High Utility
Episodio 52
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Le lingue di Luca e Olivia scivolavano una contro l’altra nella bocca della ragazza, che appariva vorace di quel bacio che ormai si stava protraendo da un tempo infinito che nessuno dei due avrebbe saputo quantificare. Comunque, troppo breve, avrebbe asserito Luca se qualcuno glielo avesse chiesto.
Nascosti alla vista dall’edificio dello spogliatoio, sembrava ormai stentassero a contenere il desiderio che, sopito da tempo, soprattutto da parte di Olivia, stava crescendo come un incendio alimentato dal profumo della loro pelle e di quello dei loro sessi che avevano cominciato a reclamare attenzioni. La ragazza, più morigerata, si era limitata a porre una mano all’altezza dei lombari di lui, ma Luca non aveva avuto più la forza di resistere e aveva cominciato a massaggiare la ragazza tra le cosce attraverso la lunga gonna e le mutandine. Non le chiese il permesso, se lo prese da solo, e, dopo aver estratto la lingua dalla bocca della ragazza e iniziato a baciarle il collo, scivolò con le dita oltre la sottana e l’elastico delle mutandine. Trovò la pelle bagnata, calda.
Nonostante ciò, anche sentendo il respiro della ragazza rompersi a quel gesto, le sussurrò in un orecchio: – Voglio farti godere, bimba.
La voce di lei fu come quella delle ninfe portata dalla brezza della primavera che accarezza i capolini dei fiori nei campi. – Ti voglio dentro di me, Luca… non sai da quanto tempo ti voglio…
Il ragazzo cercò di non perdersi nella dolorosa erezione che si stava svolgendo nei suoi pantaloni, il capogiro che quelle parole avevano causato. Accarezzò con dolcezza le grandi labbra bagnate, assaporando il sospiro di soddisfazione e attesa di Olivia, poi le discostò lentamente con indice e mignolo, mentre il medio e l’anulare prima solleticarono l’apertura dell’utero orbitandoci attorno, poi vi fecero ingresso lentamente, quasi con rispetto, ma senza fermarsi. Il calore e l’umido dell’eccitazione, che cominciò a colare fuori del sesso della ragazza, riempiendo ancora più l’aria del suo profumo ancora più delicato di quello di fiori attorno a loro, accolsero le dita.
Luca abbracciò il capo dai capelli castani e lo strinse a sé, inframmezzando i baci con sussurri nell’orecchio sinistro di Olivia, mentre coccolava il calice del suo bocciolo di rosa, ricompensato da gemiti e sospiri di piacere.
***Tutti e quattro parlavano attorno a Giada, ma lei sembrava fosse sorda o non comprendesse più l’italiano. L’unica cosa che riusciva a capire, che la sua mente registrava e a cui cercava di non dare comunque una risposta, era il senso di profondo disagio che stava provando, doloroso quanto avrebbe potuto essere un chiodo da carpentiere conficcato nel suo petto, diritto nel cuore.
Quei quattro ragazzi nudi, i loro cazzi in erezione puntati contro di lei, che sembravano lance che la tenessero sotto tiro, le loro mani che non si capiva se stessero cercando di toglierle i vestiti o frugarci sotto con una voracità che sembrava completamente impossibile per qualcuno che partecipava più volte alla settimana a delle sessioni di sesso di gruppo, la terrorizzavano. Due erano massicci, uno dall’aspetto cattivo e l’altro ancora peggio, gli altri due più gracili, per quanto non fossero esattamente dei fuscelli; tutti avevano sul volto uno sguardo di puro, malsano, disgustoso desiderio… no, non desiderio… nemmeno il termine “libidine” sembrava potesse descrivere quanto sembrava covare nelle loro anime, o in mezzo alle loro gambe… Si muovevano attorno a lei, e lei alzava le braccia cercando di non toccare i loro cazzi, come si fa con i cani che vengono ad annusarti e tu provi a non toccargli quel naso bagnato, sporco, ripugnante, per paura che poi ti morda e ti stacchi le dita. Quelle mani fredde che le palpavano le carni calde, quel senso di perdere la proprietà del corpo dove indugiavano, la coscienza di una nausea imminente che le stava stringendo tutto dentro di sé, cuore, polmoni, stomaco, intestino, il sussulto che provava a farla muovere quando una di quelle cappelle umide si avvicinavano troppo alla sua giacchetta di pelle, come a sfregiarla e a corrompere la sua grazia.
Quei pezzi di merda volevano fotterla. E lei era lì, proprio per quello, per imparare ad accettare il sesso violento e squallido che il suo amato Luca voleva con lei.
La voce che aveva sempre odiato di Flavia parve quella di una fata giunta in suo soccorso, interrompendo quella sorta di sabba blasfemo anche per il demonio. La rossa era a un paio di metri da loro, in piedi, che li guardava con un sorriso soddisfatto sul viso. Non aveva nemmeno slacciato le scarpe, nonostante i suoi quattro amanti fossero prossimi a possedere la sua amica. – Dai, almeno spogliatela. Non vorrete scoparvela vestita?
I quattro dissero qualcosa, ma a Giada parvero solo grugniti preistorici privi di significato. Lei avrebbe voluto esternate i suoi dubbi, avrebbe voluto ricevere qualche ulteriore informazione su quanto stavano per farle ma, come se avessero fatto una cosa simile in passato, più e più volte, i quattro cominciarono a spogliarla: uno afferrò il fondo delle maniche della giacchetta e gliela sfilò, un altro prese il collo della maglia e gliela tirò su, facendole sentire i capelli che si alzavano e crepitavano mentre il tessuto vi scorreva contro. La maglietta, grazie ad un terzo, quello che l’aveva salvata dalla caduta, seguì la maglia. La ragazza lanciò un’occhiata verso i suoi vestiti che venivano gettati sul pavimento e invece li scorse adagiarsi in una bacinella pulita, poco distante.
Flavia sogghignò, probabilmente alla sorpresa di Giada. – Non preoccuparti, i tuoi abiti usciranno di qui meglio di te – promise. O, sebbene il tono di voce divertito, minacciò velatamente.
Ma Giada non ebbe il tempo di prestare attenzione ad una tale sottigliezza: come il suo grosso seno era apparso, liberato da dita fin troppo esperte, subito tre mani vi si erano avventate, stringendo, strizzando, possedendo le poppe con fare che non aveva nulla di gentile. Il gelido calore che l’avvolse, stringendole il buco del culo e facendole percepire un senso di acido nella fica, le impedì di notare i pantaloni che venivano lasciati abbassare fino alle scarpe. Si riebbe quando le mutande tirarono su un fianco e poi si strapparono.
Giada sussultò, i polmoni che si riempivano di polvere e l’olfatto aggredito dall’odore liquido di maschi arrapati. Si irrigidì più dei cazzi che la puntavano, sconvolta, come se solo in quel momento una cortina di nebbia si fosse dissolta e avesse davvero compreso cosa aveva deciso di fare.
Una mano le afferrò la gola, spingendola indietro, contro un corpo caldo, un fiato che le scivolava contro l’orecchio sinistro, il bulbo bollente e umido di una nerchia che le puntava contro una chiappa. – Adesso ti scopiamo, zoccoletta.
Quello alla sua destra, che sembrava il più giovane, le strinse un seno come se stesse controllando il livello di maturazione di un melone. – Sei nostra, bella figa. Vedrai quanto ti divertirai.
Gli occhi neri di Giada saettavano da una parte all’altra mentre la sua testa rimaneva immobile, quasi fosse circondata da predatori e solo il restare ferma, senza muovere un muscolo, apparisse come l’unica possibilità di non essere vista e dilaniata dalle loro fauci.
Ma la cosa non funzionò, e tutto divenne reale quando quello davanti, uno che in un altro momento, in un’altra occasione l’avrebbe attratta tanto era muscoloso e dallo sguardo deciso, mise una mano sul suo inguine e due dita sprofondarono nella sua fica. Le sentì invaderla, scivolarle dentro quasi con fatica, come se un serpente avesse deciso di fare il suo nido nel suo sesso. Cominciò a muoversi dentro di lei con fare inconsulto, come se quelle due dita fossero impazzite. – Finalmente carne fresca – commentò senza nascondere una certa soddisfazione.
– Io voglio la sua bocca – disse quello con una strana “B” maiuscola che aveva già visto in passato tatuata sul petto, con una tracotanza tale che sembrava stesse ordinando una pietanza al ristorante che gli altri commensali non sapevano apprezzare, o scegliendo una vacca al mercato del bestiame.
La ragazza deglutì, ma si accorse che ancora più liquido stava colando tra le sue cosce, quasi che le dita dello stronzo le avesse rotto un tubo. Solo in quel momento si rese conto che il senso di terrore e vergogna che stava vivendo erano una specie di tappo sul desiderio di essere scopata, sbattuta, posseduta come una puttana che quella situazione le stava provocando.
“No… non devo essere eccitata… no!” si ordinò, ma quella volontà sembrava incapace anche solo di intaccare quel bisogno di avere quei quattro dentro di sé, in ogni buco. Si trattenne appena di implorarli di gettarla a terra e prenderla uno dopo l’altro, quale loro troia che era.
Non ce ne fu comunque bisogno. Quello davanti a lei, quello grosso e dallo sguardo duro quanto il suo cazzo, disse, come un capo di fronte alla sua banda: – La fotto io per primo! – Gli altri attorno parvero lupi affamati a cui avessero strappato la carne dalle fauci, mostrarono i denti, strinsero le mani a pugno, ma dopo un attimo di rabbia fecero un mezzo passo indietro. Senza aggiungere altro, dopo che la mano che le stringeva la gola perse la sua morsa, lui la prese e la strinse a sé, le dita che sembravano sprofondare in un gluteo e l’altro braccio che la cingeva sotto le ascelle.
Giada impattò contro quel maschio dal corpo marmoreo, le sue grosse tette che si appiattivano sui suoi pettorali scolpiti. Lo fissò in viso, sconvolta e intimorita, e al tempo stesso estasiata da quello sguardo rabbioso, da quel tatuaggio su una spalla che si stava gonfiando in uno sforzo. Si sentì sollevare, il pavimento staccarsi dalle suole delle sue scarpe. Non capì cosa stesse accadendo, se non quando sentì il cazzo del ragazzo scorrere verso il basso lungo il suo addome altrettanto piatto; lo percepì lasciare una scia di quel liquido che anche dal meato di Luca usciva quando era eccitato nel vederla sotto il suo ombelico, scivolare fino in mezzo alle grandi labbra e appoggiarsi all’imbocco della sua fica.
Vide il ragazzo prenderla meglio, la mano sulla sua chiappa sostenerla con maggiore forza per un attimo, poi si sentì come se una botola si fosse aperta sotto di lei: le si mozzò il fiato nonostante la bocca le restò spalancata mentre il cazzo sfondava infine la sua illusione che non sarebbe accaduto nulla, che quello si sarebbe rivelato essere un perfido scherzo di quella stronza bastarda di Flavia. Invece, si trovò impalata su una nerchia grossa come non ne aveva mai viste prima, che le riempiva la fregna come un’emicrania avrebbe colmato la sua testa, travolgendola al pari del furore che il ragazzo stava usando. Sentì di nuovo le dita stringerle il gluteo, un ruggito farla salire mentre quel cazzo usciva lentamente da lei. Quando risprofondò lo fece con meno rabbia, ma sempre con una rabbia che la opprimeva, la penetrava quasi più di quella nerchia. Si sentiva completamente alla mercè di quel maschio, incapace di fare qualsiasi cosa che non fosse farsi fottere, essere un pezzo di carne per il suo piacere, una nullità di fronte alla sua eccitazione.
Poi qualcuno alle sue spalle, il tipo che l’aveva afferrata al volo parlò, ma a Giada sembrò che stesse parlando da un altro comune, parole che impiegarono delle ore perché la sua mente sconvolta e travolta dalle emozioni che le stavano straziando. – Quel buco me lo prendo io. Voglio scoprire se la troietta ama farsi inculare
La chiappa libera venne colpita con forza, schiaffeggiata, strappando un grido che si bloccò nella gola della ragazza, poi venne afferrata con ancora meno grazia dell’altra e spostata. Un attimo dopo, qualcosa le riempì l’ano, s’intromise nel suo retto e poi entrò tanto in fondo che la penetrò per tutto il suo corpo, si aprì strada nella sua mente, nella sua anima, e, quasi temendo le uscisse dalla bocca, che si spalancò quanto gli occhi, si trovò con la testa spinta all’indietro, nemmeno fosse pronta a inghiottire una spada. La mano di prima tornò a stringerle la gola, pronta a strozzarla, e un’altra si intrufolò tra lei e l’altro e le afferrò un seno.
Incapace di capire qualcosa che non fosse la consapevolezza che era ora la troia di quei due uomini, che la stavano possedendo senza alcun ritegno, come se non avesse mai avuto altro scopo nella vita che essere scopata, che la sua nascita fosse stata pianificata esclusivamente per essere in quel posto, tra quei due, la sua figa ed il suo culo ad ospitare i cazzi di due maschi che non conosceva e di cui ignorava perfino il nome. Sentiva le loro nerchie scivolare dentro di lei, il calore dei loro sessi scambiarsi con quello del suo corpo, le loro pelli fare una blanda resistenza contro la sua, i loro gemiti di piacere e di fatica dare il ritmo al suo cuore che stava impazzendo nelle sue orecchie, pulsando nel suo collo. Quel movimento dentro di lei, quei due cazzi che sembravano voler scorrere uno contro l’altro, e solo una sottile sfoglia di carne, premuta, schiacciata, martoriata, sembrava a stento capace di separarli, nemmeno cercassero di unirsi, avvolgersi tra di loro all’interno del suo corpo, le loro grosse cappelle strofinarsi come due boa in amore, stava riempiendo la sua mente, una sensazione che pareva un dolore ma che cominciava a diventare qualcos’altro, sfumava in qualcosa che non aveva mai provato, qualcosa che desiderò scoprire più di ogni altra cosa nella sua esistenza.
Giada strinse le braccia attorno al collo del ragazzo davanti, tremando come una foglia in un vento caldo che l’avvolgeva tutta, che la infiammava. Sentì le sue gambe dolerle, come se fosse stanchissima, la sua passera stringersi attorno al cazzo che la stava scopando. Qualcosa di simile al suono di una cascata si levò dalla sua gola, mentre un turbinio di piacere le colmava la mente, invadendole il corpo.
– La troietta ha un orgasmo! – esclamò una voce, sorpresa e divertita. – Dopo voglio sbatterla io, quel pezzo di figa!
– Brava, puttanella – disse un’altra voce, più vicina, seguita da dei gemiti e dei ringhi.
Ancora vittima del piacere, ancora immersa in quella dimensione di libidine a qualche palmo dalla realtà, Giada cadde sui piedi, mentre la mano che la sosteneva spariva dall’ombra di coscienza che non era stata bruciata dall’orgasmo e uno spruzzo di liquido scivolava dalla sua figa, ora libera.
– Mettiti a pecora, adesso – ordinò una terza voce, mentre le dita che le martoriavano una tetta si staccavano dalla pelle e ricomparivano sulla sua nuca. Priva di volontà, troia e burattino, si trovò in ginocchio e poi con la faccia premuta contro la polvere sulla tela cellophanata, una mano che gliela bloccava e l’altra che le teneva alto il culo. Il grosso cazzo riprese a fotterla, ogni colpo, profondo e violento, che la spingeva avanti, la guancia destra che si muoveva sulla plastica, strisciando nella sporcizia, ogni espiro che ne sollevava una nuvoletta, ogni inalazione che gliela faceva finire in gola, il suo petto che si sconquassava in colpi di tosse. Ogni botta era accompagnata da un insulto volgare, poco originale quanto feroce, che colpiva il piedistallo su cui era assisa come un colpo di mazza ben più doloroso dell’azione che il cazzo stava avendo nel suo culo; l’impossibilità di reagire la stava portando ad un nuovo stato di confusione che, al tempo stesso, la terrorizzava e in cui voleva rifugiarsi e che, forse, era quanto di meglio potesse desiderare.
Flavia era ancora lì, a qualche passo di distanza, che la fissava soddisfatta, le braccia incrociate contro il petto quasi piatto. Indossava ancora tutti i suoi abiti e, quando il tipo, di cui Giada stava spurgando la sborra dalla figa lungo le cosce, si era avvicinato con un atteggiamento di libidine, lei lo aveva allontanato con uno sguardo. Gli altri due ragazzi erano in attesa, sbavanti: i loro uccelli erano ancora in tiro, luccicanti per il bisogno di godere delle forme, del calore e del bagnato della bionda ai loro piedi, che si stava facendo scopare come una cagna.
Ogni pensiero di Giada scomparve quando la mano che le fermava il capo si arrotolò attorno ai capelli e li tirò fino quasi a strapparli, sollevandolo letteralmente dal pavimento. Sentì il cazzo nel culo gettarsi per tutta la sua lunghezza nel suo retto, l’inguine del ragazzo muscoloso spingere contro le sue chiappe perfette, e poi qualcosa di simile ad un ululato.
– Non l’ho mai visto così soddisfatto, Diego! – rise uno dei due che non erano ancora intervenuti.
– Voglio proprio fotterla, quella puttanella – ribatté l’altro.
La ragazza, indolenzita, sentì il suo intestino liberarsi lentamente, mentre Diego si sfilava da lei. – È pure dinamite, la troietta – commentò, assestandole uno schiaffo su un gluteo. – Mai goduto tanto in vita mia.
Il cambio fu immediato: come Diego uscì, gli altri due si avventarono letteralmente su di lei. Uno, quello con la “B” tatuata, le strappò quasi di dosso le scarpe senza nemmeno sciogliere le stringhe, poi le sfilò i pantaloni e le mutandine; l’altro, per qualche motivo, si sedette sui polpacci davanti alla sua faccia, in una posizione composta che le ricordò vagamente quella di un samurai in attesa, la spada che si innalzava tra le sue gambe. Solo quando ebbe finito il primo di spogliarla, lui sembrò rianimarsi, mettendosi in ginocchio.
Quello dietro la rimise nella posizione di prima, a pecora, ma invece di accontentarsi di fotterla così, le prese una coscia afferrandola con entrambe le mani e gliela sollevò. Giada emise un verso di sorpresa quando sentì mancarsi l’equilibrio, ma l’altro la afferrò per le tette e la sollevò, portandola a trovarsi con il volto davanti alla cappella completamente scoperta e luccicante. Un asfissiante, greve odore di eccitazione le invase le narici, soffocandola.
– Tocca a noi, questa meraviglia – disse quello che le stava stringendo le bocce, rivolto all’altro. – Non sei contento, Yuri?
– Scopala e non rompere le palle – rispose quello dietro di lei, un attimo prima che sentisse la sua figa riempirsi di nuovo con un membro, la sborra che c’era ancora all’interno che usciva quasi a schizzi.
– Vieni, bellezza, mangiati il mio uccello – propose il primo, con una voce piena di divertimento ed eccitazione.
Giada lo detestò all’istante ma, nonostante questo, scoprì che voleva quel cazzo nella sua bocca più di ogni altra cosa. Trovandosi in una posizione scomodissima, instabile, strinse le braccia attorno alla vita del ragazzo e aprì le labbra: un attimo dopo, la cappella stava scivolando nel suo cavo orale.
Giada si trovò improvvisamente attaccata dai due fronti opposti, la spinta del tipo tra le sue gambe che le faceva finire in gola il cazzo di quello davanti, e poi lui che la spingeva all’indietro, impalandola sul membro dell’altro. Sentiva la sua figa colare la sborra di quello che l’aveva scopata prima ad ogni nuovo colpo, finirle sulle cosce, scivolare calda e viscida fino a terra, mentre la bocca si riempiva di saliva che sfuggiva dalle labbra al movimento della sua testa. I due che l’avevano posseduta prima si scambiavano commenti e battute volgari e disgustose su di lei e quanto le stava accadendo, cercando di coinvolgere anche Flavia nella squallida discussione, ma la rossa rispondeva una volta sì e due no, e sempre a monosillabi, lo sguardo rapace fisso sulla scena scabrosa che si stava consumando sotto i suoi occhi. Prima che quelli di Giada si riempissero di lacrime, mentre un senso di disperazione cominciava a sommergere il suo petto, riuscì a notare come Flavia la fissasse con palese soddisfazione.
Quello che le stava scopando la bocca, probabilmente già eccitato per quanto avevano fatto i suoi due compagni, oltre che per il grosso seno che aveva palpato per tutto il tempo, venne dopo forse un minuto. La mano che le stringeva i capelli spinse la testa di Giada fino a farle mangiare completamente il membro, mosse il bacino un paio di volte, quindi si fermò e riempì la bocca della ragazza di seme puzzolente e caldo. Restò per diversi secondi in quella posizione, forse assicurandosi di svuotarsi totalmente nella ragazza, che sentì lo stimolo al vomito crescere fino a diventare insostenibile ma, per sua fortuna, un attimo prima di rimettere, lui la liberò. Stordita, priva di sostegno dopo che aveva tolto anche la mano dalla tetta, Giada cadde sulle mani, tossendo e rigurgitando la sborra che aveva in bocca sulla tela sporca in sbocchi e fili pieni di bolle d’aria e saliva.
– Mezzasega – sentì Giada commentare divertito uno dei ragazzi, tra un colpo di tosse e l’altro, – una figa come quella e ti limiti a questo? Diego, facciamogli vedere come fanno quelli che hanno i coglioni.
Con la testa che le girava, percepì la gamba che si abbassava dopo che anche l’altro aveva finito e si era alzato. Per un istante crebbe in lei la speranza che avessero finito o, per lo meno, le lasciassero un attimo di tempo per prendere il fiato, ma subito dopo quattro mani l’afferrarono per le caviglie e i polsi, la voltarono supina su quel letto di polvere e macerie e la sollevarono. Spaventata, confusa, aprì gli occhi e vide i suoi due primi “amanti” alzarla in mezzo a loro.
Il tipo dallo sguardo truce e un paio di tagli biancastri sul costato e sul braccio sinistro sogghignava, mentre portava i piedi della ragazza sopra le proprie spalle. L’altro, quello che doveva essere il capo del gruppo, stava facendo la stessa cosa con le mani di lei. – È meglio se ti aggrappi per bene, troietta – le consigliò, lasciando immaginare che, in caso contrario, la cosa non le avrebbe fatto piacere per nulla.
Giada impiegò un istante a capire cosa intendesse, ma poi allacciò le gambe e le braccia attorno ai colli dei due, scoprendosi a dondolare come un’amaca, la testa e l’inguine che si trovavano alla stessa altezza dei genitali dei ragazzi, di nuovo pronti all’azione.
– Brava, troietta, – disse il capo, stringendole le mani attorno al collo con una pressione ben maggiore di quanto facesse Luca, – adesso riapri quella boccuccia.
L’altro le afferrò i glutei e li riaprì, sollevandole il bacino e mettendolo in una posizione migliore. – Mi sono innamorato del tuo culo, puttanella…
Giada spalancò gli occhi quando i due ripresero a scoparla, e le ci volle poco per scoprire che c’era del vero secondo le voci delle sue amiche che al secondo giro, un uomo durava di più.
Continua…
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WOW! Mi ero aspettato qualcosa di tosto, magari una carrellata unica su Luca e Olivia, ma non mi aspettavo qualcosa di così radicale!
Cioé, da una parte, colpo di fulmine, dall’altra, colpi di membro.
Notevole!
Devo dire, provo quasi pena per Giada, manco questo fosse il contrapasso per tutto il suo comportamento con Luca e Alessio, come probabilmente è inteso sia.
Mi limito a un “grazie” per il tuo commento, o rischierei di spoilerare quanto accadrà nei prossimo due episodi… e questo non è il peggiore per Giada… 😉
Comunque, ne mancano tre per la conclusione della storia.