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Racconti Erotici Etero

Diario di un ragazzo normale

By 28 Settembre 2016Dicembre 16th, 2019No Comments

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– Io sono un ragazzo normale – questo &egrave quello che mamma papà mi hanno sempre detto, e non solo i miei genitori. Ora anche la dottoressa Crepaldi lo afferma di continuo, ma io non so se creder loro.
La dottoressa Crepaldi &egrave molto brava con me, anche se ogni tanto mi sento osservato da lei e un po’ in imbarazzo, poi quando le racconto le mie cose, quelle cose che non dico nemmeno a mamma, &egrave come se mi frugasse dentro, questo mi infastidisce, ma devo dire che quando esco dopo un’ora di visita mi sento decisamente meglio.
E’ proprio la dottoressa Crepaldi ad avermi detto ‘ Matteo vorrei che da stasera tu tenessi un diario’
‘ma io non ho mai scritto un diario..non so come si fa..’
‘Beh proprio perch&egrave non hai mai scritto un diario dovresti iniziare..non &egrave difficile..vorrei che tu ti ritagliassi un po’ di tempo per te stesso, mezz’ora al giorno, magari la sera prima di andare a dormire, raccontassi la tua vita così come te la senti tu, descrivessi la tua giornata. cosa ti &egrave piaciuto, cosa ti ha fatto arrabbiare, chi hai incontrato e che sensazioni hai provato..vedrai che sarà divertente’.
Questa &egrave la prima pagina e francamente non ci trovo nulla di divertente, continuo perch&egrave sono fatto così. Mi fido della dottoressa Crepaldi e non voglio deluderla, anche perch&egrave se lei fosse delusa sarebbero delusi anche mamma e papà e io non voglio deluderli. Non gli ho mai delusi. Mai. Anche se ho sempre il sospetto che io non sia il figlio che mamma, ma anche papà, avrebbe voluto.
Il fatto che sia nero, ma nero nero, non marroncino, mulatto, caffelatte, no! proprio nero! &egrave una cosa che non riesco proprio a capire. Non sono stupido, la capisco da un punto di vista biologico , sono stato adottato. I miei genitori naturali non li conosco ma so che la mamma, quella che mi ha partorito, era una giovane che veniva da un paese chiamato Nigeria, aveva diciott’anni, mio padre era un connazionale, ma di lui non si sa nemmeno l’età. La mia mamma biologica &egrave arrivata all’ospedale San Matteo di Milano dilatata di 7 centimetri, ancora qualche minuto e mi avrebbe partorito in circonvallazione. Visto che ero nato al San Matteo e visto che mia madre non aveva nessuna intenzione di tenermi con se, il personale ospedaliero mi chiamò Matteo. Fui affidato ai servizi sociali e passai, in attesa, i miei primi 40 giorni, nella nursery, curato e allattato artificialmente dalle ostetriche. Intorno a me si susseguivano i bambini, nascevano, stavano tre giorni e se ne andavano. Io stavo lì, a mangiare e a crescere, tanto che dopo 15 giorni, chi guardava dal vetro del reparto maternità, non faceva altro che indicarmi e sorridere. Era impossibile non notare quel fagotto molto più grande degli altri e per di più nero come il carbone.
Dopo 40 giorni comunque arrivarono mamma e papà, quelli veri. Mamma era bionda, lo &egrave ancora in realtà, giovane, aveva 32 anni, e bellissima. Piangeva come una fontana mentre mi cullava. Papà brizzolato di qualche anno più vecchio, la stringeva e continuava a ripetere ‘E’ bellissimo’ I servizi sociali avevano scelto questa coppia e devo dire che non mi posso lamentare della selezione che avevano effettuato.
Una bella casa, un conto in banca più che dignitoso, tanto affetto e tanto amore, oltre che una rete di amicizie e parentele che non mi facevano mai mancare il poter vedere facce nuove e giocare con altri bambini della mia età.
La scuola materna trascorse serena, anche le scuole elementari, alle medie iniziarono i primi problemi, niente di che, questo lo capisco anche io, solo qualche presa in giro dai compagni di classe meno inclini alla pace. Mi apostrofavano ora ‘Tartufon’ ora ‘Ringo Boys’. Tornavo a casa piangendo come una femminuccia e la mamma mi abbracciava forte e mi diceva ‘Matteo sei un bambino normale’.
Poi arrivò il Liceo. Sono stato sempre uno studente disciplinato, le professoresse mi adoravano per la mia intelligenza ed educazione. Feci amicizia con molti compagni e compagne e con altri ovviamente nacquero delle rivalità che di tanto in tanto sfociavano in insulti sul colore della mia pelle o sulle mie labbra carnose o sui miei capelli ricci. Non piangevo più ma tornavo a casa scosso, incazzato. Papà mi prendeva da parte e mi diceva che ero un ragazzo normale.
Intanto avevo iniziato a giocare a basket, ero molto alto per la mia età ed ero schierato sempre nella squadra titolare. Il problema nasceva negli spogliatoi dove i miei compagni di squadra mi prendevano in giro. Mi chiamavano Pitone. A casa di questa cosa però non dicevo nulla, mi rinchiudevo in camera incazzato, ma allo stesso imbarazzato non dicevo niente ne a mamma ne a papà.
A diciassette anni mi fidanzai con una compagna di classe ‘ Clara ‘ una biondina molto simpatica. Spesso il pomeriggio andavo a casa sua a studiare, almeno ci andavo quando suo padre non era in casa. Era un uomo che aveva già sessant’anni e non mi sembrava di fargli una gran simpatia.
Ci ritrovavamo il più delle volte a limonare, io cercavo di allungare le mani furtivamente sul suo seno, una seconda soda e sul suo sedere tonico, lei ansimava e si strofinava sulla mia erezione.
Ecco sentivo crescere il mio pisello dentro le mutande fin quando non fuoriusciva dall’elastico, allora mi imbarazzavo e con una scusa tornavo a studiare oppure scappavo a casa, mi rinchiudevo in camera e mi masturbavo. Mamma accorreva per vedere se stessi bene e io le gridavo di lasciarmi stare. I miei iniziarono a preoccuparsi dei miei repentini sbalzi di umore.
Un giorno mentre eravamo stesi sul divano, io sopra Clara mi strusciavo tra le sue gambe mentre lei ad occhi chiusi mi porgeva la lingua. Quando la mia erezione tocco vette spaventose mi ritrassi come mio solito, ma Clara mi bloccò e mi chiede cosa ci fosse che non andava. Dietro sue insistenze fui costretto a confessare il mio segreto e il mio imbarazzo. Fu peggio. Lei si incuriosì mi disse che ormai stavamo insieme da tre mesi e che potevamo prenderci anche qualche libertà in più. Insomma nonostante la mia desistenza, mi sbottonò i pantaloni e tirò fuori il mio pene che si erse in tutta la sua lunghezza per poi accasciarsi barzotto sulla mia pancia. Clara non disse niente, osservò il mio pisello e aprì la bocca stupita. Era eccitata. ‘Matteo hai un bellissimo cazzo ma &egrave normale, sei un ragazzo normale’ anche lei mi disse quella frase, e io nel mio profondo imbarazzo quasi mi convinsi che per lei non fosse un problema il mio stato. ‘posso toccarlo’ mi chiese mentre già allungava la mano. Iniziò a impugnarlo, era una sensazione bellissima. Aveva una mano così delicata, inizialmente aveva paura di farmi male ma la sua presa si fece via via più decisa e il suo ritmo più cadenzato. Guardava il mio cosa crescere nella sua mano e nei suoi occhi potevo vedere una curiosità e un desiderio che mai prima d’ora avevo osservato in nessuno che avesse avuto a che fare con me. Questo mi fece rilassare mia abbandonai sul divano ma presto fui sopraffatto dall’orgasmo. Schizzai tre getti mi finirono sulla maglietta. Lei fece un ‘ops’ di sorpresa e iniziò a ridere ma non cessò il ritmo della sega fin quando il mio pene finì gli spasmi. Purtroppo il suo risolino stampato sulla faccia non cessò quando riaprii gli occhi, sprofondai ancora nell’imbarazzo e bofonchia delle scuse. ‘ma no, &egrave stato fantastico’ disse Clara ‘meno male che non abbiamo sporcato il divano’.
L’accaduto si ripet&egrave altre volte nei due mesi successivi, ma non andammo mai oltre ad una semplice sega, io ero realmente troppo impacciato per prendere l’iniziativa e lei sembrava sempre molto soddisfatta dal tenere in mano il mio pisello.
Intanto in classe la voce della nostra relazione si era ovviamente sparsa. A farne le spese fu ovviamente Clara che divenne bersaglio di sfottò e dicerie per il fatto che stava con me. Fino al giorno in cui il più balordo di tutti, Stefano C. vedendola in classe zoppicante per via di una botta al ginocchio che aveva rimediato il pomeriggio prima durante il suo corso di ginnastica artistica non pensò bene di dire ad alta voce ‘Oh Clara finalmente gliela hai data a Matteo!! ahaha!!’ e dietro di lui Alessando M., suo bastardo sodale ‘Eh si guarda come cammina, mi sa che non riesce nemmeno a sedersi, ahah’. Purtroppo il resto della classe rise sguaiatamente e fece scoppiare a piangere Clara.
Passarono un paio di settimane e Clara chiuse la storia con me dicendomi che non se la sentiva di andare avanti, e che tanto non avremmo mai fatto l’amore.
Mi chiusi in camera e questa volta piansi, dissi a mia madre che Clara mi aveva mollato, tralasciando il perch&egrave, e lei ovviamente mi disse che ero ‘un ragazzo normale, queste cose capitano a tutti!’.

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Ero ancora sotto choc per Clara quando arrivò il mio compleanno e nemmeno di quelli banali, compivo infatti diciotto anni. Ovviamente il mio umore riuscì a far desistere mamma e papà dall’organizzare un mega party in qualche location da vip. Optarono invece per un più banale ma congeniale pranzo in famiglia invitando gli zii e i nonni.
In famiglia stavo molto bene, ridevo e scherzavo con tutti i parenti, abbracciavo Nonna Isa, la madre della mamma, per cui da sempre provavo un affetto speciale.
Isa era anche il nome di mia cugina, figlia di Zio alberto, il fratello di mia mamma. Isa aveva qualche anno più di me, aveva da poco compiuto 21 anni, era come si dice una ragazza ‘tutta pepe’ Era iscritta al secondo anno di università, faceva giurisprudenza, scelta più per far contento Zio Alberto che per passione. I risultati si vedevano. Due esami in due anni, per giunta con voti scarsi.
Fisicamente era proprio carina, piccina ma atletica, metteva spesso dei leggins colorati che le tornivano le cosce e le modellavano i glutei. Non aveva molto seno, ma compensava con un viso dolce, da bambolina, con gli occhi di un tale azzurro che sembrava di fissare il mare. In molti notavano una somiglianza spiccata con mia madre, sua zia.
Sul finire del pranzo mentre eravamo a mangiare la torta gelato che avevo richiesto, Isa chiese che cosa avevo in programma per la serata ‘Dopo che hai festeggiato con i vecchi bacucchi, cosa hai in mente per la serata cuginone?’ Naturalmente risposi che non avrei fatto niente, che mi bastava il pranzo e che in fondo era un giorno come un altro. Zio Alberto mi diede manforte, dicendo che avevo ragione. Nonna Isa invece disse che ‘i diciott’anni non tornano più’. Isa ‘ la cuginetta ‘ rincarò la dose come in un gioco di squadra tra generazioni. ‘Cuginone io la festa dei miei diciotto me la ricordo ancora…e non puoi lasciarti sfuggire questa serata’ Insomma ci fu un accesa discussione anche per decidere se avrei dovuto festeggiare ulteriormente. Fin quando Isa non si impose ‘ Allora stasera alle 10 ti passo a prendere e andiamo a ballare e festeggiamo! Ok zio Franco?’ disse rivolta a mio padre. ‘sicuro’ disse lui ‘&egrave normale che una ragazzo vada a ballare, però non fate troppo tardi’

Isa mi venne a prendere nella sua mise da ragazzina ribelle, minigonna nera che facevano risaltare le su gambe perfette, anfibietti ai piedi, canottierina bianca in stile punk con una stampa di Marilyn impiccata e chiodo firmato a coprirle le spalle, trucco molto leggero ma con rossetto rubino marcatissimo. Non avevo mai considerato come una ragazza, non da un punto di vista sessuale almeno, ma devo ammettere che quella sera era proprio quello che i miei compagni di squadra avrebbero classificato come un bel fighino.
La serata fu piacevole, devo dire la verità mi divertii anche, Isa d’altronde era una ragazza troppo simpatica e con lei non ci si annoiava mai, ballavamo come i cretini e mi faceva bene con la promessa che non lo avrei detto a mio padre, conobbi dei suoi amici che si dimostrarono subito molto alla mano. Insomma passai una bella festa di compleanno.
Alle due però mi riaccompagnò a casa. Ci fermammo in un parcheggio a un centinaio di metri dall’ingresso, isa voleva fumare, iniziammo a parlare e inevitabilmente isa mi chiese di Clara.
La mia cuginetta di cui mi ero sempre fidato, mi aveva fatto passare veramente una bella serata , per di più ero anche un po’ brillo o per via dei Mojito che Isa mi aveva offerto, insomma le raccontai tutto.
‘cazzo cuginetto mi dispiace che tu stia soffrendo, ma non può averti lasciato per via del tuo coso..dai!..ho sempre pensato che tu avessi..mhh..cio&egrave si..insomma..una bella attrezzatura..ma addirittura spaventarsi…dai non ci credo…’
Insomma una parola tira l’altra, un ‘non ci credo’ diventava un ‘ti giuro’, fin quando un ‘ fammi vedere’ divenne un ‘ vabene ma non prendermi in giro’ e così mi ritrovai con il pisello in mano mentre Isa mormorava un ‘ sti cazzi!’.
A quel punto la stessa voglia, curiosità o non so come chiamarla che avevo visto negli occhi di Clara la osservai scintillare in quelli della mia cuginetta.
Isa si sporse verso di me, mi afferro il pene e mi sussurrò all’orecchio ‘Cuginone guarda che &egrave normale, bellissimo, grosso &egrave vero, ma &egrave normale e te lo dimostrerò’. Io non capivo cosa intendesse, ma ero eccitato, il mio amico al piano di sotto si stava godendo il contatto con una mano femminile come da mesi non succedeva e rispondeva con entusiasmo. Isa continuò a sussurrarmi nell’orecchio ‘Prima però &egrave bene che io lo bagni un po’. Fu un attimo e la sua bocca mi avvolse la punta. Buttai la testa indietro, non ci credevo, era la prima volta che mi leccavano il pisello. Se mi avessero detto quella mattina che dopo qualche ora mi avrebbero fatto un pompino mi sarei messo a ridere. Ora invece mia cugina aveva il mio cazzo tra le labbra, mugolava mentre provava a prenderne sempre di più. ‘Cuginone questo cazzo &egrave fantastico e ora me lo prendo’. Mi salì a cavalcioni, la minigonna si sollevò diventando praticamente una fascia ombelicale, si scostò il perizoma e si puntò la mia cappella sulla sua vagina. Stavo per essere sverginato dalla mia cuginetta.
Ma l’operazione non fu così semplice. Isa provava a premere con tutto il suo corpo ma non riusciva a farsi penetrare. ‘ok devo solo bagnarmi un po” ma appena si infilò due dita si rese conto che era già bagnatissima. ‘ok spingi un po’ verso l’alto’ La vidi strizzare gli occhi mentre cercavo di fare come lei mi comandava. Pian piano mi feci strada, mi sembrava di infilare il pisello dentro una fessura nel muro per quanto mia cugina era stretta. In realtà sapevo che esperienze ne aveva avute, l’anno prima avevo anche conosciuto un suo ex fidanzato con cui era stata insieme un anno mezzo. Insomma non era vergine, ma faticava a ricevermi tutto, fin quando con un colpo si abbassò e inizò e sbuffare con maggior frequenza come avevo visto fare in un documentario sul parto. Poi si abbassò di colpo e un ‘siii’ lungo le uscì dalla bocca. Iniziò a quel punto a dire ‘ ok ok ok ..ci siamo..ok’ come ad incoraggiarsi e iniziò a fare su e giù aggrappata al mio collo.
Fui ipnotizzato da quel movimento, la sua passerina che mi cingeva con le labbra tese, arrivava fino a metà e poi risaliva, il mio pene mi apparve lucido e bello cosparso dai suoi umori. Ero eccitato, troppo eccitato, le misi le mani sui fianchi a seguirne i movimenti. Il suo ansimare si fece più affannoso, perse la la lucidità ‘bello il cazzo del mio cuginone..ah sii…ssii’. Fu tutto molto breve, la mia prima volta durò meno di un minuto, eiaculai dentro Isa, lei fu pervasa dal mio calore e mi strillò un orgasmo nell’orecchio che mi intontì.
Era ancora accasciata su di me, e mi sovvenne la lucidità ‘Isa io ho..’ero impaurito.
‘Tranquillo cuginetto prendo la pillola..wow..’ tirò fuori l’ingombro del mio uccello. E proprio in quel momento le scappò un ‘cazzo..che male..mi hai sverginato ancora..come io ho sverginato te..ehehe..’
Si rese subito conto che quelle parole mi scioccarono..’ma no matteo &egrave stato bello..non fare quella faccia’ ‘ma isa ti ho fatto male..e non sei nemmeno vergine’ ‘si certo..ma hai un cazzo enorme e ..’ mi rabbuiai ancora di più. Voleva farmi capire ciò che non riuscivo a capire e per di più peggiorava la situazione
‘vabene Isa, ora vado a casa..grazie per la serata..grazie per tutto..’ mi scese una lacrima, mi sentivo inadeguato, deriso, solo e non capito. Scesi dalla macchina ‘ ma no cuginetto aspetta..non volevo..’. Sbattei la portiera e corsi verso casa.
Nei giorni successivi il mio umore fu il peggiore di sempre, anche peggio di quando Clara mi aveva lasciato. Ora avevo la conferma che ero troppo sbagliato per poter stare con una donna.
I miei genitori furono preoccupati a tal punto che chiesero consiglio un po’ a tutti fin quando non mi dissero che avevavno preso appuntamento con una dottoressa con cui fare quattro chiacchere, la dottoressa Crepaldi. Il fatto di dover andare da una psicologa mi fece sentire ancora più inadeguato e fuori luogo, ma il mio senso del dovere, la mia disciplina prevalsero, se mamma e papà dicevano che andava fatto così non poteva essere altrimenti.

Così &egrave già qualche mese che mi ritrovo settimanalmente a parlare con la Dottoressa Crepaldi e ora, dietro suo suggerimento, a scrivere queste pagine.
Riesco anche a capire il perch&egrave la dottoressa mi ha assegnato questo compito. Ho iniziato infatti a rielaborare con lucidità i fatti accaduti e a prenderne coscienza. Il fatto che Clara mi abbia lasciato, per esempio, mi ferisce ancora, ma capisco di non aver commesso errori con lei, che forse non era ancora pronta ad amarmi e ad amarmi per tutto quello che sono. E il mio pisello fa parte di me, questo senza dubbio, e come una parte di me va amato.
Queste considerazioni mi rallegrano solo fino a un certo punto. Non sarebbe molto più semplice per me avere un pene come quello degli altri ragazzi? Un pisello che quando lo tiri fuori le ragazze le guardano come se fosse un oggetto di tutti i giorni e non un mostro spaventoso? Mi ritrovo a desiderare, ancora una volta nella vita, che qualcuno mi dicesse senza falsità e ipocrisia, ‘Matteo sei un ragazzo normale’.
E allora oggi sono andato dalla dottoressa Crepaldi con tutti questi dubbi. Mi ha chiesto come procedeva la mia scrittura e come mi sentissi a proposito. Ho sempre trovato imbarazzante parlare del mio intimo e del mio membro, ma sono consapevole che mamma e papà spendono tanti soldi per le visite dalla psicologa, proprio per avere una persona con cui io possa parlare liberamente, e allora oggi ho affrontato l’argomento e le ho raccontato le paure di Clara e di come, scrivendone, io le abbia capite. Poi ho detto alla dottoressa che forse avrei preferito essere un ragazzo normale, con un pene normale.
Lei mi ha detto una frase che mi &egrave rimasta molto impressa ‘ E’ normale essere diversi’. Ci sto rimuginando sopra da un po’, vorrei tanto che sia un punto di svolta ma credo di non averla ancora capito appieno. Nel mio flusso di pensieri mi sono balenati in mente gli occhi di Clara che guardava incuriosita e desiderosa il mio pene mentre lenta lo menava. Ho avuto un erezione &egrave ho dovuto smettere di scrivere per andare in bagno a masturbarmi. Mentre mi segavo rivedevo gli occhi di Clara ma anche gli occhi della mia cuginetta Isa, lo scintillio di ammirazione mentre mi toccavano il pene. Sono venuto abbondantemente e sono tornato a scrivere. Mi sembra di aver capito qualcosina in più.

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Ero sempre stato uno studente modello, quindi avevo anche dei buoni voti, però gli esami di fine liceo li vedevo come una cosa più grande di me. Ebbi la sensazione che lei sorrise.
In realtà era già un anno che prendevo ripetizioni, la mamma aveva voluto che ci andassi da quando l’anno precedente avevo portato a casa un cinque in un tema e la professoressa di Italiano l’aveva convinta che mi sarebbe stato utile un affiancamento con qualcuno che mi insegnasse ad organizzare il mio lavoro.
Mamma mi presentò dunque Rossella, una venticinquenne laureata in Sociologia con 110 e lode e che stava facendo il dottorato nella stessa facoltà . Rossella mi apparì subito come un genio, era veramente di una intelligenza fuori dal comune, razionale eppure creativa quando serviva.
Con lei non facevo ripetizioni tradizionali, di matematica o chimica come usavano fare i miei compagni. No, andavo da lei a studiare una volta alla settimana. La aggiornavo sui programmi di tutte le materie, sui compiti che ci avevano assegnato, sulle prossime interrogazioni e compiti in classe e lei mi aiutava ad organizzare la settimana dicendomi cosa e quando studiare. Mi spiegava perch&egrave dovevo fare le cose con un certo ordine e poi mi insegnava a leggere, nel senso di capire quali erano le parole chiavi di ciò che leggevo, quale era il reale significato che l’autore mi voleva trasmettere. Nei primi mesi mi sembrava una cosa molto stupida ma ovviamente non lo dissi e seguii le sue indicazioni senza eccepire, con disciplina come mio solito. Mi resi conto poco alla volta che il tempo che dedicavo allo studio era decisamente minore di quando avevo iniziato le ripetizioni. Era semplicemente fantastico, mi serviva mezz’ora per preparare le interrogazioni e i voti che prendevo ovviamente erano molto buoni. In poco tempo Rossella divenne il mio idolo.

Alla dottoressa lo dissi che andavo da Rossella anche per preparare l’esame di maturità. Lei mi chiese allora quale fosse il mio secondo cruccio. Le risposi che ancora avevo dei seri problemi ad accettarmi per quello che ero e mi chiedevo se avessi mai trovato qualcuno che l’avrebbe fatto al posto mio. Usai proprio queste parole che mi uscirono spontanee. Lei mi rispose che avevo cambiato il modo di pormi le domande e che quindi ora le risposte dovevano essere più vicine. Rispondeva in modo talmente convincente che uscivo rasserenato dal suo studio. Poi a casa ripensandoci, non trovavo la stessa soddisfazione, e avevo la sensazione di non capire appieno ciò che mi voleva dire.

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Stasera devo proprio scrivere. E’ stata una giornata incredibile. Devo organizzare i pensieri, partire dall’inizio.
A scuola, durante l’ora di educazione fisica ho avuto un battibecco con Stefano C, il solito coglione ‘ COGLIONE ‘ &egrave meglio scriverlo grande. Ha fatto una battutaccia su Clara, ancora, dicendo ad Alessandro M. che non avrebbe mai avuto possibilità con lei e che se anche gliela avesse data non avrebbe sentito niente che con lei era come tirare un salame nel corridoio.
Mi incazzai e lo aggredii, lo strattonai dal colletto gridandogli in faccia di lasciarla stare. Mi rendo conto solo ora che non reagì nemmeno, sbiancò di paura. Fortuna che il prof. ci divise subito e mi mandò subito a far la doccia e poi in classe. Il peggio però doveva ancora arrivare. Finite le ore di lezione, stavo per andare a prendere il bus e Clara mi si avvicinò. Da quando ci eravamo lasciati, anzi da quando mi aveva lasciato, non avevamo avuto che qualche scambio di convenevoli, eravamo pur sempre nella stessa classe. Si avvicinò e io mi allargai in un sorriso, in un paio di secondi iniziai a pensare che il modo in cui l’avevo difesa l’aveva fatta ricredere su di me, che aveva capito che mi amava, che avremmo fatto l’amore e che un giorno ci saremmo sposati, ero pronto ad abbracciarla e a farla roteare in area dalla contentezza. Invece. Invece mi disse che dovevo smetterla che mi dovevo fare i cazzi miei e che non potevo picchiare le persone. Non riuscii a dirle niente, ero ammutolito.
Mi sembrava di essere tornato in un buco nero, tutto ciò che avevo capito in questi mesi era crollato.
Per fortuna alle 18 avevo appuntamento a casa di Rossella, altrimenti avrei passato la serata chiuso in camera e probabilmente avrei pianto di nuovo.

Ho già scritto che Rossella &egrave un genio? Lo &egrave veramente! Dopo mezz’ora che ora lì da lei mi chiese che cosa c’era che non andava. Feci qualche resistenza poi mi disse che era laureata in Sociologia, non era una psicologa, ma si avvicinava molto e che in realtà non ci voleva nemmeno una laurea per capire che c’era qualcosa che mi faceva star male, bastava solo un pochino di intuito femminile.
E allora le raccontai che cosa era successo la mattina in palestra, e per fare questo le dovetti raccontare anche i precedenti, della mia storia con Clara e di come era finita.
Lei non fece una piega: ‘Sai Matteo non sempre noi donne capiamo quello che abbiamo di più prezioso, soprattutto quando hai diciotto anni e credi di sapere tutto e invece non sai niente. Vedrai che tra qualche anno Clara si morderà le mani per averti fatto star male mentre tu la difendevi e menavi questo Stefano.’

‘ma non l’ho nemmeno menato..appena gli sono andato addosso si &egrave spaventato..se almeno non si spaventava magari mi avrebbe risposto e allora si che ci saremmo picchiati..e invece &egrave stato furbo e si &egrave spaventato..’ le risposi.

‘matteo ma stai scherzando? Quello si &egrave spaventato davvero..mica ha fatto il furbo..ma ti sei visto?’ non riuscivo a capire cosa intendesse. ‘alzati in piedi per favore’ mi disse. Lo feci, guardandola perplesso. ‘Quanto sei alto? 1,85? 1,90?’
‘1,89 ..questo mese!’ risposi
‘sei alto un 1,89, hai 18 anni, giochi a basket..quanto sono larghe queste spalle’ Allargò le mani facendo finta di misurarmi poi sentenziò: ‘TANTO!’ Mi tocco un bicipite ‘senti qua che muscoli hai..fai tanti pesi?’
le dissi che si, agli allenamenti della squadra facevamo spesso sedute di pesi.
‘Ti senti in imbarazzo se ti chiedo di toglierti la maglietta?’
‘no’ le risposi, ed era vero, per lei avevo sempre avuto una stima tale e lei aveva un modo di fare che mi sembrò una richiesta naturale. Mi levai la T-shirt rimanendo a torso nudo in piedi davanti a lei. ‘Incredibile’ disse e poi scoppio a ridere. Prima ancora che potesse ferirmi per le risate tornò seria e mi disse ‘non sto ridendo per prenderti in giro..rido perch&egrave &egrave strano come tu non ti renda conto che un ragazzino come quello Stefano se si vede arrivare uno COME TE, addosso, incazzato, per forza si spaventa..caspita sembri…boh non so nemmeno chi sembri..’

‘mah io sono normale..come tutti gli altri’ bofonchiai.

Prese fiato, stava per dire qualcosa ma si interruppe e cambiò il tono, ora mi guardava come qualcuno che ti stesse dicendo preparati perch&egrave ti svelo come funziona il mondo e farai bene a capirlo perch&egrave non lo spiegherò una seconda volta.
‘ Allora ora facciamo un esercizio ok? Voglio che ti concentri sul mio dito indice, non lo devi guardare lo devi sentire, se vuoi puoi chiudere gli occhi..daccordo?’
Annuii e chiusi gli occhi. Iniziò a camminare intorno a me, poi poggiò il suo indice all’altezza del mio polso destro, risalì l’avambraccio solcò l’incavo del gomito. Sentivo un solletichio ma cercavo di stare concentrato come mi aveva chiesto. Il dito tocco il mio bicipite, cavalcò la vena in evidenza sul lato interno, risalì disegnandomi la spalla. Ero talmente concentrato che nella mia testa apparve un foglio nero e una matita magica che seguendo il dito di Rossella sagomava la mia figura. Lei era lenta e precisa, mi passò dietro la schiena, fece un onda che mi toccò le scapole, raggiunse la spalla sinistra, tornò davanti, sempre lenta e sinuosa, passando sotto l’ascella. Si soffermò a lungo passando più volte sulla forma dei pettorali, prima a sinistra e poi a destra, fece un cerchiolino intorno ai capezzoli provocandomi dei brividi, scese lungo lo sterno, passò sul fianco destro e accentuò il muscolo obliquo, poi si soffermò sugli addominali, zigzagò tra i quadratini gonfi, ormai la figura che avevo disegnato in testa era ben delineata come un uomo atletico e muscoloso. Sentii che le dita divennero due e poi tre, ebbi altri brividi.
‘e questa signori &egrave quella che si dice una tartaruga come Cristo comanda’ sentenziò Rossella sogghignando. Apriii gli occhi e me la trovai lì davanti, bella, bellissima, geniale, intelligente, in un paio di minuti mi aveva spiegato più cose lei sul mio corpo che chiunque altro in diciotto anni. Mi fece sentire, potente, forte, mi fece capire quello che ero: un giovane adulto alto e muscoloso che nulla avrebbe dovuto temere da un confronto fisico con nessun altro.

‘e quest’altra mi sembra di capire signori e signori deve essere una erezione come Cristo comanda..’ abbassai lo sguardo, i miei jeans avevano una protuberanza che non lasciava spazio a scuse. Mi imbarazzai.
Con dolcezza Rossella mi mise una mano dietro il collo, mi tirò per sussurrarmi nell’orecchio ‘Questo si che &egrave normale, il fatto che tu sia eccitato..lascia fare a me’ e mentre diceva così iniziò ad armeggiare con i bottoni dei jeans, Si fece largo con la mano nei miei boxer, tenendo la sua bocca vicino al mio orecchio. Potevo sentire il suo respiro caldo. La sua mano mi cinse il pene, era fresca e il mio coso era bollente, provai sollievo. Ne constatò tutta la lunghezza, poi lo guardò di sfuggita senza far trapelare emozioni. Era la prima volta che qualcuno mi toccava e che mi sentivo bene, leggero, privo di imbarazzo. Con naturalezza si inginocchiò davanti a me, ebbi un fremito, non mi immaginavo che’
Lo carezzò con la lingua, prima sulla punta, poi per tutta la lunghezza.
‘chiudi gli occhi e concentrati sulla mia lingua’.
Le obbedii. Era lo stesso esercizio che avevamo fatto in precedenza, solo che sostituì il suo indice e il mio corpo con la punta della sua lingua e il mio cazzo. Partì dal basso con una risalita lenta, vedevo nella mia testa disegnarsi una linea che saliva verso l’alto. Andò avanti diversi secondi, la senti infilarsi nello spacchetto della cappella, fare dei cerchi, larghi, intorno al glande. Il disegno nella mia testa aveva assunto la fisionomia di un bastone, lungo largo, nodoso.
Ero fatto così ? Era così che gli altri mi vedevano?
Per la prima volta in vita mia fui orgoglioso del mio pisello, della sua potenza, delle sue dimensioni. Fui talmente eccitato che non mi trattenni e venni violentemente, aprii gli occhi immediatamente e vidi, 4, 5 schizzi del mio sperma solcare il viso di Rossella che a bocca spalancata e con la lingua di fuori non sembrava per nulla stupita o schifata da quello che stava succedendo. Teneva una mano saldamente alla base del mio pene, i nostri sguardi si incrociarono, percepii un suo segno di approvazione. Mi rilassai.

Rimasi in piedi appoggiato con il sedere al tavolo mentre lei si ripuliva in bagno. La vidi rientrare, mi apparve molto più bella di come la ricordavo, aveva un sorriso spontaneo, una dolcezza innata. Era veramente bella. Alta un metro e settanta, dall’aspetto giunonico, che non vuol dire grassa ma con le giuste curve. Ripensai alla lezione di storia dell’arte e agli stereotipi di bellezza rinascimentale. Agli occhi di Leonardo da Vinci, Rossella sarebbe dovuta apparire come una specie di Miss Universo.
Da sempre avevo notato le linee del suo seno ma ora per la prima volta associavo quell’immagine a un desiderio sessuale. Mentre camminava verso di me vedevo i seni ballonzolare trattenuti a stento dalla camicetta tenuta leggermente aperta. Rossella si inginocchiò e mi ripulì con una salviettina umidificata. Dall’alto vedevo lo spacco tra le tette. Desiderai tuffarmicisi dentro come avrei fatto da uno scoglio al mare, invece afferrai con entrambe le mani quelle generose rotondità. Rossella mi guardò stupita, nei suoi occhi non c’era rimprovero. Esclamò un ‘ooh-oh!’ quando il mio pene svettò di nuovo verso l’alto, non erano passati che pochi minuti dal mio intenso e copioso orgasmo.
Le mie mani intanto si muovevano sgraziate sul suo seno. Lei mi guardava, più divertita dai miei goffi tentativi che altro.
‘Forse ti viene meglio se togliamo un po’ di stoffa..’ si sbottonò completamente la camicia, aprendola sul davanti, poi lentamente, libero una ad una le sue tette dalle coppe del reggiseno, e in quel momento le vidi. Belle bellissime, rotonde, sode, bianchissime. Pensai di non aver mai desiderato altro nella vita che non vederle, toccarle, stringerle.
Continuai con i miei palpeggiamenti, mi resi conto di essere affrettato, rozzo, di non sapere bene che fare, ma l’urgenza di quel contatto, di quella pelle morbida che celava una sodezza inaspettata, mi imponeva di andare avanti. Lei tratteneva il mio pisello ormai di una durezza totale, stingendomi la base. Aveva un sorriso stampato sul viso e seguiva le mie ingenue carezze. Non era un sorriso di scherno, non mi faceva sentire in imbarazzo, era il manifestarsi della sua solita e incredibile dolcezza. Fu lei come sempre a risolvere quella situazione di stallo.
‘vieni, accarezzale’ mi disse e mi tirò il pene per far toccare la punta con il suo capezzolo destro. Era turgido come il mio cazzo, il tocco sulla mia cappella mi portò dei brividi. Disegnò dei cerchi intorno ai suoi capezzoli, per la prima volta la vidi socchiudere gli occhi ed emettere un leggero lamento. D’istinto portai avanti il bacino, con un movimento secco e veloce, una volta poi la seconda e la terza a seguire.
Il pene scavalcava la sua carne soda. Non era un movimento ragionato, ebbi paura di averla offesa. Ma lei ancora una volta, magnifica e geniale, assecondò i miei desideri. Mi cinse l’asta con i suoi seni, guardandomi dritto negli occhi, vidi lo scintillio che nei mesi precedenti avevo visto negli occhi di Clara e di Isa, spinsi ancora e mi ritirai, ancora e spinsi e ancora mi ritirai. La punta del mio cazzo le arrivava fin sotto il collo, la vedevo gonfia, nera come il carbone, contrastava con la sua pelle chiara. Rossella fece cadere un rivolo di saliva sopra la mia cappella, da qui si propagò tramite sfregamento lungo l’asta e tra le su tette. Il movimento ne guadagnò in fluidità, era una sensazione splendida che durò poco. Eiaculai tra le sue tette, colpendole il collo, imbrattandole il petto, mi si annebbiò la vista da quanto avevo goduto.

Che giornata, quella di oggi, non mi ricordo nemmeno cosa &egrave successo stamattina, il litigio con Stefano e con Clara, non me ne frega nulla. Ho solo in testa il viso di Rossella, sento ancora le sue dita muoversi su di me, la sua pelle morbida, la sua lingua che mi stimola. Ho negli occhi le immagini del suo seno, dei suoi occhi che mi guardano e scintillano. Ho nelle orecchie ancora le sue ultime parole ‘Ci vediamo settimana prossima, cerca di arrivare un po’ in anticipo…abbiamo tanto lavoro da fare..’ e la sua voce mi sembra fatta di miele..Vorrei mettermi a letto e dormire interrottamente per una settimana, portare il nastro avanti per vederla ancora, subito. La dottoressa Crepaldi mi ha fatto i complimenti, mi ha detto che mi vede maturato, più consapevole. Mi ha detto che scrivere il diario mi fa bene e che i risultati sono evidenti, che capisce bene che nonostante la mia e la sua buona volontà tra di noi inevitabilmente ci sono dei filtri, filtri assenti quando scrivo il mio diario. Mi ha detto che un giorno o l’altro vorrebbe che le leggessi qualche pagina.
Mi ha chiesto di Clara. Le ho raccontato quello che era successo tre giorni prima, della sua richiesta di farmi i cazzi miei. Le dissi che non mi importava più, era stata una stupida e non valeva la pena soffrire per lei. Mentre parlavo con la dottoressa, il viso dolcissimo di Rossella mi &egrave apparso nella mente, le sue labbra, il suo seno. Tra tre giorni torno da lei finalmente.

Oggi pomeriggio ero così contento che la doccia che mi feci prima di uscire di casa durò cinquanta minuti, mi insaponai e sciacquai svariate volte. Volevo essere l’uomo più pulito e profumato che Rossella avesse mai stretto a se.
Arrivai da lei con un sorriso che esponeva tutti i miei bianchissimi denti in fila. Non so perch&egrave ma mi aspettavo buttasse le sue braccia al collo, iniziasse a baciarmi e a fare l’amore con me per ore. Le mie fantasie, le mie aspettative furono deluse.
Mi aprì la porta e si andò a sedere alla scrivania come aveva sempre fatto, ridimensionai il mio sorriso e la seguii. Iniziò ad affrontare gli argomenti di storia, come se nulla fosse successo la settimana precedente.
‘Quali erano le condizioni della repubblica di Weimer? Economicamente quali limiti aveva il governo? Cosa comportò?’ Ero stordito dalle domande a cui rispondevo farfugliando e non dovetti fare nemmeno una bella figura da un punto di vista contenutistico.
Mi guardò spazientita: ‘mettiamo le cose in chiaro, Matteo!…sei qui per studiare, anzi per imparare un metodo..e senza falsa modestia penso tu sia con la miglior persona che possa insegnartelo…ora devi scegliere se essere un uomo completo, che sa quello che vuole e che sa quali sono le priorità oppure essere un mezzo uomo, col sangue sufficiente ad alimentare solo un organo alla volta, il cervello o il pisello..In questo momento mi sembra tu non abbia in testa sangue a sufficienza nemmeno per capire quello che ti sto dicendo..’ fece un cenno col capo come ad indicarmi la patta dei jeans.
Balbettai che avevo capito..’Lo so, gli esami sono a fine Giugno e mi devo preparare al meglio,. Voglio prendere un buon vuoto così che possa iscrivermi all’Università senza problemi…scusa se sono stato distratto &egrave che oggi sei proprio bella…’
Fece finta di arrabbiarsi prendendomi in giro ‘ah quindi solo oggi sono bella…mi sembrava che anche settimana scorsa mi trovassi bella..ma mi sbagliavo evidentemente’. Se non fossi stato nero, sarei arrossito.

Continuammo a studiare e la repubblica di Weimer, l’ascesa del nazionalsocialismo in Europa ormai non hanno più segreti. Rossella mi ha mandato a casa dicendomi che aveva appena contattato mia madre. Devo tornare da Rossella, Giovedì, tra due giorni, e non Martedì prossimo come di consueto. Hanno concordato di intensificare lo studio in vista degli esami.
Ho la testa confusa, sono stanco dallo studio, ho dovuto fare uno sforzo di concentrazione oggi pomeriggio, anche solo per cercare di non sbirciare nella scollatura di Rossella.
Ho delle erezioni ma non mi voglio toccare perch&egrave non voglio deludere Rossella. E’ così bella che me la mangerei.
Come ho potuto pensare di andarci a letto.

Può esistere un essere tanto perfetto? Rossella &egrave una Donna che nessuna al mondo potrebbe mai avvicinarsi alla sua magnificenza. E io? Esiste un ragazzo più fortunato di me.

Oggi pomeriggio come concordato sono andato da lei per studiare. Ero determinato a non deluderla, a non deconcentrarmi. E tutto &egrave andato a meraviglia. Nella prima ora mi ha riempito di complimenti per l’acutezza con cui avevo analizzato un brano dei Malavoglia. Ero felice che fosse così orgogliosa di me. Dopo un po’ facemmo una pausa. Si disse molto felice che stavo intraprendendo la strada per diventare un uomo completo. Io ero rimasto seduto, lei invece si era alzata, era praticamente inevitabile che il mio sguardo si posasse sul suo seno. Era anche colpa della sua felpa in ciniglia color pervinca. Le si adagiava sulle curve regalando una nuova e palpabile morbidezza, per di più la zip era abbassata fino di 15 centimetri, lasciando intravedere l’inizio di quelle splendide rotondità. Mettiamoci pure che la casa era abbastanza fredda e quindi i capezzoli spingevano da sotto il tessuto. Insomma ormai fissavo il suo seno. Quando me ne accorsi cercai di distogliere lo sguardo ma lei stava già sorridendo e con una naturalezza sconfortante mi venne incontro
‘hai ragione Matteo, sono dieci giorni che aspetti di salutarle..’ aveva aperto completamente la felpa e tirandomi a se mi fece affondare il viso in quella meraviglia.
Che buon odore che aveva! Che morbidezza!
Mi persi dentro il suo seno, dapprima strofinandomelo su tutto il viso, poi baciandolo, stringendolo con entrambe le mani, leccandolo mentre lei mi accarezzava la testa. Mi ritrovai a ciucciarle un capezzolo come se mi dovessi sfamare. Era istintivo, pensai di smetterla ma non riuscivo a lasciarlo, a interrompere la suzione.
‘E’ la prima volta che ti allattano vero?’ mi chiese lei dolce come il miele, anche se conosceva già la risposta. Non ci avevo mai pensato, ma si era la prima volta che succhiavo un capezzolo, non solo non avevo mai fatto nulla del genere con Clara, ma nemmeno con mia madre, ne quella legale ne tanto meno quella biologica. Era la prima volta che una donna si prendeva cura di me in quel modo.
Rossella continuava ad accarezzarmi ‘fai piano, sono molto sensibili..ecco così delicato’ ascoltavo le sue istruzioni e lei iniziò ad ansimare, si sedette sulle mie gambe e mi sbottonò i jeans liberando la mia erezione. Si leccò una mano e iniziò un lento, lentissimo movimento. Ero in estasi. La mia bocca impegnata su una meravigliosa opera d’arte, e il mio pisello libero di ricevere attenzioni dalla sua mano. Appena intensificò la velocità il mio pene si irrigidì talmente tanto che le fu chiaro che dovevo venire. Rallentò, mi si avvicinò all’orecchio ‘ Calma..aspetta..concentrati sulla tua lingua..succhiami l’altro capezzolo’ . da come mi stringeva la testa con la mano capivo che stavo seguendo le sue indicazioni nel modo corretto ‘Bravo Matteo quando ti applichi sei veramente molto bravo..e hai un cazzo bellissimo’ la sua voce mi vibrava nell’orecchio e mi scuoteva tutto il corpo, ero sull’orlo della venuta e lei lo capì. Questa volta però invece di rallentare il suo massaggio strinse ulteriormente la sua mano e accelerò il ritmo. Dopo 4-5 colpi le imbrattai i jeans.

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