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Racconti Erotici Etero

Il mio ragazzo non è stato contento di sapere che ho pubblicato un racconto

By 25 Ottobre 2010Dicembre 16th, 2019No Comments

Sento la pioggia battere contro il tetto; mi impedisce di dormire. Abbiamo appena finito di fare l’amore, ma non ha molto gradito il fatto che avessi pubblicato online i fatti nostri. Ormai sono in gioco e a me va di ballare fino all’ultimo tango.

 

La sua reazione è stata più violenta di quanto avessi previsto; io ho sorriso tra me e me, mentre sorseggiavo la mia birra. Non ci conosciamo bene, ancora. In questi due mesi non ci siamo messi mai a parlare di noi. Meglio, poiché lui non vuole parlare troppo di sé, io taccio su me stessa.

 

Si è voltato, incazzato come una tigre ferita, mi ha strappato di mano la bottiglia e l’ha mollata sul tavolo da disegno: quando mi sono alzata dallo scanno su cui ero appollaiata, protestanto, non ha perso tempo.

 

“Zitta” mi sibila all’orecchio, afferrandomi per il polso. Mi fa male, ma dura un istante; rimbalzo contro il materasso e subito l’adrenalina mi entra in circolo. L’esercito gli ha insegnato che non serve un enorme dispendio di energie, per fare del male; non posso fronteggiare la sua prestanza fisica.

 

Mi fissa attraverso le ciglia folte e nere; i suoi occhi sono meno che un lampo di luce verde. Si toglie i jeans in un movimento così rapido che riesce ad allungarsi per afferrarmi mentre cerco di scappare verso il bagno. 

 

Mi ributta sul letto ed è subito sopra di me. Punto le mani al suo petto e cerco di spingerlo via. “Cosa vuoi fare, zoccoletta? Scappare, forse?”. Mi deride, mi rivolge quel sorriso bastardo di chi sa di avere la vittoria in pugno. 

 

Mentre si toglie la maglia, mi stringe i fianchi con le ginocchia. “Adesso voglio darti nuovo materiale su cui lavorare…”. Solleva la gonna e scosta slip; serro le gambe, ma è inutle: le sue dita trovano facilmente la strada del mio sesso. 

 

Mi sfugge un singulto quando il medio scivola dentro di me più veloce di quanto mi fossi aspettata “Allora sei davvero una stronza, ti eccita farmi arrabbiare!”; mi spinge via, come a volermi lasciare andare. 

 

Sta giocando con me, lo so; per quanto sia svelta a levarmi in piedi, lui lo è di più e la sua mano destra preme sulla cervicale fino a costringermi a piegarmi sulla scrivania, il petto schiacciato contro il legno.

 

Mi penetra con una tale irruenza che le ossa del bacino urtano dolorasemente contro lo spigolo del mobile. Ogni affondo rimarca il dolore e per quanto sia spaventata, non posso far a meno di godermela. Sento il membro scivolare tra le piccole labbra, la cappella urtare contro la cervice, i testicoli contro il clitoride. 

 

Si ritrae piano, come a caricare una molla e poi scatta avanti, in un colpo che mi fa sobbalzare; per “fortuna” mi trattiene con la mano sinistra, mentre la destra mi molla un paio di schiaffoni sulla coscia.

 

Dopo dieci minuti sento la pressione sulla schiena allentarsi “Spogliati”, m’ingiunge, lasciandomi appena lo spazio per sollevarmi a togliere la maglietta e a sfilare la gonna dalla testa.

 

Si sfila da me all’improvviso, con mio grande rammarico, ma con un ulteriore strattone mi fa girare e sedere sull’orlo del tavolo. Lo bacio, mentre riprende a scoparmi; per agevolarlo mi sollevo sulle braccia, sistemandomi meglio sulla superficie piana e poi lo attiro a me, circondandolo con le gambe.

 

Ci guardiamo fissi negli occhi, in attesa che uno dei due ceda al piacere. Sono la prima, vengo costretta a chiudere gli occhi dal mio stesso orgasmo; lui non s’interrompe, solo rallenta un po’ per prolungare gli spasmi muscolari, sollecitando il clitoride in maniera più delicata. 

 

Mi aggrappo a lui, che di nuovo mi porta a letto; trovo incredibile come riesca a spostarmi, sollevando il mio peso, senza far uscire il pene dalla morbida guaina della mia carne.

 

Metodicamente, ricomincia a pompare, preme la destra sulla mia gola impedendo all’aria di arrivare agevolmente ai polmoni; dati i battiti accellerati del mio cuore e il bisogno di ossigeno, mi sento come soffocare, gli faccio il gesto con la mano, mentre di nuovo la paura mi attanaglia quasi peggio di quelle cinque dita.

 

Di nuovo sorride “L’hai voluto tu” mi canzona, prendendo il palmo che si sta agitando e portandolo alle labbra, dove bagna i polpastrelli prima di guidarli al mio clitoride “Avanti, masturbati davanti a me”. Eseguo l’ordine, nella speranza che la presa si allenti, ma non succede, anzi, mi sembra quasi aumenti.

 

Ciò che mi stupisce è che sono piombata in uno stato di semi-coscienza che mi fa percepire meglio le sensazioni che sto provando. Di nuovo l’orgasmo monta velocemente, ma quando esplode ne vengo scossa così a lungo e profondamente che mi sembra di svenire.

 

Si allontana da me, non faccio in tempo a riprendermi che sento il suo seme scorrermi lungo la linea della vita “Tu sei mia.” apostrofa, come ultimo ammonimento, prima di tirarmi in piedi e sospingermi verso il bagno a ricompormi.

 

Quando torno, sta dormendo, o finge, comunque il mio computer è lì, acceso. E io ne sto approfittando.

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