sempre più lente e profonde.
‘Mmmh, sto per venire.. aaaah..’ gemette lui.
Il suo sperma caldo invase la mia figa ormai stremata, facendola venire a sua volta.
Mi accoccolai sopra di lui, con il cazzo ancora dentro, e lo baciai lentamente. Le sue mani sudate mi accarezzarono la schiena e mi stinsero a sé.

‘Signorina? La biblioteca sta per chiudere, è pregata di prendere i suoi libri e di restituire quelli presi in prestito.’
Una mano fredda mi toccò la spalla. Il custode della biblioteca, un pensionato che si era offerto di tenere ordine nelle stanze, mi guardava con aria interrogativa.
Guardai l’orologio. Erano le 18 passate, mi ero addormentata e non avevo concluso niente. Avevo il viso arrossato, e le mani bagnate. Improvvisamente capì che era stato tutto un sogno.
Tutti nella stanza se n’erano già andati, compreso lo sconosciuto.
Presi i miei fogli e li rimisi nella borsa, alzandomi e rimettendomi il cappotto, anche se avevo notevolmente caldo. Me ne andai di corsa, avevo fatto tardi e rischiavo di perdere l’autobus.
‘Scusi signorina? Le è caduto questo.’ Mi rimproverò il custode, guardando il foglio con aria strana e porgendomelo, scuotendo la testa.
Lo presi frettolosamente e, correndo verso l’uscita, notai che non era un mio appunto. Era un disegno rappresentante una ragazza che dormiva, dalla cui testa usciva una nuvoletta raffigurante due ragazzi che facevano l’amore sopra uno dei tavoloni di legno della biblioteca. E dietro il foglio era incisa una scritta.
‘Da settimane ti osservo. Vediamoci domani pomeriggio allo stesso tavolo, ti prego. Ho bisogno di parlarti. F.’
Il cuore mi batteva all’impazzata.
Guardando meglio il disegno, in autobus, mi accorsi che la ragazza aveva le fossette; quella ragazza ero io. Mentre il ragazzo aveva un enorme lupo tatuato sul bicipite, elemento in più che affermava il fatto che stavo solo sognando. E nel mio sogno, lo sconosciuto non aveva tatuaggi.
Arrivata a casa preparai la vasca con acqua calda e mi ci immersi per ore, ripensando a quello strano pomeriggio e coccolandomi come da settimane non facevo.
Mi eccitai rivivendo il sogno, e molto di più immaginando come sarebbe stato il giorno dopo, se fossi andata in biblioteca.

E’ una storia vero-simile postata mesi e mesi fa, ma abbandonata a causa di esami di medicina alle porte.
Spero che i lettori possano recuperarla, e che io possa recuperare certi contatti e crearne di nuovi.
A presto i prossimi capitoli!
Mi raccomando scrivetemi per un commento (molto gradito), curiosità sulla storia, o semplice voglia di conoscermi a: jenmaybetonight@yahoo.com oppure maybetonight@hotmail.it ;D
Jen.
Vi ringrazio infinitamente per tutti i commenti positivi che ho ricevuto da così tante persone.
Sono felice che l’inizio del racconto abbia riscosso tanta eccitazione in voi.
Mi scuso per non avere ancora risposto a tutti, ma siete davvero in tanti!
Spero che la vostra fantasia continui a liberarsi leggendo il secondo capitolo.
Fatemi sapere cosa ne pensate! : )

02.
La mattina seguente non avevo lezione all’università, e ciò mi mise di buon umore.
Mi svegliai tardi, e presi il tempo che avevo a disposizione con molta calma. Dopo essermi rigirata e stiracchiata a dovere immersa nel piumone, mi alzai e mi infilai la vecchia maglietta larga che usavo spesso per dormire.
In casa tutti erano già usciti. I miei genitori erano già al lavoro e sarebbero rientrati nel tardo pomeriggio, mentre mio fratello era probabilmente sui banchi di scuola immerso nella lettura della Divina Commedia. A meno che non avesse fatto sega, come era solito fare nell’ultimo periodo. I miei genitori non ne sarebbero stati contenti, ma comunque sia, non lo invidiavo per niente.
La maglietta mi arrivava fino alle ginocchia e decisi di andare in cucina senza indossare i pantaloni, solo con i miei candidi slip bianchi.
Accesi la televisione, preparai le fette biscottate e riscaldai il cappuccino che mia madre aveva preparato.
Mangiai lentamente godendomi quei rari momenti di silenzio, anche se non mi rilassai affatto.
Ero nello stesso tempo timorosa ed eccitata per l’incontro che avrei avuto il pomeriggio stesso con quello sconosciuto dal nome che iniziava per F.
Il tempo volò e, dopo aver finito di ricopiare gli appunti che il giorno prima avevo trascurato a causa del mio sogno alquanto spinto, mi infilai sotto la doccia, facendo scorrere il getto dell’acqua sul mio corpo per un’oretta buona.
Stavo scoprendo nuove sensazioni, dopo il sogno. La notte mi ero trovata più volte ad accarezzare il mio corpo, che non veniva toccato da quasi un mese. Scoprii di provare eccitazione nell’accarezzarmi i capezzoli, che al tocco delle miei dita divenivano turgidi, e di impazzire nello stimolare il mio piccolo e morbido monte di venere delle parti intime.
Giocai con il getto dell’acqua, aumentando il flusso ed avvicinandolo prima al mio seno, poi accovacciandomi al muro e stimolando il clitoride che presto si gonfiò di piacere. Ma non volevo raggiungere l’orgasmo.
Volevo tenere il meglio per dopo, se mai ci fosse stato qualcosa.
Mi resi conto di avere delle aspettative precise da quel ragazzo. Ma in fondo, dopo il disegno esplicito che mi aveva lasciato, non avrei potuto pensarla diversamente.
Mi avvolsi nel morbido e caldo accappatoio, che prima di entrare nella doccia avevo riposto sul termosifone e mi asciugai i capelli. Dopo essermi pettinata ed asciugata, mi tolsi l’accappatoio e, stesa sul letto, mi misi una crema idratante profumata, che lasciava un odore invitante su tutto il corpo.
Feci un’attenzione particolare al seno e alle mie parti intime che, al tocco della mia mano fredda, si eccitarono impazienti di essere di nuovo sfiorate da un uomo.
Completamente nuda andai davanti all’armadio ed aprì il cassetto della biancheria intima. Per il mio ventesimo compleanno, il mio ex ragazzo mi aveva regalato un completo intimo molto sexy, un reggiseno imbottito e un perizoma eccitante di colore blu scuro.
Al completino aveva abbinato un paio di reggicalze nere che non avevo mai avuto il coraggio di indossare, se non all’interno della mia camera per eccitarlo e fare l’amore con lui.
Non ero mai stata il tipo di ragazza che amava mettersi in mostra e, per questo, non mi spiegavo quell’improvviso cambio di atteggiamento.
Indossai la biancheria e, davanti allo specchio mi girai, per vedere l’effetto che il mio sedere assumeva. Mi piegai leggermente e scorsi il filo del perizoma. Quella posizione mi fece immediatamente eccitare.
Dall’armadio pescai una gonna che mi arrivava sopra le ginocchia e un maglioncino bianco dalla scollatura a V che metteva in risalto la mia seconda piena, dalla forma perfetta.
Indossai un paio di stivali di velluto neri, mi misi un velo di trucco su viso ed indossai il cappotto più lungo della gonna. Guardai l’orologio: ero in ritardo e dovevo sbrigarmi.
Per la strada affrettai il passo e riuscì a prendere l’autobus in tempo. Salita, mi sedetti fra le prime file e notai che l’autista, approfittando dei semafori rossi, mi lanciava occhiate sensuali e mi risultò facile capire cosa stava pensando. ‘Ti sbatterei violentemente adesso, brutta troietta.’
Cercai di ignorare le sue attenzioni e, in men che non si dica arrivai alla fermata della biblioteca.
Scesi in fretta ed entrai correndo nell’edificio, percorrendo le scale ed arrivando nella stanza in cui avevo incontrato lo sconosciuto.
Quel giorno, sabato, la biblioteca era più deserta del solito e notai immediatamente che il ragazzo non era ancora arrivato. Solo in quel momento mi resi conto che non avevo preso in considerazione l’eventualità di uno stupido scherzo, di un bidone che avrebbe potuto tirarmi.
Mi sedetti nello stesso tavolo del giorno prima ed attesi, pensando e ripensando a tutte le possibili scuse che avrebbe potuto usare entrando improvvisamente dalla porta e da come avrebbe potuto farsi perdonare.
Ero persa a rimuginare le mie teorie, quando una mano calda e grande, mi afferrò dolcemente la spalla, e mi costrinse ad incrociare nuovamente quello sguardo accattivante di due occhi verde smeraldo che mi fissavano misteriosi.
‘Ciao..’ sussurrai.
‘Sei venuta.’ Sembrava come sorpreso.
‘Non mi piace dare buca alle persone.’ Affermai, incerta.
Il ragazzo prese una sedia e si accomodò di fianco a me, sorridendo nervoso.
‘Io sono Fabio.’ Disse, porgendomi la mano.
‘Jennifer.’ Gliela strinsi. Come già provato in precedenza, un calore mi invase la schiena ed il viso, e le mie guance avvamparono.
‘E’ caldo qui dentro’. Proseguì. ‘Hai freddo? Non ti sei tolta il cappotto.’
Il viso mi andò in fiamme. Non feci in tempo a pensare le possibili reazioni che avrebbero potuto scatenarsi in lui e mi tolsi il cappotto, lasciandolo scivolare sulla sedia.
Nel girarmi per sistemarlo sentì il suo sguardo su tutto il corpo, ed il suo desiderio nell’avermi.
Mi osservò la gambe, i fianchi, il contorno del seno, il collo e mi fissò per un istante negli occhi.
‘Scusa.’ Mi disse, accorgendosi della mia espressione interrogativa.
Parlammo per molto tempo, sussurrandoci informazioni nelle orecchie per evitare di essere rimproverati.
In poco tempo scoprì che la F. disegnata, stava per ‘Fabio’. Aveva 25 anni, origini romane, e stava per laurearsi in design, con la grande passione per la fotografia oltre che al disegno.
Viveva da solo in un appartamento vicino al centro, e gli era stato da poco assegnato un lavoro che non mi volle specificare, da una rivista mensile. Mi accennò solo al fatto che doveva disegnare un nuovo fumetto per questo giornale ignoto.
‘Una ragazza così carina sarà sicuramente fidanzata.’ Mi disse, ad un certo punto.
Sorrisi, timida, rispondendo in modo negativo. Alla mia risposta accennò un sorriso trionfante, ed abbassò lo sguardo sulle mie gambe, con un certo stupore.
Lo spacco laterale della gonna, infatti, lasciava intravedere il reggicalze nero ed una mia distrazione mostrò un pezzo notevole di coscia.
Lentamente si avvicinò al mio orecchio e mi domandò, sussurrando: ‘Non ti dispiace se continuiamo la conoscenza a casa mia?’
In risposta mi alzai in piedi e mi rimisi il cappotto, facendo alzare di conseguenza anche Fabio. Uscimmo dalla biblioteca e mi condusse alla sua macchina. Fuori era già buio. Con molta disinvoltura mi aprì la portiera e salì al posto del guidatore.
‘Che bella macchina’. Commentai.
‘Anni e anni di duro lavoro.’ Mi rispose, con una fragorosa risata.
Partì e lo osservai alla guida. Il suo possente braccio sinistro afferrava saldamente il volante, mentre con il destro cambiava ad intermittenza le marce.
Divertita da quella situazione mi tolsi il cappotto ed accavallai le gambe, lasciando intravedere gran parte della mia coscia sinistra.
Il suo sguardo si scostò dalla strada e cadde nuovamente sulle mie cosce.
‘Le brave ragazze non dovrebbero distrarre in questo modo i ragazzi alla guida.’ Mi provocò.
‘Le brave ragazze non dovrebbero accettare inviti dagli sconosciuti.’ Replicai, maliziosa.
Si morse il labbro e parcheggiò a lato di un viale deserto. Trasse un enorme sospiro e si schiarì gli occhi con le mani, guardandomi meglio.
‘Mi fai impazzire.’ Disse, prendendomi la mano sinistra.
Mi girai vesto di lui e gli avvicinai il viso al mio. Le sue labbra toccarono avide le mie, vogliose di piacere, e le sue mani mi spinsero contro il suo corpo. Mi misi a cavalcioni sopra di lui, nel piccolo spazio fra il suo bacino ed il volante e continuai a baciarlo mentre lo sentivo eccitarsi sotto di me.
Le sue mani esplorarono ogni centimetro del mio corpo, stringendomi le cosce ed il sedere, accarezzandomi i fianchi e la schiena.
Con un gesto quasi abituale mi tolse il maglioncino e tuffò il suo viso fra i miei seni, lasciandosi guidare dalle mie mani sulla sua nuca. Sentì i capezzoli diventare turgidi, nonostante lui non li avesse ancora toccati, limitandosi a baciare in mezzo ai seni ed a leccarmi il ventre.
‘Forse dovemmo continuare a casa tua..’ Gli sussurrai fra un sospiro ed un gemito.
Lottando contro la sua eccitazione, Fabio si fermò e mi riposizionò sul sedile del passeggero, restituendomi il maglioncino dopo essersi drogato del suo profumo.
Riaccese la macchina e partì a razzo per arrivare il più presto possibile a casa. Il gonfiore sotto i suoi jeans era ormai evidente, e il tremore del suo bacino era segno di un’intensa lotta interiore per non saltarmi nuovamente addosso. Dopo aver ripreso fiato ed essermi calmata, avvicinai una mano alla cerniera dei suoi pantaloni e fui colpita dal suo grado di eccitazione. Gli massaggiai il glande in tiro e lui, colto di sorpresa, impazzì.
‘Ti prego non toccarmi, rischio di andare fuori strada.. Aaaah.. Ti prego..’ La presa salda si allentò ed arrivammo nel parcheggio di casa sua dopo poco.
Scendemmo in fretta dalla macchina che chiuse portando la mano libera a stringermi i fianchi.
Aspettando l’ascensore premetti il mio corpo contro il suo, facendo scivolare una mano dentro i suoi jeans.
‘Mmmh.’ Gemette, tenendo la testa all’indietro per il piacere.
Dall’ascensore uscirono due ragazzini che ci guardarono con occhi spalancati, scambiandosi risate di ingenuità.
Entrammo nell’ascensore e, ormai del tutto coinvolto, Fabio mi prese in braccio lasciando che le mie cosce avvolgessero il suo bacino. La sua lingua scorreva sul mio collo, affamata della mia carne.
L’ascensore arrivò al terzo piano e ci fece uscire.
‘Tira fuori dalla tasca dei pantaloni le chiavi..’ mi ordinò.
La mia mano cercò la sua tasca, e tirò fuori le chiavi. Le porsi a lui, che aprì in fretta la porta e mi lasciò cadere sul divano.
Ci liberammo alla svelta dei cappotti, e lui sorrise nel vedermi così altamente eccitata.
‘Dov’eravamo rimasti?’ Chiesi, mordendogli l’indice e lasciandomi togliere il maglioncino.
Mi distese sul divano e si posizionò sopra di me, cauto nel farmi male.
Gli tolsi la maglia e finalmente vidi il tatuaggio del lupo al chiarore della luna che ricopriva tutto il suo bicipite destro. Gli accarezzai il collo, mentre con la lingua stimolavo i suoi capezzoli ed i suoi pettorali che si irrigidirono.
Mi slacciò il reggiseno e la sua lingua bagnò i miei capezzoli, mentre la sua mano sinistra scivolava sotto il ventre, alla ricerca del monte di venere.
Quando i miei capezzoli furono bagnati abbastanza la sua lingua proseguì fino a raggiungere la cerniera della gonna, dove la sua mano si era rifugiata poco prima e mi accarezzava leggera.
Improvvisamente smise di toccarmi, mi guardò e disse ansimando: ‘Voglio che finisci di spogliarti davanti a me.’
Si mise seduto sul divano ormai disordinato e mi lasciò alzare.
Con uno sguardo che non sapevo facesse parte di me, lo guardai e mi toccai le cosce. Lui mi lanciò il reggiseno ed io, facendolo cadere a terra, mi girai e lasciai che lui potesse godere della vista del mio culetto piegato.
‘Oddio, sì, brava.. Così.. Muoviti..’ Mi incitò lui, massaggiandosi il cazzo in tiro sotto i jeans.
Con una solo mossa mi slacciai la cerniera e lasciai cadere la gonna a terra. Rimasi in perizoma e reggicalze, oltre agli stivali che tolsi subito dopo.
Ero bagnatissima, potevo sentirlo, e mi tolsi lentamente il perizoma per farlo eccitare sempre di più. Glielo lanciai, e lui prese ad annusarlo baciandolo, mentre con l’altra mano continuava a stimolarsi.
Andai verso di lui, e cominciai a baciargli le cosce, sopra i jeans. Con la bocca arrivai a slacciarglieli, mentre con la mano cercai affamata il suo cazzo sotto i boxer.
Fabio mi prese e mi distese con forza sul pavimento, aprendomi le gambe ed affondando la sua lingua nelle mie grandi labbra. Con le mani mi afferrò i fianchi, e prese a leccare i miei umori velocemente, facendomi urlare dal piacere. Non ero mai stata leccata in quel modo, con quel trasporto, con quell’eccitazione.
Il clitoride mi pulsava, ed iniziai a masturbarmi gemendo ed aiutandolo mentre mi penetrava con le sue dita.
‘Aaaah, sì, più veloce..’ Urlai.
Lui aumentò la velocità, ed improvvisamente sentì un calore dentro me, un calore che mi fece impazzire, e venni.
Con le dita fece uscire i miei umori e mi lubrificò il clitoride, mentre continuavo ad accarezzarmelo.
Dopo aver sparso il mio liquido su tutta la mia fighetta vogliosa, si tolse i boxer e lasciò scoperto un cazzo notevolmente eccitato ed ingrossato. Sorrisi, pensando che le sue dimensioni erano molto più grosse di quelle del mio ex ragazzo e che mi avrebbe penetrata in più profondità.
Me lo infilò dentro piano, iniziando a muoversi lentamente per adattare il mio buco stretto alle sue dimensioni.
Socchiuse gli occhi, godendo della penetrazione appieno. Sentivo il suo glande entrarmi sempre più in profondità ad ogni spinta, e riuscendo a farmi gemere per il piacere.
‘Più veloce..’ gli sussurrai, facendogli capire che il fastidio iniziale era sparito e volevo mi sfondasse.
Lui iniziò a muoversi velocemente, potevo sentire il suo cazzo pulsare dentro me ed aprire sempre di più la mia piccola figa.
Sentì che stava per avere un orgasmo quando mi girò e mi mise in ginocchio, iniziando con le dita a lubrificare il mio culetto.
‘E’ la prima volta..’ Sussurrai, incerta.
‘Sarà fantastico, farò piano.’ Disse, portando una mano sotto il mio ventre ed una sul suo cazzo già bagnato di me. Dopo avermi rassicurato puntò la cappella nel mio buchetto, e spinse piano. Provai dolore, un dolore che dopo le prime spinte, si trasformò in folle piacere.
Mi abituai ad averlo dentro e condussi la mano che mi accarezzava il seno, nella mia fighetta.
Lui iniziò a masturbarmi, mentre gemeva per il piacere che provava nel penetrarmi.
‘Aaaaah, aaaaaah, sì..’ Disse, mentre veniva.
Il suo liquido mi invase il culetto, mentre i miei umori sgorgavano dal davanti.
Si spostò sul divano e si sdraiò, facendomi stendere sopra di lui. Rimanemmo così per ore, coccolandoci e stimolandoci, fino a che non arrivò l’ora di cena.

Mi raccomando scrivetemi e fatemi sapere: jenmaybetonight@yahoo.com oppure maybetonight@hotmail.it.

Jen.

Jen

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