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Racconti Erotici Etero

Il proibito con la collega

By 31 Agosto 2016Dicembre 16th, 2019No Comments

A distanza di 2 uffici dal mio, verso la fine del corridoio, lavorava Pamela, una ragazza in carne e che, a prima vista, non attirava molte attenzioni. Nota di sicuro impatto era comunque il suo prosperoso seno, una sesta almeno, i capelli lunghi biondi e gli occhi azzurri, che spiccavano su un viso dolce e non troppo paffuto, leggermente più piccolo per un corpo sinuoso di 1.70 circa.
Pam, così tutti la chiamavamo, la conoscevano in pochi, ossia coloro a cui lei dava confidenza. Decisamente timida, diventava per qualcuno un vulcano di simpatia, battute, pronta ad organizzare eventi fuori dal lavoro, quasi insistente nel volersi incontrare anche dopo le 8 ore canoniche di lavoro. Ad una di queste proposte, accettai: era una festa della birra con concerto di una band della zona, una serata tranquilla e spensierata. Quello fu il primo momento in cui ho potuto conoscerla meglio, passando alcune ore di fianco a lei, seduti sulla panca di legno a bere 3 pinte a testa. Quella serata cambiò il mio punto di vista su di lei: iniziava spesso discorsi sempre con ironia e quando si rivolgeva a me mi fissava dritto negli occhi, lei che nelle mura lavorative abbassava spesso lo sguardo. Ed io ricambiavo, fissandola in quei occhi vivi, sorridenti, gioiosi; ho avuto modo di notare con più attenzione alcuni particolari di lei, come le dita affusolate e le unghie molto curate, in quella occasione con smalto bianco; una fossetta sulla guancia destra quasi impercettibile se la guardavi con distrazione; e il seno, che non solo gonfiava la sua maglietta ma che a me permetteva di guardarci all’interno ed osservare meglio quella fessura creata dalle sue tette e su cui i miei occhi cadevano puntualmente ogni volta che lei guardava altre persone sulla tavolata.
La settimana successiva iniziò tra me e Pam uno scambio di mail durante l’orario lavorativo, una cosa vietata dal regolamento interno ma che a noi intrigava, proprio perché non permesso. Non c’interessava e sfidavamo la sorte, col dubbio che venissimo controllati o che qualcuno notasse un aumento delle mail tra colleghi che fino alla settimana precedente si scambiavano una mail a settimana, a dir tanto.
Ed il succo delle mail stava passando ad argomenti sempre più intriganti ed eccitanti. Nessuno sembrava accorgersi del nostro scambio di corrispondenza ed anche i toni si erano alzati, provocandoci vicendevolmente. Si giocava, ci si stuzzicava ed era innegabile che, almeno per me, crescesse la voglia e la conferma era data anche dai pantaloni che si gonfiavano nell’attesa di una risposta o durante la stesura delle mie mail.
Eravamo ormai entrati in un tunnel in cui in fondo si vedeva solo una cosa: rendere reali queste provocazioni.
Finché non si giunse alla mia domanda esplicita “Secondo me, parli parli ma alla fine non faresti nulla ?”
“Vuoi scommetterci che saresti tu a dire di no ? Voi maschietti fate tanto i gradassi ma poi, poca sostanza”
“Io ?! Vediamoci anche adesso, se hai coraggio !”
“Ok. Ho le chiavi dell’infermeria. Io scendo e ti aspetto; scendi tra 3 minuti per non dare nell’occhio”.
Leggendo quella mail, lo stomaco si contorse e, mentre stavo per risponderle, i polpastrelli cominciarono a sudare ma la risposta restò nella tastiera perché la vidi incamminarsi nel corridoio, a passo spedito. “Non stava scherzando ! Lo vuole davvero !” pensai mentre cercavo di mimetizzare l’agitazione concentrandomi sui gesti del mio corpo “Fai come se nulla fosse, comportati come hai sempre fatto, controlla i movimenti” mi imponevo di pensare, perché la voglia maturata nel tempo stava per essere soddisfatta, non scordando che c’era il grosso rischio d’essere beccati.
Aspetto qualche minuto ed esco dall’ufficio. Un lungo corridoio porta alle scale che conducono al piano terra. Un altro lungo corridoio porta agli spogliatoi e all’infermeria. Sono agitato, ho il corpo in tensione e per fortuna non incontro nessuno perché son certo avrei la voce impastata e tremolante.
Arrivo alla porta, che &egrave stata sapientemente lasciata accostata. Davanti a me, nessuno. Mi giro indietro, dietro ci sono 3 porte d’ufficio e chiunque potrebbe uscire in quel momento e si sarebbe di certo chiesto per quale motivo andassi in infermeria, tra l’altro aperta e io non potevo averne le chiavi. Nessuno anche dietro. Entro, richiudo la porta. Sento il cuore battere forte, c’&egrave un’altra porta da aprire prima d’essere all’interno della sala per gli infortunati. Un respiro profondo, apro e lei &egrave in fondo alla stanza, in piedi a guardare i medicinali. Mi vede e viene da me. Le vado incontro e ci fiondiamo in un bacio selvaggio, con le lingue che si cercano subito, sento le labbra bagnate, quasi fino al mento. Le palpo il culo, grosso ma incredibilmente sodo. Mi diceva che faceva tante camminate e nuoto ma non pensavo che quel fondoschiena largo e voluminoso, potesse essere così duro. Siamo eccitati e vogliosi, mi ritrovo con i pantaloni che stringono il cazzo. Mi eccita il momento, mi eccita la follia d’esser lì; la spingo contro il lettino, che si sposta. La sposto allora verso un tavolo, il suo culo contro lo spigolo ma come primo incontro poteva bastare, ci serviva confermarci che anche l’altro avrebbe reso concreto quello che poteva sembrare solo desiderio espresso. Mi stacco e la guardo, la bacio, un bacio a stampo…e poi nuovamente avvinghiati in un bacio umido. Le prendo la testa tra le mani, i denti si scontrano, un contatto che quasi ci sveglia e ci riporta alla realtà. “Basta così, torniamo in ufficio” mi dice Pam. Cazzo, tornare in ufficio. Come ? Ci organizziamo che io esco per primo, lei chiude la porta e poi esce dalla porta che dà all’esterno. Il problema &egrave che l’uscita &egrave sul corridoio e dall’interno non vedo se c’&egrave qualcuno che lo sta percorrendo. Cerco di sentire se ci sia qualcuno che cammina; nessun rumore ma questo non può dare la certezza che sia deserto. 3 secondi ancora ed esco. 1…2…3 apro la porta di scatto, esco al volo. Nessuno ! E’ andata bene. Lei richiude la porta dietro di me e sento la chiave che gira. Ora devo tornare in ufficio e sono ancora frastornato dall’incontro. Devo passare davanti ad altri uffici e devo risultare il più naturale possibile. Cerco di riprendere la respirazione normale prima di tornare al mio posto e la camminata che sono obbligato a fare mi &egrave utile per fare questo. Salgo al mio piano, passo di fianco al bagno e l’agitazione non mi aveva fatto pensare ad una cosa ovvia: entrare in bagno, prendere tempo prima di farmi vedere dai colleghi. Mi guardo allo specchio, solo un piccolo segno rosso vicino alle labbra. Mi bagno e sono tutto umido di saliva. Anche l’odore della saliva da togliere, non ci avevo pensato ! Ho comunque il tempo di sistemarmi per bene e torno così tranquillamente in ufficio.
Lei però non la vedo salire, non vorrei fosse successo qualcosa. Ricevo per fortuna una sua mail, allarmata “sono andata in bagno, sono tutta rossa in faccia. Per fortuna in ufficio non c’&egrave nessuno. Fai attenzione la prossima volta !”.
La prossima volta ? E quando ?
Il giorno dopo rifacciamo la pazzia, stessa procedura, ma stavolta Pam mi fa una sorpresa. Non mi aspetta in fondo alla stanza ma subito dietro la porta. La richiudo e mi spinge contro. Cerca il mio cazzo, subito. Il tempo non &egrave molto ma capisco bene cosa vuole. Neanche a farlo apposta, quel giorno non avevo la cintura e questo le permette di abbassarmi i pantaloni facilmente. Mi passa una mano sui boxer, che si stavano già gonfiando appena entrato in infermeria e che denotano un’erezione pressoché completa al contatto con la sua mano. Abbassa i boxer e il cazzo svetta, con le vene già risaltate e la cappella gonfia. Lo prende in bocca, quasi non lo facesse da una vita. I capelli danno fastidio, li sposta tutti di lato, spostando un poco anche la bocca per darmi una completa visuale della sua sapienza con le labbra. Succhia la cappella…la lecca con la punta della lingua e poi tutto il cazzo finisce nella sua bocca, tutto fino alle palle. Comincia a muoversi con la bocca, non usa le mani ma solo la testa che si muove ritmicamente; si stacca e si passa la lingua sulle labbra, deglutisce. Ha la faccia paonazza, mi guarda e sorride. Il pompino finisce lì, non vuole farmi venire ma il mio cazzo &egrave teso. Scambiamo 2 parole, le chiedo se le piace e lei mi sussurra “&egrave reattivo, temevo non ti piacesse e non reagisse. Sono contenta ti faccia un bel effetto”.
Le giornate proseguivano con un pensiero fisso: cercare momenti e posti dove incontrarci clandestinamente. E si tendeva ad alzare l’asticella del rischio: non solo infermeria ma anche l’archivio, la mensa, un paio di volte mi venne a trovare in ufficio in pausa pranzo: la prima volta io stando seduto, guardavo che non arrivasse nessuno in corridoio e le palpavo il culo, mentre la seconda volta, sempre più spudorati, in piedi a baciarci, sfidando la sorte che non arrivasse un collega che mai avremmo visto prima che lui vedesse noi.
Questa storia doveva evolversi, volevo vedere come fosse nuda: le proposi il bagno degli uomini ma lei rifiutò categoricamente “Certe cose lì, no !”. “Pam, ma a te di tutto questo cosa piace ? Cosa sta diventando questo rapporto ?” e a queste domande che periodicamente le facevo, lei rispondeva sempre “Mi piace il proibito, fare cose che non si possono fare ma stai tranquillo, non voglio entrare nella tua vita. Non mi voglio fidanzare con te, &egrave solo desiderio fisico e tu mi piaci”.
Dopo un mesetto decidemmo di dare una svolta: prendemmo entrambi lo stesso giorno di ferie e decidemmo di vederci tra le sue mura domestiche. Feci un po’ fatica a trovare la sua casa, nascosta in un reticolo di vie. “Non suonare e non prendere l’ascensore, nessuno deve accorgersi che ci sei” mi disse appena parcheggiai la macchina. Al quarto piano, trovai la porta di casa sua accostata, entrai e la vidi al centro del salotto. Stavolta il nostro incontro era quindi in un ambiente più intimo, sapevamo che stavolta non c’era la fretta ad accorciare i nostri desideri e c’era un’agitazione differente. Iniziammo a fare come se niente fosse, lei mi fece vedere la casa, aveva un bel acquario e un divano grande a forma di L. Sulle pareti, un paio di foto che la ritraevano con un ragazzo, sempre lo stesso. “Chi &egrave costui ?” “Un mio ex” la sua pronta risposta. Arriviamo in cucina, la guardo distrattamente, nell’aria c’era la voglia reciproca ma l’attesa si prolungava, si parlava senza sapere bene cosa si dicesse e si ascoltava senza ricordare le parole sentite. Così, dal nulla, mentre mi dice che il frullatore gliel’ha regalato sua madre, la bacio, con forza, bagnandoci le labbra, come di consueto, in maniera esagerata, animalesca. Stavolta le mie mani non si fermano sul suo seno ma le sollevano la maglia, mostrando un grosso reggiseno bianco. Le tolgo la maglia, dei rotoli di carne attorno sulla pancia ricadono sui suoi jeans “Aspetta, seguimi” ed andiamo nella sua stanza, blu ed in penombra con la tapparella abbassata quasi completamente. Ci spogliamo con foga, intrecciandoci con le braccia. Buttiamo i vestiti in giro per la stanza, io voglio prendere quel corpo. Nuda, mostra una folta peluria bionda. Mi fiondo tra le sue gambe, c’&egrave odore di pipì che mi sorprende, mi ferma per un secondo ma solo per il gusto di respirare a pieni polmoni. E’ selvaggia, poco curata, ma la sua figa &egrave già gonfia e molto bagnata. Abbiamo tempo ma abbiamo fretta, troppa attesa per quel momento. Lecco e la masturbo con due dita, lei ansima, volgarmente. Le gambe robuste spalancate, le sue labbra spalancate. Mi sentivo in obbligo ad andare prima sulla sua fonte ma la mia curiosità era vedere quel seno che era calamita per gli occhi di ogni maschio. L’areola grossa, proporzionata al suo seno, rosea, con capezzoli piuttosto turgidi. Mi ci fiondo, la mano non contiene completamente la mammella mentre il capezzolo in bocca &egrave duro e si allunga mentre lo mordo coi denti. E mi tolgo uno sfizio, che desideravo da tempo: una spagnola ! Il mio cazzo si perde dentro quelle tette, lei finge un piacere che invece a me permette di mandare completamente in tiro il mio arnese. Si stringe le tette attorno al cazzo e sorride, compiaciuta della mia soddisfazione. Lo muovo, lo spingo fino a mandare la cappella contro la sua bocca per poi nasconderlo tra di lei. Continuo con un movimento frettoloso, furioso, brutale. Non voglio venire in quel momento, seppur lei mi seghi senza sosta stringendolo sempre più su di lei. “Basta Pam, basta così” e mi sdraio di fianco a lei. Si sposta su di me e mi fa letteralmente impazzire quelle tette che penzolano mentre lei si sdraia sul mio corpo; me le muove sul viso, allungo la lingua mentre lei gioca a farmele sentire sulla fronte, sulle guance, sulla bocca. Poi alza il busto, sono ipnotizzato dalla visione, osservo ogni millimetro di quel dono esagerato, le vene, i segni sui capezzoli e le areole. Si mostra con naturalezza, con quei capelli biondi spettinati che ricadono davanti a lei, con quella bocca che diventa subito rossa accesa e le gote paonazze. Mi prende il cazzo, se lo infila e appena entra, spalanca la bocca, emettendo un gemito animalesco. Muove il bacino, non pompa forse per paura di farmi male con il suo peso e lascia che mammelle si muovano ritmicamente insieme a lei. Penso sia stata la scopata più breve della mia vita perché venni dentro di lei poco dopo, con la sua patatina che era caldissima. Lasciai che il cazzo s’affievolisse dentro di lei, le lenzuola si sporcarono dei nostri liquidi ma sembrò non curarsene. Mi abbracciò e mi ringraziò, contenta d’aver scopato. Pensai non lo facesse da chissà quanto tempo, banalizzando la sua corporatura ed il desiderio che aveva di me ma, per pudore non glielo chiesi mai. Forse anche per questo mio pensiero che mi sorprese sapere che l’anno successivo si sposò; e nelle foto che portò al lavoro del suo matrimonio, il marito sembrava proprio quell’uomo delle foto in casa sua !

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