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Racconti Erotici Etero

IL SOCCORSO STRADALE

By 25 Agosto 2014Dicembre 16th, 2019No Comments

Stavo percorrendo quella strada di campagna ormai da 20 minuti, senza incrociare un solo mezzo. Guardai il cruscotto, le 13:50.
“Mamma mia che stanchezza”, pensai.
Era la classica situazione in cui anche gli occhiali da sole non frenano la luce abbacinante e insistente, e in cui solo la forza di volontà ti consente di non perdere il controllo dellauto, e vorresti sdraiarti, chiudere gli occhi.
La carreggiata era polverosa, e per stare sveglio guardavo spesso gli specchietti, scostando in questo modo la vista da quel paesaggio sempre uguale, piatto, di color paglia perch&egrave la siccità aveva reso i campi tristemente secchi; vedevo nuvole di fumo grigie sollevarsi dietro la mia macchina, e sorridevo pensando che a breve sarei arrivato a destinazione: un bicchiere di birra fredda, una doccia..
Ad un tratto, mi ripresi dal torpore perch&egrave vidi in lontananza una macchina ferma e una donna sul ciglio che si sbracciava con fare piuttosto agitato. La strada era dritta in quel punto.
Abbassai il finestrino e mi fermai. “Buongiorno, ha bisogno di aiuto signora?”. Si avvicinò ansante, e senza salutare mi disse: “E’ da 2 ore che sono ferma qui, sotto il sole, lei &egrave la prima persona che incrocio; la macchina si &egrave fermata, e non ne vuole sapere di ripartire…”. Continuava a parlare, ma io non sentivo più nulla: era una donna sulla trentina, splendida, alta e mora, vestita elegantemente da un abito intero di color beige, leggero, con gonna al ginocchio. Era alta almeno 1,72, ma i tacchi le davano una figura slanciata, le gambe muscolose e nervose facevano capire che era una sportiva. Aveva i capelli lunghi, lisci, gli occhi magnetici neri dalle pupille spalancate. I fianchi stretti, magra, ma con un seno provocante e sodo, che si vedeva ben delineato. Era sudatissima, l’abito si sarebbe potuto strizzare: proprio il sudore le aveva appiccicato il tessuto addosso, e si potevano intravedere le forme di quella che per me era unassoluta visone in mezzo a tanta desolazione.
Mi ripresi, scesi dall’auto: “Vediamo cosa &egrave successo..non sono un meccanico, ma…”.
Provai ad aprire il cofano, ma mi resi conto immediatamente che il motore era andato dallodore di bruciato. Lauto era una berlina non recentissima, ma se ne vedono tante così.
“Ma scusi, non ha provato a chiamare qualcuno?”.
“Purtroppo ho il cellulare scarico, guardi, sono arrabbiatissima, avevo un appuntamento importante, e incredibilmente mi ritrovo senza macchina e senza telefono!.”.
Aveva un modo di parlare veloce, ma la voce era rotta di tanto in tanto da sospiri affannati, nervosi, la situazione era per lei nuova, inaspettata, ed era ansante.
Chiamai il soccorso stradale, e mentre ero al telefono notai una casupola abbandonata, allombra di tre alberi che avevano orgogliosamente mantenuto le fogli in mezzo a tanta aridità.
“Andiamo al coperto, qui al sole non si può stare, dissi”. Con fare incerto, iniziò a camminare verso il casolare, la sua schiena sudata, i suoi fianchi, il suo profilo, mi fecero avvampare. Sotto divenni immediatamente durissimo, non so cosa mi prese. Appena dentro alla casupola mi avvicinai a lei, da dietro, e mi appoggia alla sua schiena, tenendola per i fianchi. Si irrigidì, non si aspettava un simile gesto sfrontato e deciso, ma quando con entrambe le mani le afferrai le tette, abbandonò la testa all’indietro e con il culo iniziò a strofinarsi contro di me. Ero ebbro, sentivo il suo profumo e al contempo la sua pelle sudata; le afferrai il viso, da dietro, e ci trovammo entrambi con la bocca aperta e le lingue che si incrociavano, si scambiavano saliva in abbondanza, mentre con le mani ora la frugavo sotto. Sentii subito che era fradicia, anche lei avvampata di piacere.
La girai, e tirai fuori dall’abito quelle due tette enormi, sode; i capezzoli erano di marmo, e iniziai a leccarli, succhiarli, a sputarci sopra, mentre i palmi stringevano le mammelle sode.
La spinsi in un angolo, dove c’era un vecchio tavolaccio e una sedia scalcinata. La feci appoggiare di fronte, con le mani sul tavolo e mi inginocchiai, facendole mettere un piede sulla sedia. Tirai su la gonna e spostai gli slip, l’odore dei suoi umori mi entrava nel cervello. La trovai pelosa sotto, scura, foltissima, e alla vista di quella fica così particolare non resistetti, e iniziai a leccarle avidamente entrambi i buchi; passavo da uno all’altro, sputando, e sentivo il sapore della sua intimità, era un nettare irresistibile, lo bevvi per almeno 5 minuti, senza fermarmi. Lei ansimava, gemeva, mugolava. Ad un tratto si scostò, mi invitò con lo sguardo ad alzarmi e si inginocchiò lei. Lo tirò fuori, annusò la cappella tesa e lucida, a bocca aperta e occhi chiusi, e poi dopo averci sputato sopra lo fece scomparire. Era come assatanata vedendomi così duro, la sua saliva colava lungo lasta,e con una mano mi impugnava i coglioni, li stringeva. Continuava a toccarsi sotto, e ad un tratto iniziò a passare sulla capella i suoi umori, guardando quello che faceva in trance, con il palmo della mano. Sempre senza dire una parola, se lo infilò nuovamente in gola, quasi volesse assaggiare la mistura dei nostri fluidi. Non resistetti..la sollevai, l’abito era madido, la misi seduta sul tavolo e le spalancai le gambe, ribaltandola. Solo così mi accorsi di quanto era pelosa, la fica emanava un’odore fortissimo. La leccai ancora, infilando tutta la lingua in quel bosco scuro, mentre con un dito le scopavo il culo. Poi mi alzai. Inizia a chiavarla, con decisione, con colpi forti, fino in fondo; avevo i coglioni pieni, e mentre sbattevano contro di lei, e mentre le sue tette ballavano fuori dal vestito, mi resi conto che erano pieni. Lei mi guardava negli occhi a bocca aperta, gemendo, con una mano si masturbava mentre la penetravo, le dita veloci tormentavano il clitoride, tiravano il pelo, e io guardavo il mio cazzo sparire e uscire da quella fica di altri tempi, così scura, così da femmina. Ad un tratto inarcò la testa all’indietro chiudendo gli occhi, e godette sospirando e gemendo. Io non resistetti più, feci appena in tempo a tirarlo fuori e sborrai copiosamente sul pelo, inondandolo di sborra bianchissima..
Aprii gli occhi, quasi mi fossi risvegliato da un sogno celestiale, ma conscio che avevo forse compiuto un’azione aberrante; lei si scostò, si rimise gli slip senza dire una parola, senza tentare di pulirsi, ed in quel mentre sentimmo il clacson del carro-attrezzi.
Lei si girò, mi sorrise, e disse: “Vai…”.
Andai alla macchina, mentre stavano caricando la sua, e ripartii senza dire una parola.
Sentivo le narici ancora piene del suo odore di femmina, e il suo sapore dolciastro. Non le avevo nemmeno chiesto il nome..

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