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Racconti Erotici Etero

Delirio

By 7 Ottobre 2006Dicembre 16th, 2019No Comments

Forniscimi il tuo culo
con le tue dita, lunghe ed affusolate, con unghie perfettamente limate e lucide che entrano nelle tue carni
affinché il tuo caldo e profondo buchino dalle pieghe a raggiera mi si presenti come l’eterno oblio che adesso il tremendo correre del mio cuore incarna.
Lascia che mi avvicini che senta il tiepido odore che ne fuoriesce
con la mia voluttuosa lingua voglio assaporarne le dolci contrazioni,
lasciare strie di saliva come colonne di fuoco che dalla mia bocca incendiano il tuo desiderio.
Aaahh
Adoro i tuoi lenti ed ansimanti rantolii.
Il piacere fatto suono, scorgo quasi i pentagrammi che il tuo languore lascia disegnare nell’aria, sì certo ancora ed ancora
non temere non smetterò prima dell’alba
prima che i nostri occhi incontrino il temibile bagliore, il mondo che si sveglia, quel mondo che ora lasciamo fuori lontano dai nostri pensieri, lontano dal nostro ora estatico desiderio.
Chissà perché guardandoti così, china su questo giaciglio, l’eccitazione sale ancora inebria sconvolgendo ancora ed ancora, i miei pensieri sono così confusi quasi non riesco a proferire verbo, meglio, voglio perdermi, inoltrarmi oltre ed oltre’
Certo perdonami non mi distraggo ero solo lì che cercavo di ammirarti, bella come il sole, da qualsiasi punto io ti guardi, bella sempre, solare certamente dea.

Eccolo che di nuovo se ne va per vie traverse, quasi lo sento, immagino le parole, anzi quasi versi che nella sua testolina vanno e vanno. Io invece ora non voglio altro che sentirlo dentro, voglio che la sua enorme cappella dipani questo orifizio voglioso e pulsante che mi ritrovo tra le natiche.
Voglio che entri prima lentamente e poi, con spasmodica ritmica, vada su e giù. Voglio sentirlo duro dentro di me, contare le vene che lo circondano.
Voglio piangere di piacere e dolore, il mio succo, il mio denso succo dell’amore lo sento scendere lungo le cosce fino a cingere i polpacci già indolenziti.
Voglio che si sbrighi perché le gambe non mi reggono più, tremano come gattini impauriti, ma mi accorgo che non &egrave la stanchezza a debilitarmi ora, il desiderio il folle desiderio che ho del suo caotico membro mi fa tremare come fuscello, che mi fa scorrere l’emozione come turbinii di ruscelli, come venti che sospingono nuvole all’orizzonte, che io bramo in questo preciso istante ti prego non farmi attendere ancora, non resistoooo’

Ma perché mai quando mi ergo a dio del sesso penso sempre ai popoli, sempre a vagare come se questa strana droga carnale fosse il foglio di via per viaggi lisergici’..

Si alza, si allontana da me, no cosa fai dove vuoi portare la fonte del mio piacere, NO!!
Bere, sì bere, lo berrei tracannando come folle assetato, pulendomi la punta delle dita, scorro con la mia enorme lingua le sue gambe raccogliendo tutto il denso frutto della mia stanca amante, se solo potessi cantare l’inebriante sapore, l’estatico profumo, le sensazioni’ora canterei e danzerei accerchiato da bracieri al cospetto di sacerdoti compiaciuti, di guerrieri masai, di lune rosse e cieli persi’canterei e danzerei perché sono il dio del sesso sceso sulla terra.

Potrebbe eccitarmi più di così? A volte mi chiedo se la naturalezza con la quale compie gesti, a me sinora sconosciuti, sia congenita o legata ad una autoimposizione dell’ altrui godimento. Ne sono comunque stralieta. Continua pure a dissetare la tua atemporale sete di me.

Già, sono arrivato sin qui senza imposizioni, senza chiedere a nessuno alcuna autorizzazione, lo sento lì che freme, duro come marmo, mi chiama, mi supplica e io stesso mi supplico affinché permetta al mio eterno compagno di poter conoscere nuovamente le tremende temperature dell’interno di lei, le voraci rugosità. La morbida rotondità del suo roseo culetto chiama le mie mani e non solo quelle.
Se &egrave vero che sono le occasioni a rendere l’uomo ladro, io sono figlio delle occasioni se non padre. Ruberei lei stessa se potesse servire, le ruberei la vita sciogliendola e per osmosi assorbirla, ma non posso’

E’ la prima volta che mi concedo totalmente ad un uomo, i sogni, certo loro, sono stati in passato ricchi di eventi così ‘profondi’ e tremendamente sconci, ma oggi so di certo che la piena accettazione di quello che concedo &egrave più un desiderio che un letale favore, lo voglio. Che strano questo desiderio.
Febbre, la temperatura del mio corpo sta raggiungendo livelli assurdi, febbre, oddio cosa sento, cosa sta dipanando l’integrità mia posteriore ora? Atroce, un dolore sì atroce mai provato, svenimento e ‘dio santo che pazzesco godimento!

La VERGINITà, di colpo mi viene da pensare al mondo inesplorato, alle eterne vie che si snodano. Se fosse vergine, anzi lei &egrave vergine’cazzo penso alla verginità e quasi mi blocco, non di certo per evitarle nuove parsimoniose esperienze, penso alla verginità e basta, cosa &egrave la verginità? L’avverto come oggetto, come inanimata materia di un pessimo colore rinascimentale, affascinante mezzo di autoconservazione, come vetro dall’ immenso valore. Potrei, io, violare il sacramento della integrità?
E allora come un bambino gioco con i vetri e i cristalli affinché almeno uno venga meno del concetto ‘integrità’, sì dispettoso e goliardico adolescente io distruggo io dipano io’io amo. Amo vederla contorcersi, amo sentire le sue carni contro le mie, amo la leggera folata del suo alito, amo le sue dita e le sue unghia, amo i suoi polsi e le sue caviglie, amo la sua vita, lo spazio che occupa e il tempo che consuma, l’universo fisico che materializza, sarei vivo a metà senza di lei e ciò poco importa perché ora lei mi vuole, lei anela il mio corpo o parte di esso. Volo e volo, le mete a me sconosciute, ma volo e la densa sensazione che provo &egrave l’unica destinazione che desidero. Era così che immaginavo i colori delle miniere dei nani, era così che i mostri dei miei incubi mi tagliavano la mente, era così la morte?
Il passato si dimena ma sono così insensibile che ora non mi accorgo di perdermi tra le sue strettissime gambe. Assassino, io, per il dolce morire che provo, autolesionismo da strapazzo, neanche il migliore dei suicidi’basta &egrave giunta l’ora.

Aahhhh’.pulsa, pulsa come un cuore di toro tra le mani di un macellaio, io ora sto GODENDO sto urlando maledico il suo nome per avermi resa così vulnerabile e incapace di controllo. Ma credo che l’enorme verga che si dimena nel mio canale sia la manna che da secoli attendevo fiorisse dal cielo che bramavo più di mille regni più di mille vite immortali, volevo solo godere e piangere, amare e desolatamente odiare, LUI ora &egrave il mio amore il mio oggetto del sacro e immutevole godimento. Sfiancami, fammi sentire le mie ossa tremanti, spezzami e ricomponimi a tuo piacimento, sono la tua vergine sacrificale, immolami pure nel nome di un qualsiasi dio, ma immolami!

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