High Utility
Episodio 50
Per contattarmi, critiche, lasciarmi un saluto o richiedere il racconto in PDF, scrivete a william.kasanova@hotmail.com
Quella domenica mattina sembrava non ci fosse in giro nessuno nel parco. Luca era spaparanzato sulla panchina insieme ad Alessio e non avrebbe potuto giurare di aver visto passare cinque persone da quando era lì, contando anche Giada che, da più di mezz’ora, era scomparsa.
– Stavo pensando che dovremmo andare dopo a prenderci un gelato, – propose – offro io.
– L’idea mi piace – annuì Alessio. – C’è una gelateria che hanno aperto un paio di settimane fa e non ho mai provato vicino alla piazza. Ma pago io.
Luca sollevò le mani davanti a sé, come a bloccare le parole dell’amico. – Ah, no! Il casino che ha provocato la rottura della nostra amicizia è colpa mia, e mi sento in obbligo di pagare.
L’altro si accarezzò il mento, sorridendo beffardo. – Beh, sì: mi hai portato via quel debito di Giada e costretto a rivedere le mie priorità nella vita, che, tra l’altro, continuano ad essere la figa, quindi è giusto che sganci tu.
Luca prese il telefonino dalla tasca e accedette a Google Maps. – Dove hai detto che si trova la gelateria? – Alessio gli diede approssimativamente l’indirizzo. Luca trovò l’icona dell’esercizio e vi cliccò sopra, aprendo la pagina relativa, con una galleria fotografica piena di gelati e gente felice, qualche inquadratura del locale e altre immagini che avevano poca attinenza con il soggetto. Poco sotto, compariva una tabella con gli orari di attività. – Però apre alle undici, oggi.
– Mancano ancora due ore – constatò Alessio, guardando l’orologio, deluso.
Una notifica apparve sulla sommità del cellulare di Luca proveniente da Instagram. Si stupì quando lesse che Olivia aveva ricambiato la sua decisione di seguirla, seguendolo a sua volta. Spinto da un impulso che non seppe trattenere, cliccò sul testo: Instagram si aprì sull’album fotografico della ragazza, mostrando gli scatti che aveva contemplato qualche giorno prima, oltre ad un paio di nuovi. Deciso a non impiegare più di qualche secondo per contemplare l’ultimo, lo toccò, facendo comparire a schermo intero un fiore solitario, un’eroica margherita che cresceva davanti ad una rete di ferro, che delimitava un’area rossa e, sfumando, un prato e, sullo sfondo, degli edifici.
Luca la studiò, decisamente uno scatto fatto al volo, modificato con qualche app del cellulare per renderlo appena un po’ migliore di quanto le aveva restituito il sensore video del cellulare, e pubblicato subito dopo. Una bella foto, sebbene, con una fotocamera ed un passaggio in un programma di fotoritocco decente per computer sarebbe stata anche migliore. In effetti, la ragazza stessa lo sosteneva, dicendo che quello era uno studio fatto per confrontare come risultasse la stessa immagine fatta con lo smartphone e con una reflex.
La riga sotto, quella adibita ad indicare la data della pubblicazione, dava il caricamento a meno di due minuti prima, mentre il geotag del luogo dello scatto svelava essere stato a poche centinaia di metri di distanza: per l’esattezza, comprese il ragazzo, era nei pressi del campo di tennis vicino a quello di calcio. Improvvisamente, sentì le sue gambe implorarlo di sollevarsi e lasciare che lo portassero lungo una delle stradine sterrate che attraversavano i prati del parco.
Si ritrovò in piedi, il telefono in tasca. Si voltò verso Alessio. – Devo andare – disse, senza aggiungere nessuna spiegazione. – Torno più tardi.
L’amico sollevò lo sguardo dal suo Xiaomi. – D’accordo. Ho lasciato un messaggio a Flavia per raggiungermi: le faremo una sorpresa.
– Va bene, ci rivediamo qui – rispose Luca, prima di allontanarsi, cercando di non correre, e imboccando un sentiero che aveva percorso diverse volte in passato.
Scoprì di essere agitato, come mai lo era stato. Si mise una mano a coppa davanti alla bocca e espirò, sperando di non avere il fiato pesante, ma non gli sembrò nulla di che. Si passò la lingua tra i denti, augurandosi di non averli sporchi di cibo, ricordandosi poi di non aver fatto colazione. Si fermò, scattandosi una foto per controllare di non avere brufoli o punti bianchi sul viso.
– Piantala, coglione – sussurrò, rimettendo via il telefono, – Sembri un cagasotto, e le donne detestano i cagasotto. – Prese un profondo respiro e riprese a camminare.
Superati un paio di cespugli, scovò la ragazza dove aveva fatto lo scatto alla margherita. Era accosciata dietro ad un treppiedi con le gambe estese al minimo, una reflex innestata sopra e inclinata ad angolo retto a destra, probabilmente per avere uno scatto verticale, e controllava sullo schermo LCD le impostazioni della macchina.
Luca deglutì, si gonfiò il petto e, cercando di richiamare la mascolinità che aveva sentito in sé nei suoi ultimi incontri con Sam, si avvicinò. – Che apertura di diaframma usi, Olivia? – domandò.
La ragazza fece letteralmente un piccolo balzo, ergendosi con il busto, poi si girò, gli occhi sgranati, come se fosse stata scoperta a fare qualcosa di veramente imbarazzante. Lo fissò, quasi non fosse in grado di riconoscerlo, nemmeno ne fosse terrorizzata.
Luca, sorpreso dello spavento della ragazza e dispiaciuto di averglielo provocato, sollevò una mano tra di loro. – Ehi, se stai usando il programma predefinito per le macro non devi vergognarti… – provò a sdrammatizzare.
Olivia parve tornare in sé, alzandosi in piedi, tenendo però le spalle basse e la testa inclinata. – Ciao, Luca – disse, ma la voce era più calda di quanto avrebbe dovuto essere quella di qualcuno insicuro, – stavo… stavo solo facendo una foto a… a quel fiore. Io… beh…. Mi diletto a fare foto… – e aggiunse velocemente, quasi a scusarsi per aver osato porsi anche solo vagamente al suo livello: – Ma non sono belle come le tue.
Il ragazzo sentì il cuore stringersi nel riconoscere che Olivia si stava comportando come lui quando era ancora impacciato dall’insicurezza che gli impediva di aprirsi al mondo. L’insulto che una giovane Flavia gli aveva rivolto risuonava ancora nelle sue orecchie: sarebbe stato in grado di comportarsi anche lui allo stesso modo con Olivia?
“Assolutamente no!”
Invece, prese di tasca lo smartphone, richiamò l’album della ragazza e, cercando una foto in particolare, la redarguì con dolcezza: – Sei troppo modesta, Olivia. – Mise a pieno schermo l’immagine di una foglia secca marrone con uno sfondo che si perdeva nella nebbia della sfumatura. – Questa è davvero bella. Mi piace l’uso che fai delle luci e del… coso… quell’effetto che fa sembrare le cose lontane confuse, indefinite… come si chiama… – domandò, facendo schioccare le dita della mano libera quasi fosse un modo per richiamare alla memoria un ricordo.
– Il bokeh! – esclamò Olivia, improvvisamente piena di vita. Aggiunse anche: – È un termine che deriva da giapponese e significa… – prima di accorgersi di essersi entusiasmata troppo e abbassò di nuovo la voce e la testa.
Luca capì che doveva continuare in quella direzione. – E significa… – le fece eco, incoraggiandola a proseguire.
Lei sorrise. – “Confusione mentale” – spiegò, interrompendosi, ma fu come se una forza dentro di lei la costringesse a continuare. Sollevò il capo e lo guardò: – Sono contenta che ti piacciono le mie foto.
– Ne hai certe che mi fanno provare invidia – la corresse Luca, senza mentire affatto. – Senti, che ne dici se ti lascio il tempo di scattare la tua foto, poi ci sediamo lì e ci scambiamo qualche segreto sulle nostre tecniche di fotografia? Quel fiore mi sembra impaziente di essere immortalato.
Luca non aveva mai visto Olivia così raggiante. Si diresse alla sua fotocamera e lui la seguì, sedendosi a gambe incrociate accanto, facendosi spiegare i vari passaggi e le impostazioni: si considerava passabile nella paesaggistica, ma la macrofotografia era una tecnica a lui completamente oscura. La ragazza, in quel momento, invece, pareva non avesse mai nemmeno conosciuto il concetto di timidezza, e illustrava ogni sua mossa, ogni suo trucco per scattare una foto a bassa distanza della margherita. Luca le sorrideva, e non tanto per quanto stava imparando, ma per la sensazione di gioia che la ragazza gli stava infondendo.
Olivia fece partire l’autoscatto di tre secondi, spiegando, scherzosa, che era una patita di quella funzione.
– Pensavo servisse solo per fare pessimi sketch nei film comici – commentò Luca, facendola sorridere con quella battuta non molto migliore delle scenette a cui accennava. Il fatto che lei avesse apprezzato quello scherzo lo spinse a fare un passo avanti.
Mentre lei studiava il risultato della foto sullo schermo LCD, lui disse: – Sai, ci sono degli splendidi fiori, dietro allo spogliatoio. Che ne dici di andare a controllare.
Luca, ormai, aveva compreso che Olivia era tutto fuorché stupida o sprovveduta, e avrebbe compreso la sua intenzione: se avesse abbassato lo sguardo, sarebbe stato un “no”. Invece, una mano della ragazza prima spostò inconsciamente una ciocca di capelli castani, mostrando un orecchio e il lato del collo, poi l’allungò verso Luca per aiutarlo ad alzarsi.
– Davvero? – domandò, la voce che tremava appena, forse per l’emozione di quanto stava per accadere, forse a causa della sua timidezza che continuava a dominare la sua anima. – Sarei davvero felice di vederli.
I fiori, in realtà, non furono nulla di eccezionale, ma nessuno dei due se ne accorse o vi diede importanza: appena superato l’angolo, raggiunto il lato meno visibile dal resto del parco, Luca spinse dolcemente Olivia contro il muro, le fece scivolare la sacca con la fotocamera dalla spalla appoggiandola a terra, e poi fece uso di ogni trucco che Sam gli aveva insegnato sul baciare una donna. Appoggiò una mano sul capo di lei, inclinandole leggermente la testa a destra, e mentre iniziava a succhiarle un lato del labbro inferiore e il pollice a sfiorarle la parte opposta, l’altra mano cominciò ad accarezzarle il collo e la nuca. Olivia chiuse gli occhi e parve sciogliersi contro di lui; se tutta la coscienza di Luca non fosse stata rapita dal sapore della ragazza, del suo respiro che tratteneva e lasciava sfuggire a fiotti, dal desiderio che stava facendo fondere le loro anime, avrebbe finalmente scoperto, spinto contro il suo petto, gonfio dall’eccitazione, che la ragazza aveva un seno di tutto rispetto.
Continua…
Per contattarmi, critiche, lasciarmi un saluto o richiedere il racconto in PDF, scrivete a william.kasanova@hotmail.com
Davvero molto bello. Piacevole come gli altri e decisamente pregno di sentimenti espressi senza risultare melensi o ripetitivi. D’impatto leggiadro, oserei dire!
Ti ringrazio, sono felice che ti piacciano. Vedremo cosa penserai dei prossimi episodi, quando si chiuderà anche la sottotrama di Flavia e Giada (e quelli non saranno leggiadri, anzi…). 😜