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Racconti Erotici Etero

I silenzi di Caterina

By 5 Giugno 2011Dicembre 16th, 2019No Comments

 

Non credo di avere mai conosciuto una ragazza timida quanto lo è Caterina. Per i primi sei mesi della nostra conoscenza non mi ricordo di averla mai sentita parlare. Impacciata, chiusa, goffa, dopo pochi minuti in una stanza con più di due persone spariva, si nascondeva in se stessa, senza che nessuno più si accorgesse di lei. Ricordo alcuni miei amici che, parlando di lei, la prendevano di mira con battutacce ed insulti, offesi dal suo non voler parlare con loro, o forse solo felici di potersela prendere con qualcuno che non avrebbe mai potuto rispondergli.

Ma per me non era così. Mi era capitato di rimanere solo con lei un paio di volte, scoprendo che in realtà caterina era una persona dolce e gentile, schiacciata da una famiglia oppressiva, da qualche brutta esperienza e dall’indifferenza della gente nei suoi confronti. L’unica cosa che di lei non capivo era la sua poca voglia di lottare contro le avversità, di superare le sue paure e, quando possibile, cercavo di incoraggiarla a migliorarsi e tentare di uscire dal guscio.

Caterina ed io, conosciutici tramite il suo ragazzo, divenemmo presto amici e, quando rimanevamo soli, ridevamo e scherzavamo volentieri. Per lei, queste occasioni erano diventate uno sfogo, un momento di liberazione, dato che in presenza di altre persone, si limitava a sorridere imbarazzata quando qualcuno la guardava.

L’aspetto di Caterina rispecchiava il suo carattere. Occhiali, vestiti monotoni e poco appariscenti, sguardo sempre verso il pavimento. Ogni volta che la vedevo in mezzo ad un gruppo di persone sembrava fosse prigioniera di una gabbia invisibile, costretta a rimanere passiva di fronte al mondo che le passava davanti agli occhi.

Ho sempre sostenuto che una persona, per essere bella nell’aspetto, deve prima di tutto credere nella sua bellezza. In fondo, qualsiasi donna può apparire sensuale, conturbante, eccitante, se lo desidera davvero. Caterina, invece, era il perfetto esempio di come una ragazza normale potesse esser vista da tutti come brutta per via della sua poca autostima, più che per un difetto fisico. Io però, che osservo sempre bene le persone, avevo notato le sue forme morbide e sinuose, i suoi occhi, nascosti dietro gli occhiali spessi, e le sue labbra, sottili e timide, ma capaci di risvegliarsi in un sorriso dolce ed a modo suo sensuale.

Non nascondo di aver pensato a lei qualche volta, una cosa che mi capita con tutte, ma quei pensieri non erano mai andati oltre un momento, una scintilla, scattata per un frammeto di secondo nel buio e poi scomparsa nel nulla. Per me, Caterina era solo un’amica timida e dolce per la quale provare simpatia, tenerezza ed a volte, ipocrita quale sono, un po di pena.

Non potevo immaginare però quanto desiderio nascondessero i silenzi di Caterina. Non fino a quando fu lei a rivelarmeli.

Era la classica giornata in cui il mio corpo stenta a svegliarsi. Intorpidito e barcollante, mi aggiravo per casa in mutante come un troglodita, passando da divano a computer, da console a cellulare e così via. Non avevo programmi e ne ero piuttosto felice, mi aspettavo di passare il resto della giornata giocando, leggendo, guardando la TV e masturbandomi, come è giusto che un uomo faccia ogni tanto. All’improvviso però, suonò il campanello.

Infastidito dall’inaspettato suono, scesi le scale per trovare Caterina e il suo ragazzo all’ingresso. Una visita a sorpresa, che gioia!

Nonostante io voglia molto bene ai miei amici più cari, odio in modo assoluto essere disturbato senza preavviso. La compagnia per me è un male necessario, più che un piacere, e, se proprio devo averne, preferisco che sia limitata ad orari e situazioni ben precise, non che mi piombi in casa la domenica mentre sono in mutande e sto freneticamente giocando al mio videogame preferito. Ciononostante sorrisi, ed aprii la porta.

“Senti devo passare da Renato” disse il mio amico con un tono sospettosamente arrabbiato “e lei non lo vuole vedere!”

Non c’era da sorprendersi che Caterina non volesse vedere Renato, ogni qualvolta si incontrassero lui faceva di tutto per metterla in ridicolo. Ma Antonio, il mio amico, questo non lo voleva accettare e capii dai loro sguardi che avevano litigato in merito.

“Posso lasciartela qui un po? Questione di una mezz’oretta, abbiamo un po’ di lavoro arretrato che dobbiamo finire per domani. Poi quando torno ti offro la cena!”

Già, mezz’oretta! L’ultima volta che avevano dovuto vedersi mezz’oretta per lavoro ci volle tutto un pomeriggio.

“Va bene!” dissi io, non potendo certo rifiutare, “Vieni Cate!”

Mi dava un po’ fastidio vedermi consegnare una ragazza come un pacco postale da custodire, ma Caterina era forse l’unica persona che non mi avrebbe dato fastidio più di tanto, silenziosa com’era, feci quindi finta di nulla e la feci accomodare in salotto, dove passai la successiva mezz’ora a consolarla per il litigio avuto con Antonio.

“Dai, forza! Che sei giovane e bella! Se ti molla ne trovi uno migliore in un secondo!” gli dissi io, facendo lo scemo come al solito. Mi sforzavo sempre di ricordare a Caterina che era giovane e bella, sperando di farla uscire dal guscio. Lo dicevo sempre ridendo, mettendola sul ridere, ma ero sincero e lo facevo con un profondo senso di amicizia nei suoi confronti. Passata la tristezza, io e Caterina ci divertemmo un po’ a parlottare, facendo battute su Renato e Antonio e giocando a qualche videogame.

Dopo un’altra ora, a Caterina arrivò un messaggio.

“Arriva per le nove…” disse leggendo l’sms “…Poi usciamo!”

“Alla faccia della mezz’oretta eh!” risposi “Va bhe, tu fai pure come se fossi a casa tua, io mi faccio la doccia, che ci metto sempre ore a prepararmi, così quando il cretino torna usciamo.”

Caterina annuì, un po’ sconsolata. Chi poteva darle torto? Sono sicuro preferisse pasare una bella giornata col suo ragazzo che litigare e poi passare il pomeriggio con me a giocare ai videogames. Conscio che pur mancando tre ore alle nove, le avrei impiegate tutte per docciarmi, asciugarmi e vestirmi, in parte per il mio essere assopito, in parte perché nel prepararmi sono lentissimo, presi un accappatoio e andai in bagno per farmi una doccia.

Adoro la doccia! È il mio momento di libertà, di purezza. Quando sono in doccia, chiudo gli occhi ed ascolto soltanto l’acqua mentre mi scorre addosso e poi scroscia sul pavimento. Una delle mie sensazioni preferite al mondo, che protraggo sempre il più a lungo possibile, se posso. In questo caso, senza nemmeno accorgermene, lasciai passare venti minuti, prima che il rumore della porta del bagno che sbatteva mi riportasse alla realtà.

Era caterina, che ora era li, davanti alla mia doccia (la quale non ha una porta) che mi fissava, paralizzata dall’imbarazzo.

“Cate! Che fai?!?!”

“Credevo che stavi male” disse lei, impacciata ancor più del solito “sono venti minuti che…”

“Ah scusami! Mi ero perso nei miei pensieri, arrivo…” dissi io, abbastanza tranquillo, pur nella mia nudità.

Caterina si voltò e fece per uscire, ma poi si fermò e, rossa come non mai, tornò a guardarmi.

“Tu…” esitò, ma poi si fece coraggio “Tu pensi davvero che sono bella?”

“Giovane e bella!” dissi sorridendo, strofinandomi via la schiuma dagli occhi.

Caterina fece allora qualcosa che di certo non mi aspettavo: velocemente, cercando di non pensare a quello che faceva, si tolse la maglietta e si slacciò i jeans, facendoli cadere a terra, rimanendo in reggiseno e mutande davanti a me.

“Cate…a posto?” dissi io, che ancora appannato dal sapone sospettavo, ma non ero certo di ciò che fosse successo.

Lei non disse una parola, venne verso di me, lentamente, esitando ogni tanto, ma la mia vista appannata, l’inaspettata natura delle sue azioni e la breve distanza tra lei e la doccia, mi impedirono di fare alcunché. Caterina arrivò ben presto davanti a me e si mise in ginocchio, sfilandosi, rossa in viso, le spalline del reggiseno senza mai togliermi lo sguardo dal volto. Io, finalmente, potevo vederla benissimo, ma ero pietrificato, senza parole.

“Grazie per le cose belle che mi dici.” Sussurrò, lasciando poi cadere il reggiseno nell’acqua cada, svelandomi le curve che aveva sempre nascosto sotto i suoi abiti larghi e noiosi.

Che seno! Grande, immenso, morbido e liscio, bianco come il latte, con due capezzoli rosa come i petali di un fiore. Caterina abbassò lo sguardo, ma stringendosi le tette tra le mani alzò il petto e mi avvolse il pene, che era in un attimo divenuto eccitato e desideroso di essere soffocato da quelle forme incredibili. Lei iniziò a muoversi dolcemente, accarezzandomi con i seni il membro eretto ma io feci un passo indietro. Era tutto successo un po’ troppo in fretta.

“Non mi vuoi?” Caterina fissò il pavimento delusa “Non sono bella abbastanza.”

Caterina si sbagliava, non avrei mai immaginato di provare una sensazione tale per lei, ma la volevo. Ero frastornato, sorpreso, intimidito dagli eventi. Non volevo tradire un amico, non ero pronto ad immaginarla così, non era una buona idea. Volevo rinunciare, la mia mente mi spingeva ad allontanarla prima che fosse tardi, ma in quel momento la mia mente non era padrona ne del mio corpo, ne della mia voce.

“No Cate…” mormorai cercando di riprendere la mia postura “..ti voglio un casino…ma…così…”

Lei mi interruppe “…guarda che se voglio posso essere come piacciono a te…”

Non credevo alle mie orecchie, Caterina mi aveva interrotto e risposto. Era stata decisa e sapeva bene quel che diceva.

“..come piacciono a me?” ora ero io ad essere sulla difensiva.

“…posso fare la porca se vuoi…” disse. Per lei doveva essere un momento sconvolgente, la vedevo ansimare e quasi sentivo il suo cuore battere, non era eccitazione, o meglio, non solo, era la paura che io la rifiutassi, la paura che la ricacciassi nella sua gabbia immaginaria, unita alla voglia di vincere contro l’insicurezza che la divorava. La vidi prendere fiato, i suoi occhi lucidi, voleva dirmi qualcosa…

“..fammi vedere..” la fermai. Se l’avessi lasciata parlare, si sarebbe scusata e si sarebbe rivestita ma oramai la frittata era fatta, tanto valeva portarla fino in fondo, farle provare qualcosa di eccitante, farle scoprire un nuovo lato di se stessa. Forse era ingiusto chiederle di fare la porca per me, forse avrei dovuto coccolarla e prenderla con dolcezza ed affetto, ma vederla, quasi nuda, in ginocchio davanti a me, e sentirle pronunciare quelle parole mi aveva fatto perdere il controllo, doveva essere mia, e doveva mostrarmi tutta la voglia che aveva di godere.

“Fammi vedere quanto sei porca..” continuai ”…togliti le mutande e fammi vedere che ti tocchi!”

Sorrise per un secondo. Era imbarazzatissima ma felice. Per la prima volta, si sentiva desiderata per davvero. Si alzò e abbassò le mutandine. Il cotone bianco si bagnò dell’acqua della doccia, poi le le raccolse e le gettò fuori. Si appoggiò al muro, un po’ impacciata e guardandomi con dolcezza e desiderio portò la mano tra le sue coscie, iniziando ad accarezzarsi.

“Così?” Chiese titubante.

“Sei tu la porca…fallo come ti piace…devi godere per me!”

Mi assicurai di risponderle con tono sicuro e con un sorriso sulle labbra, sapevo quanto fosse delicato il momento e volevo essere sicuro che lei potesse sentirsi a proprio agio. Finalmente Caterina iniziò a lasciarsi andare. Le sue spalle divennero meno rigide, appoggiò la testa al muro, tenendola girata per guardarmi e si infilò le dita dentro la vagina. Immediatamente iniziò a scaldarsi, respirando più forte ed accarezzandosi, di tanto in tanto, le labbra con la lingua. Anche io iniziai a masturbarmi, non potevo fare altro con un tale spettacolo davanti a me. Una bella ragazza, nuda, con una mano tra le gambe, che si masturbava per me e che con la mano libera, si accarezzava il seno, facendomi vedere come le piacesse. Sapeva che quel seno mi stava facendo impazzire, e ci giocava con lussuria sempre maggiore mentre le dita dell’altra mano si muovevano sempre di più. La timida ragazzina si era lasciata andare, era ora una donna vogliosa di esplorare il piacere del sesso.

“A cosa pensi…” le chiesi “…mentre godi così?”

“A te…” rispose, arrossendo.

“A me…sei sicura?” insistetti, volevo farle dire qualcosa di sporco, volevo fosse lei a chiedermi quello che voleva.

“Al cazzo…voglio il cazzo!” sibillò, in preda ai movimenti delle sue stesse dita.

“Vuoi il cazzo?” Le chiesi, mostrandole il mio pene duro.

“No…” si corresse, gemendo “Voglio il tuo cazzo!” confessò finalmente.

Mi avvicinai lentamente, sempre tenendolo in mano, strofinandone la punta contro il suo corpo bagnato.

“E che ci fai col mio cazzo?” chiesi ancora, posando la mia fronte sulla sua, sfiorandole il viso con le labbra.

I suoi seni mi sfioravano il petto, sentivo i capezzoli duri muoversi su di me con il suo respiro. Il mio membro eccitato accarezzava la sua mano, mentre si contorceva entrando ed uscendo dalla sua figa eccitata. Lei rallentò, tornò timida per un attimo e mi baciò sulle labbra, poi riprese a toccarsi con foga, allungò la lingua, sfiorandomi la bocca. Tra l’eccitazione del momento, la sua voce tremolante per il piacere e la vergogna e il rumore incessante dell’acqua, udii solo la fine della sua frase.

“…in bocca…”

Le lasciai lo spazio per chinarsi di nuovo, lei tornò ad inginocchiarsi, mi guardò, e continuando a masturbarsi con avidità, iniziò a succhiarmelo lentamente, andando fino in fondo, talvolta spingendomi anche a se con la mano libera, facendo pressione sulle mie natiche. La sentivo mugugnare mentre la sua lingua mi esplorava in ogni centimetro e pensavo di impazzire, massaggiato da quelle labbra che, avevo scoperto, potevano fare molto più che sorridere all’occorrenza.

“…Cate…si…” mi lasciai sfiggire quando lei si spinse ancor più a fondo del solito, portando il viso a contatto con la mia pancia. Lo sentii penetrarle in gola, fu un piacere talmente immenso che il mio respiro si fece intenso e rumoroso. Mi stava facendo ammattire.

Caterina capì subito quanto piacere mi stava dando, sfilò il mio membro dalla bocca, lo percorse da sotto con la lingua, e per qualche secondo mi assaporò le palle, facendomi una sega con la mano sinistra, quella destra ancora troppo occupata a darle piacere per aiutare. Poi si rimise davanti a me e aprì la bocca, ma prima di succhiarlo ancora si tolse le dita da in mezzo alle gambe, mi prese ambo le mani e se le poggiò sulla nuca, per poi scendere nuovamente a toccarsi.

“Spingi forte…” disse in preda al piacere “…mi piace…”

Spinsi il membro con forza nella sua gola, le sue tette rimbalzavano avanti e indietro e i suoi gemiti andavano a tempo con i nostri movimenti, così come le sue mani, con la quale si portò presto ad un orgasmo che, mio malgrado, interruppe quel momento di pura estasi.

Prendemmo fiato per un paio di secondi, il vapore era oramai denso nella stanza e respiravamo a fatica, ma non potevamo fermarci, eravamo troppo in preda l’uno dell’altra. Caterina mi prese per mano e mi portò fuori dalla doccia, facendomi sdraiare sul pavimento del bagno. Per qualche secondo si mise tra le mie gambe e mi massaggiò il pene con quelle enormi tette avvolgenti, poi si alzò, si mise sopra di me ed accovacciandosi, si lasciò infilare dal mio cazzo duro.

Gemevamo tutti e due, mentre ci muovevamo con dolcezza avanti e indietro. Lei continuava a massaggiarsi il clitoride con una mano, mentre con l’altra si teneva il mio palmo destro sul seno, io con l’arto libero le accarezzavo l’ano, fingendo di tanto in tanto di volervi entrare. Il movimento si fece sempre più forte, più intenso, fino al momento in cui i suoi gemiti non culminarono in un urlo di piacere.

“Vengo…si, VENGOOO!” gridò.

Sentii la sua figa stringersi un attimo, e lasciare uscire un po’ del suo liquido, le grida di Caterina continuarono per qualche secondo, poi lasciarono spazio al suo respiro affannato e mugolii soddisfatti. Si chinò in avanti, le sue tette dondolavano davanti al mio naso. Stringendomi le mani le portò su quelle mammelle bovine e disse:

“Adesso tocca a te…”

Non ebbi il tempo di replicare, lei già si dimenava come una furia, lontana anni luce dalla ragazza introversa che conoscevo. Stringeva, allargava, si lasciava penetrare con voracia ed un esperienza inaspettata, mi accarezzava lo scroto, mi sfiorava l’ano con le mani. Di tanto in tanto si chinava in avanti e mi lasciava succhiare i suoi capezzoli stupendi, oppure si faceva schiaffeggiare il culo, gemendo come una vera puttana.

“Ah, si…fottimi!…Ancora!!…Scopami!!!…”

La sua foga cresceva esponenzialmente ad ogni colpo, così come la mia estasi, che come un fulmine si avvicinava all’estasi suprema. Vedendo il mio orgasmo oramai vicino Caterina iniziò a muovere le coscie a cerchio, concedendomi pochi secondi di deliziosa tregua per chiedere:

“Dove vuoi venirmi?”

Non risposi, ero in preda ai suoi movimenti e gemevo ininterrottamente.

“Puoi venirmi dove vuoi…in bocca, nel culo…anche nella figa…sono tutta tua..”

Non so come, ma trovai il modo di farle capire senza parlare. La feci alzare, e mettendomi in piedi davanti a lei, la spinsi verso il basso, facendola scendere ancora una volta in ginocchio. Sentii il mio glande strusciare sul suo corpo e quasi venni in quel momento, ma trovai la forza di resisterle per qualche secondo ancora. Mi misi sopra di lei, posandole i testicoli sulle labbra.

“Succhiale Cate…Succhiami le palle ti prego…”

Lei non se lo fece ripetere e succhiò con vigore, accarezzandole con la sua lingua fatata, mentre con le mani si muoveva avanti e indietro sul mio membro, fino a quando, al momento del mio orgasmo, non mi spostai, per puntarle il membro al viso.

“Vengo!!” gridai.

“Si, ti prego vieni!” rispose lei, aprendo la bocca e muovendo le mani sempre più veloci, avanti e indietro.

Venni su quel suo viso innocente, e la guardai ricevere il mio seme in faccia, con un espressione libera, soddisfatta, colma di piacere. Mentre venivo, la sua lingua si protendeva verso il mio membro e lo sfiorava, incoraggiandolo a versare tutto il suo dono sulle sue labbra, sulle guance e su tutto il suo dolcissimo viso, fino a quando, avendo dato tutto ciò che avevo da dare, non le fermai le mani, e mi lasciai scivolare lentamente a terra, a fianco a lei.

Finimmo la doccia abbracciati, balneando nel piacere post orgasmico, lasciandoci strusciare uno sull’altro ad ogni movimento. Passammo tutto il resto del pomeriggio in silenzio. Ci baciammo, ci accarezzammo, e ci toccammo ancora, senza mai arrivare ancora al culmine del piacere. Quando il suo intimo fù asciutto, ci rivestemmo, ci asciugammo i capelli e, all’arrivo di Antonio, ci assicurammo che nulla potesse lasciar intendere quello che era successo.

Alla fine della serata, al momento dei saluti, Caterina mi baciò le guancie e mi sussurrò all’orecchio:

“Grazie…mi fai sentire bellissima.”

Poi tornò al fianco di Antonio e salutandomi con la mano mi disse.

“Grazie per la bella giornata! Ci vediamo ancora presto!”

Ad Antonio quello sembrò un normale saluto, ma io e caterina sapevamo che ora la nostra amicizia aveva tante nuove gioie da darci, ed incrociando i nostri sguardi un’ultima volta, quella sera, capimmo che avremmo presto passato tante altre giornate insieme.

 

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