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High Utility – Episodio 39

High Utility

Episodio 39

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Giada aveva battezzato “posizione della chitarra”, sebbene a Luca sembrasse più corretto definirla “del contrabbasso”, ma ebbe l’assennatezza di non correggerla, il suo stare supina sopra il suo amante mentre questi la masturbava fino a portarla all’orgasmo e la baciava sul collo, aggiungendo una buona dose di calore umano al piacere sessuale che le faceva scuotere le membra e lanciare gemiti. Non era stato necessario che il ragazzo glielo proponesse in quanto lei stessa, dopo una buona mezz’ora a farsi massaggiare e farsi ripetere che era meravigliosa, una dea, il sogno erotico di ogni uomo e soprattutto il suo, si era distesa sopra di lui, dicendo: – Adesso fammi di nuovo godere nella posizione della chitarra.
Luca era rimasto un po’ sconcertato. Non lo chiedeva mai, anche perché, di solito, Sam e Flavia, dopo i preliminari, o si proponevano per un pompino per ringraziarlo per quanto stava facendo, o lo invitavano a leccargliela, ben sapendo che apprezzava il sapore delle rispettive fighe, ma non gli sarebbe dispiaciuto se lei gli avesse restituito il piacere. Evidentemente, Giada non aveva una visione, come dire… egualitaria del sesso, ma sembrava piuttosto avere a cuore solo il proprio piacere, ponendo in secondo luogo quello del partner. O forse, più semplicemente, voleva raggiungere un orgasmo e poi concedersi completamente a lui.
In ogni caso, lui l’accontentò, e mentre il suo cazzo si infilava nella fessura delle sue splendide chiappe, la strinse a sé con una mano, prendendole un seno grosso e morbido, caldo e invitante. Ogni volta che un suo dito si muoveva su quella massa di pura meraviglia, sentiva il suo pene stirarsi un po’, inturgidirsi ulteriormente. Le due dita dell’altra mano che sprofondarono nell’utero di Giada trovarono un canale bagnato al punto che parte del liquido traboccò, strette in pareti bollenti e mobili, come se volessero inghiottire tutto fino al polso.
– Fammi godere, Luca… – disse lei, chiudendo gli occhi e perdendosi già in una nebbia di benessere.
Lui non perse tempo e cominciò a muovere le dita nei punti che la sua maestra gli aveva insegnato qualche settimana prima e che su Flavia aveva fatto pratica. La ragazza ansimava sempre più forte e profondamente, poi iniziò a muoversi come se soffrisse di mal di schiena, ma nonostante questo non smetteva di incitarlo, di non fermarsi, di farla godere. Luca percepiva il cuore della sua amante accelerare sempre più, rimbombare nei suoi seni che si scuotevano ad ogni movimento della ragazza. Quando poi il clitoride ebbe fatto la sua comparsa, abbandonò, con un certo dolore, va detto, la boccia per afferrarlo con un paio di dita e stimolarlo, sfregandolo e torcendolo leggermente.
Giada strinse i denti, sollevando il sedere dall’inguine di Luca, emettendo un gemito che parve di dolore o intensa fatica, poi sembrò accartocciarsi come una foglia secca, mentre stringeva le gambe. Infine, crollò sopra il ragazzo, liberando un sospiro che conteneva tutto il fiato che le era rimasto nei polmoni per diversi secondi. Iniziò a sudare, stille che comparivano sulla sua pelle e scivolavano, gocciolando sul suo amante.
– Brava, mia splendida puttanella… – le sussurrò lui, soddisfatto. – Fammi vedere come vieni.
Lei si irrigidì di nuovo, come se fosse preda di spasmi, una mano che afferrò in braccio che la stava fottendo, l’altra che si piegava sopra e dietro di lei, forse per posarsi sulla testa di lui. Probabilmente provò anche a dire qualcosa, ma l’unica cosa che le uscì dalla bocca fu un verso strozzato, poi una serie di respiri brevi e profondi.
Giada venne sollevando di nuovo il bacino, crollando e sollevandosi di nuovo, contorcendosi come se fosse stata attraversata da una corrente elettrica in un cartone animato. Emise dei gridolini strozzati, le gambe che le tremavano e le chiappe che si scuotevano come sodi budini. Cadde da Luca, finendo sull’altra piazza del letto dei genitori del ragazzo, tenuta da lui con una mano sui fianchi perché non finisse sul pavimento. Afferrò con una mano il copriletto mentre l’altra si infilava sotto il cuscino, la gamba destra che si sollevava e chiudeva sul ginocchio, la sinistra che si allungava, le dita del piede che si aprivano come la ruota di un pavone mentre cercava di sedurre una femmina.
Luca contemplò il corpo di Giada sudato e scosso dal piacere che le aveva appena donato. Passò un dito lungo la colonna vertebrale, dal collo alla salita che portava alla valle tra i glutei muscolosi. Si fermò appena oltre il valico, osservando il buco che si apriva e chiudeva continuamente, quasi fosse un occhio che cercasse di mettere a fuoco qualcosa.
La ragazza ansimava, stordita dall’orgasmo, sfinita, non abituata a qualcosa di simile. I grossi seni si appiattivano sotto il corpo della ragazza, mostrando un tatuaggio scritto in qualche alfabeto dell’estremo oriente nascosto dalla poppa destra e uno in aramaico dietro una spalla. Luca si chiese cosa significassero, e soprattutto se significassero veramente cosa credeva Giada. Appoggiò un bacio su quello che poteva essere un passo della Torah o il nome di una ricetta kosher: la pelle era calda, umida di sudore e dal profumo di donna soddisfatta.
Sollevò una ciocca bionda dall’orecchio della ragazza. – Tutto bene?
Lei respirava con lenti e profondi sospiri. Annuì appena. – Sei stato meraviglioso… – sussurro con un fiato appena udibile. – Ti amo, Luca…
Lui sorrise, soddisfatto. La mano che aveva spostato i capelli scese fino alla nuca di Giada, bloccandola con gentilezza al cuscino. Le si spostò dietro, salendo su di lei, muovendo il bacino per appoggiare la cappella contro l’orifizio del buco del culo di Giada. Si incurvò verso di lei, sussurrando nel suo orecchio. – Adesso sei mia, puttanella… – le sussurrò, e iniziò a spingere, il glande che iniziava a scappellarsi mentre il prepuzio si arrendeva di fronte alla resistenza opposta dall’ano. Sul volto di Luca si allargò il sorriso mentre percepiva il calore del retto trasmettersi al suo cazzo, pronto ad accoglierlo e a fornirgli il luogo dove cercare il meritato orgasmo.
Improvvisamente, Giada sembrò ritrovare tutta l’energia che parevano essere bruciate pochi istanti prima. Si voltò sul suo busto allungando una mano verso la faccia di Luca. – No! Non voglio! – ringhiò.
Più per lo spavento e non sapendo come comportarsi davanti a quell’improvviso attacco di ira, Luca si ritrasse, l’ano della ragazza che si richiudeva vuoto mentre il cazzo ne fuoriusciva dopo esserci entrato con la cappella per non più di un pollice. Si lasciò cadere sull’altra piazza, incrociando inconsciamente le mani davanti al petto e sollevando una gamba a protezione dei genitali.
– Che diavolo ti prende? – domandò, confuso, incerto se allontanarsi dalla sua amante, che improvvisamente era passata da cucciola assopita a demone furioso.
Il viso di Giada era una maschera di indignazione e rabbia. Sembrava prossima a picchiare il ragazzo. Le ci volle qualche istante prima di riuscire a parlare. – Non… non voglio che mi tratti come la tua puttana! – ordinò con una voce aspra, fremente per la collera, spostandosi con rabbia una ciocca di capelli bagnati dal sudore. – Non permetterti mai più, pezzo di merda! Non sono una… – sembrò cercare un aggettivo, ma dall’espressione comparsa sui suoi connotati non fu difficile comprendere che era qualcosa che non avrebbe fatto piacere sentirsi rivolgere, ma dopo un istante abbandonò il tentativo e continuò: – una come Flavia o quella troia di sua madre. Mi devi portare rispetto, stronzo!
Luca era sul bordo del letto, guardando la bionda dalle tette grosse e dalle gambe lunghe, chiedendosi dove avesse nascosto la ragazza che lo aveva ringraziato un attimo prima con un filo di voce. – Giada… cosa…
L’espressione di furia sul volto della donna divenne presto di sconsolazione. – Non voglio che mi scopi in quel modo, come se fossi la tua schiava sessuale. Mi manchi di rispetto… mi fai sentire una lurida troia, e forse mi consideri tale.
Il ragazzo aprì la bocca per controbattere, sebbene non avesse idea di cosa dire: non si sarebbe mai aspettato che una donna potesse trovare tutto questo disgusto nei confronti del sesso più crudo, quando Sam e Flavia, soprattutto la seconda, lo adoravano. Giada, comunque, lo trasse involontariamente dal suo imbarazzo, sdraiandosi sulla schiena e stringendo le braccia sul suo seno, sollevando anche una gamba come a nascondere la sua passera luccicante per l’orgasmo di pochi minuti prima. Voltò la testa, imbronciata, fissando il muro come a cancellare Luca dal suo universo.
Lui si lasciò sfuggire un sospiro. – Giada, gioia, non ti considero una… una “lurida…” Ma come fai anche solo a immaginarlo? – domandò, confuso e quasi imbarazzato. In realtà, anche un po’ offeso per come la ragazza pensava la considerasse. – E poi, la volta scorsa, alla festa, quando ti ho… ehm, presa da dietro non ti sei lamentata. Anzi, mi hai chiesto tu di farlo!
Giada non mosse la testa, parlando con una voce atona, sebbene sembrava stesse spiegando qualcosa che Luca avrebbe dovuto comprendere da solo, se non era più che imbecille. – Che c’entra? Quella volta era diverso, allora ti stavo seducendo e ti ho lasciato prendere il mio sedere in quel modo per farti capire che mi volevi e che saresti voluto stare per sempre con me. Ma adesso non voglio che mi scopi ancora… in quel modo. È per le puttane.
– Ma, Giada, non…
Lei si voltò verso Luca. – Giada, Giada, Giada… Giada, Giada, Giada, ma intanto ti interessa solo aprirmi il culo e fottermi come una troia, ma dei miei sentimenti non te ne frega un cazzo, vero?
Lui non rispose, perché se avesse aperto la bocca… no, si disse, non aveva senso quanto stesse blaterando la ragazza, e lui non avrebbe potuto ribattere con qualcosa di assennato a quei concetti incoerenti. Il timore che fosse così ogni volta s’insinuò nella sua mente, facendolo temere di aver fatto una cazzata nel cedere alla sua bellezza due giorni prima.
Davvero aveva infranto la fiducia che Alessio poneva nella loro amicizia per mettersi con una ragazza bella ma completamente pazza?
– Adesso sei il mio ragazzo, – continuava Giada, con quel suo accento che sembrava una madre che spiegasse al figlio stupido qualcosa che era palese quanto il cielo azzurro e l’acqua bagnata – e devi fare come dico io. Non puoi immaginare cosa ho passato per potermi mettere con te, quando qualsiasi ragazzo in quella maledetta scuola vorrebbe fidanzarsi con me, o anche solo spingermi contro un muro e scoparmi come vorresti fare tu. Ma tu non sei come gli altri, e devi comportarti con rispetto nei miei confronti. Quando ti fottevi quella puttana dai capelli rossi potevi essere animale finché volevi, ma con me non puoi, io sono…
Un senso di rabbia cominciò a ribollire dentro di lui. Odiava… no, detestava quando sua madre si comportava in quel modo, come se ricamasse su ogni suo errore un’opera letteraria nemmeno fosse una filosofa del rinascimento, facendolo sentire un coglione completo. Per quanto Giada fosse la sua fidanzata, nemmeno lei aveva il diritto di trattarlo in quel modo. – Va bene, va bene! Ho capito.
Ignorò Giada lamentarsi che la trattava male. Si voltò verso il comodino e prese il telefono, accendendolo.
– Non voglio che chatti con altre ragazze, mi mancheresti di rispetto – continuò lei, recriminante.
Luca, esasperato, mostrò lo schermo dello smartphone. – Vedi, non sto chattando con nessuno.
Lo sguardo della ragazza divenne ancora più duro. – Togli quello sfondo – ordinò.
Lui distolse l’apparecchio dalla vista della bionda, contemplandolo a sua volta. – Non ci penso nemmeno – ribatté, deciso. Non avrebbe eliminato la foto del primo lancio di Alessio dallo sfondo del telefonino per nessun motivo.
– Non voglio che pensi ad Alessio – disse Giada, e da come pronunciava quelle parole era evidente che era un argomento che le provocava un profondo fastidio. – Non osare più nominarlo in mia presenza.
– Alessio è il… – iniziò a ribattere Luca, quando, con una stretta al petto, si rese conto che si stava sbagliando. Balbettò un istante mentre si correggeva: – Era il mio migliore amico. – Riconoscerlo, dirlo, fu un vero e proprio dolore fisico. – È una delle persone più buone e gentili che esistono.
La ragazza lo fissò con uno sguardo che mise in agitazione Luca. – Io sono stata la sua ragazza per dei mesi, – gli ricordò, e dalla sua voce colava fiele, – ed è squallido.
Luca sostenne la sua vista, come se fossero in una gara di tiro alla corda, ma l’abbandonò dopo qualche secondo, troppo arrabbiato. Questa volta, fu lui a stringere la braccia sui pettorali, ma non nascose il suo cazzo ormai flaccido, l’eccitazione che era scomparsa al punto tale che sembrava impossibile ci fosse mai stata.
Il silenzio calò nella stanza, tanto profondo che parve avesse acquisito una consistenza tangibile tra loro due come un muro di mattoni. Per diversi secondi l’unico suono che si poteva udire era il fiato di Luca che passava rabbioso per le sue narici, almeno finché non venne coperto dal suono delle molle del letto. Un attimo dopo, con grande sorpresa di lui, i grossi seni di Giada si appoggiarono al suo braccio sinistro e, con ancora maggiore meraviglia, una mano afferrò il pene moscio e cominciò a massaggiarlo, risvegliandolo in pochi istanti.
– Lo sai che ti amo, Luca. – bisbigliò lei in un suo orecchio, – Voglio solo il meglio per te, e insieme saremo felici.
Lui percepì un senso di eccitazione crescere dentro di sé mentre le dita flessuose della ragazza accarezzando l’asta del suo cazzo, aumentando quanto il suo organo si gonfiava di desiderio e raggiungeva la sua massima dimensione.
Lei si mise in ginocchio al suo fianco, ponendosi poi a cavalcioni sopra il suo inguine. La voce di Giada si era fatta molto più dolce, calorosa. – Vuoi il mio culo, Luca? Molti lo desiderano e sognano di prenderlo, ma ti confesso una cosa. – aggiunse, mentre si metteva in posizione e alzava il cazzo all’angolazione corretta. Si lanciò calare e un respiro incerto riempì i suoi polmoni mentre il suo amante si ritrovava a sprofondare dentro il suo retto. Le sue parole uscirono a scatti, un po’ come il suo movimento per impalarsi sul cazzo di Luca. – Solo… tu hai il dir… diritto di averlo.
Cominciò a cavalcarlo, tremando, mentre si appoggiava con le mani sulle gambe del ragazzo, le sue aperte a mostrargli il bocciolo di rosa su cui stavano cominciando a seccare l’orgasmo di prima. Luca sollevò le mani e strinse i seni di Giada, sentendo un’ondata di calore scaldargli il basso ventre, la magnifica sensazione del retto bollente e umido della ragazza accarezzargli la cappella.
– Dì ancora che sono un pezzo di merda, Giada – gli impose lui. – Mi eccita quando mi insulti.
La ragazza emetteva uno sbuffo ogni volta che calava sull’inguine di lui, trattenendo per un istante il fiato quando risaliva. Sembrava si stesse stordendo, come fosse prossima a svenire. – Sei… sei un pezzo di merda… Luca…
La mano sinistra di lui abbandonò il grosso seno di Giada, passò la lingua tra il pollice e l’indice, bagnandone i polpastrelli con la lingua, quindi attaccò con gli stessi il clitoride dell’amante, che ora svettava in cima alla vulva aperta e rossa di eccitazione. La reazione di Giada fu quasi immediata, con un gemito che parve un ruggito.
– Dopo voglio scoparmi le tue tette, – le disse, aumentando la velocità con qui massaggiava il piccolo gioiello di piacere della ragazza, – voglio venirti in faccia. Me lo lascerai fare?
Giada sembrava incapace di rispondere, troppo assorbita dalla sensazione del cazzo che le stava scivolando nel culo e il piacere che le faceva tremare il respiro e le bocce.
– Allora? – domandò lui, infilando un paio di dita nella vagina e ripetendo quanto aveva fatto prima.
Il volto della ragazza sembrò contorcersi nel dolore per un attimo, poi venne scossa da capo a piedi. – Sei uno… stronzo… – disse stringendo i denti.
– Brava, arrapami, troietta.
– Non… chiamarmi “tr…”
Giada si rattrappì, portando le mani davanti al corpo, cadendo all’indietro e lanciando un urlo. Uno schizzo, e poi un secondo di acqua di luna spruzzarono dalla sua fica, cadendo a pioggia su Luca. Ringhiò qualcosa, scuotendosi come prima, nemmeno fosse vittima di convulsioni.
Luca si lasciò sfuggire un sospiro nel quale c’era ben poca soddisfazione. Scosse la testa. Afferrò la ragazza per i fianchi e, più per educazione che per altro, domandò: – Almeno posso finire di incularti, o nemmeno quello?
La risposta richiese qualche secondo, con Giada che respirava profondamente, sibilando stremata. – Te lo concedo – disse, alla fine.
– Oh, beh, grazie, sua maestà – sussurrò lui, iniziando muovere l’inguine e a terminare il lavoro che lei non aveva portato a conclusione. La cosa divenne meccanica, priva di qualsiasi significato emotivo dopo qualche secondo, e l’orgasmo che ne seguì fu il meno soddisfacente che Luca ebbe nel corpo di una sua amante.
Non si sorprese quando, un’ora dopo, con Giada che tornava a casa sua, lui non provò affatto un dispiacere o rimorso per essere rimasto solo

Continua…

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