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Racconti Erotici Etero

DonnaCamaleonte

By 12 Novembre 2013Dicembre 16th, 2019No Comments

Ricordo il pavimento della mia casa che scricchiolava. Ero attenta al rumore più innocente, al fruscio più insignificante. Ricordo che avevo gli occhi chiusi, che cercavo una posizione sul letto che mi facesse sembrare sensuale. Io, che di sensuale non mi sembrava di avere granch&egrave.
Il mio signore mi aveva chiesto di attenderlo sul letto. Nuda. Non aveva dato grandi specifiche in merito e io, che non capivo, non conoscevo, non sapevo, ero semplicemente sul letto della mia stanza,avvolta dalle lenzuola bianche che sapevano di buono, con l’orecchio teso e il cuore a mille. Mi aveva chiesto di aprire la porta e aspettare. Semplicemente aspettare. Tutto di me fremeva. Ogni fibra del mio corpo era eccitazione pura al solo pensiero delle sue mani sul mio corpo.
Gli sarebbe piaciuto il mio odore? Avrebbe voluto leccare la mia pelle? Avrei sentito le sue labbra sulle mie?
Finalmente il cigolio della porto di ingresso. Finalmente il parquet scricchiolava sotto un peso sconosciuto. Non era la prima volta che entrava nella mia casa; era la prima volta che lo faceva come mio signore. L’ho visto sulla soglia della mia stanza da letto: tutto il corpo teso e quegli occhi che saettavano nella penombra di una notte di luglio. Eccolo lì, il mio signore. Pronto a prendersi tutto di me. Pronta, io, a offrirgli tutto di me. Quando si &egrave avvicinato ho sentito le sue mani sul mio viso, a disegnare il mio profilo: gli occhi, il naso. Ha indugiato sulle labbra, ed io le ho dischiuse. L’ho accolto con la mia lingua, all’inizio timida. Avevo voglia di lui, ma non tutto. Non subito. Ha lasciato le sue dita scorrere lungo il mio corpo, scostando il lenzuolo che avevo addosso. Il petto. Non una parola fra me e lui. Solo occhi negli occhi. E sospiri. E desiderio allo stato puro. La sua mano sul mio petto. E poi. E poi, con una lentezza estenuante, sul seno. Quello destro, prima. Le sue dita hanno accolto il mio capezzolo, stringendolo appena fra pollice e indice, come fosse una mollica di pane. Sentivo dentro di me un’eccitazione incontenibile. Si &egrave chinato su di me, ha socchiuso le labbra e ha cominciato a succhiare il mio capezzolo, aumentando la pressione. Lo sentivo fra i suoi denti, a contatto con le sue labbra morbide e autoritarie, che non chiedevano permesso. L’altra mano sull’altro seno, ad accoglierlo come una coppa. Sentivo la sua pelle sulla mia, il suo respiro su di me, le sue mani che scrutavano il mio corpo come fosse sua proprietà. Lo era. Lo &egrave. Ma quella era la prima volta, per me, e non avevo idea di come mi sarei sentita. Non avevo idea di quanto al limite mi sarei spinta. Non potevo immaginare che tutto questo era già dentro di me e che doveva solo essere liberato.
Le sue mani si sono fatte spazio, arrivando ad accarezzare le cosce, ancora chiuse, nonostante tutto ciò che desiderassi, in quel momento, era che il mio signore mi prendesse. Lo desideravo dentro di me, ma non era il momento. Ricordo che ha dischiuso lentamente le mie gambe, godendosi lo spettacolo di un fiore pronto a dischiudersi al sole. Le sue dita hanno percorso l’interno coscia, fino a raggiungere il centro esatto del mio desiderio. Si &egrave fermato un istante. Non per timore. Avvicinando il suo viso mi &egrave sembrato di morire. Quando la punta della sua lingua ha accarezzato le mie grandi labbra, mi sono sentita come se non esistesse niente altro, in quel momento. La sua lingua calda e avvolgente mi stava sfiorando in punti nascosti e quasi sconosciuti, facendosi largo fra le mie labbra, scoprendo la mia intimità. Si stava appropriando dei miei umori che non riuscivo a trattenere. Era solo la sua lingua’ Ma a me sembrava il paradiso. Il mio bacino ha cominciato a muoversi, quasi a rispondere ai suoi colpi lenti e precisi, mentre le sue mani continuavano a giocare con i miei capezzoli, ormai turgidi e dritti. Il mio signore mi stava donando un piacere immenso, denso, profondo. Ma non ero io a dover godere. No. E lui lo sa. Conosce così bene il mio corpo che sa perfettamente quando io sto per esplodere. Così si &egrave fermato un attimo prima che io non avessi più coscienza di me. Ha sfiorato il mio clitoride con il dito indice, regalandomi un nuovo brivido e mi ha chiesto di tirarmi su dal letto. Mi ha fatta inginocchiare ai suoi piedi, premendo la mia testa contro di se.
– Lo senti questo odore ‘ mi ha detto. ‘ Ti piace l’odore del tuo signore?-
– Si, mio signore. La mia voce era un sussurro, dovevo ancora prendere dimestichezza con questa parte del mio essere.
Non mi ha detto nulla, ma io ho capito. Con le mie mani tremanti ho slacciato la cintura dei suoi pantaloni e aperto ogni singolo bottone, fino a che non sono scivolati a terra. Ho sfilato via anche gli slip, fino a quando il suo membro non &egrave stato davanti ai miei occhi. L’ho baciato, lentamente e con gli occhi chiusi. Non mi interessava essere nuda davanti a lui. Sentire il suo sguardo sulle mie imperfezioni. Baciandolo ho leggermente dischiuso le labbra, quel tanto che bastava per fargli sentire il calore della mia bocca, della mia lingua. Volevo che sentisse ogni piccolo movimento, volevo che assaporasse il gusto della saliva che ricopriva il suo membro. Le mie labbra come una calda alcova. Succhiarlo, sentirlo gemere di piacere ai colpi della mia bocca un’estasi. Potrei continuare a lungo a tenerlo nella mia bocca, perché sento che gli piace, e più sento questo, più io mi eccito. Sono un lago e lui lo sa. Lo sa, perché senza che io me ne renda conto infila un dito dentro di me, in profondità e io non posso che soffocare un gemito. Scivola nella mia intimità senza difficoltà alcuna: le sue dita si impregnano dei miei umori, mischiandosi al suo sapore.
Desidero che venga. Ora e qui, perché compiacerlo &egrave l’orgasmo più potente. Lo sento che sta arrivando, che non può continuare a resistere alla mia lingua che non gli da tregua. Lo sento vibrare: mi chiede di aprire la bocca e viene sulla mia lingua, sulle mie labbra, come un fiume inarrestabile. Viene senza potersi fermare. Viene e mi riempie. Lo accolgo dentro di me senza che neppure una goccia di lui vada perduta. Lo accolgo e lentamente ingoio, perché quel sapore &egrave come miele. Appartiene al mio signore. E ora &egrave mio. E’ allora che mi sorprende. E’ allora che le sue dita scrutano prepotenti la mia intimità: vuole farmi godere, vuole che sia lui a provocare l’orgasmo più improvviso. E’ un secondo che sfiori il clitoride, che lo tormenti con il suo indice, mentre le mie gambe spalancate gli spianano la strada. E’ rosso, &egrave pulsante. E non lo trattengo più. Esplodo anche io. Con le gambe che tremano. E la bocca riarsa.
Svegliarsi la mattina. E pensare se sia stato solo un sogno oppure no. Se &egrave successo veramente. Il mio corpo mi sembra diverso, sebbene non sia successo nulla di troppo complesso da gestire, o da elaborare. Eppure &egrave una sensazione che parte dal ventre, e che mi spinge ad avvertire una nuova me.
E’ tutto il giorno che ci penso, ed ogni volta che mi coglie questa sensazione, mi rendo conto di un calore improvviso fra le gambe, un formicolio che non posso controllare: sconvolge il cervello, i pensieri, le emozioni. Non mi appartengono più.
Il cellulare vibra: &egrave il mio signore. Mi avverte, senza troppi giri di parole, che questa sera avrà ancora sete del mio corpo. E io mi accorgo di avere sete dei suoi ordini. Dei suoi occhi. Delle sue mani addosso a me.
-“Apri la porta”. Ecco come mi avvisa che &egrave al di là del cancello. Non ha bisogno di chiedere permesso. Spengo tutte le luci di casa: inizia la magia.
Non appena varca la soglia, avverto il suo profumo, perfino il suo respiro. Il suo viso, nella penombra, sembra dolce; sembra felice di vedermi, di essere qui. Accarezza il mio viso, senza dire una parola e cerco di fissare nella mia testa ogni minimo particolare: la sua camicia bianca aperta di due bottoni sul collo e con le maniche arrotolate appena sotto i gomiti. I jeans chiari e le sneaker bianche vissute dal tempo.
Un uomo come tanti, sembrerebbe. Il mio signore, in realtà. C’&egrave qualche cosa che sembra stonare nel suo aspetto: &egrave una calda sera di giugno e porta una sciarpa al collo. Blu. Fa troppo caldo per averne bisogno.
Prende la mia mano con delicatezza: ormai conosce la strada e mi conduce sul mio letto.
Mi ci mette di fronte e con una lentezza che a me sembra infinita lascia scivolare il mio vestito leggero a terra: segue la piega delle spalle, il rigonfiamento dei seni e indugia sui capezzoli. Li accoglie fra le labbra, succhiandoli con l’urgenza del bisogno. Il mio corpo vibra a quel contatto… Mi basterebbe anche solo quello per esplodere in un orgasmo violento, ma amo la bellezza del tempo… E voglio aspettare. Voglio che sia il mio signore a ordinarmi di venire.
I miei capezzoli reagiscono alle sue labbra praticamente all’istante: sensibili alla sua lingua che li tortura, ruota attorno alle loro punte, indugia sulle pieghe interne.
Credo di essere un lago e so che lui se ne accorge. Perch&egrave quando mi sfiora – mi sfiora e basta – noto un sorriso sul suo volto. Si allontana da me, vuole guardarmi, vuole godere del mio corpo. Mette le sue mani sulle mie spalle e mi conduce davanti allo specchio della mia stanza: mi chiede di guardare il mio corpo nudo: i miei seni sodi, le mie gambe, i miei fianchi, il mio fiore umido di umori. Mi chiede di guardarmi, ma la mia attenzione si focalizza sui suoi movimenti: si sta sfilando la sciarpa dal collo…
“Ti fidi di me?”, mi domanda.
“Si”. Ed &egrave un sussurro. Ma basta.
La sua sciarpa diviene la mia benda e ogni visione mi abbandona. Devo solo acuire i sensi, non posso fare altrimenti. La mia pelle diviene come radar, le mie orecchie sono la mia guida. Lo sento allontanarsi… Andare nell’altra stanza, e a me sembra passata un’infinità. Quando torna non riesco a capire che cosa sia accaduto, la benda sugli occhi mi impedisce di vedere ma accende la mia eccitazione che a me pare evidente. Il mio signore non mi parla, ma sento che si sta avvicinando al mio corpo. Lo sento perché reagisco, perché i miei seni diventano turgidi all’istante, anche se non mi sfiora. E’ questo l’effetto che il mio signore ha su di me. Quanto tempo &egrave passato? Un istante? Dieci minuti? Non lo so più.
Ma non potrò mai dimenticare quello che &egrave accaduto subito dopo. E’ stato fulmineo, ma ha squarciato tutta me stessa. Posando un dito sulle mie labbra, mi spinge in bocca i suoi polpastrelli. Ha un buon sapore, e mi piace il contatto con la mia bocca. ‘Ti fidi di me?’ mi sussurra ancora. Le sue labbra accanto alle mie, il suo respiro addosso. Il mio si fa più incerto e affannoso, il mio corpo lo desidera con tutto se stesso. Ma non mi da il tempo di rispondere. Sento una fitta sul capezzolo destro che mi colpisce come un pugno in pieno viso. Non posso non urlare. Il mio corpo si contorce facendomi sentire ogni sua parte.
Ancora una seconda fitta, questa volta più prolungata. E una terza, sul capezzolo sinistro. Capisco solo dopo qualche istante che si tratta di cera bollente che il mio signore mi sta colando addosso, disegnando immaginarie fantasie, che realizzano invece quelle sue più profonde. E io perdo il controllo. Perdo il controllo dal dolore e dal piacere, dalla gioia del suo compiacimento e dalla pelle che brucia. Lui può vedere me e io lo sento che sta godendo: lo avverto che si sta eccitando, ma che non &egrave ancora abbastanza. Si avvicina nuovamente a me, mi sfiora la punta dei capezzoli, mi sussurra ‘sei una meraviglia, così’. Sento le sue dita su di me che scendono, inarrestabili, fino al ventre, fino al pube. Mi inarco verso di lui, il mio desiderio &egrave all’apice. Esita un momento e poi affonda il suo dito indice dentro di me. Lo affonda improvviso, si lascia scivolare fra le mie labbra grondanti di umori. Vuole il mio clitoride e sa dove trovarlo, mentre io perdo del tutto la lucidità. Mi abbandono alle sue mani, alla sua voce, al suo odore.
Ed esplodo. Esplodo quando le sue dita stringono il mio clitoride e allo stesso tempo della nuova cera calda cola su di me. Esplodo in un orgasmo primordiale, che non posso controllare. Il mio corpo si contorce, io stessa non rispondo più di me.
Le sue mani mi bloccano i polsi e la sua lingua &egrave nella mia bocca. Mi bacia, mi bacia ancora, mi bacia di nuovo.
E poi’. ‘Devi imparare a stare ferma”
‘Mi attenderai davanti alla porta di casa tua. La porta sarà spalancata. E tu, in ginocchio davanti ad essa, completamente nuda e con il tuo collare. Posso concederti solo i tacchi, se vuoi’.
Arriva così all’improvviso il messaggio del mio signore. Senza preavviso. Senza che io possa controbattere. La forza delle sue parole, dei suoi ordini, fa vibrare tutto di me. Le mie gambe cedono, la mia mente perde il controllo. So di non avere molto tempo per fare tutto quello che il mio signore mi richiede. Una doccia veloce, un velo di crema. Nessun vestito. Nemmeno i tacchi. Solo il mio collare, che brilla lucente e argenteo. Voglio che tutta la mia pelle possa ‘sentire’ il mio signore.
‘Il tuo signore &egrave qui’.
So che non ho scampo. So. E voglio obbedire alla sua voce, che risuona dentro di me prima ancora di udirla. Apro il cancello, spalanco la porta e attendo. La testa bassa, la mia nudità offerta ai passanti. I suoi passi mi giungono da lontano, ma dentro di me risuonano come tamburi. Lo sento, lo desidero. Eccolo. E io sono completamente sua. Dalla mia posizione, posso vedere solo le sue scarpe e sentire il suo odore. Indossa quelle che mi piacciono molto’ All star bianche, basse. E’ una delle prime cose che ho notato del mio signore, che ha i piedi piccoli.
Mi offre la sua mano destra, portandola alle mie labbra. La sua mano sa di buono. Le mie labbra la sfiorano, per poi dedicarsi alle dita. Una per una. La mia lingua le accarezza, la mia bocca le accoglie con avidità. Sento i polpastrelli che spingono sul mio palato, mentre la punta della mia lingua si occupa di leccare con dolcezza e golosità ogni piccola parte della sua mano. Le mie gambe sono leggermente divaricate, e le ginocchia fanno fatica a rimanere salde a terra. Sento però che anche solo quel contatto mi eccita: anche solo così sono un lago di umori e non posso non pensare che se il mio signore portasse un dito fra le mie labbra ‘ le altre mie labbra ‘ potrebbe saggiarne la consistenza e la copiosità.
Chiude la porta di casa, mi invita ad alzarmi in piedi. Con la mano umida del mio sapore accarezza il mio corpo, quasi con distrazione, per esitare invece all’improvviso sui miei capezzoli. Stringe quello destro con una forza che non mi aspetto, quasi a volerlo staccare. Mi lascio andare a un grido, perché &egrave un dolore inaspettato, improvviso, inarginabile. Ma quel dolore crea in me una reazione altrettanto improvvisa: ne voglio ancora, lo voglio subito.
‘Le tue gambe non erano divaricate come io ti ho chiesto. Possibile che tu non lo abbia ancora imparato? Ti ho detto che dovevi attendermi con le gambe aperte e tu non lo hai fatto. Per questo verrai punita’.
Mi sento morire. Non posso pensare di averlo deluso. Di non averlo compiaciuto. Ma allo stesso tempo desidero che punisca il mio corpo a suo piacimento. Voglio che goda nel vedermi eccitata da ciò che desidererà fare di me. Voglio vedere i suoi occhi brillare.
Mi conduce nel salotto della mia casa, e si siede sul divano. Si siede e attende. Io mi inginocchio davanti a lui, la mia nudità totalmente esposta ai suoi occhi. Non dice una parola. Mi guarda e basta ma &egrave come se mi stesse possedendo. Quello sguardo accende i miei sensi: sono nuda, vulnerabile e infuocata come non mai. Scruta con attenzione tutte le pieghe della mia intimità, che da rosa &egrave divenuta rossa di desiderio e brillante di umori. Scruta la peluria ben curata. Credo stia immaginando che odore abbia. Può fare ciò che desidera; lui lo sa, io lo so.
E’ così che, senza che io possa oppormi, mi chiede di accomodarmi sulle sue ginocchia, con il sedere rivolto verso di lui. Sento le sue mani sulla mia pelle, su un punto che raramente ho permesso di toccare ad altri. Le sue mani lo percorrono, sfiorano il solco delle natiche, provano a forzare un’inviolata intimità. Io trattengo il respiro: non so ancora che cosa desideri dal mio corpo, come lo voglia punire. All’improvviso infila il suo dito indice nel mio fiore grondante di umori, scivolando con facilità dentro di me. Mi sembra di non poter resistere, tanto forte &egrave il desiderio che ho di lui. I miei capezzoli, a contatto con la sua coscia, sono turgidi e quasi doloranti per lo sfregamento della stoffa, ma tutto di me &egrave concentrato in quel dito che sta frugando il mio corpo, la mia pelle. Mi sembra di impazzire e poi arriva. Quel primo colpo, inaspettato e violento.
‘Conterai ad alta voce e mi ringrazierai. Se perderai il conto, ricomincerò da capo. E’ TUTTO CHIARO?’
La mia voce esce come un soffio ‘Si, mio signore”
Sento la sua mano fendere l’aria e arrivare sulla pelle del mio sedere come uno schiaffo. ‘Uno, grazie Signore. Due, grazie signore”. Credevo fosse più difficile, e invece i primi colpi scivolano via con semplicità. Ma la sua mano si fa più energica’ ‘Ventidue’ grazie Signore. Ventitre’ grazie Signore’. E io mi perdo. Mi perdo in un piacere oscuro e mai provato prima. Ne voglio ancora, non voglio che si fermi. La mia voce risuona strozzata ma non dal dolore. Dal piacere. Un piacere che trattengo a stento, quando la sua mano si ferma e mi penetra nuovamente.
Lo sento che sorride. ‘Sei un lago, te ne rendi conto?’ Io non ho la forza di rispondere. Voglio solo che continui. Voglio sentire le sue dita sul mio clitoride, indugiare proprio in quel punto che mi fa impazzire. Due dita della sua mano allargano le mie labbra: vuole che senta tutto, vuole che la mia intimità non si risparmi. Con l’altra mano, dopo avermi fatta girare, stringe il clitoride che sento pulsare. E’una sensazione mai provata prima, che vorrei non finisse mai. Non voglio venire. Non voglio dargli questa soddisfazione. Ma lui sa esattamente come toccarmi, dove farlo, quanto a lungo indugiare fra le labbra e il clitoride, quanto a fondo andare e quando riemergere in superficie.
Rovescio la testa all’indietro, sto per perdermi e lui se ne accorge. Si blocca all’istante. ‘Ho detto che ti avrei punita, non che ti avrei fatto godere’.
Ci guardiamo negli occhi senza dirci una parola: quello sguardo sono mille mani che mi frugano ovunque. ‘Adesso ti prenderai cura di me e mi farai venire. Solo con la bocca. Poi deciderò che cosa fare di te’. E’ lui a slacciarsi i pantaloni; sono io ad abbassarli e a sfilarli via, dopo avere slacciato scarpe e tolto i calzini. Ecco il suo pene davanti ai miei occhi: &egrave bellissimo e teso, lucente di umori. Devo averlo eccitato e ora &egrave lì per me. Lo accolgo nella mia bocca, lasciando che la lingua lo percorra al passaggio. Voglio che senta le mie labbra avide, voglio che approvi la mia lingua curiosa che ne percorre lunghezza e diametro. Scivola in me con gusto, sento che si sta tendendo e ingrossando, che la mia bocca lo eccita. Questo pensiero eccita anche me’ La mia lingua sfiora l’inguine destro e poi quello sinistro. E sento che al mio signore sfugge un mugolio di piacere.
Voglio che venga. Voglio che mi esploda fra le labbra. E’ solo questo il mio pensiero, &egrave solo questo che desidero da lui. Continuo aumentando il ritmo, ma voglio di più per lui. Voglio fare qualche cosa che lo faccia impazzire. Così abbandono il suo pene per dedicarmi ai testicoli, per scendere ancora di più in profondità, fino ad arrivare oltre i testicoli, in un punto molto vicino all’ano. Eccolo il buchino. La punta della mia lingua si fa strada e raggiunge quell’apertura. E’ un attimo: il mio signore perde il controllo. Dalla sua bocca esce un suono profondo e gutturale: qualche cosa che nemmeno lui si aspettava. Lo sento muoversi e capisco che gli piace. Capisco di averlo sorpreso e continuo. Continuo perché desidero che perda il controllo. E questo succede. Spalanco la bocca e accolgo il suo getto fra le mie labbra, fin giù nella gola. Il suo &egrave un orgasmo improvviso e incontrollabile, che lascia lui senza parole e me orgogliosa. Lo guardo negli occhi e deglutisco. Voglio che veda quanto mi piace il suo sapore. Quanto io lo voglia. Quanto io lo desideri. Mi guarda’ ‘Ora so cosa fare con te”

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