High Utility
Episodio 37
Per contattarmi, critiche, lasciarmi un saluto o richiedere il racconto in PDF, scrivete a william.kasanova@hotmail.com o raggiungetemi su Telegram
Luca fissò Giada, cercando di concentrarsi sul volto della ragazza e non sul seno maestoso, ma la cosa si stava dimostrando più complicata di quanto volesse ammettere. Trattenere una mano dallo stringere una di quelle tette, sentire l’eccitazione crescere nel suo basso ventre, riempirgli il cervello… Tornò a guardare gli occhi dalle pupille scure di Giada, cercando di scacciare l’immagine del corpo nudo dalla sua mente, nonostante fosse davanti a lui.
Doveva andarsene il prima possibile da quella stanza, da lei. Si sentiva una merda ad aver ceduto alla sua seduzione, ad aver tradito l’amicizia con Alessio… cazzo, aveva mancato alla sua amicizia, e la cosa lo faceva stare ben peggio di quanto avesse mai immaginato. Non si era mai nemmeno masturbato pensando a Giada, almeno da quando era diventata la fidanzata del suo migliore amico, e possedere davvero il suo buco del culo era una cosa che andava oltre ogni immaginazione, almeno fino a mezz’ora prima.
Sapere che stava con Alessio solo per essere vicino a lui, però…
Luca sbatté gli occhi, scacciando quel pensiero. No, la cosa non cambiava nulla: Giada non sarebbe più stata la sua partner sessuale finché lei… La fissò di nuovo. – Adesso, cos’hai intenzione di fare? – domandò, e allo sguardo interrogativo della bionda, aggiunse: – Voglio dire, cosa farai con Alessio? Se fingevi di essere la sua fidanzata per avvicinarmi, ora che, beh, ci siamo avvicinati parecchio, cosa vuoi fare con lui? Lo lascerai?
– Non ci ho mai pensato – disse lei. – Secondo te, dovrei?
– No – disse Luca, senza nemmeno pensarci, quasi fosse stato un riflesso condizionato, un po’ come togliere la mano da una superficie bollente. Rendendosi conto di aver fatto uso di un tono troppo imperativo, aggiunse: – Non mi metterei con te, se lo lasciassi per quanto abbiamo fatto questa sera.
Giada lo fissò a sua volta, scuotendo la testa. – Quanti problemi idioti vi fate voi “migliori amici” – ribatté, una nota di scherno nella sua voce. – Sai che una volta ho chiesto ad Alessio se gli piaceva la tua ex? E indovina cos’ha risposto? Considera Flavia una ragazza bellissima, e che tu e lei eravate fortunati a stare insieme. – Il sorriso che incurvò le labbra della ragazza non aveva nulla di piacevole quando continuò: – Stavamo facendo sesso, in quel momento. Mi sono messa sopra di lui, cavalcandolo; ho preso le sue manacce e le ho messe sulle mie bombe per eccitarlo. Un uomo eccitato, mi hanno detto, è come ubriaco, e non sa mentire. Allora gli ho chiesto: “e te la scoperesti?”. Alessio ansimava mentre mi scopavo il suo stupido uccello, le sue dita mi massacravano le tette, aveva gli occhi chiusi godendosi il piacere della cavalcata. Ma quando gli ho posto la domanda, è stato come se si fosse svegliato all’improvviso, mi ha guardato come se fossi un’appestata e poco mancava che mi gettasse giù da lui. “È la fidanzata del mio migliore amico! Non la toccherei con un dito nemmeno se mi saltasse addosso nuda!”, ha detto – concluse la ragazza, ridendo. – Figa, se la mettete giù dura con queste menate.
Luca non riuscì a trovare nulla di divertente in questo. Anzi, non si offese solo perché si sentì come se fosse prossimo a vomitare.
– Comunque, – continuò la ragazza, scendendo dal letto e mettendosi in piedi, nuda, splendida, perfetta, con una voce molto più dolce, – Luca, è stato fantastico. Davvero, non ho mai… beh, cielo, il termine “goduto” non dà l’idea. Grazie, e mi spiace che tu non voglia farlo di nuovo – terminò, e l’accento di quelle parole lasciò intuire il dispiacere che questo comportava.
Il ragazzo non poté negare che la cosa non fosse stata fantastica anche per lui, sebbene il senso di colpa lo stesse annientando. – Grazie, Giada, ne avevo bisogno. – ammise, abbassando gli occhi a terra. – Ero davvero a terra.
Lei aveva recuperato i suoi abiti e li aveva stesi sul letto. Prese le mutandine rosa ricamate e le indossò. Luca non ebbe difficoltà a riconoscere che lo stava facendo con un’ostentata sensualità, certa di provocarlo e fargli cambiare idea. – Lo so, e ammetto di averne approfittato. Ma, a differenza tua, non me ne faccio una colpa.
Lui ribatté con un “mh” che voleva decretare la conclusione di quello scambio di battute spiacevole. A differenza di Giada, aveva dovuto solo chiudersi la lampo dei pantaloni e rimettersi le scarpe. Lei non sembrò nemmeno farci caso, scrivendo sul telefono qualcosa. Sperò non stesse mandando un messaggio alle sue amiche annunciando che, finalmente, aveva avuto un rapporto completo con la sua preda.
Quando lei ebbe finito di vestirsi, e fortunatamente non chiese a Luca di aiutarla a indossare il reggiseno, sia perché la cosa sarebbe stata decisamente erotica e, ancora più, imbarazzante perché non sapeva come si agganciassero quegli affari del demonio, lei pose la questione che a Luca non era passata nemmeno per l’anticamera del cervello: come uscire da lì senza che li vedessero insieme.
– Già, bel problema – convenne lui. Non era il caso che qualcuno scoprisse che erano stati nella stessa stanza per mezz’ora, da soli. Meglio che certe cose restassero molto intime, soprattutto quando, dall’altra parte della porta, era in corso una festa.
– Facciamo così: tu esci dalla finestra, tanto siamo al piano terra, e io dalla porta dopo qualche minuto – propose lei, – poi cerchiamo Alessio e facciamo finta di nulla.
Le parole “Facciamo finta di nulla”, soprattutto pronunciate con quel tono, fecero improvvisamente provare a Luca un’avversione per Giada. – Ok. E cosa gli diciamo per la nostra assenza?
– Cosa? Ci prepariamo le risposte così che non possiamo darle differenti? – domandò lei, sogghignando. – Tu gli dici che una bella figa ti ha rimorchiato e te le sei fatta. Ovviamente, tu hai il tuo “senso dell’onore” e non dirai chi è la tipa – disse, e Luca non ebbe difficoltà a capire che lo stava prendendo in giro, – mentre io dirò che sono stata in bagno a farmi bella con le mie amiche – e indicò una porta diversa da quella da cui era entrato e che dava su qualche altra stanza.
– Non è vero – ribatté Luca.
– Sul fatto che ti sei scopato una figa? – domandò lei, trattenendo una risata quando si accorse del doppio senso di quanto aveva appena detto.
– No, che non ti sei fatta… voglio dire… non ti sei truccata.
Lei scoppiò in una risata. – Siete maschi: non sapreste riconoscere una ragazza acqua e sapone da una truccata come il Joker! Pensi che Alessio sappia distinguere il mio volto con o senza mascara?
Luca non aveva idea di cosa fosse il mascara, quindi preferì non rispondere. – Va bene. Allora io vado.
Si avvicinò alla finestra, l’aprì e, un attimo prima di alzare una gamba e uscire, Giada gli fu accanto.
– Un ultimo bacio prima di…
Il ragazzo dovette fare violenza su sé stesso per rispondere: “no”. Un attimo dopo, con la ragazza alle sue spalle decisamente delusa, era con le scarpe in un’aiuola, le suole sopra un tappeto di frammenti di corteccia di qualche pianta che sembrava abete o pino.
Dopo essersi accertato che non ci fosse nessuno attorno che potesse vederlo, scavalcò la bassa e brutta rete di metallo coperta di plastica verde e mise piede nel prato, sbattendo le scarpe per pulirle dalla terra. Lanciando un’occhiata all’aiuola, sperò che nessuno notasse le impronte e il pacciame sbriciolato, quindi si allontanò.
Vide Giada chiudere la finestra, poi spegnere la luce della stanza senza mettere a posto il letto. Probabilmente, Lorenzo aveva già messo in conto che qualcuno ne avrebbe fatto uso durante la festa e aveva fatto sparire gli oggetti di valore o frangibili in quella stanza e in tutto il resto della casa.
Attraversò il giardino con l’oscurità che aveva ormai occupato ogni angolo che non fosse presidiato da una lampada a inciampo o un lampioncino, che gettava una luce fin troppo gialla, mentre su alcuni alberi erano accesi dei led colorati, qualcosa che doveva essere stato tolto dopo Natale e riesumato fuori stagione per quell’occasione. Forse si era attardato troppo a guardare le luci, ma quando giunse davanti alla porta della villa, questa si aprì e vi fece la sua comparsa proprio Giada.
Allo sguardo confuso di lui, la ragazza spiegò che Alessio non era all’interno. – Non l’ha visto nessuno – spiegò.
– Dici che è ancora di fuori? – domandò Luca. La cosa gli sembrò strana: il suo amico era ben più socievole di lui, e non avrebbe mancato di farsi un giro alla festa, soprattutto se non aveva con sé la sua ragazza. L’idea che fosse rimasto là fuori, al freddo, per lo stesso motivo che aveva portato lui all’interno non gli parve completamente campata per aria, anche se non riusciva a immaginare quale ragazza potesse essere tanto bella da fargli tradire Giada.
L’idea che il suo amico avesse davvero scovato la Tadini e che questa avesse voluto dimostrargli quale tecnica aveva preparato per sconfiggere in finale la biondina che sembrava dovesse batterla alla famosa gara di pompini alla segheria fece sorridere Luca. Sarebbe stata una vendetta nei confronti di Giada non indifferente.
La ragazza si strinse tra le spalle, senza notare il sollazzo dell’amante che aveva posseduto il suo culo un attimo prima. – Andiamo a cercarlo – ordinò.
– Hai provato a chiamarlo con il telefono?
– Sì, ma non risponde – rispose lei, infuriandosi. – Se quel pezzo di merda mi sta tradendo…
Luca alzò una mano come a fermarla. – Ehi, ehi… non mi piace che continui a chiamare in quel modo Alessio e, ti faccio notare, che noi – disse, calcando il tono sul pronome e poi abbassando la voce ad un bisbiglio, – abbiamo tradito lui…
Lo sguardo di Giada parve quello di un’arma da fuoco puntata contro la faccia del ragazzo. – Io lo chiamo come voglio, e poi io sono una donna e, se lui non mi soddisfa, scopo chi voglio.
Luca non ribatté, anche perché quella gli parve la giustificazione più puerile e stupida che avesse mai sentito. – Andiamo – disse a denti stretti, deciso a non voler discutere con una donna. Con lei, soprattutto.
Si avviarono nel prato, con Giada che camminava davanti. – Non chiamiamolo – ingiunse lei, – non voglio che gli altri ci sentano.
Il ragazzo si chiese chi fossero gli altri. All’aperto non c’era nessuno e “gli altri” erano dentro, nella villa, con un volume della musica tanto elevato che se fosse atterrato un elicottero all’esterno non lo avrebbero sentito. Per un attimo, accarezzò l’idea che Giada volesse portarlo in un posto appartato in quel giardino di dimensioni ciclopiche e farsi sbattere un’altra volta. Si chiese se avrebbe resistito ad un suo nuovo approccio, e una smorfia di delusione comparve sul suo volto. Conosceva il detto “la carne è debole”, ma iniziò solo in quel momento a comprendere cosa significasse davvero.
In effetti, la ragazza sembrava possedesse una specie di destinazione in mente, un po’ come quegli uccelli che riconoscono la loro meta anche se non ci sono mai stati ma possiedono in memoria la strada per raggiungere un posto specifico in un altro continente, puntando ad un gazebo in legno notevole, con una grata di legno chiaro su due lati e delle panchine all’interno. Dei cespugli potati di recente nascondevano chiunque ci fosse all’interno.
Giada si fermò, ponendosi un dito sulle labbra quando si voltò verso Luca. – C’è qualcuno – disse a bassa voce.
Lui osservò la struttura illuminata da alcuni lampioncini messi attorno, ma non vide movimenti e i suoni che percepiva sembravano provenire da qualsiasi altra direzione: il traffico a qualche centinaio di metri, il canto degli uccelli alla sera, il vento leggero che passava tra le piante. Si chiese come facesse la ragazza a capire che laggiù non ci fosse un gatto a caccia o qualche altro animale. In ogni caso, se avesse avuto ragione, sarebbe stato meglio non andare a disturbare qualche eventuale coppietta, sia che uno dei due fosse stato Alessio, o qualcun altro che cercava un po’ di intimità e che non credeva di trovare all’interno della villa.
– Lasciamo stare – consigliò lui, bisbigliando.
– No! – sibilò lei. Lo afferrò per una manica e lo tirò.
Lui sbuffò con il naso e la seguì, maledicendosi per il fatto che non la mandasse a cagare una buona volta, ma si ricordò che non l’aveva mai fatto in passato perché era la ragazza del suo migliore amico e, soprattutto da quel momento, per il fatto che, dieci minuti prima, proprio nel buco che avrebbe dovuto usare per esaudire il suo ordine, lui aveva trovato un orgasmo.
Avvicinandosi sul prato privo di foglie secche, probabilmente curato da qualche giardiniere, o, più probabilmente, esercito di giardinieri, al servizio dei Favaro, senza fare il minimo suono, Luca sentì davvero dei rumori provenire dal gazebo. Cercò di trattenere Giada, ma lei sembrava uno di quei gatti che, se non avessero soddisfatto la propria curiosità, avrebbe temuto di morire. Anzi: fu quasi lei a trascinarlo fino al termine del muro verde fatto dalla siepe.
Qui giunti, prima ancora che Luca potesse vedere oltre l’angolo, la ragazza si fermò e lanciò un urlo. E non fu un urlo di paura, o di sconcerto, come se vi avesse scovato un predatore: semmai, con quell’urlo, un predatore sarebbe fuggito, credendo di essere stato scovato da uno ben più pericoloso. La risposta che giunse dal gazebo, però, non fu un ruggito o un ululato, ma un’esclamazione di sorpresa, sconvolta sorpresa, con una voce che il ragazzo conosceva perfettamente.
– Giada! – sbottò Alessio, irrigidendosi. Luca lo vide seduto sulla panchina, un braccio abbandonato sullo schienale, l’altra mano sulla testa di una ragazza mora tra le sue gambe aperte nude. E quella ragazza, invece della Tadini, cosa che avrebbe trovato meno incredibile, c’era invece Sofia.
Nella frazione di secondo che trascorse prima che Giada iniziasse ad urlare, isterica, nella mente di Luca ebbe il tempo di formarsi la domanda relativa a quanto la ragazza tenesse a stecchetto Alessio se lui doveva ripiegare su un’antipatica quanto Sofia per trovare soddisfazione. Non ebbe il tempo di darsi una risposta perché la ragazza che aveva appena posseduto nel letto di uno sconosciuto esplose in una rabbia furiosa.
– Brutto pezzo di merda! – gridò Giada, indicando Alessio con un dito che, se fosse stata una vera dea, avrebbe scagliato una folgore, incenerendone il corpo; nonostante il disguido della sua natura mortale, la ragazza, con le sue grida e imprecazioni, sembrava comunque decisa a ridurre in polvere la sua autostima, e nei secondi successivi diede mostra di esserne capace.
Mentre lei strillava come se fosse stata assalita dai peggiori mostri che potesse nascondere il giardino di una villa di provincia, gettando fango a secchiate su quello che, non era difficile immaginare, stava diventando il suo ex fidanzato, Luca, quasi più imbarazzato del suo amico, notò che da ogni dove stavano arrivando dei ragazzi, quasi si fossero nascosti nei paraggi. Una piccola folla curiosa vide poco per l’oscurità che stava calando, ma sentì perfettamente Giada continuare ad insultare Alessio, sostenendo che era un bastardo che la tradiva con la prima che passava, incapace di provare la giusta devozione per una donna meravigliosa come lei. Qualcuno lanciò un commento sulle forme della bionda, qualcun altro si propose di venerarla come avrebbe saputo fare solo lui, ma Giada, forse ormai abituata a quegli apprezzamenti, parve non sentirli nemmeno. Concluse, ovviamente, con il tocco finale, quello che avrebbe fatto capitolare ogni uomo, soprattutto di fronte a degli estranei: – E come amante sei una merda! Non sai fare altro che fottermi come se fossi una troia senza sentimenti, con il tuo lurido cazzetto… – e Giada alzò una mano, tenendo il pollice e l’indice letteralmente ad un paio di dita di distanza uno dall’altro.
Alessio, di fronte ad una tale critica delle sue capacità sessuali, sembrò gonfiare i suoi muscoli, pronto ad alzarsi e, coperti i dieci passi che lo dividevano dalla bionda, a prenderla a sberle. Luca, che non avrebbe permesso al suo migliore amico di abbassarsi a quel punto, intervenne, e solo dopo comprese di aver fatto il secondo errore più stupido della sua vita: allungò una mano per prendere il braccio di Giada con cui simulava la dimensione della virilità di Alessio e abbassarlo, ma lei sembrò avere i riflessi di un felino. Non solo lui non la afferrò, ma, al contrario, lei prese lui, e Luca si trovò con il suo di braccio alzato, nemmeno fosse su un ring e avesse appena vinto un incontro di pugilato.
La sua sorpresa durò comunque poco, sostituita dallo sconcerto quando le labbra di Giada, quelle labbra che aveva baciato con desiderio pochi minuti prima, pronunciarono le parole che mai avrebbe voluto sentire, soprattutto davanti al suo migliore amico.
– Luca è un amante fantastico, e oggi mi ha dato non uno, ma ben due orgasmi incredibili!
Il silenzio cadde con un tonfo fragoroso, tanto forte che nessun suono sembrò più in grado di formarsi in quel giardino. Anche il vento parve essere fuggito, gli uccelli diventati afoni e gli spettatori ammutolirsi come se le parole di Giada fossero stato un sortilegio. Il cuore di Luca si fermò per dei lunghi secondi, e lui sperò che non ripartisse mai più, lasciandolo morire piuttosto che vivere nell’infamia di aver scopato la ragazza del suo migliore amico e tradito la sua fiducia.
Ma il cuore continuò a battere, forse un po’ più forte, come a dimostrargli che non aveva compassione per lui e che adesso ne avrebbe pagato le conseguenze. Lo stomaco, piuttosto, sembrò voler addirittura peggiorare la situazione, aumentando l’imbarazzo.
Lo sguardo di Alessio che, in quel momento, sembrò a Luca, per qualche motivo, un vecchio re del nord di qualche fantasy, vestito di pelli logore, con una puttana tra le gambe a sollazzarlo in una notte di tempesta, si mosse tra lui e Giada diverse volte, furioso, deluso, incerto su come comportarsi. Non fu difficile immaginare le maledizioni, gli insulti, le ingiurie che salirono alla sua bocca ma che, invece, inghiottì. Mai Luca sentì la sua voce farsi profonda, ad un passo dal ruggito, quando si limitò a dire: – Tienitelo – e, dopo qualche istante, aggiunse, quasi stesse pronunciando la propria condanna a morte: – e sparite dalla mia vita.
Luca ebbe la necessità di dire qualcosa, qualsiasi cosa. Che fosse un rimprovero verso Alessio che tradiva la sua ragazza, una richiesta di perdono, il tentativo di scaricare tutta la colpa su Giada. Ma non ci riuscì: fu come se i suoi pensieri non riuscissero ad abbandonare la sua mente sconvolta e a raggiungere la sua bocca, che rimase aperta senza che se ne rendesse conto. Fu Alessio a porre fine a tutto, distogliendo la sua attenzione da loro e, con la voce imperiosa ma rotta dall’emozione che lo stava certamente assalendo, avvicinò la testa di Sofia al suo inguine nudo e le impose di continuare. Giada, allo stesso modo, sembrò scacciare dalla sua percezione del mondo il ragazzo con cui era stata fidanzata fino ad un istante prima, continuando a tenere per il braccio Luca e strattonandolo.
– Non voglio più stare a questa festa di merda – decretò, – andiamo via, amore.
In quel momento, mentre si lasciava trascinare via dalla ragazza, Luca si sentì l’essere più lurido dell’universo.
Continua…
Per contattarmi, critiche, lasciarmi un saluto o richiedere il racconto in PDF, scrivete a william.kasanova@hotmail.com o raggiungetemi su Telegram
grazie amore
Non credo di aver avuto il paicere, ma grazie intanto della lettura.
Leggendo i tuoi racconti continua a venirmi in mente Potter Fesso dei Gem Boi
grammaticalmente pessimo........
Ciao Ruben, sei un mito! Hai un modo di scrivere che mi fa eccitare! La penso esattamente come te. Se…