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Racconti Erotici Etero

Furto d’amore

By 2 Luglio 2013Dicembre 16th, 2019No Comments

‘Una vita sterile e senza acuti.’
Questo, era il mio pensiero su di me, mentre guardavo la ‘smemorata’ che mi sorrideva davanti.
Era una settimana che noi della squadra investigativa della polizia cercavamo indizi o conoscenti, ma, nessuno si era fatto avanti.
Nel suo grembiule bianco, era ancora più bella: niente di esagerato, ma, aveva quel sorriso che ti scaldava il cuore.
Chissà chi era…
Era stata trovata ai bordi di una strada di periferia, dove droga e balordi la facevano da padroni.
Sembrava vittima di un incidente e per questo motivo, mi era stato affidato il caso: scoprire chi fosse e sopratutto scoprire che l’aveva investita e non soccorsa.
I casi di pirati d’auto stavano aumentando, probabilmente legati alla crisi: molti non rinnovavano le assicurazioni per mancanza di soldi e allora, toccata e fuga.
‘Che tristezza’ pensai,mentre mi concentravo sui suoi lineamenti, sui suoi occhi, ancora spaesati, ma pieni di vita.
– Tu sei il mio angelo custode, sei il motivo per cui ogni mattina mi sveglio con il sorriso…
Difficile spiegarle che era lo stesso motivo per cui tornavo sempre volentieri in quella stanza d’ospedale.
– Questo, &egrave un albergo a cui non mancano mai i clienti – Dissi a bassa voce tra me e me.
La guardai e le dissi la solita frase di ogni mattina;
– Ricorda qualche cosa?
La risposta sempre quella;
– No…
Due sere prima, andandola a trovare, L’avevo trovata addormentata, per il caldo era fuori dalle lenzuola, turbato, avevo guardato il suo corpo che nei movimenti aveva messo in evidenza uno splendido seno, il camice rialzato lasciava intravedere le cosce fino all’orlo delle mutandine e, quella visione, era stata un brivido intenso per me, per la prima volta, l’avevo guardata come una donna invece che come la vittima di un incidente.
Una forte erezione, aveva seguito quella visione.
La notte, dopo averla lasciata, mi ero trovato nel letto a pensare a lei in modo indecente, in poco tempo, ero ansante e godevo mentalmente del suo corpo.
I giorni passavano e l’affiatamento cresceva, ogni scusa era buona per stare con lei, sicuramente qualcosa era nato tra noi.
Una sera, rimasti soli, mi avvicinai al letto e le chiesi se voleva uno che le tenesse compagnia leggendole qualcosa fino all’arrivo del sonno, lei sorrise, mi prese una mano e fece si con la testa.
Fu un momento pirotecnico, sentivo il cuore scorazzare nel petto, lo sguardo scese su ogni millimetro visibile della sua pelle e infine le diedi un bacio che fu ricambiato con lo stesso desiderio.
Mi fermai a un semplice bacio, ero troppo preso e stordito da quella passione che cresceva, avrei voluto dire i miei sentimenti e esternare tutta la mia felicità, invece, rimasi silenzioso ad assaporare quel momento magico, poi, trovai una scusa per scappare da quell’atmosfera sensuale che si era creata;
– Devo andare, il dovere mi chiama.
Scendendo le scale per uscire dall’ospedale, i pensieri erano tanti, ma, alla fine tutti i ragionamenti si concludevano tutti allo stesso modo;
‘Troppo bello per essere vero’
Venivo da un matrimonio fallito e da un periodo buio.
Tornando a casa, cominciavo ad immaginare la vita con lei nello stesso appartamento, cosa avrei provato a stringerla contro di me, che sensazione sarebbe stata spogliarla e ammirare il suo corpo, toccarla e assaporare i suoi umori, unirsi per sentirla gemere, sospirare, urlare…
Steso sul letto, chiusi gli occhi, immaginai il suo corpo flessuoso unito al mio e, accarezzandomi, ebbi un orgasmo violento e passionale.
Ero tornato a vivere, avevo riscoperto la voglia del sesso e il merito era suo.
Ogni giorno che passava, l’intimità cresceva, piccoli tocchi e sfioramenti sempre più esigenti.
Divenne palese il desiderio.
Erano passate tre settimane, le ferite erano guarite, solo il ricordo non tornava.
Le visite erano sempre più ravvicinate, mentre le ricerche del suo passato, erano sempre meno intense..
Qualche sera prima delle dimissioni annunciate dall’ospedale, andai a trovarla, erano circa le dieci, le camere erano a bassa luce e lei era in una stanza da sola, la sua coinquilina, era stata dimessa la mattina, entrando, la trovai incantevole e in splendida forma;
– Si vede che stai per andartene da qui, sei raggiante –
– Sono raggiante per che sei qui tu…
Mi fece cenno di avvicinarmi al letto, una volta al suo fianco, prese una mano e la poggiò sul suo seno: rimasi fermo qualche attimo di troppo;
– Non vuoi?
Certo che volevo, &egrave che non me l’aspettavo;
– Sei sicura?
Sorrise e mi rispose con gli occhi.
La mano scese piano seguendo i lineamenti del corpo, arrivò al lembo finale del camice e subito tornò a salire.
Lo slip bianco, era leggermente umido, era un bel segnale per il mio eccitamento, cercavo di restare calmo, poi, la guardai e venne fuori l’anima nobile di me nel momento sbagliato;
– Non possiamo, non qui, voglio sentirti libera di urlare e adesso, sarebbe molto difficile…
Lei fece uno sguardo dispiaciuto, poi, mi sussurrò;
– Tu riesci a non urlare…?
Incrociai il suo sguardo, vidi la passione e il nobiluomo che aveva detto quelle frasi eroiche pochi attimi prima, scappò via di corsa;
– Si…
Non disse altro, la sua mano accarezzò i calzoni scendendo alla cerniera, nel silenzio totale, lo scorrere dello zip sembrava un frastuono assordante.
Con delicatezza s’ appropriò del mio sesso, infine, scese con la testa a farmi sapere quanto mi desiderava.
Strinsi forte i pugni nell’attesa.
Guardavo la danza dei suoi capelli, era un momento incredibile e struggente, mi sembrava di morire e rivivere decine di volte aspettando l’esplosione della passione che ben presto arrivò.
Uscito da quella stanza, mi sentivo l’uomo più felice del mondo.
Il giorno dopo avvenne un fatto che in quel momento mi sembrò un dramma.
Mi chiamarono dalla centrale di polizia dicendomi che un ragazzo, aveva saputo di una ragazza che aveva perso la memoria, lui pensava potesse essere Patrizia, la sua ragazza scomparsa da molti giorni e naturalmente, chiedeva un confronto visivo per vedere se poteva essere lei.
Mi trovavo disperato nella mia sala a piangere per la paura che tutto quello che era nato tra noi due, potesse tragicamente finire con l’eventuale riconoscimento; pensavo a lei che riconosceva il ragazzo e tutto sfioriva.
Avevo trovato la felicità e subito dopo la stavo perdendo.
Rassegnato, organizzai l’incontro.
Il pomeriggio, lo portai alla stanza 603 del terzo piano per un confronto da dietro il vetro della porta, gli spiegai che non poteva entrare nella camera per non turbare o traumatizzare la ragazza con ricordi troppo rapidi nel caso si fossero riconosciuti.
Lui guardò la figura attentamente e scosse la testa;
– No, non &egrave lei…
Alzò le spalle in segno di sconforto e scomparve dalla mia vista senza neanche salutare.
Un mese dopo, la ‘ smemorata’ che io, d’accordo con lei, avevo chiamato Paola, veniva a vivere a casa mia.
Sono passati cinque anni da quei ricordi, la famiglia si &egrave ingrandita e adesso siamo in quattro, Paola, non ha mai dato segni di ricordare il suo passato o non ha mai fatto capire di averlo ricordato, io, non ho mai rimpianto il fatto d’ avere fatto vedere a quel ragazzo, la ragazza della stanza 603 del terzo piano, invece di quella della 306 del secondo piano…

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