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Racconti Erotici Etero

Coup de foudre

By 28 Febbraio 2010Dicembre 16th, 2019No Comments

Avevo appena scaricato ‘il Patetico’ (ogni uomo che abbia incrociato il mio cammino si è meritato un soprannome che lo renda immediatamente riconoscibile al mio uditorio di amici e conoscenti quando ne racconto le gesta e le diverse turbe mentali) e per celebrare l’evento avevo deciso di seguire una collega in un locale del centro. In realtà, la prospettiva di sorbirmi il karaoke organizzato per quella sera mi allettava ben poco ma decisi comunque di andare: tutto sommato, il gracidare di qualche ex aspirante popstar di provincia fallita mi avrebbe fornito una buona scusa per abbandonare la nave qualora la serata e la compagnia si fossero rivelate fiacche. Un paio d’ore dopo, con gli orecchi e l’innato senso musicale straziati,
Ero ormai pronta a mettere in pratica il piano di fuga quando lo vidi entrare. Sarebbe stato impossibile non notarlo: alto, snello, una criniera di capelli corvini a incorniciare un viso intenso, in cui le belle labbra carnose e il naso dritto facevano da degno contraltare a due grandi occhi la cui iride scura si nascondeva a tratti sotto il ventaglio di lunghe ciglia nere. Mi riarrampicai velocemente sullo sgabello che avevo occupato fino a quel momento e mentre con lo sguardo lo accompagnavo a un tavolo poco distante da me, la mia memoria ritrovava due volti della mia adolescenza, i miei primi due ‘fidanzatini’ entrambi così belli e così simili a questo sconosciuto. Condivise con la mia amica tutte le considerazioni del caso – anche piuttosto grevi – sull’avvenenza del nuovo arrivato e su quello che gli avrei fatto se lo avessi conosciuto, tornai a dedicarmi al mio mojito e a stringere la mano degli amici che lei mano a mano mi presentava. Qui da noi è così: se esci con un’amica che conosce e ti presenta gente a te estranea, puoi tornare a casa con l’impressione di aver allargato la tua cerchia di conoscenze. In caso contrario, fossi anche il clone di Cindy Crawford seduta al bancone di un bar da sola, non succederà mai che qualcuno venga a presentarsi. Questo era il pensiero desolato che mi attraversava la mente ogni volta che alzavo lo sguardo verso l’aitante sconosciuto e mentre, sempre più spesso, ne incontravo gli occhi fissi su di me. A un certo punto lo persi di vista e in quello stesso momento qualcuno intonò ‘My way’. Canzone difficile, che richiede un’ampia estensione vocale e notevoli capacità interpretative: chi la cantava, nonostante la non perfetta padronanza della voce tipica dei dilettanti, possedeva entrambe le qualità e un timbro di voce caldo e sensuale. Ne rimasi positivamente impressionata e lo fui ancora di più quando vidi la folla che si accalcava sotto il monitor su cui scorrevano i testi delle canzoni aprirsi per lasciar passare lui, il bello sconosciuto, che, avvistato un posto libero, si venne a sedere esattamente di fianco a me.
Non ricordo cosa mi disse, ricordo solo che cinque minuti più tardi eravamo impegnati in una fitta conversazione e avevo avuto modo di complimentarmi con lui per la sua interpretazione del motivo di Sinatra. Chiacchieravamo amabilmente da un po’, ormai estranei a quello che succedeva nel locale, quando tese la mano e nello stringere la mia mi disse il suo nome: Marco. Quello fu il primo dei molti brividi che provai quella sera. Il secondo mi scosse quando scoprii che il mio bell’interlocutore era più giovane di me di quasi cinque anni. Ricacciai a fatica un grido ma non la mia espressione fra lo stupito e il deluso. Sarà che io dimostro parecchi anni in meno di quelli che ho, sarà stata quell’espressione tipica di uno che in vita sua ne ha già viste parecchie, qualche filo argentato fra i suoi capelli e il lavoro in banca, ma mai avrei immaginato che fra noi ci fosse un tale divario d’età. Fu come se la tensione accumulata fino a quel momento si smorzasse di colpo e la cosa mi faceva imbestialire perché era evidente che gli piacevo e che lui piaceva a me. Antichi retaggi culturali: un uomo maturo che si trastulla con una fanciulletta molto più giovane non desta alcun clamore (anzi, lui sarà il figo e lei la puttana o, tutt’al più, la gerontofila), una donna che si intrattiene con un uomo più giovane passa ancora oggi per la tardona che paga per avere un maschio nel proprio letto. Io non ho mai avuto problemi a trovare un uomo che mi desiderasse, quindi l’idea di essere in qualche misura associata alle collezioniste di toy boy non mi andava proprio, non a trent’anni quanto meno. Perciò, al suo invito ad andarcene insieme in un altro locale, gli risposi ‘Tesoro, ho cinque anni più di te” (che, parafrasando, stava per ‘Gioia, una ripassata te la darei volentieri ma forse è meglio se vai a casa a giocare alla playstation così mamma non sta in pensiero’). La sua risposta fu disarmante ‘E allora? Tu mi piaci. Se pensi di scaricarmi così facilmente hai sbagliato i tuoi conti’. E partì all’assedio. Ordinò da bere per entrambi e mi coinvolse in una nuova conversazione. Credo avesse intuito almeno in parte da dove nascevano le mie perplessità e qual era la chiave per vincere le mie resistenze: ogni cosa, ogni aneddoto di cui mi parlava, infatti, sembravano scelti ad hoc per convincermi della sua maturità e affidabilità. La musica copriva spesso le nostre voci e per capirci eravamo costretti ad avvicinare le teste e a parlarci negli orecchi. Sentivo il suo respiro sul collo e una fila di brividi mi correva lungo la schiena. Fu mentre scuotevo il suo timpano destro con una risposta a una sua domanda che Marco girò leggermente la testa verso di me ritraendola fino a che la sua bocca fu all’altezza della mia: intravidi per un istante l’espressione infuocata dei suoi occhi prima di chiudere i miei e di lasciarmi andare alla voracità di quel primo bacio. Di ogni amante si ricorda una caratteristica, a volte positiva a volte meno: di Marco non potrò mai scordare le sensazioni che provavo mentre ci baciavamo. Non credo fosse la sua capacità di baciare a fare la differenza (che poi, davvero si può parlare di ‘abilità’ nel baciare?), sono convinta piuttosto che quello che mi sconvolgeva i sensi fosse l’alchimia che si creava quando le nostre bocche si incontravano. Il contatto con le sue labbra, il calore della sua bocca, il muoversi sicuro della sua lingua mi mandavano fuori di testa e in questo stato di grazia mi ritrovai fuori dal locale, avvinghiata a lui, sotto la luce di un lampione.
Senza smettere di divorarci raggiungemmo un parco poco distante dal locale, lui si sedette su una panchina e io mi misi a cavalcioni sopra di lui. Nonostante gli abiti invernali e le giacche pesanti, le sue mani erano riuscite ad aprirsi un varco e a raggiungermi i seni, a palparli, a strizzare i capezzoli fra le dita mentre io mi strusciavo contro la sua erezione. A quel punto il desiderio di entrambi era incontenibile. Ci separammo un momento con la medesima intenzione: individuare un posto dove scopare. Vicino a noi iniziava una pineta e fu lì che, senza dire una parola, ci precipitammo controllando che non ci fosse anima viva intorno a noi che potesse vederci e disturbarci. Fui con la schiena contro un albero, lui addosso, la sua lingua sul collo. Mi slacciò i jeans e mi abbassò frenetico le mutandine graffiandomi i fianchi e subito affondò due dita nel mio sesso bagnato, sfregando il clitoride e penetrandomi con forza. Io intanto ero riuscita ad abbassargli i pantaloni e lo avevo liberato dalla morsa degli slip. Mi fece girare e mentre la luce della luna che filtrava fra i rami illuminava il candore della mia pelle, con un solo movimento mi fu dentro fino alla radice. Fu una delle sveltine più eccitanti dei miei primi trent’anni di vita: mi sbatté come un ossesso per alcuni minuti, allargandomi il sesso e riempiendolo della sua carne dura. Quando non riuscì più a trattenersi uscì da me e schizzò il suo seme sull’erba, mentre io ancora ansimavo forte. Dopo quella sera ci frequentammo sei mesi, fra alti e bassi. Non fu mai un rapporto facile ma trovavamo sempre il modo di sfogare le tensioni a letto. Dopo oltre un anno dalla nostra ultima volta, mi ha scritto un e-mail qualche giorno fa. E chissà che presto non lo incontri per un caffè’

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