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Emmaus50 – FOLLIE DI UNA NOTTE

By 5 Gennaio 2014Dicembre 16th, 2019No Comments

FOLLIE DI UNA NOTTE
Come al solito sono pronto con largo anticipo; il che naturalmente infastidisce Emma che, invece, non ha ancora iniziato a prepararsi. La osservo e, come sempre mi accade, non posso fare a meno di ammirarne la sensuale bellezza, mentre si aggira per la camera d’albergo con indosso soltanto la biancheria intima: un paio di impal’pabili, trasparen’tis’sime e succinte mutandine bianche, che nascondono molto meno di quanto mo’stri’no, ed il bustino che le stringe la vita e le sostiene i seni sodi, coprendoglieli però appena appena… anche se non ce ne sarebbe bisogno. &egrave sorprendente ma, nonostante quegli indumenti la lascino praticamente nuda, tanto sono traspa’renti e succinti, la cosa che maggiormente colpisce la mia attenzione &egrave quella sottile striscia di pelle che rimane scoperta tra il bordo inferiore del bustino e l’orlo superiore degli slippini, al centro della quale troneggia il vezzoso ombelico… che mi vien voglia di baciare, di lambire, di leccare…
Oh cavolo, mi sto nuovamente eccitando, nonostante abbiamo fatto a lungo l’amore sotto la doccia… e cre’do che, se i vicini di camera erano nella loro stanza, devono aver ascoltato, sorpresi, un bel programmino.

Nella hall dell’albergo me ne sto seduta su un basso e comodo divanetto in pelle ed osservo Nicola che si agita, forse, un po’ troppo e non posso fare a meno di chiedermi perché sia così teso e nervoso; non riesce a stare seduto per più di un minuto, si alza e va alla reception parlando, nel suo terribile spagnolo (ma &egrave convinto di parlarlo perfettamente!), con il portiere, poi va a guardar fuori attraverso le grandi vetrate, mi si avvicina dicendomi qualche battuta di cui lui stesso ride forzatamente. Se continua così finirà col trasmettere anche a me questa agitazione. Ma poi: &egrave davvero agitazione, nervosismo, tensione… o non piuttosto eccitazione?
Ecco quello che mi fa incazzare: la sua inestinguibile curiosità, la sua sfrenata fantasia, la sua di’sponi’bilità a provare sempre tutto, fino in fondo. &egrave sempre un passo davanti a me… un passo? Dieci, cento, mille passi! Un chilometro, dieci chilometri… anni luce! Mi sento sempre così… stupida?… di fronte alle sue assurde richieste. No, meglio: mi sento stupida, borghesuccia, inadeguata, di fronte alla sua sorpresa quando non voglio seguirlo nei suoi stravaganti e trasgressivi desideri.
Sa che mi vergogno, che mi sento in imbarazzo, che mi pesa, affrontare determinate prove cui lui cerca di sottopormi… e non gliene frega niente, di come mi sento io: lui spinge ed io freno e lui spinge ancora di più, incurante del mio frenare, finché non mi lascio andare a fare quello che lui vuole.
E mi piace! Sempre!
&egrave questo che mi secca, credo: ammettere che, in fondo, lui ha ragione; che mi conosce così bene da sapere, fin dall’inizio, che finirò col provare piacere nel fare quelle cose che penso dovrebbero invece mettermi a disagio… e mi sento così “scoperta”, indifesa.
Cristo, hai visto che ha finito per innervosire anche me?

Quando Carlo arriva all’albergo &egrave allegro, spensierato, vulcanico e travolgente, come il suo solito. Mi strin’ge la mano con il suo cordiale ed accattivante sorriso, poi si dirige verso Emma, ammirando le sue cosce snelle, levigate, abbronzate, che sporgono dal bordo della corta gonnellina azzurra. Si china a baciarla sulle guance e siede sul bracciolo del divanetto, accanto a lei.
– E’ presto, ancora. – dice con voce calda e melodiosa – Beviamo qualcosa? –
Parliamo del più e del meno, mentre ci servono alcuni drinks; poi Carlo, usando un tono sfottente, dice allegramente:
– Allora, colombini, siete pronti per questa serata eccezionale ed indimenticabile? –
– E non lo vedi? – rispondo io.
– Senti Carlo… – chiede Emma, nel cui tono sento vibrare una nota di esitazione – ma di che si tratta? –
– Non lo si può spiegare facilmente, ve l’ho detto. Ma vi giuro che &egrave un’esperienza davvero incredibile, fin’ché non la si &egrave vissuta. –
– Ma che tipo di posto &egrave quello dove ci porti? –
– Non &egrave certo un posto che solitamente visitano i turisti. &egrave un locale per la gente di qui. Folklore locale, capite? –
Carlo cerca di spostare l’attenzione su altri argomenti banali, chiacchierando allegramente con Emma per un po’. Ma lei, ben presto, torna sull’argomento che più le interessa.
– Carlo, ma tu hai detto che in questo locale succedono delle cose… strane. Non potresti essere più preciso, perché… –
– Perché? Hai forse paura? –
– Paura? No, &egrave che… non so come dire… mi secca andare alla cieca. –
– Ma ve l’ho detto, ‘las sambéiras’ sono locali dove si esibiscono cantanti e soprattutto ballerini di samba. Ma non &egrave la samba, anzi “il samba”!… che si vede in tivvù; qui la intendono come qualcosa di interiore… co’me ti posso dire? E’ proprio una filosofia o forse ancor meglio: una magia! Poi, come vi ho spiegato, que’sta sera c’&egrave una specie di cerimonia; ha un nome particolare che, tradotto, potrebbe significare: il salto dell’anima. E, credetemi, &egrave una cerimonia che ti prende e ti coinvolge talmente, che quando ci sei in mez’zo, ti lasci andare completamente… –
– D’accordo, ma… –
– Ehi, ehi! – intervengo io, rendendomi conto del crescente disagio di Emma. E siccome ho dovuto già su’dare le proverbiali sette camice per convincerla, non vorrei che adesso si mettesse a ripensarci – Lascia’mo la sorpresa, va bene? Abbiamo deciso di andare, no? Allora godiamoci la novità. –
Emma mi osserva cupamente; non sembra convinta di tutto questo!

Quando ci avviamo verso l’auto, sono davvero incazzata; incazzata con me stessa soprattutto, poiché ancora una volta sto facendo una cosa che non mi va di fare… o forse soltanto mi spaventa, perché in realtà non &egrave che non mi vada: sono anch’io incuriosita, almeno stando a come Carlo descrive questo locale dove vuol portarci, circondandolo di affascinante mistero; però, e non so spiegarmene il motivo, sento che c’&egrave del pericolo, sotto sotto… ed il non sapere che tipo di pericolo devo affrontare mi mette sempre in agitazione; ma d’altro canto con Nico &egrave sempre così: non sai mai quello che ti aspetta, non sai mai qual &egrave il limite aldilà del quale lui non &egrave disposto ad andare, non hai certezze, mai!… e questo mi atterrisce perché ho sempre avuto paura di quella “voragine nera” che avverto in fondo alla mia anima; io cerco di evitarla e lui, invece, mi ci tiene sempre in bilico sopra, ogni tanto spingendomici dentro… cazzo, perché non possiamo vivere “tranquillamente” e senza scosse? Se si tratta di un’esperienza particolare (eccezionale ed indimenticabile, l’ha definita Carlo), mi preoc’cupa il fatto che Nivo, poi, vorrà andarci fino in fondo. E mi trascinerà con sé; obbli-gandomi, caso mai, a fare cose di cui poi mi pentirò… anche se mi saranno piaciute. Come questa stronza minigonna azzurra che porto e che &egrave troppo corta e mi fa sentire in imbarazzo perché quel fesso di Carlo non fa che guardarmi le gambe e mi vergogno e mi incazzo allo stesso tempo… e mi piace che quello stronzo mi guardi le cosce, anche se non me ne andrei mai con il sedere praticamente da fuori nel nostro ambiente quotidiano… se &egrave per questo, non lo farei nemmeno qui, se non ci fosse Nicola a spingermi a farlo!
E non &egrave la prima volta che faccio qualcosa del genere!
In Grecia, quell’estate: Valeria, Nadia ed io, salendo verso la discoteca, ci sfiliamo addirittura le mutandine… e si, siamo tutti così ubriachi… e poi, tutte e tre assieme… io non voglio, protesto, mi incaz’zo, pianto una grana; ma finisco per assecondarlo perché sono fuori di testa e perché non voglio fare la parte della “scema retriva e borghesuccia”! E quando mi ha regalato la pelliccia? Non mi aveva certo chiesto lui di indossarla sul corpo nudo… no, non esplicitamente; però sapevo benissimo che era quello che voleva. E quell’altra notte, sulla spiaggia, quando abbiamo fatto il bagno nudi e poi ci siamo messi a “far l’amore” sulla riva, al chiaro di luna… e quella coppietta di sconosciuti che arriva e ci osservava a non più di una ventina metri… vorrei che Nico la smettesse, vorrei rivestirmi, sottrarmi ai loro sguardi; ma lui mi costringe a fare… Cristo, a fare certe cose… mi costringe?… non lo so se “costringe’re” &egrave il termine esatto, perché ho goduto quella notte come raramente mi &egrave capitato, mentre quei due ci guardano e cominciano anche loro ad “amoreggiare”… ma che cavolo c’entra? Stavo facendo l’amore con mio marito e… va bene, va bene, mi &egrave piaciuto! Ma mi &egrave piaciuto solo perché sapevo che lui voleva che io lo facessi e… Gesù… io lo faccio perché lo amo così tanto, questo stronzo, e provo un immenso piacere nel renderlo felice! Davvero? E con Federico?… oh merda, perché devo pensare a Federico, adesso? E’ vero, quella volta Nicola non mi ha certo chiesto di… ma non c’ho fatto niente, con Federico! No, certo, non me lo sono scopato… ma non posso dimenticare quanto fortemente lo abbia desiderato. Perché… Gesù Santo, perché, se sono così follemente innamorata di mio marito? Se sto così bene con lui, se sono così felice del nostro rapporto? Perché Nicola in quel periodo &egrave così impegnato con il suo lavoro ed &egrave sempre via, lontano da casa, da me; mentre Federico &egrave qui, presente, pronto, gentile, disponibile e passiamo assieme la maggior parte del nostro tempo preparando l’ultimo esame universitario. &egrave questo il motivo di quelle magliettine bianche, corte, indossate senza niente sotto? &egrave questo il motivo dell’emozione che mi fa battere il cuore all’impazzata e mi bagna tra le gambe, quando in cucina, per prendere il barattolo del caff&egrave dalla mensola più alta, mi isso sulla punta dei piedi ed alzo le braccia… e lo so benissimo che il bordo inferiore della maglietta sale… e lo sento intensamente il suo sguardo proprio lì, pungente, invadente, penetrante… e colmo di desiderio? &egrave per questo che di notte, da sola nel grande letto, mi masturbo sognando le sue mani sulla pelle, le sue labbra sui seni, attorno ad i capezzoli erti ed inturgiditi dal desiderio, ed il suo membro che sostituisce il vibratore? No… vaffanculo, vaffanculo! Non ho dimenticato tutto questo, ma non dimentico nemmeno che quando mi sono resa conto della china che prendevo, della stronzata che stavo facendo, c’ho dato un taglio netto! E me ne sono vergognata come una ladra… ed ancora me ne vergogno. &egrave questo che c’&egrave in fondo a quella voragine scura nel profondo della mia anima? &egrave di questo che ho paura? Scoprire di essere una “puttana” senza “freni morali” mentre voglio essere soltanto una “brava” ragazza e madre e moglie?
Oh, al diavolo con questi assurdi pensieri! Ora sono qui con l’unico uomo che abbia mai amato vera’mente… e tutto il resto non conta. Pensiamo solo a questa serata e speriamo almeno di divertirci!

La sambéira dove Carlo ci porta &egrave un locale affondato nell’anima oscura di Florida,
un rione di Rio, se non ho capito male. Anche se qui sembra che lo considerino un vero e proprio paese. Misteri del Brasile! Non so se sia un quartiere malfamato o pericoloso, però certamente &egrave un quartiere povero e popola’re. Il lo’cale non &egrave nulla più che una vecchia cantina, molto ampia tanto che ci sono una serie di colonne di cemento, rivestite in legno grezzo, che la attraversano; un lungo banco-bar dagli alti sgabelli ed una serie di tavolini disseminati in giro disordinatamente. In un angolo c’&egrave una pedana con un pianoforte ed alcuni strumenti a percussione sul quale un gruppo sta suonando languida musica brasiliana.
Emma ed io, tenendoci per mano, ci guardiamo attorno un po’ intimiditi e spaesati mentre Carlo, sem’pre sorridente, ci accompagna ad un grande tavolo tondo, incastrato in un angolo, attorno al quale gira una panca di legno.
Quando entriamo, tutta la gente si volge a fissarci ed io, poiché le tengo la mano, sento che Emma si irrigidisce leggermente sotto quegli sguardi. Sorrido intimamente pensando al suo disagio: lei &egrave sempre così bloccata, diffidente, sulle sue; vorrei tanto che imparasse a sciogliersi, ad accettare più serena’mente le “emozioni” che riserva la vita.

Devo confessare che in questo locale mi sento davvero a disagio perché entrando ho avvertito immediatamente una strana, per quanto inspiegabile, sensazione di paura. Intanto siamo in quartiere che mi sembra davvero malfamato… ed altrettanto dicasi di questo buco! Ma dove cazzo ci ha portati quello stronzo di Carlo? Tutto, qui dentro, sa di vecchio, di marcio, di corrotto… ehi, ehi, non &egrave che mi sto lasciando condizionare dal malumore?… soffitti bassi, luci rossastre e soffuse, una spessa nube di fumo, un’atmosfera quasi rarefatta e nell’aria un disgustoso odore dolciastro che ti prende alla gola; i tavoli sono praticamente occupati da gente del posto, si direbbe, e dal loro modo di vestire non pare che siano dei signori; ma ciò che mi preoccupa maggiormente &egrave che gli alti sgabelli del lungo banco-bar sono occupati per la maggior parte da donne sole… e, dagli abiti, dal trucco, dal modo di compor-tarsi, direi che sono in cerca di compagnia… a pagamento, naturalmente. E bravo Carlo! Ci hai portato in una bettola per banditi e puttane? &egrave questa l’emozione di una serata eccezionale ed indimenticabile? Vatti a fidare della gente! Beh… fosse per me, non mi ci sarei fidata per niente; ma Nico &egrave sempre così fiducioso, pronto a credere nella buona fede degli altri… certe volte ho proprio l’impressione che sia un tale ingenuo!
No, devo proprio finirla di scaricare sempre sugli altri tutte le responsabilità: sono adulta, sposata, ho una figlia, una famiglia… e se mi trovo in questo locale, questa sera, &egrave perché ci sono voluta venire! Punto. E allora vediamo che diavolo succede!

Oggi sono convinto che, attraverso il sistema di aerazione (o, comunque, non so in quale altro mo’do), venisse im-messo qualcosa nell’aria del locale. E più trascorre il tempo e più profonda si fa questa convinzione.
L’atmosfera qui &egrave strana: ovattata, rarefatta, quasi collosa. E sembra entrarmi dentro, nell’a’ni’ma, fa’cen’do in modo che le mie percezioni rallentino progressivamente, ma rendendole più intense, più profonde… come se entrassi in stretta connessione con la realtà che mi circonda.
Gesù, non riesco a spiegare quello che sento… e già questo dovrebbe essere un bell’esempio di quanto sto dicendo: io che non riesco a trovare le giuste parole?
Credo che anche la mia mente, il mio cervello, si sia lasciato avvolgere da questa nube di languido appaga’mento che rallenta le mie reazioni. Vorrei spiegarmi meglio ed allora credo che sia opportuno fare un esempio: se poso la punta di un dito sulla superficie del tavolo, sento il contatto con il legno farsi pian piano più ampio, più diretto, più invaden’te… come se l’essenza della sostanza che compone quella superficie en’tras’se in più diretta connessione con la mia stessa essenza e, provocandomi intense ed inusi’tate emozioni, mi rende più felice, sereno, aperto, pronto a vivere la realtà che mi circonda, qualunque essa possa essere.
Molto più chiaro così, vero? Ma proprio non so trovare un modo differente di spiegare quello che sen’to… o meglio: come mi sento.
E, guardando sia Carlo che Emma, mi rendo conto che anche loro si stanno lasciando prendere da que’sta sensazione (o qualcosa di simile), che via via si rinsalda dentro ognuno di noi. Carlo che, come al solito, &egrave un vero vulcano in eruzione, si fa sempre più pacato, più riflessivo, e parla con una sorprendente tranquillità. Emma, da parte sua, appare sempre più tranquilla, distesa, e nei suoi occhi brilla una luce di vivo desi’derio di lasciarsi andare completamente. Non parla molto ma si guarda attorno con curiosità ed interesse, ora; nella sua espressione percepisco chiaramente una notevole aspettativa per quello che potrà succedere.
Finché Vinicius non viene a sedere al nostro tavolo.
Credo che sia trascorso poco più di un quarto d’ora dacché siamo qui (ma non ne sono assoluta’men’te sicu’ro poiché suppongo che anche la percezione del tempo sia alterata, ormai!), quando quell’uomo alto, snello e prestante, carnagione scura, capelli neri, lunghi, riccioluti, grandi occhi scurissimi e profondi, si avvici’na al nostro tavolo e saluta calorosamente Carlo che, a sua volta, si solleva e gli stringe la mano presentan’docelo. Quando anch’io gli stringo la mano, sento come una scossa risalirmi lungo il braccio; &egrave come una sensazio’ne di forza, di volitiva virilità, che mi viene trasmessa. E devo dire che si tratta di una sensazione assolutamente piacevole e tonificante.
Trattiene un po’ troppo la mano di Emma nella sua, mentre la guarda con ammirazione e le dice qualcosa di carino che la fa sorridere, se pure con un po’ di velato imbarazzo.
Vinicius si incastra tra panca e tavolo, accanto a mia moglie e comincia a parlare con voce profonda ma ca’rezzevole. Ha uno strano modo di esprimersi poiché usa una specie di “slang” misto di espres’sioni inglesi, spagnole e qualche parola in italiano. Ma non credo sia difficile capirlo. Ed &egrave irresistibil’mente attraente e simpatico.
Carlo ride rumorosamente delle sue battute, io credo di esserne anche abbastanza divertito, ed Emma… Emma come al solito resta sulle sue, diffidente, forse addirittura seccata dalla sua inva’denza. Almeno all’inizio! Pian piano però si scioglie, si rimette a suo agio e si lascia coinvolgere dalla languida atmosfera che ci circonda. Anche lei sorride sempre più apertamente a Vinicius e nei suoi occhi vedo brillare una strana nota di soddisfatta attesa. Non protesta quando lui le posa una mano sulla spalla e si china con la bocca a sfiorarle l’orecchio, sussurrandole qualcosa che la fa ridere di gusto. La mano di Vinicius resta per un po’ sulla spalla di Emma, poi scivola sotto l’ascella, proprio all’altezza del seno; lei sembra irrigidirsi leggermente (anche se non ne sono assolutamente sicuro)… ma c’&egrave da tener presente che Emma soffre tremendamente il solletico.

Non so, con precisione, quando il mio atteggiamento sia cambiato… o, per meglio dire, quando ho cominciato a sentire le cose in modo diverso. &egrave certo, comunque, che quando Vinicius ci raggiunge al tavolo e siede accanto a me, chiac’chie’rando disinvoltamente in quel suo strano linguaggio misto, sono infastidita dalla sua presenza e dalla sua disinibizione: la mia prima sensazione &egrave di “antipatia” nei confronti di questo idiota; ma da una parte la musica, che con il ritmo sincopato e languidamente avvol-gente mi trascina in una dimensione differente, e dall’altra il giro di drinks che Vinicius ci ha pratica’mente imposto (“… il primo giro spetta al padrone di casa.” dice con quel suo sorriso presuntuoso ed accattivante)… ma che diavolo ci sarà in questa roba? Dal sapore dolciastro ed asprigno allo stesso tempo, e forte… talmente forte che quando scende sento vampate di calore che mi si irradiano in tutto il corpo… e la musica, il liquore, l’atmosfera mi trascina da qualche parte dove tutto &egrave rosa, bello, pia’cevo’le, desiderabile, e dove lo stesso Vinicius appare assai più gradevole; tanto che quando mi circonda le spalle con un braccio e l’alito caldo mi sfiora il collo, mentre mi mormora qualcosa all’orecchio… non so bene nemmeno io cosa, ma comunque mi metto a ridere… e la sua mano scivola sotto l’ascella, non protesto se le sue dita si muovono appena sfiorandomi lenta’mente un seno. Le sento quelle dita come se penetrassero, si fondessero, si amalgamassero con la carne della mia mammella. E gli occhi di Nico che si fissano nei miei: lo so che la vede quella mano, lo so che si accorge di quel gesto sfrontato ed offensivo, ma non dice nulla. Non fa nulla.
Lo vede, quello stronzo, e sorride!
Ma certamente non vede l’altra mano di Vinicius che, sotto il piano del tavolo, si posa su di una mia coscia e, lentamente, l’accarezza. Mi brucia sulla pelle quella mano e credo di irrigidirmi quando ne sento il contatto; vorrei girarmi bruscamente verso di lui e schiaffeg-giarlo, alzarmi ed andarmene… ma per chi mi ha preso?… eppure non faccio nulla di tutto questo: me ne resto seduta con una frustrante sensazione di rabbia ed impotenza, e con la paura che quella mano salga ancora più su… e con l’inconfessabile desiderio che lo faccia!

Ed improvvisamente la musica accelera assumendo un ritmo tale che sembra battere all’uni’sono col mio cuore impazzito. Sono sicuro che stia succedendo qualcosa tra Emma e Vinicius. Non so cosa, ma i loro sguardi sono così intensi, quasi accesi da una reciproca sfida; fin dove si spingerà Vinicius? E fin dove lei lascerà che si spinga? Provo una fitta di gelosia e di rabbia nell’osservare mia moglie quasi alla mercé di quell’uomo talmente spavaldo e sicuro di sé… ed anche uno strano eccitamento!
Le luci nel locale diventano più basse e fioche. E finalmente entrano i ballerini.
Sono tutti ragazzi bellissimi (almeno così mi appaiono in quel momento), slanciati ed atletici, dalla carna’gio’ne olivastra e con la pelle lucida, quasi splendente nonostante la luce fioca; han’no tutti i capelli scuri, crespi, lunghi e raccolti in un lungo codino sulla nuca. E sono pratica’mente nudi ad eccezione di un gon’nel’lino di paglia che stringe la loro vita sottile e dei bracciali sempre di paglia che stringono i bicipiti di en’trambe le braccia e le gambe leggermente sotto il ginocchio.
La musica sale di tono e di ritmo e loro iniziano una danza strana, sorprendentemente coinvolgente. Giuro su Dio che non so trovare altre parole per descriverla.
Vinicius tira fuori, dal taschino della maglietta aderente che indossa, una sigaretta senza filtro (mi appare più grossa e più scura di quelle normali, ma potrebbe anche trattarsi soltanto di una mia impressione) e l’accende tirando lunghe e profonde boccate. Poi la passa a Carlo che fa un paio di tiri. Quindi la porge a me, ho un attimo di esitazione prima di aspirarne una lunga boccata; ha un sapore dolciastro, mieloso; ed il fumo mi si espande nei polmoni, poi sale fino al cervello e lì esplode in mille disegni colorati, inebrianti.
Vinicius porge la sigaretta a Emma che scuote il capo. Lui si china ancora a mormorarle qualcosa e lei sorride nervosamente. Anch’io mi chino verso di lei e le sussurro all’orecchio di provarci. Non se ne pentirà. Per un attimo mi fissa con sguardo quasi sgomento, poi prende la sigaretta e con gesto di sfida ne aspira il fumo.
La osservo: occorre solo un brevissimo lasso di tempo perché nei suoi occhi si accenda una langui’da serenità ed il suo sguardo si fissi, quasi con bramosia, sui ballerini che si agitano tra i tavoli.
In realtà quei ballerini sembrano scivolare sospesi con delle movenze talmente armoniche e sinuose da apparire innaturali. Ma con assoluta naturalezza prendono per mano alcune delle donne sedute sugli sgabelli del banco-bar e trascinano anche loro nella danza. Non so se quelle siano ballerine che fanno parte dello spettacolo o davvero delle prostitute ma, Cristo, ballano divinamente.
Ed il samba contagia tutti. Irrimediabilmente.

Per la miseria, quelli non stanno ballando, stanno “scopando” a suon di musica… e giuro su Dio che &egrave uno spettacolo assolutamente indescrivibile perché non c’&egrave volgarità, oscenità, lascivia, in quella dan’za, ma una sottile e prolungata sensualità che sale progressivamente e ti coinvolge fino a farti stac’care completamente dalla realtà; infatti mi sento eccitata, tremendamente eccitata, da quello spet’taco’lo… ma non &egrave l’eccitamento sessuale che mi prende normalmente, per esempio, quando sono nell’intimità con Nicola… se pure &egrave indubbio che esso coinvolga anche il mio sesso e più in generale tutto il mio corpo: vorrei essere lì, tra loro, tra quei ballerini, trascinata come quelle donne che sembrano asso’luta’men’te indifferenti alle mani che le sfiorano, alle vesti che si aprono, alle gonne che salgono, ai seni che sbocciano dalle scollature ed i loro corpi che strusciano contro quelli lucidi e scultorei dei ballerini, spingendo il contatto fino alla più sconvolgente intimità. &egrave vero, tutto questo mi affascina, ma non posso staccare gli occhi dai loro volti, dall’estasi che si disegna su quei visi perduti in un mondo lontano, chissà dove; quell’estasi sublime che le lascia indifferenti all’esporsi così oscenamente in pubblico. Vorrei provarla anch’io quell’estasi; giuro che propri vorrei…

Posso dire soltanto che non &egrave possibile resistere a tutto questo. Sono sudato, eccitato, travolto. Vedo quel’le donne muoversi con un ritmo sinuosamente invitante verso i loro compagni di bal’lo, offrirsi a loro con i seni scoperti, le gonne tirate su fino alla vita, accogliere con sublime de’si’derio il contatto con i loro corpi, quasi andare incontro a quelle mani carezzevoli. Nei loro oc’chi non c’&egrave coscienza di quanto sta avvenendo, ma solo desiderio libero e senza freni.
Devo dire che quasi tutti i presenti ormai si sono gettati in questa danza folle e senza limiti e sono pochi quelli rimasti seduti ai tavoli. Tra questi anch’io e non perché non desideri coinvol’germi completamente… lo desidero con tutta la mia forza… ma, come mio solito, più impel’lente si fa in me il bisogno di guardare con distacco, di osservare con freddezza e dall’esterno il succedersi degli avvenimenti, spiare freddamente le reazioni degli altri.
Al centro della sala, il gruppo di ballerini intesse questa specie di ragnatela erotica e sensuale e tutt’attorno il gruppo degli spettatori… spettatori per modo di dire, poiché anche loro partecipano, rapiti, a questo inconscio cerimoniale.
Cerco con lo sguardo Emma. Non c’&egrave! Mi guardo attorno e la vedo in fondo al locale, in una zona in pe’nombra, distaccata dal resto dei ballerini; sta ballando con Vinicius, naturalmente. E sta ballando in una ma’niera assai strana. Anche i suoi occhi sembrano spenti, persi lontano. E la sua espressione emana soltanto desiderio e piacere. Muove al ritmo della musica i suoi fianchi strusciandosi languidamente, ma anche con forza, contro Vinicius che, a torso nudo, le aderisce strettamente alla schiena. Le ha tirato su la gonnellina, da dietro, e vedo chiaramente (o così mi pare!) le cosce snelle, levigate, abbronzate, di Emma vi’bra’re attraversate da scosse nervose, mentre la natiche morbide ed elastiche premono e si stro’finano contro il turgore evidente del giovanotto. Le mani di Vinicius gliele acca’rezzano lateralmente, e vedo le sue dita affondare nella carne bianca e cedevole, forse perché vuole che lei lo senta ancor più! Poi, quelle mani, risalgono sulla vita, sulle spalle, le sollevano i capelli, le carezzano il collo; lei china il capo e piega la testa dall’altro lato espo’nendo la sua gola alle labbra di Vinicius che vi si posano dolcemente. Vedo, come in un’immagine al ral’len’tatore, che le sbottona la camicetta e lo scuro delle sue mani stringersi sulle coppe del reg’giseno, scendere lungo il petto, il ventre, sul davanti della gonnellina azzurra; posarsi sulle sue cosce, risalire, tirando in su anche il bordo inferiore della minigonna. Il triangolino bianco delle mutandine che esplode quasi accecante in quella luce rossa’stra e soffusa… poi scom’pare, nascosto dal bruno colore di una mano di Vinicius che le si insinua tra le gambe.
E’ come se mia moglie si sciogliesse sotto quelle carezze; come se perdesse consistenza e cercasse di fondersi completamente con il corpo dell’uomo. Lei volge lentamente il capo verso di lui, lui si protende verso di lei: le loro labbra si uniscono e mi pare di veder guizzare la lingua di Emma nella bocca di Vinicius. &egrave un bacio sensuale, erotico, appassionato e sembra interminabile; ho come l’impressione che Emma si irrigidisca improvvisamente e poi si scuota; il suo bacino ondulare nervosamente avanti ed indietro, la mano di Vinicius agitarsi tra le sue cosce serrate. Cristo: sta godendo?
Non so cosa provo in quel momento: il battere forsennato del cuore, una fitta al petto, un dolore al pene; una rabbia sorda che mi sale in gola ed un irrefrenabile piacere che m’invade il cervello, mentre sono convinto che una lacrima mi scivoli lungo una gota.
Intanto una donna &egrave stesa sul pavimento (sembra una ragazzina di quattordici/quindici anni… ma &egrave difficile dirlo… e soltanto in un secondo momento saprò che &egrave la ‘mediatrice’ di questa cerimonia… anche se non riesco a capire cosa diavolo significhi) e si agita convulsamente, quasi in preda ad un raptus… e quasi completamente nuda. Attorno a lei alcuni ballerini, inginocchiati, la sfiorano con le mani protese nei punti più intimi del suo essere, muovendosi ritmicamente ma non perdendo mai la sincronia con la musica sempre più ossessivamente battente.
Ed improvvisamente sono anch’io nel cerchio di gente che circonda quel gruppo, che batte le mani a ritmo forsennato, ossessivo, forse che canta anche (non conosco assolutamente quel canto… ma non importa) e che incita perché il contatto tra i ballerini si faccia ancor più intimo ed inestricabile fino al limite estremo.

Oh mio Dio, tutto questo &egrave assolutamente sconvolgente.
&egrave come un sussulto! E mi ritrovo con la schiena addossata ad una colonna, ansimante, con una sensazione di vuoto allo stomaco: la labbra di Vinicius sono aderenti alle mie e la sua lingua mi fruga, frenetica, nella bocca; ho la camicetta aperta ed i seni scoperti, con i capezzoli duri e che mi fanno male premuti contro il suo petto; e sento ancora il calore delle sue mani sulle mie cosce, sul ventre, sull’ingui’ne; ne sento la pressione sul sesso… e sento ancora il turgore rigido del suo desiderio che preme contro le mie natiche. Oh Cristo, ma che cazzo &egrave successo?
Mi stacco da lui ed apro gli occhi: &egrave lì, di fronte a me, puntellato con una mano contro la colonna, al lato della mia testa; i suoi occhi, profondi come un abisso, puntati nei miei ed il suo volto ancora vicinissimo, talmente vicino che sento il calore delle sue labbra; sorride e poi si china a baciarmi ed io mi lascio baciare… ed ancora quella piacevole, per quanto dolorosa, contrazione nel ventre! Lo respingo puntandogli le mani sul petto.
– Cristo, Vinicius che &egrave successo? – ed io stessa non riconosco la mia voce.
Lui scrolla le spalle con indifferenza.
– Abbiamo ballato il samba. – dice con un sorriso. Ed in quel sorriso c’&egrave tutta la follia di questa stra’ma’ledettissima serata.
Abbiamo ballato? Merda… abbiamo solo ballato?
Si china nuovamente e mi bacia sul collo, le sue labbra umide e calde seguono la curva di un seno e la lingua lambisce delicatamente un capezzolo; provo un vibrante brivido quando una sua mano mi si insinua tra le cosce sfiorando la rima del mio sesso, umida e rorida d’umori… ed un conato di vomito mi sale alla gola.

Quando Emma si avvicina al tavolo &egrave pallidissima ed ha un’espressione sofferta sul volto. La camicetta &egrave fuori della gonna ma chiusa fino al collo.
Barcolla leggermente quando poggia le mani sul piano del tavolo e si china verso di me.
– Per favore, Nicò… – dice con voce leggermente tremolante – andiamo via di qui. –
– Perché? – chiedo con un sorriso un po’ sciocco. Cerco di fare l’indifferente ma provo dentro una rabbia così sorda ed intensa che vorrei schiaffeggiarla; farle male!
– Non… non mi sento bene e… –
– Cos’hai? –
Ma credo di saperlo: probabilmente &egrave ubriaca.
– Davvero… mi sento male e ho bisogno di un po’ d’aria. Ti prego… –
La vedo vacillare ed allora mi rendo conto che sta davvero male. Mi alzo, improvvisamente lucido, e le circondo le spalle con un braccio per sostenerla.
– Siediti, aspetta… cerco Carlo e… –
– No, no… andiamocene via da soli. Per favore. –
&egrave così doloroso ed implorante il suo tono che non sto a pormi altri interrogativi. Sempre tenendola abbracciata mi dirigo verso l’uscita.
L’aria esterna &egrave come uno schiaffo in piena faccia che serve a snebbiarmi completamente il cervello. Ho l’impressione di riemergere da un’assurda irrealtà e di tuffarmi improvvisamente nel mondo reale. Sento che Mirella trema violentemente.
– Cerchiamo un taxi e torniamo in albergo. – dico preoccupato.
– No, no, aspetta. Facciamo due passi prima. Ne ho bisogno. –
Tenendole sempre un braccio stretto attorno alle spalle percorriamo alcuni passi fino alla fine del caseg’giato. Lì Emma si appoggia al muro con un braccio e china il capo come se volesse vomitare. La stringo ancora più forte.
– Stai male? –
– No. Ora mi passa… aspetta solo un attimo. –
Respira a fondo e poi si raddrizza lentamente. Per un attimo i nostri occhi si incrociano e nel suo sguardo leggo un profondo terrore. Che mi spaventa.
– Ehi, amore… va tutto bene. – cerco di incoraggiarla.
Siamo fermi, in piedi all’angolo di una strada, nel silenzio della notte, uno di fronte all’altra. Ma il suo sguardo corre oltre la mia spalla.
– Io… non ho più le mutandine. – la sua voce &egrave talmente sommessa che non credo di aver ca’pito quanto ha detto.
– Cosa? –
– Beh… ecco… mi sono ritrovata senza… lì dentro… –
– Emma ma che cazzo dici? – e non lo so se sono più sorpreso o incazzato… o spaventato!
– Io… Cristo… non lo so come… –
– Non lo sai? –
– No! –
– Come sarebbe a dire? –
– Non lo so, non lo so! Ce le avevo… poi qualcuno me le ha sfilate… non so nemmeno io quando né come… –
– E’ stato lui? –
– Chi? –
– Vinicius? –
Perché sto urlando? Perché sento questa sensazione di oppressione proprio nel petto? Che diavolo di senso ha tutto questo? L’ho vista, lì dentro, strusciarsi contro di lui, ho visto come lui l’acca’rezzava, le infilava le mani tra le gambe. E me la ridevo beato. E mi sono anche eccitato. E allora perché?
Oh, merda: perché &egrave mia moglie… ed io la amo!
– Non lo so… io… –
– &egrave stato lui? –
– No… cio&egrave… credo di si… –
– E che altro &egrave successo? –
– Ma te l’ho detto che non mi ricordo niente… –
– Ti ha scopata? –
E mi sorprendo io stesso della durezza del mio tono, della mia rabbia, del mio furore.
I suoi occhi si dilatano, inorriditi.
– Ma sei scemo? –
– Ti ha scopata o no? –
– Nooo! –
– No? –
– No, no, no… –
– Ma come fai ad esserne così sicura se dici di non ricordarti niente? –
Ora la sua voce diventa fredda, distaccata e nei suoi occhi vedo lo stesso furore che sconvolge la mia anima.
– Me la ricorderei una cosa del genere, non ti pare? –
– Però delle mutandine non te ne ricordi! –
– Non &egrave la stessa cosa… credo! –
– Non raccontarmi balle. Ti ho vista, sai, mentre ballavi con lui! –
– Lo so! Ti ho visto che mi guardavi! –
– Già. –
– E ti piaceva, guardarmi, vero? –
– Direi che a te &egrave piaciuto di più… o no? – voglio ferirla… &egrave la cosa che maggiormente desidero in questo momento!
Lei resta in silenzio, a fissarmi disperata.
– Si, mi &egrave piaciuto! E’ questo che vuoi sentirmi dire? – e la sua rabbia esplode violenta ed irrefrenabile – Va bene: mi piaceva quando mi toccava, quando mi ha sbottonato la camicetta e mi accarezzava le tette; mi &egrave piaciuto quando me lo ha fatto sentire duro contro il culo, quan’do mi ha infilato le mani tra le cosce. Vuoi sentirmelo dire, vero? Beh ed allora te lo dico… in quel momento volevo che mi scopasse, lo desideravo ardentemente e credo di essergli venuta tra le mani! Sei contento adesso? Ma, mi dispiace deluderti, non posso dirti se lo ha fatto davvero, perché non me lo ricordo! Per Dio, non mi ricordo quando e come mi ha sfilato le mutandine, non mi ricordo se mi ha scopata… e se pure lo avesse fatto, che cavolo ci vuoi fare? Sei stato tu che sei voluto venire per forza in questo posto del cazzo!-
Ed improvvisamente scoppia a piangere. Improvvisamente ed inaspettatamente. Con dolore, con vergogna, con angoscia. Ed io mi sento un cretino, un perfetto imbecille. E tutta la rabbia scompare lasciando posto ad un tenero desiderio di consolarla.
La stringo forte a me e le carezzo i capelli.
– Dai, ti prego, smettila. Ora chiamo un taxi e ce ne torniamo in albergo e ci dimentichiamo tutta questa stronzata! –
In taxi restiamo in silenzio; lei se ne sta rannicchiata contro il mio fianco mentre io le cingo una spalla con un braccio; le poggio l’altra mano sulla coscia e dopo una breve esitazione la faccio risalire oltre il bordo della minigonna. Una strana emozione mi serra la gola perché credo che lei fermerà questo mio gesto. Ma non lo fa. Ha un lungo brivido quando le sfioro il sesso. Continuo a carezzarla per tutto il tragitto.

Abbiamo fatto l’amore questa notte e lo abbiamo fatto con una intensità ed un abbandono mai provato prima; mentre Nico continua a carezzarmi, esplorarmi, lambirmi come solo lui sa fare… e mi spinge in un paradiso incantato… e poi quando lo sento in me, riempirmi fino in fondo all’ani’ma… lui continua a chiedermi, con curiosa dolcezza, che diavolo &egrave successo in quello strafot’tutissimo locale, mentre ballo con Vinicius. Io cerco di essere il più sincera possibile con lui e continuo a ripetergli che proprio non mi ricordo quello che &egrave successo realmente… ed &egrave vero! Davvero ho un ricordo frammentario, nebuloso, confuso di quanto accaduto nel locale; però, e non so spiegarmene il perché, dentro di me sono convinta che quel figlio di puttana mi abbia scopata veramente… e forse mi &egrave anche piaciuto! Ma &egrave assurdo, inconcepibile, che un uomo possa avermi presa, posseduta, amata senza che io me ne accorgessi. Senza che io lo sentissi… come ora sento Nicolap.ss, dentro di me… gonfiarsi, esplodere… mentre, esausta, mi abbandono al sonno.
E mi auguro solo che tutto questo sia stato soltanto un sogno.

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