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Racconti Erotici Etero

ESPOSTA

By 2 Maggio 2018Dicembre 16th, 2019No Comments

Sono sempre stata abbastanza castigata nel vestirmi. Non ho mai messo gonne, magliette o canottiere scollate. Non &egrave che non mi senta attraente, anzi, sono perfettamente consapevole del mio aspetto fisico. Da ragazzina giocavo tanto a pallavolo, e crescendo, anche se ho abbandonato questo sport, mi sono buttata nel mondo del fitness: corsa almeno due volte a settimana, e altre due volte a settimana palestra in sala pesi. Per non parlare della mia fissazione per il cibo sano.
Tuttavia, sono sempre stata frenata e non mi sono mai messa in mostra. A malapena metto i pantaloncini corti quando vado a correre d’estate. Questo perché, sentirmi gli occhi addosso dei maschi, mi mette in imbarazzo. Sapere di suscitare in loro del desiderio, da una parte ovviamente mi lusinga, ma allo stesso tempo sapere che chissà quali viaggi mentali si fanno con me protagonista, mi fa arrossire al solo pensiero.
Detto questo, arriviamo a Marco. Marco &egrave il mio fidanzato. Stiamo insieme da ormai quattro anni, viviamo insieme da uno e mezzo, e il nostro rapporto &egrave un po’ particolare. Comincio col dire che Marco &egrave il tipico maschio alfa, e ha sempre avuto con me i classici comportamenti da maschio italico. A me stava bene, mi faceva anche sentire protetta, guidata, sicura.
A lungo andare, però, sono uscite alcune sfumature del suo carattere che all’inizio non avrei mai sospettato. Sfumature, sì, mai termine fu più azzeccato: tutto infatti ha iniziato ad emergere dopo aver visto insieme il film Cinquanta sfumature di grigio.
Il nostro rapporto non si &egrave trasformato dall’oggi al domani, ma poco alla volta. Lui indagava su cosa ne pensassi facendo domande strategiche, partendo sempre con un collegamento al film che avevamo visto insieme.
– Ma pensi che abbia esagerato a farsela mentre era legata e bendata?
– Ma no, non credo.
– Proveresti?
Cose di questo genere insomma.
Io onestamente non so bene da dove abbia preso il fegato, e la voglia, di dirgli quello che ho detto alla sua ennesima investigazione sull’argomento, ma un giorno mi sono ritrovata a dirgli le seguenti parole.
– Senti Marco, continui a chiedermi queste cose. Perché non fai l’uomo e non ti decidi a fare tutto quello che vuoi?
Lui non si sarebbe mai aspettato una mia uscita del genere, e forse nemmeno io. Non ha iniziato da subito al cento per cento, &egrave stata una trasformazione graduale.
All’inizio si limitava a fare l’amore in maniera un po’ più decisa: basta con la solita posizione del missionario, ha iniziato a mettermi spesso a quattro zampe, prendendomi da dietro.
Successivamente ha deciso di pretendere da me molto più sesso orale di prima, chiedendomelo anche in contesti diversi dalla camera da letto. Un esempio di questo può essere quando &egrave capitato un giorno che rientrasse da lavoro: &egrave andato direttamente sul divano, e mi ha detto subito di andare a fargli un pompino. Io ho mollato su due piedi quello che stavo facendo, sono andata davanti a lui, mi sono inginocchiata e mi sono messa a succhiarglielo.
E nello stesso sesso orale ha iniziato ad essere molto più esigente di prima: ha preteso, ad esempio, che imparassi a succhiarglielo prendendolo fino in gola, cosa che inizialmente non riuscivo a fare, e poi che ingoiasse sempre tutto quanto lo sperma. Anche prima ingoiavo, sia chiaro, però lo sperma non finiva mai tutto quanto in bocca, ma solo una parte: il resto finiva un po’ sulla faccia, e gran parte, anche una metà abbondante, gli restava sul pene o sulla pancia. Quando capitava, io dovevo comunque ripulire tutto quanto, o aiutandomi usando le dita, o leccandolo direttamente dal suo corpo.
Poi &egrave arrivato anche il sesso anale. Non &egrave stato affatto brutale nell’iniziarmi a questa pratica, anzi. Il suo essere la parte dominante della coppia non l’ha mai fatto sentire autorizzato a maltrattarmi. Sia chiaro, inizialmente faceva un po’ male, e io ho dovuto sopportare molto. Lui però &egrave sempre stato delicato e la cosa si &egrave svolta in maniera molto graduale.
Da un po’ di tempo, però, le cose hanno iniziato a farsi più difficili. Il suo raggio d’azione si sta infatti espandendo, andando anche oltre i confini domestici. Ha deciso infatti di impormi di vestirmi come dice lui. Il punto &egrave che se, come già detto, io sono sempre stata molto castigata nel vestirmi, lui desidera che io metta in mostra il mio corpo. In questo il suo carattere differisce di parecchio da quello di quasi tutti gli altri maschi che ho conosciuto: se di solito ho avuto anche fare con maschi che, per gelosia, volevano che la propria donna si coprisse il più possibile, Marco vuole esibirmi, mostrare al mondo quanto sia desiderabile la sua donna, permettere agli altri di fantasticare sul mio corpo, rendendogli ancora più eccitante il fatto che io appartenga a lui e lui solamente.
Ho dovuto quindi gradualmente abbandonare jeans e pantaloni, per delle gonne che diventavano sempre più corte. Anche le magliette ora le porto molto più scollate, così come le canottiere.
Questo &egrave quanto successo fino ad oggi, a grandi linee. Ma oggi, Marco mi ha detto che mi porterà a superare tutti i miei limiti. Non mi ha dato altri dettagli, ma solo istruzioni su come vestirmi: una minigonna, di quelle che non arrivano nemmeno a metà coscia, molto leggera, di colore giallo chiaro e aderente, così aderente che camminando tende a risalire, una canotta bianca, scollatissima, anch’essa aderente, un reggiseno nero, mutandine nere e delle semplici all star ai piedi, senza calze. Niente borsa, niente cellulare, nient’altro.
Così vestita, a causa dei colori molto chiari, quasi trasparenti, di gonna e canotta, molto in contrasto col nero dell’intimo, mutande e reggiseno si vedono in maniera molto nitida.
Mentre siamo in macchina, gli chiedo dove stiamo andando.
– Andiamo al cinema ad Assago. Vengono anche Jacopo Andrea e Paolo con le loro ragazze. Andiamo allo spettacolo delle 18 e poi mangiamo qualcosa in pizzeria.
I suoi tre migliori amici, e le loro fidanzate, con cui sto iniziando ad entrare un po’ in confidenza. Conoscendo bene le persone con cui stiamo per uscire, mi sento ancora più in imbarazzo ad uscire così. Già oggi fa molto caldo, spero che la situazione non mi faccia diventare paonazza.
Quando arriviamo loro sono già tutti lì. Poco dopo esserci salutati, ci dividiamo subito in gruppetti, maschi e femmine. Laura, la fidanzata di Jacopo, non perde tempo.
– Chiara, che audacia stasera! Ma ti sei accorta che si vedono mutande e reggiseno?
Potevi anche farti i fatti tuoi invece che farmelo notare immediatamente.
– Sì, lo so. Però mi sembrava comunque di stare bene.
– Ah quello di sicuro. Togli letteralmente il fiato.
– Ma?
– Ma cosa?
– La tua &egrave la tipica frase che precede un ma.
– Sì, hai ragione. Ma così avrai addosso anche gli occhi dei nostri fidanzati.
E così mi spiegano come, i loro fidanzati, credendo di non essere sentiti da loro, si siano scambiati delle battute su di me mentre mi vedevano arrivare, riferendosi alle mie trasparenze, al mio reggiseno, e alle mie mutande.
La serata inizia bene.
Le cose precipitano durante lo spettacolo. Io sono seduta all’estrema sinistra del gruppo, accanto a Marco. Alla mia sinistra non c’&egrave nessuno, il mio &egrave il primo posto della nostra fila. Mentre il film va avanti, già dopo l’intervallo di fine primo tempo, e tutti i nostri amici sono presi dalla trama, Marco si mette a sussurrarmi all’orecchio.
– Togliti il reggiseno.
– Che cosa?
– Ho detto: togliti il reggiseno.
– Sì, avevo già capito cos’hai detto. Era per dire che sei pazzo! Se ne accorgeranno tutti.
– Fai quella magia che fate voi ragazze, che vi togliete il reggiseno con la maglietta ancora addosso. E poi hai addosso solo una canotta, sarà ancora più semplice.
– Ma poi me lo ridai? Con le trasparenze che ci sono se ne accorgeranno subito che manca il reggiseno, si vedeva in maniera chiarissima.
– Tu inizia a darmelo.
Inutile stare a discutere. Mi sfilo prima una spallina, poi l’altra. Senza fare rumore lo slaccio, lo sfilo da sotto la canotta e una volta ripiegato, glielo consegno. Lui lo prende e lo mette nella tasca dei jeans.
– Ora le mutandine.
– Cosa?
– Vuoi rimetterti a discutere? Lo sai che &egrave inutile.
Metto le mani sotto la gonna, afferro le mutande e me le sfilo, facendole arrivare fino ai piedi. Mi chino per raccoglierle, e subito dopo gliele consegno.
– Promettimi che mi ridai tutto prima che finisca il film.
– Ci devo pensare.
Ci pensa su molto poco, perché dopo nemmeno un minuto si alza.
– Sta a guardare.
Seguo la sua figura nella penombra dirigersi verso il cestino. Si distinguono a malapena forme e contorni, ma non ci vuole molto a capire che sta buttando il mio completo intimo nel cestino.
Sono fottuta. Appena riaccenderanno le luci, si accorgeranno subito che sotto due indumenti leggerissimi sono nuda. L’intimo nero era così evidente che ora &egrave palese che l’ho tolto. Cosa penseranno di me? Ma il problema non &egrave solo chi noterà la differenza tra prima e dopo. Il problema &egrave chiunque, perché la canotta &egrave abbastanza trasparente da far distinguere i capezzoli senza troppa difficoltà. E la gonna. La gonna &egrave aderentissima, e sarà sotto gli occhi di tutti l’assenza di qualsiasi tipo di biancheria sotto quello strato sottilissimo.
Alla fine del film, quando si riaccendono le luci della sala, mi terrorizzo guardandomi. La situazione &egrave peggio di quanto pensassi. Anche perché, pur non essendo il mio seno eccessivo, &egrave comunque una terza generosa, e in una canotta aderente &egrave più che sufficiente per rendere più che evidente l’assenza del reggiseno.
Il primo a notarmi &egrave Jacopo, che era seduto accanto a Marco. Appena il suo sguardo si posa su di me, sgrana letteralmente gli occhi. Stessa cosa che accade a tutti gli altri, non appena si accorgono della situazione.
All’uscita della sala, per fortuna, o per sfortuna, c’&egrave moltissima confusione. Essendo andati allo spettacolo delle 18, ed essendo venerdì sera, siamo usciti dal cinema all’ora di punta, e quindi la piazzetta di fronte al multisala &egrave stracolma di gente. Quindi per fortuna c’&egrave abbastanza gente da potermi mischiare nella folla, ma per sfortuna, in mezzo a tutte quelle persone, sono molti i singoli individui che si accorgono di me.
Mi sento violata da mille occhi.
Ci sediamo ad un tavolo nella pizzeria che si trova di fronte al cinema. La cena più lunga della mia vita. Anche perché, ancora prima di ordinare, la simpaticissima Silvia, fidanzata di Andrea, se ne esce con una battuta che mi fa stare ancora peggio di prima.
– Chiara, non pensi di aver dimenticato qualcosa al cinema?
Vaffanculo, che cazzo.
Per fortuna adesso siamo nuovamente in macchina. Mi rilasso pensando che questa sera sta volgendo al termine. Ma mi sbaglio.
– Dai, togliti le scarpe.
– Perché?
– Che ti importa? Tu toglile.
Tolgo le scarpe, rimango scalza.
– Sono le 22.30, c’era un altro film alle 23.10. Andiamo a vederlo. Lascia le scarpe in macchina.
– Ok.
Camminare scalza per strada mi fa sentire ancora più esposta di quanto già non fossi. Non &egrave una cosa che fa gridare allo scandalo, andare in giro a piedi nudi. Ma &egrave una cosa insolita, che attira l’attenzione. Inoltre, Marco mi ha dato altre direttive: devo camminare tenendo le braccia incrociate dietro la schiena, e non posso spostarle mai da lì nemmeno per riabbassare le gonna. Se si alza un po’, amen, lì resta.
Il ragazzo che fa i biglietti mi osserva come un affamato mentre consegna a Marco il resto. Quello che ce li strappa all’ingresso per poco non viene stroncato da un attacco di cuore.
La sala &egrave quasi deserta. Il film &egrave in programmazione da settimane, e questo &egrave l’ultimo spettacolo di oggi. Vediamo solo un paio di coppie di amici e uno spettatore singolo. Tutti maschi, tutti a occhio tra i venti e i quaranta. Appena entriamo, si girano tutti a guardarmi, tutti col solito sguardo da maniaci arrapati.
Tutti i presenti sono sparpagliati nelle ultime due file in alto della sala. Noi prendiamo posto tre o quattro file più in basso.
Appena si spengono le luci, e inizia il film, Marco mi dice di allargare le gambe. Mi appoggia una mano sulla gambe, la porta su lentamente, e arriva al mio sesso. Sono fradicia. Completamente bagnata. Sono sincera, non me ne ero nemmeno resa conto. Tutto questa esposizione, questa esibizione, questi sguardo addosso al mio corpo, che mi frugavano. Questa mia messa in piazza della mia sottomissione a Marco, mi ha eccitata in una maniera che non credevo possibile. Inizia a masturbarmi con le dita, prima giocando col clitoride, poi infilandole dentro di me, facendole scivolare dentro senza la minima difficoltà.
Penso che in questo momento non sarei in grado di dirgli di no a nulla.
Si slaccia i pantaloni e tira fuori il membro già eretto. Non c’&egrave bisogno che mi dica nulla, vado giù e inizio a succhiarglielo avidamente. Lavoro molto la punta con la lingua.
– Mettiti in ginocchio, per terra davanti a me. Continua da lì.
Eseguo l’ordine. Per qualche minuto mi limito a leccargli le palle, poi torno al suo pene e inizio a usare anche la gola, andando in profondità. Normalmente gli basterebbero circa dieci minuti per venire, ma sta volta la tira per le lunghe, vuole godersi il momento il più possibile.
Mi prende un colpo quando all’improvviso si interrompe il film per l’intervallo e si riaccendono. Faccio per rialzarmi ma Marco mi blocca subito.
– Non ti ho detto di smettere.
Ricomincio a succhiarlo, ma i miei occhi intanto vagano. Guardo in alto, vedo alcuni di quelli nelle file in alto che si alzano, magari per andare in bagno, o passare dal bar. E inevitabilmente guardano giù. Il mio sguardo incrocia quello di un paio di ragazzi che avranno più o meno la mia età. Uno di loro decide di restare lì fermo, a guardare mentre io continuò imperterrita. Richiama l’attenzione anche di un suo vicino, mentre anche qualcun altro si accorge dello show che sto dando in mezzo alla sala.
– Sei una star, Chiara.
Uno dei tizi che mi sta guardando scende le scale, arriva alla nostra fila, e viene a sedersi proprio dove ero seduta io, accanto a Marco.
– Salutalo, Chiara.
– Ciao.
Il tizio ricambia il saluto.
– Chiara, fa vedere al tuo nuovo fan come sei brava a prenderlo tutto.
Senza ormai alcuna fatica, vista la frequenza con cui mi fa usare la gola, faccio sparire tutto il suo membro dentro di me. Lo tengo lì, guardando il nostro ospite. Appena finisco l’aria lo tiro fuori, e poi subito dopo lo ingoio nuovamente tutto, fino in fondo, arrivando a toccare con le labbra il suo ventre.
– Che brava.
– Sì, &egrave proprio brava. Ora però smamma, che ricomincia il film.
Marco &egrave molto più grosso di lui, e anche non lo fosse non &egrave certo la migliore situazione in cui mettersi a menar le mani, quindi il tizio, senza protestare, si alza e torna al suo posto.
Poco dopo l’inizio del secondo tempo, decide che &egrave arrivato il momento di svuotarsi.
– Apri la bocca.
La apro, e lui inizia a masturbarsi tenendo la punta molto vicina alle mie labbra. Io raccolgo in bocca tutto lo sperma, lo tengo sulla lingua. Rimango lì a guardarlo con la bocca aperta, mostrandogli tutto quel liquido bianco e caldo. Proprio come nei porno.
– Manda giù.
Subito dopo aver ingoiato, riapro la bocca per mostrare al mio uomo di aver ingoiato tutto. Di nuovo, proprio come nei porno. Dall’ultima fila sento due persone applaudire, sicuramente si riferiscono alla mia performance.
Torno a sedere al mio posto. Lui mi porge un dito.
– Hai dimenticato qualche goccia.
Metto il dito in bocca, e mando giù anche quei pochi residui.
Finito il film, restiamo un po’ seduti, facendo uscire tutti gli altri presenti in sala prima di dirigerci nuovamente verso la macchina.
Fa sicuramente meno caldo di prima, essendo ormai circa l’una di notte. Tuttavia, sono perfettamente consapevole che le mie guance sono più rosse di quando siamo arrivati al cinema nel tardo pomeriggio con trenta gradi.
Una volta in macchina, appena ripartiti, faccio per rimettermi le scarpe, ma mi blocca subito.
– Non rimetterle, buttale nei sedili dietro.
– Va bene.
– E ora spogliati, togliti tutto.
– Ma..
– Ma cosa? Avanti.
Mi sfilo per prima cosa la gonna, poi anche la canotta, rimanendo completamente nuda, senza addosso non un solo calzino, orologio, braccialetto, orecchino o elastico per capelli. Solo io e la mia pelle, e non mi sono nemmeno truccata.
Gli do i vestiti e se li appoggia sulle ginocchia mentre guida. Mi dice di masturbarmi, di arrivare fino all’orgasmo. Io non ci metto tanto ad arrivare vicinissima al culmine. Sto impazzendo dall’eccitazione da ormai circa sei ore. Sto per esplodere, ma mi blocco quando vedo Marco abbassare il finestrino e buttare fuori i miei vestiti.
– No! Ma che cazzo fai?
– Che c’&egrave? Hai qualche problema?
– Sì che ho qualche problema! Ma sei scemo? A quest’ora davanti a casa nostra non ci sarà mezzo posto libero, tu non hai il box e dovrai parcheggiare ad un isolato di distanza! Sempre se va bene!
– E allora? E allora sono nuda!
– Sì, lo vedo. E sei bellissima.
– Come cazzo faccio adesso?
– Fai che ovunque parcheggio, tu scendi dalla macchina e andiamo a casa.
– C’&egrave il bar e la pizzeria vicino a casa, anche se &egrave l’una, &egrave facilissimo che si possa incrociare qualcuno!
– Ah sì? Che peccato.
Mi faccio promettere che farà almeno un paio di giri, per cercare un parcheggio che sia vicino a casa. Purtroppo però, l’unico posto che troviamo libero mi costringe a fare un tratto a piedi di circa cento metri, passando davanti ad una gelateria che nella stagione calda resta aperta fino a tarda notte, fungendo da punto di ritrovo per molti ragazzi.
– Vai avanti tu, io ti seguo da una ventina di metri di distanza. E cammina come prima, con le braccia incrociate dietro la schiena.
– Sì, va bene.
Inizio a camminare. Sento l’aria fresca della notte accarezzarmi la pelle, ricordandomi di essere completamente nuda in mezzo alla strada. Più o meno arrivata a metà strada scorgo la gelatiera, e ad ostruire il passaggio sul marciapiede vedo tre o quattro ragazzi intorno ai vent’anni.
– Permesso, scusate.
D’istinto si spostano per farmi passare, visto che non mi avevano vista arrivare. Ci mettono tutti qualche secondo a realizzare che non indosso nulla. Sento gli apprezzamenti, sento il chiacchiericcio. Sento i loro occhi sul mio culo mentre mi allontano. Dopo un po’ mi giro.
Non mi segue nessuno, solo Marco.
Arrivo al portone di casa nostra. Marco &egrave ancora distante. Prego in tutte le lingue del mondo che non arrivi nessun vicino di casa, e per fortuna le mie preghiere vengono ascoltate.
Entriamo in casa e crollo subito a terra distrutta dalla tensione. Il contatto tra la mia pelle nuda e il pavimento freddo mi fa venire i brividi.
Lui si avvicina. Slaccia i pantaloni e inizia a masturbarsi. Fa molto veloce, ci mette meno di cinque minuti a godere, e sparge per terra una quantità di sperma, che per aver goduto poco più di un’ora fa &egrave sorprendente.
– Pulisci tutto, ti aspetto a letto.
Mi metto a leccare il pavimento. Prima ancora di aver finito, alzo lo sguardo verso di lui.
– Marco..
– Sì, dimmi.
– Prima di venire a letto, posso masturbarmi anch’io?
Fa passare qualche istante, poi mi sorride.
– Ma certo, te lo meriti.
– Grazie amore mio.

Dalla sera del cinema ci sono stati nuovi cambiamenti, anche nella nostra quotidianità casalinga. In casa, adesso, per me &egrave completamente vietato l’uso di vestiti: niente calze, niente reggiseno, magliette, canotte o pantaloni. Solo le mutande, ma solo quando ho il ciclo. Unica eccezione.
Devo essere sempre disponibile, e sempre esposta ai suoi occhi. Che lui sia in casa o meno non fa alcuna differenza: la regola, infatti, vale anche quando sono in casa da sola.
Questa nudità forzata mi rende sempre disponibile a qualsiasi sua voglia, e mi fa sentire ancora più sottomessa di quanto già non mi sentissi.
Le sue richieste si fanno sempre più spinte. Qualche giorno fa, ad esempio, mentre stavano facendo colazione, mi ha detto di andare sotto al tavolo a fargli un pompino mentre finiva di bersi il caff&egrave. Non aveva alcuna importanza che io fossi anche a metà del mio pasto, ho dovuto abbandonare tutto, e mettermi in bocca il suo membro succhiandolo fino a portarlo all’orgasmo. Dopo avermi riempito la bocca di sperma, mi ha detto però di tenerlo tutto in bocca, senza ingoiare.
– Torna a tavola.
Una volta seduta nuovamente al mio posto, mi ha fatto sputare tutto lo sperma sulla fetta biscottata che stavo per preparare, e poi l’ho mangiata. C’&egrave chi porta alla sua ragazza le brioche alla crema, e chi si gode una fetta biscottata alla sborra.
La situazione in cui si diverte di più a vedermi nuda in casa &egrave quando faccio le pulizia. Rimane seduto sul divano a guardarmi con la faccia da ebete, un ebete innamorato, che dopo tanti anni ancora impazzisce a vedere nuda la propria fidanzata. Spesso, ad esempio mentre sto spolverando la libreria, mi accorgo che si abbassa i pantaloni e inizia a masturbarsi, e lo sento quasi grugnire quando mi metto in punta di piedi per raggiungere i punti più elevati.
Amo sentire i suoi occhi addosso, e così a volte mi ritrovo anche a provocarlo, ad esempio mettendomi di proposito a cavallo sulle sue gambe sistemando i cuscini del divano, o mettendomi a quattro zampe per terra davanti a lui, dandogli le spalle ed esponendo il mio sesso mentre pulisco con cura le piastrelle del soggiorno.
Proprio mentre facevo questo giochetto di mettermi in ginocchio, una domenica pomeriggio, senza alcun preavviso, l’ho sentito entrare dentro di me. L’ingresso non &egrave stato affatto doloroso, visto che quando mi trovo in queste situazioni, sono sempre e eccitata &egrave bagnata. Non abbiamo mai cambiato posizione, sono stata per circa venti minuti a quattro zampe per terra mentre mi sfondava da dietro tenendomi per i fianchi, e ogni tanto tirandomi anche i capelli, finché non &egrave esploso e non mi ha riempita del suo nettare.
Anche se sono vari mesi che prendo la pillola anticoncezionale, questa &egrave stata la prima volta che mi &egrave venuto dentro. Forse perché ancora non si fidava, o magari preferiva venirmi in bocca, questo non lo so. Dopo aver finito, mi ha detto di raccogliere tutto lo sperma infilando dentro le dita, e ingoiarlo come al solito, per poi ricordarmi di pulire anche le poche gocce che erano finite sul pavimento nell’estrarre il pene da me.
Sono venuta due volte quel pomeriggio: una mentre mi scopava, e una mentre mi toccavo per ripulirmi con le dita.
Marco &egrave appena entrato doccia stamattina quando sento suonare al citofono. Le zanzariere, cazzo, non ci pensavo più. Oggi dovevano venire due operai di una ditta che fa zanzariere, per prendere le misure di tutte le nostre finestre per poi farci avere un preventivo. Apro il portone, e corro subito in bagno da Marco per avvertirlo mentre gli operai arrivano al nostro piano.
– Va bene, dagli retta tu mentre io mi faccio la doccia la barba e mi vesto.
– Ok, allora vado a mettermi addosso qualcosa.
– Non credo proprio.
– Cosa?
– Non &egrave necessario che tu ti vesta, vai benissimo così.
– Starai scherzando spero.
– Niente affatto. E non scordarti di tenere le braccia dietro la schiena.
– Pure?
– Sì, pure. Ora vai.
Ok, ora sono agitata. Mi metto davanti alla porta di casa, e mi vengono quasi le palpitazioni quando sento il rumore delle porte dell’ascensore che si aprono, e subito dopo dei passi dirigersi verso la porta di casa.
Suona il campanello. Apro.
– Buongiorno, entrate pure.
Notano ovviamente subito che sono completamente nuda.
– Buongiorno, &egrave un brutto momento?
– No, si figuri, venite pure.
Con un po’ di titubanza, entrano, e io chiudo la porta dietro di loro.
– Accomodatevi pure in cucina. Gradite un caff&egrave?
Li vedo naturalmente confusi. Il fatto di dover tenere le braccia dietro la schiena mi obbliga a mantenere il mio seno totalmente in vista, così come il mio sesso, che non posso nascondere in nessun modo.
– Sì, la ringrazio. Se però deve prima andare, non so, a mettersi addosso qualcosa, vada pure.
– No, grazie. Sto bene così.
Preparo il caff&egrave, lo porto a tavola e mi siedo davanti a loro. La situazione blocca un po’ tutti quanti e ci ritroviamo a stare totalmente in silenzio.
– Bene, se volete potete pure iniziare dalla cucina.
– Ok, prendiamo le misure.
Resto lì in loro presenza mentre prendono le misure, in piedi, con le mani dietro la schiena. Esposta.
Ogni volta che si girano verso di me, mi accorgo che mi squadrano dalla testa ai piedi. Uno dei due si sofferma più sul seno. L’altro sembra guardare di più le gambe e i piedi.
Lo ammetto, l’imbarazzo sta iniziando a svanire facendo posto all’eccitazione.
Finita la cucina li accompagno in camera da letto. Cammino davanti a loro, e quando mi giro per vedere se mi stanno seguendo mi accorgo che entrambi hanno gli occhi fissi sul mio culo.
Passando accanto al bagno, non sentendo scorrere l’acqua della doccia capisco che Marco ha finito di lavarsi, e immagino quindi che ci raggiungerà da un momento all’altro.
Infatti &egrave così, lui arriva mentre stanno prendendo le misure della porta finestra della camera da letto da qualche minuto, vestito con una tuta da casa.
Si presenta, chiede ai nostri ospiti se sono stata una brava padrona di casa, sottolineando ‘di casa’, come lasciando intendere che lui &egrave padrone di me.
Gli operai ridono, guardandomi, e cogliendo con ogni probabilità i significati nascosti della frase di Marco.
– Tu va in soggiorno. Bendati bene, siediti sul divano e inizia a masturbarti. Senza godere però.
– Va bene, vado subito.
Prendo una delle mie sciarpe, una molto scura, in modo che una volta bendata io non sia in grado di vedere nulla. Mi siedo sul divano e inizio a toccarmi. Inutile dirlo, ovviamente: sono tutta bagnata, e le dita scivolano dentro di me con una facilità quasi irrisoria.
Passano circa quindici minuti quando sento i passi degli operai, e di Marco, arrivare in soggiorno per prendere le misure delle finestre. Sento dei risolini, e anche se non li posso vedere, riesco a percepire un gioco di sguardi e di gomiti tra i due ospiti.
Ci mettono un po’ di più a prendere le misure rispetto alle altre stanze, sia perché le finestre in sala sono più grandi, sia sicuramente perché la mia figura nuda, sudata e ansimante che si contorce sul divano tende a distrarli.
Una volta finito, sento due mani appoggiarsi sul mio seno. Do per scontato che siano di Marco. Le sento toccarmi il seno, strizzarmelo, stringermi i capezzoli tra le dita. Mi prende un colpo quando sento altre due mani iniziare a toccarmi l’interno delle cosce.
– Ma cosa..
– Zitta, e continua a fare quello che stavi facendo. E non godere.
La voce di Marco proviene dall’altra parte della stanza. Le mani che mi stanno violando sono quindi, tutte quattro, degli operai che, una volta terminato di prendere le misure delle finestre, stanno prendendo le misure del mio corpo.
– Marco..
– Sì, dimmi.
– Non resisto più, fammi godere.
– Vuoi godere?
– Sì..
– Quanto vuoi godere?
– Troppo.. troppo.. non resisto più.
– Non ancora. Va avanti.
Sto quasi male dalla voglia che ho. Continuo a toccarmi, ad arrivare al limite, per poi costringermi a fermarmi e ricominciare subito dopo. Le mani degli operai passano per tutto il mio corpo. Mi toccano le braccia, il collo, i fianchi, passano dietro la schiena, mi toccano le cosce, i piedi, naturalmente il seno, il fondo schiena. Ormai conoscono il mio corpo a memoria.
– Marco..
– Sì, sì. Godi pure.
Finalmente posso lasciarmi andare, e mi faccio travolgere da un orgasmo potentissimo. Sento quasi tutti i muscoli del mio corpo vibrare, pervasi dal piacere.
Alla fine giaccio sul divano tra le mani di due sconosciuti, tutta sudata, ansimante come dopo una lunga corsa. Le guance sono bollenti, devono essere quasi viola.
– Bene ora puoi sbendarti. Offri ai tuoi nuovi amici qualcosa di fresco da bere e poi accompagnali alla porta, io vado a vestirmi per il lavoro. Signori, &egrave stato un piacere. Attendo allora una mail col preventivo.
– Piacere nostro.
Come biasimarli.
Mi tolgo la benda. Riguardarli negli occhi dopo quello che &egrave appena successo mi fa sentire ancora più in imbarazzo di prima. Dico loro che possono aspettarmi sul divano, e vado in cucina a prendere due bibite fresche dal frigo. Se le gustano sul divano mentre io resto in attesa di fronte a loro, in piedi, con le mani dietro la schiena. Esposta, finché non finiscono, e quindi se ne vanno.
Ci sono cose che stanno diventando delle regole fisse anche fuori di casa. L’intimo ormai, non lo uso più, salvo che quei giorni in cui non posso fare altrimenti. Questo vale ovunque io debba andare, che sia a lavoro, in palestra, a fare la spesa, o uscire con le amiche. L’altra regola fissa, &egrave che Marco decide sempre cosa dovrò indossare per uscire, e io non ho alcuna possibilità di oppormi.
Ah, e devo sempre camminare con le braccia dietro la schiena.
Tendenzialmente preferisce gonne, anche molto corte, leggere e con colori chiari, in modo che anche in trasparenza si possa intuire quanto sono esposta. Sulla parte alta ama scollature profonde.
Il mio cambiamento &egrave stato evidente soprattutto a lavoro. Lavorando in un call center, in cui siamo tutti sistemati in un open space, e i pettegolezzi sono all’ordine del giorno, certi cambi di look non passano inosservati.
Il punto &egrave che già prima mi sentivo molto osservata, essendo comunque una delle poche ragazze belle dell’ufficio. Bastava indossare un paio di jeans un po’ aderente per incollare sul mio culo gli occhi di tutti i maschietti. Adesso la situazione &egrave precipitata: non si parla altro che di me.
La mia fortuna &egrave stata che, lavorando comunque da seduta ad una scrivania, nessuno ha mai capito che vengo a lavorare senza mutande. Che vengo senza reggiseno, invece, &egrave più che palese.
Questa fortuna &egrave però finita, perché un po’ di giorni fa Marco mi ha ordinato di far sapere che non porto le mutande. Non mi ha dato istruzioni precise su come fare, mi ha semplicemente detto di farlo.
Non potendo certo mettere i manifesti, e non volendo comunque aprire le cosce davanti a qualche, di fatto, semi sconosciuto, ho deciso di agire in un modo più diplomatico, ma altrettanto imbarazzante: durante una pausa caff&egrave, mi sono ritrovato a chiacchierare con un collega, e gli ho chiesto se lui &egrave un tipo da boxer o slip. Mi ha risposto dicendo di essere uno da boxer e, come mi aspettavo, sapendolo abbastanza malizioso, ha chiesto che biancheria intima portassi io. La sua faccia sarebbe stata da fotografare, quando gli ho detto che io non la porto. Considerando anche che quel giorno la gonna che portavo, più che una gonna, poteva quasi definirsi una grossa cintura.
La voce nell’ufficio, come previsto, ha iniziato subito a girare. Le reazioni sono state molto varie: le colleghe sono state abbastanza critiche, chiedendomi se era vero, perché lo facessi, se fossi diventata scema; i colleghi hanno iniziato a guardarmi ancora più di prima. Del resto era evidente ormai come non disdegnassi affatto sentirmi addosso gli occhi di tutti.
Non avrei mai pensato che potesse essere così bello sentirsi mangiata con gli occhi.
Ieri Marco mi ha dato un ordine particolare. Mi ha detto di vestirmi come al solito con una gonna e una canotta scollata, mettendole però al rovescio. Se e quando qualcuno mi avesse fatto notare il mio errore, non importa dove fossi, non importa con chi, mi sarei dovuto togliere i vestiti, sistemarli e rimetterli.
&egrave successo durante la pausa sigaretta. Io non fumo, ma soprattutto quando fa caldo, mi piace andare sulle scale anti incendio a prendere un po’ d’aria e fare due chiacchiere con chi si trova lì. C’erano due colleghi, solo uno fumava. Appena sono arrivata mi hanno radiografata dalla testa ai piedi. &egrave stato quello che non fumava a farmi notare l’errore, chiamiamolo così, nel vestirmi.
Confesso che per quanto mi stia piacendo sempre di più farmi guardare, questa &egrave stata la prima volta in cui mi sono dovuta spogliare completamente di fronte a qualcuno che conosco e che incontro tutti i giorni, ed &egrave stato veramente difficile. Qualche titubanza l’ho avuta, lo confesso. Ma mi &egrave stato impartito un ordine, e devo portarlo a termine.
Ho tolto prima la canotta con quanta più naturalezza possibile, rimanendo a seno scoperto, e poi ho tolto anche la gonna. Gli sguardi dei due ragazzi mentre ero con addosso solo le scarpe sono stati impagabili. Ho raddrizzato i vestiti e poi ho indossato prima la gonna, e poi la canotta.
&egrave stato difficile dopo tutto questo rimettersi a parlare come nulla fosse, ma ci ho provato. Domani in ufficio non si parlerà d’altro.
Finalmente &egrave ora andare a casa. Stasera &egrave venuto Marco a prendermi, visto che la mia macchina ha avuto un piccolo problema meccanico.
– Allora, hai fatto quello che ti ho detto di fare.
– Sì, l’ho fatto.
– E com’&egrave andata?
Gli racconto tutto quanto nei dettagli mentre ci avviamo verso casa. Alla fine del resoconto, mi infila una mano tra le cosce.
– Non sei bagnata però.
– &egrave successo diverse ore fa.
– Bella scusa. Dai, spogliati. Togliti tutto.
– Come, adesso?
– Sì adesso, ci sono problemi.
– Marco, scusami, ma sono le sei e c’&egrave ancora il sole. E poi siamo nel traffico. Mi vedrebbero in tanti.
– Ti rendi conto o no che &egrave proprio quello che voglio?
– Sì, ma speravo che ti rendessi conto che &egrave molto difficile per me.
– Per me no. Avanti.
Mi tolgo in un secondo sia canotta che gonna, come togliere un cerotto, e poi mi sfilo pure le scarpe.
– Contento?
– Sì, molto. Ora inizia a toccarti.
Anche se non ho il coraggio di guardare fuori, gli occhi addosso degli altri automobilisti imbottigliati nel traffico li sento tutti quanti. Mi tocco a lungo, sia esternamente, che internamente. Non c’&egrave bisogno che mi dica di fermarmi prima di venire, &egrave scontato, in quanto ha detto di toccarmi, non mi ha detto di godere. Ormai certe istruzioni implicite le colgo perfettamente.
Guida lungo. Io non faccio più caso a dove siamo, anche perché mi ritrovo spesso ad occhi chiusi, mentre mi tocco.
A un certo punto mi accorgo che accosta, rallenta fino a fermarsi e spegne la macchina.
Scende per primo, fa il giro e viene ad aprirmi la portiera. Io scendo senza manco riflettere su dove ci troviamo, ma fortunatamente per me non siamo in un luogo affollato: siamo in uno spiazzo al lato di una strada di campagna, quelle della periferia sud di Milano. Non una di quelle strade dove non passa mai nessuno, per una di quelle dove di macchine ne passano molto poche.
Mi porta verso il cofano della macchina, e mi ci fa piegare sopra, a novanta. Lo sento sputarsi su una mano, e appoggiare un dito sul mio ano. Preme, lo fa entrare, poi uscire, per iniziare a far strada a qualcosa di più grosso che sta per arrivare. Sento di nuovo sputare, stavolta però si sta lubrificando il pene. &egrave proprio mentre inizia a mettermelo dentro che passa la prima macchina. Io sono girata dall’altra parte, ma sento un colpo di clacson in segno di approvazione.
Nonostante il rischio della situazione, se la prende abbastanza comoda. Va avanti per svariati minuti, e in tutto passano sei macchine, quando esce dal mio culo e mi dice di inginocchiarmi davanti a lui. Inizia a segarsi, mi dice di tenere la bocca chiusa, e di guardarlo.
Sento l’asfalto duro contro le mia ginocchia. E sento il calore del suo sperma sul mio viso. Poche l’ho visto eiaculare così tanto. La mia faccia &egrave totalmente inondata dal suo liquido bianco. Mi dice di non pulirmi, e di risalire in macchina.
Guida fino ad un baracchino che vende panini con le salamelle sulla strada provinciale. Accosta proprio lì davanti, mi porge una banconota da cinque euro.
– Prendimi una coca.
– Va bene.
Ormai l’ho capito che &egrave inutile opporsi.
Scendi dalla macchina ancora tutta nuda, e ancora con la faccia imbrattata di sperma. Per fortuna non ci sono altri clienti, e vado subito dal gestore del baracchino.
– Una coca per favore.
Mi dice che costa un euro, e mi guarda con una faccia da porco. Mi porge la lattina, e io gli allungo la banconota. Me ne vado subito.
– Ehi, dolcezza.
– Cosa?
– Il resto.
Torno indietro a prendere le monete.
– Vuoi anche un tovagliolo per caso? Sembra ti serva.
– No, la ringrazio.
Finalmente posso risalire in macchina, appoggio la lattina sul cruscotto e Marco riparte.
– Ora ripulisciti la faccia, e poi puoi godere anche tu. Te lo sei meritato. Brava amore mio.
Tiro giù il parasole, e aiutandomi con lo specchietto inizio a raccogliere lo sperma con le dita portandolo in bocca. Una volta ripulito il viso, mi prendo cura di me.
L’orgasmo si abbatte su di me come un uragano in pochissimi minuti, facendomi gemere molto rumorosamente proprio mentre siamo fermi ad un semaforo di una strada proprio nei pressi di un bar molto affollato.
Sono così coinvolta, che non mi sono nemmeno resa conto che poco prima Marco aveva abbassato i finestrini.

Ed eccomi nuovamente in macchina con lui, diretta chissà dove, esposta agli occhi chissà di chi.
L’outfit &egrave uno dei più audaci che abbia mai indossato finora: una camicia scollata e smanicata, con i bottoni che arrivano fino alla fine, consentendo, se si vuole, di aprirla completamente. La lunghezza consente appena di coprirmi il sesso, e se vengo vista da dietro si può vedere distintamente la rotondità dei miei glutei. Del resto non si tratta di un vestito, ma di una camicia un po’ lunga che andrebbe portata con almeno dei pantaloncini. Non indosso nient’altro, sono uscita direttamente a piedi nudi. Niente biancheria intima ovviamente.
&egrave quasi ora di pranzo di un caldo sabato di giugno, va da sé quindi che stiamo andando a mangiare da qualche parte.
Durante il tragitto la mia mente vaga, e si sofferma su quella che sta diventando la mia vita. Qualche donna potrebbe anche sentirsi degradata ritrovandosi nella mia situazione, io però non posso mentire a me stessa, e devo per forza confessare che non mi sono mai sentita così desiderata e amata dal mio uomo. Le situazioni in cui mi catapulta sono spesso complesse, umilianti, imbarazzanti e ai limiti della legalità, ma più mi spinge ad osare, più io mi ritrovo eccitata, bagnata, e i miei orgasmi si fanno sempre più intensi.
La vita in casa si &egrave ulteriormente evoluta, ormai sono sempre più la sua schiava, e i miei compiti si fanno via via più definiti. In caso di errori, stanno entrando in gioco anche punizioni corporali. In maniera leggera, per ora, ma si faranno sempre più impegnative, visto che più si va avanti, e meno i miei errori saranno ritenuti accettabili.
Tanto per cominciare, nei giorni in cui io rientro a casa prima di lui per via dei turni di lavoro, prima di entrare casa devo spogliarmi, direttamente sul pianerottolo. Se lui mi apre e vede addosso anche un solo indumento, mi richiude fuori fino al mattino seguente.
Quando invece sono io a rientrare prima, al suo arrivo devo farmi trovare in ginocchio davanti alla porta di casa, mani dietro la schiena. Ovviamente nuda.
&egrave aumentato esponenzialmente il numero dei pompini da lui richiesti. Questo perché, a detta sua, sono diventata così brava che preferisce farselo succhiare che mettermelo nel culo. Me li chiede in qualsiasi situazione, posso aspettarmelo sempre: appena sveglio, mentre ceniamo andando sotto il tavolo, mentre sul divano si guarda una partita bevendo una birra, mentre gioca alla play station, mentre lavora al pc. Questo non ha diminuito il numero dei miei orgasmi, perché ogni volta che mi dedico a lui in questo modo, automaticamente io devo massaggiarmi tra le gambe, o penetrarmi con un vibratore. Mediamente, per ogni pompino che gli faccio, io godo almeno due volte. Dopo avermi dissetata col suo nettare, a volte mi chiede di restare comunque tra le sue gambe a leccargli le palle mentre continua a fare quello che stava facendo. Altre volte mi chiede di massaggiargli i piedi, e magari anche di leccarglieli. All’inizio trovavo abbastanza difficile accontentarlo in questa richiesta, ma ormai per il mio uomo una cosa del genere mi sembra il minimo.
I momenti più belli sono quando mi ritrovo con la testa sulle sue gambe, a farmi fare le coccole tra i capelli, come se fossi la sua gatta. Se potessi, gli farei anche le fusa.
Ma &egrave quando usciamo che i giochi si fanno sempre più pesanti. Per quanto io trovi eccitante sentirmi gli occhi addosso, non sono ancora riuscita ad abituarmi del tutto ad andare in giro mezza nuda, senza biancheria, con la possibilità che qualsiasi sconosciuto possa accorgersi della situazione. Una cosa &egrave fare la schiava per il proprio uomo nell’intimità della propria abitazione, un’altra &egrave andare in giro in pubblico facendolo capire a chiunque.
La macchina che si ferma bruscamente mi riporta alla realtà. Vedo che siamo in un parcheggio, e guardandomi in giro capisco che &egrave il parcheggio di un fast food.
Non entriamo subito, mi dice che stiamo aspettando qualcuno, ma chi? Anche mentre siamo lì in attesa all’ingresso del fast food, rimango con la braccia incrociate dietro la schiena. Marco mi slaccia un bottone della camicia, ed essendo questa già scollata di suo, a seconda dei movimenti che faccio il solo bottone che mi ha slacciato &egrave sufficiente a far intravedere i capezzoli.
Alla fine vedo arrivare la persona che stiamo aspettando, ed &egrave forse l’ultima persona che avrei voluto vedere: Giacomo. Giacomo &egrave un amico fin dall’infanzia di mio fratello maggiore, che ha dieci anni più di me. L’ho sempre detestato, perché veniva spesso a casa nostra per stare con mio fratello, e ha sempre avuto nei mie confronti un atteggiamento da vero e proprio maiale. Ad esempio, quando andavo a fare la doccia, mi veniva a chiedere se mi poteva dare una mano. O se ero seduta sul divano, quando mio fratello era distratto, mi fissava con una faccia da maniaco. Una volta mentre mio fratello si era assentato, aveva pure provato a baciarmi, ma sono stata abbastanza sveglia e mi sono spostata in tempo.
Marco sapeva perfettamente il mio odio per questa persona, e sono certa che l’abbia chiamato per mettermi ancora più in difficoltà.
– Ciao tesoro.
Resto in silenzio, distolgo lo sguardo.
– Chiara, non essere maleducata, saluta.
– Ciao Giacomo.
– &egrave buona educazione guardare negli occhi le persone con cui si parla. Risalutalo.
– Ciao Giacomo.
Questa volta guardandolo negli occhi.
Lui non &egrave cambiato, mi guarda sempre con lo stesso sguardo da maiale. Praticamente &egrave entrato con gli occhi dentro la mia camicetta. Entriamo nel fast food, Giacomo e Marco dietro di me. Sento dei commenti sul mio culo.
Mi viene ordinato di andare a comprare il cibo: un hamburger a testa, patatine e tre bibite. Mi consegnano una banconota da cinquanta euro, in modo tale da dover ricevere parecchio resto. Mi viene anche dato l’ordine di far finta di dimenticare il resto sul banco, e di chiedere all’impiegato alla cassa, che ovviamente deve essere un maschio, di infilarmi il resto nel taschino della camicia, che si trova proprio sul seno sinistro. Questo perché quando glielo chiederò, io avrò già in mano il vassoio con le nostre pietanze, senza poter raccogliere il resto da sola.
Quando succede, la situazione &egrave quasi surreale. L’impiegato mi chiede se sono proprio sicura di volerlo. Dico di sì, e per quanto lui si sforzi di fare con delicatezza, non può fare a meno di toccarmi il seno. &egrave in imbarazzo, ma non certo quanto me. Inoltre, il peso delle monete nel taschino fa scivolare ancora più giù il bordo sinistro della camicia, lasciandomi di fatto col seno scoperto. Sento le mie guance arrossire, vedo gli occhi dell’impiegato cadere inevitabilmente sul mio corpo.
Vado a sedersi. Marco e Giacomo hanno preso posto all’ultimo tavolo, proprio di fronte all’uscita del fast food, su uno di quei tavoli inchiodati al pavimento. Non ci sono sedie, ma una panca con cuscini imbottiti. Io mi siedo nell’angolo accanto alla finestra, accanto a Giacomo, che mi blocca ogni possibile via di fuga. Do lo spalle a tutto il resto della sala da pranzo.
– Dai Chiara, togliti quella camicia.
– Non so perché, ma me l’aspettavo.
– Ecco, quindi poche storie e dammela.
Slaccio uno dopo l’altro i bottoni. Già senza toglierla, con tutti i bottoni slacciati, sono di fatto completamente nuda. Togliendola e dandola a Marco, però, perdo del tutto la possibilità di coprirmi qualora qualcuno dovesse notarmi. Inoltre, stando accanto alla finestra, se qualcuno dovesse guardare all’interno si accorgerebbe subito della situazione.
Istintivamente, vedendo Giacomo girato verso di me e fissarmi, mi trovo a coprirmi il seno con le mani, e accavallare le gambe per nascondergli il mio sesso.
– No no, Chiara, così non andiamo d’accordo.
– Perché?
– Perché Giacomo ora &egrave uno di noi. Mani dietro la schiena e petto in fuori, avanti.
Faccio come dice e mi trovo esposta allo sguardo perverso di Giacomo. Sento le sue mani grandi e calde appoggiarsi sulle mie tette, mi strizzano i capezzoli, mi massaggiano. Mi sento sempre più in imbarazzo, quest’uomo mi ha vista crescere, mi ha vista praticamente bambina, e ora sono nuda accanto a lui in un luogo pubblico, a farmi toccare il seno.
– Scavalla le gambe.
– Pure?
– Sì, pure.
Apro le gambe e le sue mani abbandonano il mio seno, per appoggiarsi sul mio interno coscia, e subito dopo mi accarezzano il clitoride. Infila un dito dentro di me, senza difficoltà, perché come al solito sono fradicia. Lo estrae e me lo porge.
– Il tuo aperitivo.
Lo succhio avidamente, come se fosse miele.
A questo punto ci mettiamo a consumare il nostro pranzo. Vista la posizione in cui ci troviamo, sono in pochi ad accorgersi della mia nudità, ma qualcuno ovviamente mi vede. Una ragazza che era lì col fidanzato sbarra gli occhi quando mi vede, ma si guarda bene dal farmi notare al suo ragazzo. Diversamente da un gruppo di amici che passa poco dopo, in cui &egrave solo uno a vedermi uscendo dal locale, ma una volta uscito, richiama su di me l’attenzione di tutti gli altri membri del gruppo.
Per uscire, Marco mi permettere di rimettere la camicia, lasciandola però sbottonata.
Il tragitto che ci porta fino alla macchina sembra durare dieci chilometri, anche se in realtà sono solo pochi metri. Sembra che non mi abbia vista nessuno.
Giacomo sale in macchina con noi, sedendosi dietro. Andiamo direttamente a casa. Anche se &egrave sabato c’&egrave una partita alle tre del pomeriggio, e vogliono vederla insieme. Appena entriamo in casa non mi faccio nemmeno dare l’ordine di togliere la camicia, me la tolgo direttamente di mia iniziativa. Marco se ne accorge, e mi fa un occhiolino di approvazione.
– Brava troia.
Me lo sussurra. Per me &egrave meglio di un ti amo.
Mentre loro prendono posto sul divano, io vado in cucina a prendergli due bottiglie di birra. Gliele stappo e gliele porto in soggiorno.
– Succhiaglielo Chiara, succhiaglielo come se fossi io. E guardalo negli occhi. Mani dietro la schiena.
– Va bene.
Opporre l’esistenza &egrave inutile, tanto vince lui. E poi, sono talmente eccitata, che quasi lo volevo. Il fastidio, il quasi odio che provo per Giacomo, rende la situazione quasi più eccitante. Giacomo &egrave molto grosso, &egrave alto circa un metro e novanta, abbastanza muscolo ma non perfettamente definito, essendoci un po’ di pancetta. Io ho un fisico molto bello, ma sono molto più bassa, sono circa un metro e sessanta, e mettermi in ginocchio davanti a lui, mi fa sentire ancora più in balia della situazione.
Gli sfilo per prima cosa le scarpe e le calze. Subito dopo gli slaccio la cintura e i pantaloni. Afferro pantaloni e mutande insieme, li abbasso e li sfilo dai piedi. Metto le mani dietro la schiena, ed &egrave quel punto che mi accorgo di quanto sia grosso. Senza nemmeno essere in erezione, supera abbondantemente i dieci centimetri. Inizio a lavorare con la lingua, passandola soprattutto sui testicoli, e dedicandomi poi ad asta e glande. Bastano queste semplici attenzioni per portarlo subito all’erezione. Da eretto, il suo pene fa ancora più paura. Non ho un
Righello, ma sono più che sicura che superi i venti centimetri. Inizio a succhiarlo, cercando di non distogliere mai i miei occhi dai suoi. Il suo sguardo &egrave sempre quello da maniaco che aveva a pranzo, e tutte le volte che l’ho visto a casa mia quando veniva a trovare mio fratello.
Cerco di portarlo tutto in gola, ma mi blocco poco dopo la metà. Ci riprovo, ma ancora una volta non riesco ad accoglierlo tutto. Ho un conato di vomito, gli occhi si inumidiscono per lo sforzo. Riprovo una terza volta, arrivo fin dove riesco, e per quanto mi sforzi di spingere non riesco ad ingoiare gli ultimi quattro o cinque centimetri. Faccio per tirarlo fuori, ma sento due mani bloccarmi la testa e spingermi contro di lui. Con un po’ di fatica, in questo modo entra tutto. Sento la sua pancia contro le mie labbra, e l’ossigeno finire. Cerco di staccarmi, ma quelle mani mi tengono ferma. Appoggio le mie mani contro le sue gambe e spingo forte per cercare di togliermi da lì, ma vengo sgridata in una maniera così perentoria che non posso fare altro che obbedire.
– Guardami troia.
Mi sforzo di aprire gli occhi, sento una lacrima correre lungo la guancia sinistra. Sono tutta rossa per lo sforzo.
– Leccami le palle, o ti faccio soffocare.
Cerco di tirare fuori la lingua. Con un po’ di fatica riesco a raggiungere i testicoli, e glieli lecco mantenendo in gola quegli oltre venti centimetri di cazzo.
Finalmente mi lascia andare. Mi metto a tossire, riprendo aria, ma vengo subito ripresa da quelle mani fortissime e mi ritrovo nuovamente il suo enorme membro in gola. Va avanti così per svariati minuti che sembrano ore.
Successivamente mi fa ricominciare da sola, con calma, più lentamente. Stavolta anche da sola riesco a ingoiarlo tutto, ho imparato. Sono brava.
Il suo orgasmo arriva a cinque minuti dall’inizio della partita. Mi riempie la bocca, faccio quasi fatica a contenere tutto lo sperma senza farlo colare fuori. Ingoio tutto, come sempre.
– Ora noi dobbiamo guardare la partita, va di là. Sdraiati sul letto a pancia in giù, bendata, e non muoverti.
Faccio come mi dice. Mi sdraio sul letto a pancia in giù, bendandomi con una sciarpa scura. Resto lì in attesa non so nemmeno di cosa per più di due ore. Almeno credo, ho perso anche la cognizione del tempo.
Quasi mi addormento quando sento dei passi entrare in stanza. Non so chi sia, ma si trova dietro di me. Due mani si appoggiano sui miei glutei, e mi sputa in mezzo, andando ad inumidire l’ano. Prende un’altra sciarpa, e mi lega le mani dietro la schiena.
Un cazzo enorme si fa strada tra le mie viscere. Fa molto male, perché la penetrazione &egrave stata brusca. &egrave Giacomo, lo riconosco dalle dimensioni.
Passato lo shock iniziale, il dolore si affievolisce. Si sdraia sopra di me, picchia molto forte col suo membro. Io praticamente rimbalzo sul letto. Mi sta sfondando.
Ha goduto da poco, e quindi ci mette tanto ad avvicinarsi all’orgasmo, io sono in difficoltà. Sono stanca, ricomincia a fare male, mi sta anche schiacciando la faccia contro il materasso col suo peso. Non ho nemmeno più la forza di gridare.
Ci vuole mezz’ora, almeno mezz’ora, prima di sentire finalmente il calore del suo sperma dentro di me.
Resto lì senza fiato. Dolorante, gocciolante. Esposta.
– Va di là dal tuo uomo.
Lo dice liberandomi le mani, e togliendomi le bende.
Vado in soggiorno, sentendo lo sperma uscirmi dall’ano e scorrermi lungo le cosce.
Trovo Marco seduto sul divano masturbandosi.
– Vieni qui, cavalcami.
Mi siedo sopra di lui, lo accolgo, nel mio sesso, e inizio a cavalcare. Gli butto le braccia al collo, gli stringo la faccia contro il mio petto. Mi lecca i capezzoli, lui adora le mie tette.
Aumento la velocità fino a farlo esplodere dentro di me. Anche dopo che &egrave venuto, lo tengo al mio interno. Lo bacio con tanta passione per dei lunghi minuti prima di sfilarmelo e scendere dalle sue gambe.
Mentre il suo sperma &egrave ancora dentro di me, mi accorgo che quello di Giacomo &egrave andato quasi tutto a finire sulle sue gambe, colando fino ai piedi. Mi inginocchio e inizio a raccoglierlo direttamente con la lingua. Parto dalle ginocchia, ingoio dopo ogni leccata. La parte più complicata &egrave riuscire a succhiare tutte le gocce che si sono andate a nascondere tra le dita dei suoi piedi.
Ora anche Giacomo &egrave tornato a sedersi sul divano, e si gode lo spettacolo delle mie dita mentre mi masturbo per recuperare tutta la sborra di Marco, che assaporo succhiandomi le dita.

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