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Racconti Erotici Etero

Dirimpettaia

By 11 Febbraio 2004Dicembre 16th, 2019No Comments

(passione ed erotismo tra sogno e realtà)

Due corpi che si vedono, si riconoscono e si desiderano, ardentemente, fino ad aversi, sogno o realtà?

Dedicato a te che ogni mattina condividi con me emozioni e fantasie.

Grazie a chi vorrà inviarmi commenti e giudizi.

Grazie ai lettori di iomilu che mi seguono nella sezione raccolte, scambiando pareri ed intrecciando amicizie.

***

Come ogni mattina ci incontriamo al grande parcheggio, come ogni mattina lasciamo le nostre auto, scendiamo, un sorriso ed un buongiorno mormorato quasi a fior di labbra, la mente ancora persa negli ovattati mondi della notte, cullata in sogni irrazionali. E lentamente ci avviamo lungo la stessa strada, I tuoi capelli rosso tiziano ondeggiano intorno al tuo capo, appena frenati dagli occhiali fum&egrave sollevati a trattenerli; sei sempre elegante, di una eleganza naturale, non dovuta a trucco o ad abbigliamento, ti piace sentirti a tuo agio, sempre, indipendentemente dalle mode. Ami sentirti osservata, desiderata, ti piace che il tuo corpo sia valorizzato e apprezzato, messo in evidenza dagli aderenti pantaloni che fasciano le tue gambe ed i tuoi fianchi, o dalle leggere gonnelline quasi impalpabili, che indossi con l’aria sbarazzina di una quindicenne, senza che i tuoi 35 anni ti facciano sfigurare. Le camicette aderenti, le magliette che stringono il tuo corpo, scoprendo l’ombelico, modellando i tuoi seni piccoli ma eretti e sodi, mostrati con orgoglio, senza sfacciataggine o volgarità, ma con la tranquilla serenità di chi &egrave consapevole del proprio aspetto.

Poche centinaia di metri, vissuti fianco a fianco eppure ignorandoci quasi, poi mi volto verso te, “buona giornata”, sorridi, “grazie, anche a lei”; via Marconi, entro al numero 3 tu al numero 2, il tuo ufficio di fronte al mio studio, entrambi al primo piano, le finestre che si guardano, le nostre vite che si mostrano nella quotidianità del lavoro.

Conosco i tuoi movimenti, le tue abitudini, posi la borsa accanto alla scrivania, accendi il bollitore, versi l’acqua bollente sulla bustina di t&egrave e poi, ti siedi iniziando a sfogliare le pratiche sorseggiando piano la bevanda ed immergendoti nel tuo lavoro, il viso rivolto verso la finestra, verso me, il mio mondo, così vicini eppure distanti.

Come ogni mattina ci incontriamo al grande parcheggio, come ogni mattina lasciamo le nostre auto, scendiamo, un sorriso ed un buongiorno mormorato quasi a fior di labbra, la mente ancora persa negli ovattati mondi della notte, cullata in sogni irrazionali. E lentamente ci avviamo lungo la stessa strada; sei affascinante nel tuo abito firmato, la camicia bianca o azzurra, perfettamente stirata, le tue cravatte, mai banali e sempre perfettamente intonate a te, il tuo passo sicuro, lo sguardo fisso in faccia al mondo; il fisico atletico che ben mente sui tuoi 43 anni.

Poche centinaia di metri, vissuti fianco a fianco eppure ignorandoci quasi, poi ti volti verso di me, “buona giornata”, sorrido, “grazie, anche a lei”; via Marconi, entri al numero 3 io al numero 2, il mio ufficio di fronte al tuo studio, entrambi al primo piano, le finestre che si guardano, le nostre vite che si mostrano nella quotidianità del lavoro.

Conosco i tuoi movimenti, ti avvicini alla finestra, il bel viso pensieroso, sfilando lentamente la giacca che lasci cadere con noncuranza sullo schienale di una sedia, infili il camice candido e ti siedi alla scrivania immergendoti nelle cartelle dei tuoi pazienti, lasciandoti assorbire dai loro problemi, il volto rivolto verso la finestra, verso me, il mio mondo, così vicini eppure così distanti.

Le ore scorrono, immerso nel mio lavoro, cercando di alleviare altrui dolori, lo sguardo che a tratti torna a te. Le 11, puntuale come sempre tuo marito entra nel tuo ufficio, poche parole scambiate, sembra con indifferenza, poi esce per rinchiudersi nel suo ufficio, così vicino a te eppure così lontano. Ti alzi dalla scrivania, il telefono all’orecchio, parlando cammini nervosamente davanti alla finestra, mi dai le spalle, ti chini sulla scrivania, la corta gonna frusciante si solleva, mostrandomi le tue gambe, le tue cosce, la pelle libera da calze, mostrando con orgoglio la prima abbronzatura, lasciando che il mio sguardo salga verso la tua intimità, accarezzandoti, quasi godessi del mio sguardo.

Le ore scorrono, immersa nel mio lavoro, pratiche burocratiche, documenti. Le 11 in punto, come sempre mio marito entra, le solite sciocche frasi e finalmente si rinchiude nel suo ufficio. Suona il telefono, Marta, la mia più cara amica, finalmente una chiacchierata distensiva, ti guardo attraverso la finestra, sorseggi il tuo caff&egrave, lo sguardo su me, cammino nervosa, davanti a te, ti volto le spalle chinandomi sulla scrivania per scrivere un appunto, solo ora realizzo che la mia gonna si &egrave sollevata, mostrandoti le mie gambe, le mie cosce, sento il tuo sguardo su me, accarezzarmi, toccare la mia pelle, indecente, peccaminoso, vorrei che tu sentissi il mio respiro accelerare al mostrami a te, che tu sentissi gli spasimi di eccitazione che stringono il mio ventre sapendomi guardata, mentre mi chino ancor di più, vorrei che tu potessi sentire il mio piacere inumidire lo slip, pensandoti.

Ti chini ancor più sulla scrivania, vedo il bordo del tuo slip occhieggiare, vorrei tu sapessi l’eccitazione che provo guardandoti, vorrei tu sapessi i pensieri torbidi che infiammano la mia mente, vorrei che tu sentissi il mio sesso tendersi, premendo contro i boxer aderenti, il camice che appena cela la mia eccitazione. Ti vedo muovere le gambe, quasi strusciarle tra loro, vorrei sentire la seta della tua pelle sotto le mie dita, sentirla fremere, schiuderti le gambe, lentamente, lasciando risalire piano la mia mano sotto la gonna, sentire il calore del tuo sesso, il desiderio bruciarti.

Muovo un poco le gambe, sento il tuo sguardo attraverso i vetri, non mi abbandona un istante, le mie gambe si accarezzano l’un l’altra, lentamente, pelle su pelle, ma vorrei sentire le tue dita su me, forzare le gambe, costringermi ad aprirle, sentire la tua mano salire decisa, verso lo slip umido, posarsi aperta e stringere, facendomi sussultare, inconsciamente sollevo un poco il bacino, quasi potessi raggiungere la tua mano, quasi a protenderlo verso te, superando quei pochi metri che ci separano.

Ti guardo” la mente vola’..lontana’.. quasi una trance”””””””’..

Mi guardi” la mente vola’..lontana’.. quasi una trance”””””””’..

Lontana” lontana” lontana” lontana” lontana” lontana” lontana”

La mia mano prende il cellulare, scorre rapida la rubrica, preme il pulsante di chiamata, riattacca

Il mio cellulare che squilla, un trillo, un secondo, mentre mi sporgo a prenderlo, mostrandoti oscenamente le mie natiche, ” tace. Chiudo la comunicazione con Marta, mi raddrizzo lentamente, girando piano il volto verso te, per un attimo incrociando i tuoi occhi e, lentamente esco dall’ufficio.

I miei occhi nei tuoi, per un attimo, poi ti volti, esci dall’ufficio, dopo un attimo ti vedo comparire in strada, via Marconi, percorri pochi metri alla tua destra, attraversi la strada, il passo affrettato, scompari alla mia vista

Attraverso via Marconi, lo stretto vicolo tra le palazzine, odori di rifiuti, di umanità abbandonata, il piccolo portoncino antincendio, lo tiro con decisione, cede sotto la mia spinta, mi chiudo alle spalle quel mondo perduto, l’elegante corridoio mi accoglie, vago sentore di fiori nell’aria, si respira eleganza, raffinatezza, stridente contrasto con il vicolo oscuro che ho appena abbandonato, quasi un traghettar di stige tra due mondi.

Lo scatto della serratura, la porta che lentamente si apre, entri, il viso teso, il respiro corto, senza parlare, non servono parole. Ti avvicini a me, le mie braccia ti stringono, il tuo seno preme sul mio petto, un lungo sospiro dalle tue labbra; accarezzo il tuo volto, gli occhiali cadono a terra mentre lentamente passo dietro te, il tuo bacino che preme contro il mio ventre, il busto piegato in avanti, cercando le mie mani sul tuo seno, lo sguardo vacuo, perso nel tuo desiderio. Senza parole, non serve parlare, non ora, sappiamo ciò che vogliamo, entrambi.

Le tue mani su me, mentre spingo senza pudori il bacino contro te, sentendo il tuo sesso eccitato sfidare le mie voglie, le tue dita stringono il mio seno attraverso la camicetta, i capezzoli tra le dita, eretti, sensibili, respiro a bocca aperta, muovendo il bacino, sfregandomi contro te, cercandoti, offrendomi, donna, femmina, cagna.

Il tuo bacino danza oscenamente contro me, risvegliando gli istinti primordiali, solo istinto, solo sensazioni, corpi affamati di sesso, che si cercano, che si vogliono, sudore, umori, respiri affannosi, mugolii inarticolati, mentre stingo il tuo seno, mentre muovo il mio sesso, ancora imprigionato dagli abiti, sulle tue natiche tonde, vogliose, quasi a stracciarti le vesti, a possederti d’impeto, uomo, maschio, bestia.

Un roco gorgogliare sale dalla mia gola alle mie labbra, offrendoti questo impudico desiderio non più nascosto, dicendoti, con suoni inarticolati, la mia voglia di te, il viso arrossato dal desiderio, i seni gonfi, la vulva impregnata d’umori viscidi che liberano nell’aria il mio desiderio di donna, allargo le gambe, piegandole un poco, a cercare un maggior contatto contro te, cercare un appagamento che so ancora insufficiente, eppure tanto troppo desiderato. Il tuo sesso attraverso l’abito e la gonna scivola sulle mie natiche, accarezzandole, le muovo cercando di sollevarle, di trovarti, di farti premere sulle grandi labbra gonfie di voglia, sul clitoride spasmodicamente eccitato, ruoto piano il bacino, mentre tu stringi con forza i miei seni, quasi facendomi male, in una stretta decisa che adoro.

La mia mano ora lascia il tuo seno, segue la dolce linea del tuo busto, i fianchi sodi che si muovono quasi impazziti, sollevo piano la tua gonna, so che il frusciare del tessuto sulle natiche ti dà brividi, come a me ne dà il vedere il sottile filo del perizoma scomparire nel tuo solco, saperlo intriso di umori, sapere le contrazioni violente che le tue viscere sentono, la voglia di me, pari a quella che ho di te. Lentamente la mia zip scende, il mio sesso teso tra le mani, a sfiorare la tua pelle, a battere su te, cercandoti e sfuggendoti, prolungando l’attesa dell’inevitabile, del desiderato.

Finalmente la punta del tuo sesso sulle mie natiche, sulla mia pelle, scorrere lento, battere deciso, spingo con forza il bacino verso te, ti voglio, subito, ora, più di ogni altra cosa, barcollando, la mente vuota, obnubilata dai sensi, mi lascio scivolare in avanti, le mie mani trovano il bordo della scrivania, mi appoggio sapendo che sono completamente offerta a te, sapendo che puoi vedere la mia figa pulsare, attraverso il piccolo perizoma, sapendo quanto io ti voglio.

Lascio che le mie dita sollevino piano la sottile striscia del tuo intimo, che si insinuino leggere tra tessuto e pelle, scendendo verso le labbra viscide di umori, pregne di te, sentendoti fremere al mio tocco, spingere con decisione verso le mie mani, cercandole, i muscoli tesi, il cuore in gola, tiro lentamente verso l’altro il tuo perizoma, lentamente, vedendolo insinuarsi tra le labbra, sapendo che preme sul tuo clitoride, sapendo che ogni tua fibra &egrave pervasa da desiderio, poi lentamente lo abbasso, ne senti scorrere l’elastico sulle natiche, arrotolandosi un poco, con spasmodica lentezza, lo senti sfuggire dalle tue labbra, tra cui era penetrato, inzuppandosi di te, lo senti accarezzare i tuoi fianchi, scoprendoti completamente.

Il mio perizoma fradicio ora scende sulle mie cosce, lasciando una scia umida, odorosa di me, lento, più giù, le ginocchia, sollevo lentamente la gamba destra, sfilandolo, poi la sinistra, cade a terra, spingo il bacino verso te, ora ti voglio, sentirti in me, riempirmi, appagarmi. La tua mano guida il tuo membro, sui miei peli riccioluti, rossicci, accarezza le labbra, battendoci sopra piano, solo una carezza più decisa, il glande mi esplora, cerca il clitoride, accarezzandolo, eccitandolo allo spasimo, non ho più respiro, non ho più mente, non ho più nulla, solo un fascio di emozioni e sensazioni che scorrono impetuose sotto la pelle, scoppiandomi nel cervello, solo una idea nella mente, un unico desiderio, sentirti i me.

La lunga carezza sfinisce entrambi, portandoci verso il limbo del piacere, nuvole temporalesche percorse da scariche di elettricità in attesa di esplodere. Il mio sesso ti cerca, ti apre con dolcezza, scivola nell’umida ed accogliente parte di te ora al centro di tutta te stessa, ti sento stringere i muscoli, avvolgermi, calda ed umida guaina, spingere verso me cercandomi, mentre lentamente avanzo in te.

Finalmente, finalmente in me, aperta a te, riempita da te, che avanzi lento, ignorando le mute suppliche del mio corpo, sapendo che lentamente possiamo meglio apprezzare il nostro piacere, anche se l’urgenza dei sensi ci porterebbe a lasciarci trasportare dalla bestialità di un rapporto troppo desiderato.

Fino in fondo, in me, a colmarmi, mentre muovo il bacino in lenti movimenti circolari, mentre le tue mani stringono i miei fianchi ed il mio capo batte scompostamente sulla scrivania, quasi senza coscienza, persa in noi.

Resto immobile in te, per lunghi istanti, entrambi immobili, senza respirare, persi in noi, i tuoi umori che circondano il mio sesso, scaldandolo con le tue voglie, le mie mani sui tuoi fianchi, artigliandoli, ed ecco, un movimento deciso, rapido, un colpo profondo, che ti strozza in gola un grido rauco, altri colpi si susseguono, ora incontrollati, ora dettati solo dai nostri corpi, solo dall’istinto irreale, dalla chimica mistica delle nostre pelli che si conoscono, si imparano, fondendosi.

Più veloce, più rapido, verso il piacere, l’estasi, senza sapere dove le mani si posano, cosa le bocche dicono, cosa gli occhi vedono, avvolti da una nube di piacere, di sesso; più su, più su, verso il piacer, l’orgasmo.

Che esplode in noi, insieme, all’unisono perfetto, annullandoci nel piacere, perdendosi in lui, sfiniti, appagati, in silenzio.

I corpi allacciati, gli abiti scomposti, i visi stravolti che recano inequivocabili i segni del piacere, mentre il cuore rallenta, il respiro si acquieta, la mente si snebbia, riportandoci alla realtà.

Lentamente ti risollevi, sistemi con gesti aggraziati la gonna, lisciando le pieghe, abbassi gli occhiali da sole sul volto, per nascondere la tua anima che si rispecchia nei tuoi occhi, ti volti e lentamente esci.

Di nuovo il vicolo maleodorante, nuovo stige da attraversare, di nuovo via Marconi, pochi metri, il numero 2, entro, il mio ufficio, la finestra.

Attraversi la strada, entri nel tuo ufficio, prendi il telefono, camminando nervosamente davanti alla finestra

Suona il telefono, Marta, la mia più cara amica, finalmente una chiacchierata distensiva, ti guardo attraverso la finestra, sorseggi il tuo caff&egrave, lo sguardo su me, cammino nervosa, davanti a te, ti volto le spalle chinandomi sulla scrivania per scrivere un appunto”.

Il telefono all’orecchio, parlando cammini nervosamente davanti alla finestra, mi dai le spalle, ti chini sulla scrivania, la corta gonna frusciante si solleva, mostrandomi le tue gambe”’.

Ti guardo” la mente vola’..lontana’.. quasi una trance”””””””’..

Mi guardi” la mente vola’..lontana’.. quasi una trance”””””””’..

Lontana” lontana” lontana” lontana” lontana” lontana” lontana”

Quasi un sussulto, quasi un brusco risveglio da un trance profondo, la difficoltà a discernere realtà e fantasie, tu davanti a me, nel tuo ufficio, ed io qui, nel mio studio, con le nostre menti che, forse, per un attimo si sono incontrate.

Sento il tuo sguardo su me, sulle mie gambe,un sussulto, quasi un brusco risveglio da un trance profondo, la difficoltà a discernere realtà e fantasie, tu davanti a me, nel tuo studio, ed io qui, nel mio ufficio, con le nostre menti che, forse, per un attimo si sono incontrate.

Solo sogno, solo fantasie

Solo sogno, solo fantasie

Il mio sguardo lascia il tuo, scivola sui mobili del mio studio, la scrivania, il pavimento, e”.un minuscolo perizoma bianco, zuppo di umori, mi dice che forse non &egrave stato solo un sogno, ”.. forse”’.

Le mie gambe lentamente si accarezzano tra loro, , mi chino un po’ di più sula scrivania, quasi a mostrarti”improvvisamente realizzo che non indosso nulla sotto la gonna, realizzo che forse non &egrave stato un sogno, ‘.. forse”

Le 18, esco dallo studio, ti incrocio per un attimo, sorrido, mentre la mia mano stringe, nella tasca, un piccolo umido trofeo, “buona serata”, arrossisci leggermente rispondendo “anche a lei” ci avviamo al parcheggio, quasi ignorandoci, saliamo sull’auto’..

Le 18, esco dall’ufficio, ti incrocio per un attimo, sorridi dicendomi “buona serata”, arrossisco un poco, mentre una lieve brezza si insinua sotto la gonna, accarezzandomi la peluria ancora umida, risvegliandomi eccitazioni e desideri, e rispondo “anche a lei” ci avviamo al parcheggio, quasi ignorandoci, saliamo sull’auto’..

Sogno? Realtà? Mistica mescolanza di entrambi? Perché chiederselo? Perché negarsi le emozioni provate? Vissute. Meglio apprezzarle, fino in fondo tra razionalità e desiderio

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