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Racconti Erotici Etero

Fuoco fatuo

By 30 Gennaio 2005Dicembre 16th, 2019No Comments

I ‘fuochi fatui’ sono, come tutti sanno, fenomeni per alcuni versi di difficile spiegazioni. Si manifestano come bagliori improvvisi, fiammelle’ soprattutto dove sono organismi in decomposizione, cose morte. Per questo, si dice, appaiono nei cimiteri.
Intorno ad essi sono &egrave sorta tutta una letteratura ‘horror’.
Camillo Sbarbaro, circa mezzo secolo fa, ha pubblicato una sua raccolta di poesie, dal titolo ‘fuochi fatui’.
Fenomeni improvvisi, dunque, non sempre spiegabili, di breve durata, che traggono orgine da qualcosa che &egrave morta.
A volte sulla sponda della via
preso da un infinito scoramento
mi seggo; e dove vado mi domando,
perché cammino. E penso la mia morte
Quant’albe nasceranno ancora al mondo
dopo di noi!
Di ciò che abbiam sofferto
di tutto ciò che in vita ebbimo a cuore
non rimarrà il più piccolo ricordo.
Una mortale pesantezza il cuore
m’opprime.
Inerte vorrei esser fatto
come qualche antichissima rovina
Così il poeta.
Io, invece, sono un materialista realista, disincantato. Presumo perfino di potermi definire ‘epicureo’, che apprezza e sa godere i piaceri della vita. Qualcuno dice che sono un ‘cinico’, indifferente ai sentimenti e incurante della morale comune.
Non lo so.
So che mi ‘commuovo’ ascoltando musica, leggendo versi o prose struggenti, che mi addoloro per la povertà e i dolori che mi circondano, soffro per la fame altrui, ma ben poco faccio per cercare di lenire gli affanni degli altri.
So anche che da sempre sono attratto, affascinato, ammaliato, dalla femmina, e da ciò che può donarmi.
Che tipo di femmina?
Tutte.
Cosa do’ loro?
Quello che posso.
Cosa prendo da loro?
Quello che posso.
Quindi tutto dipende dal ‘potere’, e il potere, in ogni sua accezione, dipende dalla ‘potenza’.
Nulla si può senza la ‘potenza’.
‘Potere’: c’&egrave chi non ne ha mai avuto, che lo possiede per breve tempo, chi per molto.
‘Potenza’ che credi perduta per sempre e improvvisamente riaffiora, quasi come un tempo, improvvisa. Come un fuoco fatuo. E poi scompare di nuovo.
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A volte ci mostriamo infastiditi se ci sentiamo oggetto di eccessive cure, ma, a ben pensarci, ci fa piacere.
L’aereo era decollato da poco.
Avevamo avuto la fortuna di essere ospitati in ‘first’, complimento della compagnia aerea, mentre il nostro biglietto era di ‘business’. Massima comodità delle persone, particolare cura delle assistenti di volo. Offerta di ‘qualcosa da bere’: champagne, vini, liquori’ Morbide pantofole per liberare i piedi dalla stretta delle scarpe; una specie di semiciambella da mettere intorno al collo per mantenere sorretta la testa’ Forse non indispensabile, quest’ultima, dati gli appoggi laterali, la reclinabilità delle poltrone, lo spazio a disposizione’
Emy, tutto sommato, non gradiva troppo quella sistemazione.
Le poltrone erano troppo distanti’
Quasi le davano fastidio le premure del personale di cabina’ voleva l’esclusiva assoluta di assistermi. Nel suo beauty-case, aveva messo ogni sorta di medicina, sia per la normale terapia che per ogni.. eventualità.
Non mi turba la mia età, quello che mi scoccia &egrave questa continua, quasi soffocante manifestazione di interesse per la mia salute.
Siamo in quota di crociera. Ci vorranno alcune ore.
Possibilità di giornali, riviste, vedere film, ascoltare musica’
Chiudo gli occhi per non essere disturbato. Mi fingo assopito.
Peggio che mai.
Emy prende il polso’ mi tocca la fronte’
Torna al suo posto. Ma per poco.
Avvicina il suo volto al mio. Si vuole accertare se’ respiro!
Il viaggio &egrave abbastanza lungo. Ogni tanto mi alzo dalla poltrona e mi muovo un po’, cercando di non dar fastidio agli altri passeggeri, e non intralciare il servizio del personale.
Sul PC portatile leggo qualcosa, cerco di scrivere qualcosa, ma non ne ho troppa voglia.
Finalmente, giungiamo a destinazione.
Operazioni di sbarco, incontro con chi gentilmente e affettuosamente &egrave venuto a rilevarci all’aeroporto O’Hare. Il volo accosta al Terminal 5.
Diamo il ticket per il bagaglio, ci avviamo all’uscita. Rifiuto, gentilmente, la proposta di andare al bar per un drink.
Presento Emy: my assistant’
Strette di mano, solite parole, in americano ‘che Emy non conosce-.
Solo Don, che mastica un po’ di italiano, le dice:
‘Ciao, Emy, come stai?’
Emy sorride, un po’ incantata dal traffico, da tutta quella gente, dall’incontro con persone sconosciute che lei non capisce’ ma mi sembra che si senta un po’ investita nel ruolo che ho indicato presentandola: ‘assistant’, che nel linguaggio aziendale equivale un po’ a ‘vice’.
Don mi informa che siamo pronti, possiamo andare.
Qualcuno ci saluta e ci dice che ci ritroveremo alla Convention. Don sale con noi.
Sono più di 30 chilometri per l’albergo.
Finalmente, questa parte del viaggio &egrave conclusa.
Saliamo nella suite.
Don ci saluta. L’auto rimane a nostra disposizione
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Ottima sistemazione.
Suite con un ingresso-soggiorno, due camere in ognuna delle quali vi &egrave un comodo e vasto letto e annesso bagno. Veduta su un bel panorama, verso il lago.
Emy mi chiede quale camera io intenda occupare. Le rispondo che scelga lei, a me sta bene tutto. Ho bisogno di distendermi, così come sono. Tolgo solo giacca e scarpe. Lei si avvicina e mi copre con un plaid che ha trovato nell’armadio. Dice che se non mi serve niente va a fare una doccia.
Credo che mi sono assopito per un po’.
Quando apro gli occhi, Emy &egrave ai piedi del letto, in poltrona, in accappatoio, con la testa in un asciugamano a forma di turbante.
La guardo sorridendo.
‘Sei una donna con’turbante, Emy. Stai bene?’
Si alza e si accosta a me.
‘Benissimo, grazie”
Si china su me e sfiora le mie labbra con un bacio, tenero, lieve.
Mi viene naturale di infilare la mano nell’accappatoio e di carezzare il suo riccioluto e tiepido grembo.
Mi fissa sorridendo.
‘Aiutami ad alzarmi, per favore’ desidero rinfrescarmi’ cambiarmi’ ci aspettano!’
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Una giornata abbastanza densa di avvenimenti.
Incontro con vecchi amici, ricordo di quelli che ci hanno preceduto’
Non era stato facile convincere Emy che non doveva portare con sé il suo voluminoso beauty-case, nel quale, tra l’altro, aveva messo il glicoflash, per misurare la glicemia, e il misuratore di pressione e frequenza. Prese la scatolina delle ‘pillole del giorno’ e la passò nella borsa piccola, quella che aveva comprato proprio per questa occasione.
Le avevo anche detto che durante la Convention poteva profittare per visitare la città. Le avrei procurato un auto con guida. Niente da fare. Disse che era venuta per starmi vicino!
La presentai a chiunque rivedevo o conoscevo, lei sorrideva, salutava, non capiva una parola. E seguì tutti gli interventi, in inglese, che quasi sembrava comprenderli!
Finalmente, di nuovo in albergo.
Ognuno andò nella propria camera, nel proprio bagno.
Malgrado tutto, non mi sentivo stanco, e avevo immediatamente e sorprendentemente assorbito il jet-leg.
Stanchezza normale, come dopo una giornata normale.
Una doccia tiepida’ il pigiama’ a letto.
Ero lì, con gli occhi aperti, guardando il soffitto.
Non avevo salutato Emy’
Come la pensai’ comparve’ in camicia da notte.
Mi chiese se avessi bisogno di qualcosa.
Era vicina al letto, mi guardava sorridendo. Aveva sciolto i lunghi capelli neri. La camicia era abbastanza trasparente per farmi comprendere che era l’unico indumento che indossava’
Indugiava.. forse voleva parlarmi della sua impressione sulla giornata trascorsa, su’
‘Posso dormire qui?’
La guardai sorridendo.
‘Certo.’
Scostò la coperta, si infilò nel letto.
‘Ho capito, Emy’ vieni qui’ sul mio braccio’ sei sempre la solita bambina che sta vicina al nonno”
‘Non voglio sentire sciocchezze del genere’ non sono una bambina e non sei un nonno’ per me’ ho bisogno di starti vicino, di dormire abbracciata a te”
Poggiò la testa sul mio petto, mise una gamba su di me, sentivo premere il tepore delle sue belle tettine’
Spensi la luce’
Non saprei dire chi s’addormentò per primo, né quanto dormii.
Uscii lentamente dal sonno, accesi la luce, guardai l’orologio sul comodino: le cinque del mattino. Ancora presto.
Emy era supina, dormiva beatamente, con un lieve sorriso sulle labbra.
Spensi di nuovo la luce, mi posi su un fianco, voltato verso lei.
Allungai la mano, sul suo petto.
Infilai la mano sotto la camicia, la carezzavo dolcemente, lentamente.
Mi &egrave sempre piaciuto sentire la seta dei suoi riccioli, sul pube, dove le gambe si uniscono. Ed ancor più bello carezzare la ‘morbida solidità’ del suo sesso, passare lievemente il dito nel rorido turgore che custodivano le sue grandi labbra.
Appena fu sfiorato, il clitoride si erse’ mi chinai a prendere il suo capezzolo rigoglioso tra le labbra, a lambirlo con la lingua, a suggerlo’
Emy fece un lungo respiro’ il suo grembo cominciò a sussultare’
Le gambe si dischiusero ancora, il bacino di arcuò’ voleva’ chiedeva’ di essere carezzata’
La sua mano scivolò nei miei pantaloni’ lo incontrò’
Era voglioso, ‘lui’, ma non era del tutto pronto’ idoneo’
Emy sobbalzava sempre più violentemente, l’orgasmo fu violento, improvviso, travolgente’
Giacqui supino, mentre la sua mano ‘lo’ aveva avvinghiato’
Ora era il suo volto tra le mie gambe’
Sbottonò i pantaloni, la giacca del mio pigiama, velocemente tolse la camicia’
Il caldo della sua bocca ‘lo’ accolse’ la sua lingua saettava abile, valente, esperta conoscitrice del’ soggetto’
‘Frustra non labor” diceva la goccia che con la sua ostinazione scavava la pietra’ Non lavoro invano’
E non fu infruttuosa la pervicacia di Emy’
Exsurrexit!
Balzò su, ritto’ come ai bei tempi’ sicut illis temporibus’
Mi veniva da ridere constatando i’ ‘rigurgiti’ del ‘latinorum”
E fu logico ricordare anche’ ‘carpe diem” approfitta dell’occasione.
Non fui il solo a pensarlo’
Emy si mise a cavallo a me’ lo prese e lo indirizzò teneramente nel caldo della sua vagina’ vi si impalò deliziosamente, e iniziò ‘al passo’, con voluttuosa lentezza, a dondolarsi, mentre le mie mani le ghermivano il seno’
Era da tempo che non provavo quella sensazione’
Anzi, una sensazione del genere non l’avevo mai provata’ era come la riscoperta di un tesoro o, più precisamente, il ritrovamento d’un bene che si riteneva perduto per sempre’
Era da qualche mese che’ Sì, l’ultima volta era stata circa tre mesi fa’
La vagina di Emy era incantevole, lo fasciava, lo carezzava, lo mungeva’ con dolcezza’ golosamente’ avidamente’
Le mie mani, ora, erano sulle sue natiche, Le sentivano muovere, dondolarsi, contrarsi, rilassarsi.
Ora, il passo s’era tramutato in ‘trotto’, sempre più serrato, fino a divenire galoppo’
I suoi capelli la fasciavano, cadevano su me’ la sua testa era rovesciata indietro’ gli occhi semichiusi’ un gemito sempre più lungo e insistente usciva dalle sue labbra’ mi stava facendo precipitare nel nulla nel vuoto’
Mi sembrava d’essere ingoiato da un vortice inarrestabile, in un gorgo’
E il naufragar m’é dolce in questo mare’.
Sembrava una furia dei sensi’ indomabile’
Un urlò accompagnò il suo rovesciarsi su me, mentre mi baciava appassionatamente, bramosa’
Ed io, ebbro, esultante, spargevo in lei le stille del mio godimento’
Alzò il capo, mi guardò. Sudata, ansante.
‘Sei sempre un fuoco’ tesoro”
Pensai ai fuochi fatui.
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