Il mio traghetto partiva di lì a diverse ore. Ero arrivato in treno, un viaggio estenuante stipato nel corridoio di seconda classe, e ora avevo qualche ora da riempire. Entrai in un bar non lontano dal porto e mi sedetti ad un tavolino.
Sul tavolino accanto, con davanti una tazza di caffè vuota ed il giornale aperto, una signora tra i 50 e i 55 anni. 1,65, biondo cenere, tette grosse, fianchi larghi, decisamente non bellissima. Jeans, camicia di jeans e occhiali da sole infilati tra i capelli. Ordinai un tramezzino ed una spremuta e cominciai a rilassarmi. La signora mi lanciò uno sguardo, quando si accorse che il tavolo accanto al suo era stato occupato, poi tornò a leggere il suo giornale senza fare molto caso a me. Io provai ad attaccare bottone, più per passare il tempo che non per altro. La signora si rivelò amichevole e ben disposta alla conversazione, chiacchierammo del più e del meno, mi disse che era del posto, che andava spesso in quel bar perchè le piaceva il passeggio di turisti sul corso, no, non era mai stata nel posto dove io sarei andata in vacanza, ecc… Arrivò anche a raccontarmi, con una punta di malinconia, che era divorziata e aveva tre figli lontani, due grandi e sposati ed uno universitario, un anno più grande di me.
Io le raccontai della vacanza che stavo per fare, di come non avevo idea di quanto sarei rimasto e che tutto sarebbe dipeso dalla mia parsimonia nel dosare il denaro che aveva. La signora si stupì che partissi da solo, disse che lei no, una vacanza da sola non l’avrebbe mai fatta.
I primi due bottoni della camicetta erano sbottonati, lasciando intravedere un reggiseno bianco orlato e due bocce non più sodissime ma molto, molto grosse.
C’è poco da fare, le tette mi fanno impazzire. Facevo veramente fatica a guardarla negli occhi.
Non so se la situazione svoltò perchè si accorse del mio interessamento o se la sua proposta fosse ingenua (mmm…ne dubito), fattosta che mi propose di andare a casa sua a passare qualche ora, a bere qualcosa, ecc. Mancavano diverse ore al mio traghetto, non potevo stare così tanto tempo parcheggiato al tavolino del bar, e per strada faceva decisamente troppo, troppo caldo.
La proposta mi stupì, non mi conosceva per nulla e mi invitava a casa. Com’era possibile? Dovevo essere io ad insospettirmi, a preoccuparmi. Accettai, non senza qualche remora, ed uscimmo dal bar, avviandoci verso la sua automobile, una Land Rover abbastanza nuova ma molto trascurata.
In macchina mi chiese dei miei studi, dei miei genitori, si interessò al nome ed all’età di mia madre. La conversazione proseguiva tranquilla e su binari insospettabilmente neutrali.
Arrivammo a casa sua, un appartamento non grandissimo e completamente stipato di roba. Vecchi stereo, televisori, divani anni ’70, giocattoli dei figli. Ci accomodammo in cucina e mi propose una granita di caffè, che accettai di buon grado. Mise su il caffè e tritò il ghiaccio, poi sparì per due minuti e tornò con gli stessi jeans di prima ma, al posto della camicia, un lungo e castigato magliettone bianco (probabilmente del figlio).
Ci sedemmo su due sedie vicino al tavolo, una accanto all’altra. Continuammo a parlare, poi il cucchiaino mi cadde sotto la sua sedia. Ci piegammo insieme per raccoglierlo e ci trovammo con i visi a pochi centimetri di distanza. Baciarci fu un attimo. Fu un bacio bello, lungo e sensuale. Gloria (questo il suo nome) ci sapeva davvero fare. Ci staccammo un attimo, lei mi guardò con sguardo stupito e confuso e mi disse:
“Ci spostiamo in soggiorno?”
“Va bene”
Ci mettemmo su un vecchio e impolverato divano (che lei si premurò di coprire con un telo), ci sedemmo e continuammo a baciarci. Fu una pomiciata decisamente lunga. Solo dopo una diecina di minuti, mi azzardai ad accarezzarle il busto, fuori dalla maglietta. Le appoggiai la mano sui seni e, vedendo che non mi respingeva, azzardi ad alzarle la maglietta. Lei assecondò il movimento ed io gliela sfilai. Dio, erano veramente grosse. Accarezzai il reggiseno, pregustando il momento in cui ne sarebbero balzate fuori. Fu lei a decidere che era ora che il reggiseno volasse via, con una mano ne sfilò il gancetto e in un attimo fu a seno nudo. Che scena. Due tette gigantesche, non più sodissime ma tremendamente eccitanti. Le palpai con entrambe le mani, spremendole, accarezzandole, titillandole i capezzoli. E a lei piaceva molto, almeno a giudicare dalla foga che ci stava mettendo nella pomiciata. Doveva essere passato un pò di tempo dall’ultima volta che aveva avuto a che fare con un uomo, decisamente. Mi tolsi la maglietta.
“Ma…se ci liberassimo di tutti questi ingombri”-proposi, indicando con lo sguardo i nostri blue jeans.
Ebbe un attimo di tentennamento, come se non fosse sicura di fare la cosa giusta, poi si alzò con decisione, si tirò giù in un colpo solo jeans e slip e si risedette sul divano. Io feci lo stesso, ma non ebbi il tempo di risedermi. Ero in piedi davanti a lei, con il cazzo all’altezza del suo viso e lei che me lo accarezzava con delicatezza, fissandolo attentamente. Durò qualche minuto, non diceva nulla, guardava e accarezzava. Mi guardò per un attimo, poi tornò a rivolgere l’attenzione al mio membro.
“Dio, che bel cazzo che hai”
Capii che potevo liberarmi da ogni freno inibitore, anche a livello verbale, e risposi prontamente:
“E tu hai delle tette veramente stupendo. Solo a guardarle mi è venuto durissimo”
“Vedo, vedo” -rispose lei provocante, solleticandomi le palle- “adesso siediti”.
Mi sedetti e lei sopra di me, cominciò a cavalcarmi. Che goduria, avevo trovato la pace dei sensi. Le tette più grosse e materne che potessi immaginarmi mi ballonzolavano davanti al volto, io le maneggiavo a mio piacimento, e lei che si dimenava avida sul mio cazzo.
Dopo pochi minuti (io ero ancora lontano dal piacere), cominciò ad ansimare e mugolare come una forsennata.
“Scopami…sì,sì…che goduria…che cazzo che hai…me lo sento tutto dentro…è durissimo…ah ah…”
Venne violentemente e si afflosciò su di me. Io resistetti una trentina di secondi, avevo il cazzo ancora in tremenda tensione, poi le feci capire di spostarsi. Lei si risedette accanto a me, con un sospirò poggiò la testa sul cuscino del divano, poi mi guardò come se mi vedesse per la prima volta. Prima il viso, poi il cazzo, ancor più rosso e rigido di prima.
“Hai un cazzo fantastico. Cosa vuoi che faccia adesso?”
“Fammi un pompino. Prendilo in bocca e fammi vedere cosa sai fare”
Lei mi fece allargare le gambe e si inginocchiò per terra, proprio davanti a me (cavoli, proprio come nelle mie fantasie erotiche) e, dopo averne saggiato la punta, se lo infilò tutto in bocca e cominciò a pompare. Io avevo perso ogni freno inibitorio. Le misi una mano sopra il capo per imprimerle il ritmo della succhiata ed entrai in delirio mistico.
“Brava, bravissima, lo sapevo che eri brava a fare i pompini…l’ho capito dal tuo viso, hai proprio la bocca da pompinara…lo sguardo voglioso di cazzo…come mi fai godere…che pompino incredibile…infilatelo tutto in gola…sì…pompinara, sei veramente una gran pompinara…puttana…chissà quanti cazzi hai preso in bocca…”
A quel punto lei si fermò. Pensai di aver esagerato con il turpiloquio, che si fosse offesa, invece alzò lo sguardo per un attimo e mi disse:
“Vienimi in bocca”
e si rimise a pompare con più foga di prima. Non ci potevo credere. Il sogno di una vita. Una donna dell’età di mia madre, con le tette più grosse che avessi mai visto dal vivo, che mi spompina nella mia posizione preferita, si fa chiamare in tutti i modi possibili e mi chiede di venirle in bocca. Un sogno. Non svegliatemi.
“Sì, sì…non ti preoccupare, ti vengo in bocca…ti riempio la bocca di sborra…ne ho le palle gonfie…sborrerò talmente tanto che ti mancherà il respiro…e tu ingoierai tutto…”
Non ce la feci più. Le esplosi violentemente in bocca tenendole ferma la testa, perchè neanche una goccia uscisse fuori. Mi accasciai sul divano, lei andò in bagno (a sputare o a sciacquarsi la bocca, non lo so e non mi importa) ed io entrai in catalessi. Tornò in soggiorno. Era ancora nuda, eccezion fatta per un minuscolo perizoma nero, che, con quelle grosse e carnose natiche, mi parve veramente eccitante. Si sedette accanto a me.
“Ma…”
“Sì?”
“Tu hai un posto prenotato sul traghetto?”
“No, ho un posto sul ponte. Perchè?”
“…”
“Allora?”
“Se ti chiedessi di rimanere qualche giorno qui? Accetteresti?”
Voi avreste accettato? Beh, io accettai. La prospettiva di una full immersione con Gloria in quell’appartamento era troppo per la mia sessualità repressa di ventenne.
Sempre più pazzesca..vorrei conoscervi..anche solo scrivervi..sono un bohemienne, cerco l’abbandono completo ai piaceri.. e voi.. Scrivimi a grossgiulio@yahoo.com
Grazie per i complimenti. Ma non so come consigliarti per cercarli.
Adoro i tuoi racconti! c'è ancora modo di trovarli raccolti per autore? con la nuova versione del sito non ci…
Grazie mille, sapere che il mio racconto sta piacendo mi riempie di soddisfazione! Se non vuoi aspettare i tempi di…
Ma che bello vedere la complicità, l'erotismo e l'affinità costruirsi così! Davvero ben scritto! Attendo il seguito! E ho già…