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Racconti Erotici Etero

Di ritorno dalla spiaggia

By 18 Febbraio 2013Dicembre 16th, 2019No Comments

‘Ho freddo, scaldami.’ Te ne esci così, all’improvviso, appena dopo esserci riseduti in autobus. Una frase che pare non avere nulla a che fare con la torrida giornata passata in spiaggia ad abbronzarci ed a giocare in acqua.
Il mio sguardo si sposta dal panorama esterno su quello interno: una splendida ragazza, dalla pelle dorata dal sole ed i capelli corvini, lunghi, un leggero vestitino a coprire il due pezzi e delle infradito ai piedi. Ti sorrido mentre ti guardo, un lungo e piacevole brivido mi corre sulla schiena. Lungo, a causa della gocciolina di sudore che percorre la mia spina dorsale, piacevole, perchè unito alla consapevolezza che ciò che sto ammirando è mio, solo mio. Con tono dolce ti chiedo ‘Come fai ad avere freddo?’. Mi rispondi con un lieve movimento del viso, ad indicarmi il finestrino aperto dietro di me e poi quello dietro di te. ‘Guarda…’ Con aria furba scosti i capelli dal petto, il vestitino e il reggiseno del costume non bastano a nascondere una piccola protuberanza, un capezzolo teso. Le mie sopracciglia si alzano ed un sorriso divertito fa capolino sul viso. ‘Non ci credi? Vuoi vedere meglio?’. Ridacchio, pensando che non lo farai mai, che mi stai solo stuzzicando. ‘Avvicinati…’. Seduto di fronte a te, mi sporgo per osservare e per coprirti alla vista dell’autista e delle uniche due altre persone che ci sono a quell’ora. Rapide, due dita si infilano sotto la stoffa leggera del vestito e quella sintetica del costume. Un’apparizione fugace, ma che basta a far crescere un bozzo nei miei pantaloni, visibile non appena mi rimetto appoggiato allo schienale. Dopo tutta una giornata passata ad osservarti seminuda, dopo tutti quei contatti in acqua mentre giocavamo con la palla, noi due soli, dopo averti desiderata così tanto…quella vista aveva fatto il suo dovere. La cosa ti stava divertendo parecchio anche se cercavi di non darlo a vedere e fare la santerellina.
L’infradito ti scivola via dal piede, casualmente solo in apparenza. ‘Dai, non prendermi in giro…’ ti sussurro ‘…sarà perchè hai preso così tanto caldo oggi…e l’arietta fresca ti pare ghiacciata a confronto.’ Mi sfilo la maglietta e te la porgo ‘…comunque tieni…magari ti aiuta a stare meglio.’, cercando di far finta di niente. Te la appoggi al petto ‘Non mi va di mettermela…ma me la tengo lo stesso…’. A stento trattieni un sorriso ancora più furbo e divertito del precedente.
Faccio finta di nulla e riprendo a guardar fuori, nel tentativo di riguadagnare il controllo su chi aveva ‘preso vita’ senza il mio permesso. Il tuo piede scalzo inizia a strusciarsi sul mio polpaccio. Il pacco si fa leggermente più visibile, andando contro i miei tentativi di stare buono. Il tuo piede sale, passa da una gamba all’altra e raggiunge le cosce, infilandosi in mezzo. Stringo le gambe. ‘Beh…da quando in qua non mi lasci appoggiare i piedi alla tua sedia?’. Mugugno qualcosa ma ti lascio fare, raddrizzandomi a sedere per farti spazio. ‘Effettivamente dopo tutto quel caldo le fa solo che bene alla circolazione…sarà stanca anche lei in fondo…’ un pensiero che mi fa dubitare delle tue intenzioni. Il piedino si muove, andando sempre più a fondo, fino a raggiungere il proprio obbiettivo. Ti lasci scivolare sul sedile, per meglio arrivare a lui e giocarci. Inizia a fare la pasta col piede, come le gatte sul loro cuscino preferito. Un lievissimo mugolio di piacere mi sfugge dalle labbra. Sai di aver fatto centro. Lo senti sia con le orecchie che con il tatto. Ti raddrizzi, lasciando andare il tuo giocattolo per un attimo. Vuoi controllare cosa fanno le due persone sedute all’altro capo dell’autobus ed in che direzione guardano, autista compreso. Tutti a guardare altro…’Benissimo!’.
Riporti i tuoi splendidi occhi nocciola su di me e noti il rossore sul mio viso, nonostante la lieve abbronzatura. Sai bene che non è stato il sole a darmi questo colore in più…questa volta. ‘Posso appoggiarmi? Vorrei provare a riposare un attimo…’. Un mio sospiro, fatto nel tentativo di cercare di riguadagnare un minimo di controllo mentre ti faccio spallucce, ti dà l’assoluta conferma di avermi fatto girare la testa. Ti sporgi verso di me, allunghi le braccia e le ingroci sulle mie ginocchia. Appoggi la testa ed inizi a far finta di dormire. Il mio sguardo resta su di te per un attimo, l’erezione non dà il minimo segno di voler sparire…per ora. Un altro sospiro e guardo fuori, cercando di distrarmi. Dopo nemmeno un attimo ti sento muovere leggermente. La tua mano risale tutti i centimetri che ti separano dal cavallo del mio costume. Tastano. Trovano immediatamente il mio cazzo duro. Le tue dita ne scorrono tutta la lunghezza, più volte. All’improvviso si spostano sull’elastico e lo abbassano, lasciando uscire la punta, non totalmente gonfia. Un veloce avvicinamento del tuo corpo e ti ritrovi con la testa vicinissima al tuo giocattolo. La lingua fa capolino dalle labbra, veloce va a giocare, stuzzicare, leccare la mia cappella. Un giochino che dura nemmeno una decina di secondi ma che a me pare un’eternità, preoccupato dal fatto che qualcuno ci possa vedere e denunciare per atti osceni in luogo pubblico. Cercando di non dare nell’occhio mi guardo intorno. Nel frattempo anche la cappella ha raggiunto il giusto grado di turgore. Un fremito tra le tue cosce ti ricorda che non sei esente dagli effetti di certi giochini. Una irrefrenabile voglia ti sta assalendo. Prendi la punta in bocca, mordicchi e succhi per un attimo, poi rimetti tutto via, all’improvviso, non appena cerco di schiarirmi la voce. ‘Amore…ehm…siamo quasi arrivati al traghetto’. Il traghetto che ci riporta verso casa. ‘Tra un attimo dovremo scendere…come farò a nascondere questa cosa?’ Ti accorgi dell’aria preoccupata che ho, sorridi dispettosa. L’autobus sale sul traghetto. Un attimo dopo dobbiamo scendere. Uso lo zainetto come scudo, che mi protegga da occhi indiscreti. C’è davvero poca gente imbarcata a quest’ora…che strano. Facciamo velocemente i gradini che ci portano sul ponte da cui guardare il paesaggio, come il nostro solito. Arrivati su ci dirigiamo verso il parapetto, ci appoggiamo ed iniziamo ad osservare l’acqua…i volatili in cielo…
Un lieve senso di vendetta mi fa decidere di spostarmi…passare dal tuo fianco a dietro di te. Ti abbraccio. Premo il mio bacino contro il tuo. Ti faccio sentire che c’è un’altra specie di uccello a cui dovresti fare attenzione. Lo premo tra le tue natiche, da sopra il vestitino. Inizio a strusciartelo, guardandomi intorno che non arrivi nessuno. Nessuno in vista. Afferro i tuoi fianchi e struscio con più forza. Tu discosti i piedi, per goderti il gioco. Lo senti tutto, dalla cappella alle palle, spingere sul tuo corpo. Una mano si sposta, scivola davanti, passa veloce sulle mutandine del tuo costume, sale, cerca una tetta da palpare. La trova e la strizza. Dal tocco sai quanta voglia mi hai scatenato, sai di non poter più tornare indietro. Abbassi una mano, fin tra le cosce. Scosti la mutandina. La lasci scivolare fino sotto i glutei. ‘Mettimelo dentro…’ sussurri, fradicia dalla voglia che ti ha colto all’improvviso. Senza farmelo ripetere una seconda volta Abbasso il costume sul davanti, quel tanto che basta. Ti alzo il retro del vestitino ed indirizzo la punta del mio cazzo diritta contro il tuo buchino. ‘Non lì, l’altro…’ mi dici con tono perentorio. Un veloce ed imbarazzato ‘scusa…’ mi scivola dalle labbra. Un attimo dopo sono completamente dentro di te. Senti le palle che toccano il tuo clitoride. Brividi dovuti al piacere ed all’arietta passano attraverso i nostri corpi. Ci rendiamo conto, all’improvviso, di ciò che stiamo facendo e del luogo. In contemporanea ci ritraiamo e cerchiamo di metterci a posto. Rossi in viso per il desiderio e per l’imbarazzo. Ci abbracciamo dolcemente, covando un gran fuoco, come delle calde braci, fredde all’apparenza ma roventi all’interno.
L’attracco si avvicina e riscendiamo di fretta le scale, io un paio di passi dietro a te. Mi accordo che un marinaio ti segue con lo sguardo, mangiandoti con gli occhi. Mi trattengo a stento da dargli un pugno dritto sul grugno. Mi faccio più vicino a te per marcare il territorio e risaliamo assieme sull’autobus, stessi posti di prima.
L’autobus accende il motore, la rampa scende. Ci mettiamo in movimento e sbarchiamo. I nostri sguardi si incontrano, divertiti ed imbarazzati nel contempo. Mi fai cenno di avvicinarmi. Porti le tue labbra al mio orecchio e ne succhi il lobo, ben sapendo che effetto mi faccia. ‘Sei un porcellino…mi hai fatta bagnare, sai?’ .Ti guardo stupito ed infastidito. ‘Sei tu che hai iniziato…’ mi sfugge col tono querulo di un bambino che ha subito un’accusa ingiusta. La tua risposta,con tono dolce e malizioso uccide ogni discussione: ‘Peccato che tu me l’abbia infilato dentro…ora è sporco…te l’avrei ciucciato volentieri…come sulla panda.’
Facciamo il resto del viaggio quasi in silenzio, fin quando arriviamo a casa tua. Poi…

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