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Racconti Erotici Etero

Il collega di Papà…

By 27 Dicembre 2008Dicembre 16th, 2019No Comments

15 luglio. Nei dintorni di Roma.
Un caldo bestiale, e nessun’altro modo per combatterlo che tentare di abbronzarsi nella noia del giardino.
Bocciata a scuola, di li a poco mi aspettava la fine della punizione che mi vedeva segregata in casa per un mese intero dall’uscita dei quadri.
Nota positiva? Casa libera praticamente ogni giorno dalle 9 del mattino fino alle 6 di sera. Una pacchia.
Quel giorno, però, gli amici hanno preferito una giornata al mare, e con loro Max, il mio lui.
Quello che mi rimaneva da fare quindi era crogiolarmi tranquilla sotto il sole per un’abbronzatura integrale, nascosta agli sguardi indiscreti dei vicini da una fitta siepe.
Saranno state le 3, quando suona il citofono. Sbuffo… non ho alcuna voglia di alzarmi, magari per trovarmi davanti qualche vicino rompicoglioni in cerca di zucchero.

Quando il campanello suona per tre volte di fila, però, giudico che il suono è più fastidioso di un eventuale gentile ma fermo “scusi, ho da fare”.
Non mi spreco a perdere tempo: i capelli sono ancora legati in una coda alta, infilo un semplice vestino azzurro, estivo, fresco, corto ed attillato.
Non mi preoccupo di infilare la biancheria… del resto, la mia intenzione è quella di tornare a prendere il sole nel giro di 3 minuti.

Cambio idea nel momento stesso in cui apro la porta. Quello che mi trovo davanti è un ragazzo sui 30 anni.
Io sono piccolina, il classico scricciolo. Non sono alta più di un metro e sessanta, piuttosto mingherlina.
Lui mi supera di parecchio, tanto che per arrivare a vederlo in viso devo percorrere quello che mi sembra un chilometro di fisico più che interessante.
E voglio dire… se si nota attraverso la camicia!

– Ciaaaao – Riesco a mettere insieme, alla fine. E non posso fare a meno di notare che, nonostante il ragazzo abbia distolto in fretta lo sguardo, anche lui ha lanciato un’occhiata interessante a quello che il vestito nasconde solo parzialmente.
Lo ascolto e non lo ascolto, mentre mi dice, all’incirca, che cerca mio padre.
Sfodero il mio sorriso più dolce, ingenuo e gentile, mentre mi scosto, facendogli segno di entrare.
Dalla porta si accede direttamente ad un salottino. Divani, televisione, tavola da pranzo, tutto quello che ci si aspetta di trovare.
Voce soave e sorriso dolce:
– Io sono Emma. Se ti va di aspettarlo, penso che in una mezz’ora sarà a casa. Dai, entra, ti faccio un caffé e lo aspettiamo -.
Riesco a convincerlo. Ok, non è che si faccia esattamente pregare. Mi segue fino in cucina in un silenzio abbastanza imbarazzato.
Traffico con fornello e macchinetta, dandogli le spalle, e lasciando cadere un cucchiano solo per il gusto di chinarlo e rivolgermi verso di lui di schiena, a volergli donare una visione ideale di gambe e fondoschiena.
Impossibile, a questo punto, che non si sia accorto della mancanza di biancheria intima.
Quando il caffé è pronto, continuo a fare la scena della distratta… Prendo il bricchetto del latte, mi volto e… osp.
Glielo rovescio addosso. Camicia e pantaloni sono inguardabili, e ben impastricciati.
Faccio fatica a trattenere un sorriso soddisfatto… infondo, è esattamente quello che volevo.
– Dai, vieni in bagno, almeno asciughiamo con il Phon, mh? – .
Altro sorriso innocente. So esattemente come non farmi dire di no.

Entrati nella stanza, inizio, come se niente fosse, a puntare l’aria calda sulla pancia di lui.
Un po’ più in basso, un po’ di più…

– Troppo vicino? Brucia? –

Sono in ginocchio. E da quella posizione lo osservo dall’alto in basso… sorrisetto che stavolta è più malizioso.
Sfioro quasi per sbaglio il rigonfiamento che ha tra le gambe…
– Aspetta, proviamo così… –
Slaccio il primo bottone dei jeans. Nessuna reazione. Il secondo… ancora niente. A quel punto mi sento più che autorizzata a continuare.
Anche perché ora che i jeans sono ormai un ricordo, attraverso i boxer neri è chiaro che lui è eccitato almeno quanto me.
Scavalletto l’elastico delle mutante, e mi trovo faccia a faccia con la sua erezione.

Tra le gambe sono già un lago… questo gioco di maliziosa innocenza mi ha eccitato da morire.
Lo guardo. Lo sguardo è puntato sul suo viso, sulla sua espressione stupita mentre passo la lingua sulla sua cappella.

Poi, improvvisamente, sembra riprendersi da quello stato di attesa. Sento la sua mano sulla mia nuca, per nulla delicata… e per questo ancora più eccitante.
Una carezza che è una spinta, ed affonda nella mia bocca. Lo sento in gola… E’ lui che ha il potere, è lui che con quella mano da il ritmo.
Lo lascio fare, mi piace.
La mano destra a stringere l’asta, la sinistra che scivola sotto il vestitino, ed inizio a masturbarmi.
Non so quanto siamo andati avanti così… Lui a spingere io golosa a succhiare e toccarmi.

So solo che sono venuta in fretta, ma non volevo permettere a lui di fare altrettanto.
All’ennesima spinta della sua mano, oppongo resistenza. Insiste, una, due volte, e quindi mi lascia andare.
Non dico niente, non dice niente…
Infondo, non c’è niente da dire.
Mi alzo. Una spallina scivola verso il basso, subito seguita dall’altra. Il vestito finisce a terra, lo scavalco, ed in tre passi sono contro la vasca.
Afferro il bordo, mi piego… mi giro a guardarlo, sorridendo ancora.
Mi sembra chiaro cosa voglio, no?
In ogni caso lui capisce in fretta, me lo trovo alle spalle, ed in pochi istanti lo sento dentro.
Del resto, sono così bagnata che sarebbe impossibile il contrario.
Averlo dentro, sentire le palle che sbattono contro di me, è più eccitante di quanto pensassi.
Guardo il suo viso allo specchio.. ha gli occhi chiusi, è chiaro che sta godendo quanto me.
Una mano mi stringe con forza il seno destro, l’altra, dopo una sonora sculacciata che quasi mi fa venire, va a stuzzicarmi davanti.
I miei gemiti di piacere non si fanno attendere. E salgono di tono, fino a farmi quasi urlare, quando il piacere è venuto di nuovo.
Se n’è accorto, e ancora una volta non dimostra troppa delicatezza… mi stringe alla vita e mi fa voltare, vuole venirmi in faccia.

Apro le labbra, pronta ad accogliere quella che si rivela essere una sborrata più che abbondante.
Bevo quel che riesco.. il resto mi sporca il viso ed il seno.
Lecco le labbra, prima di chinare nuovamente la testa, pulendo con la lingua le ultime gocce rimaste sulla cappela.

Quando mi rialzo, mi passa un dito sulla guancia sporca, portandomi alle labbra quello che ha raccolto.
Succhio golosa anche quello, mentre lui, come se nulla fosse, dice semplicemente:
– Credo che tra poco arrivi tuo padre. Meglio se ti rimetti in sesto… –

Un’altra pacca al sedere, e mi lascia lì, chiusa nel bagno, a chiedermi se è successo davvero.

___________

Ecco. Beh… questo è il mio primo racconto erotico in assoluto.
Mai scritto niente di simile… è una mia fantasia, che ho sin da quando ero piccola, e che ha accompagnato tante… notti solitarie.
Non mi dispiacerebbe sapere che qualcuno mi ha letto… Magari qualche commento, anche negativo, che mi faccia capire cosa va e cosa no, nel racconto o nel modo di scriverlo.

Lascio quindi la mail, casomai qualcuno avesse voglia di prendersi il disturbo!

sound_ofsilence@live.it

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