Skip to main content
Racconti Erotici Etero

In campeggio

By 26 Marzo 2008Dicembre 16th, 2019No Comments

A volte sembra che la fortuna ti volti le spalle, a volte ti credi bruciato per certi giochi; poi, un giorno, la situazione si ribalta completamente come se fosse la cosa più naturale del mondo e ti trovi esattamente dove volevi essere: nel posto giusto al momento giusto. Io ho sempre avuto scarsa stima di me e mi sono sempre venduto al ribasso; tuttavia ho avuto anch’io alcuni colpi di fortuna e ho deciso di stenderne le cronache, in modo che i miei ricordi non possano venire sepolti un giorno dalla nebbia dell’oblio.

All’epoca dei fatti che mi accingo a raccontare avevo 28 anni e, come ero solito fare da molto tempo, mi recavo ogni estate in un campeggio francese della Borgogna con i miei due inseparabili amici Luca e Roberto. Come ogni volta lasciammo la nostra cittadina prima dell’alba per non trovare troppo traffico in autostrada, e poco dopo le due del pomeriggio eravamo a destinazione. Il campeggio era costituito da una grande piana immersa nella campagna, intersecata da vialetti di ghiaia arancione. Una volta trovato un buon posto per montare le tende ci accingemmo a preparare tutto, in modo da non essere colti alla sprovvista dal buio. Mentre mi davo da fare con tiranti e picchetti, notai tre ragazze che si dirigevano verso di noi. Avevano con sé degli zaini da trekking e vidi che stavano cercando un buon punto dove piazzare la loro tenda. I miei due amici erano indaffaratissimi con le loro tende, io lasciai perdere un attimo il mio lavoro per vedere cosa avrebbero fatto quelle ragazze: si sarebbero fermate? Avrebbero cercato un altro posto? Le sentivo confabulare tra loro, ma non capivo nulla; riuscivo solo a cogliere dei suoni a me sconosciuti, probabilmente si trattava di una lingua slava. Alla fine una delle quattro, quella più alta e dall’aria più autorevole, poggiò a terra il suo zaino: avevano deciso. Dentro me me rallegrai di avere come vicine delle così belle ragazze. Già, perché erano decisamente attraenti. La prima che aveva posato lo zaino indossava una polo arancio attillata e dei pantaloni bianchi un po’ larghi; un’altra indossava un abitino grigio a pois bianchi, decisamente inconsueto per un campeggio; mentre la terza portava una corta gonna di tartan e un’anonima maglietta nera. Mi soffermai un attimo in più a guardarle e loro se ne accorsero: la prima ragazza si voltò verso di me e sfoderò un sorriso stupendo, al quale io seppi rispondere con uno sguardo ebete tra i peggiori del mio repertorio. Le tre si guardarono tra loro e si misero a ridere, ed io non trovai di meglio da fare che grattarmi la testa cercando di ridere con loro. Forse avevo rimediato una figuraccia, ma in compenso il ghiaccio era rotto! Dopo un attimo, parlando loro in inglese, mi offrii di aiutarle a montare la loro tenda. Le tre accettarono di buon grado, ed ebbero il loro bel da ridere vedendomi impacciato nel tentativo di portare a termine un’impresa troppo ardua per la mia scarsa manualità. Fortunatamente i miei due amici, resisi conto della situazione, accorsero in mio aiuto e, in men che non si dica, la tenda delle ragazze era pronta. Subito dopo iniziammo a socializzare; scoprimmo così che erano tre polacche in vacanza, come noi, in quel bell’angolo di Francia. Ebbi quindi l’occasione di studiarle un po’ meglio: la prima, quella con la polo arancio, si chiamava Magda e aveva 21 anni. Aveva i capelli biondi e occhi deliziosamente celesti, dall’espressione tanto innocente quanto maliziosa; sotto i suoi abiti si indovinava un corpo veramente più che ben fatto; la seconda, quella dal vestito a pois si chiamava Beata e aveva 20 anni: di media altezza e magrissima, aveva pochissimo seno ma splendidi capelli castani che sembravano scintillare nel sole. La terza infine, la meno appariscente, si chiamava Anija e aveva appena compiuto 18 anni. Era la sua prima vacanza con le amiche, anche se sembrava disinteressarsi di tutto ciò che la circondava. Era piuttosto bassa, certamente non magra, con un seno abbondante e un viso paffuto ma molto accattivante. Portava occhiali dalla montatura nera, dietro i quali si intravedevano degli occhioni nocciola, sornioni come quelli di un felino che studia la preda prima di fare il balzo decisivo. Aveva anch’essa capelli castani lunghi fin sotto le orecchie, con la scriminatura in centro. Dopo i convenevoli di rito, ognuno se ne andò per la propria strada, tanto eravamo praticamente vicini di casa per tutta la settimana, e le occasioni di incontro non sarebbero certo mancate. Mentre io e i miei amici ci stavamo allontanando, ricordai di aver dimenticato qualcosa nella mia tenda; voltandomi feci in tempo a vedere Magda che si chinava per entrare nella sua: portava un sottilissimo perizoma color verde mare, che si insinuava tra i suoi glutei perfettamente modellati fino a sparire, come assorbito da quella carne lasciva. La cosa non mi lasciò del tutto indifferente, e mi ripromisi che avrei dovuto approfondire al più presto la conoscenza con le nostre vicine…
Il mattino dopo mi alzai tardi, complice un palo per l’illuminazione notturna che rischiarava quasi a giorno la mia tenda, rendendomi difficile il prender sonno. Sul lembo di prato che separava la mia tenda da quella delle polacche stava steso un materassino, e su di esso Anija era sdraiata a pancia in giù, leggendo un libro con aria annoiata. Da dentro la sua tenda si sentivano delle voci femminili sommesse, che di tanto in tanto se ne uscivano con una risatina soffocata. Mi avvicinai ad Anija:
‘Cosa leggi?’
Lei si voltò nella mia direzione, si portò gli occhiali fin sulla punta del naso, poi mi rispose:
‘Niente di interessante… E’ un libro che devo leggere per la scuola…’
‘Ma ora non sei a scuola!’ esclamai. Sospirando ribatté:
‘Ora no, ma l’anno prossimo mi chiederanno un riassunto di questo libro, e così devo leggerlo…’
‘Capisco… Le tue amiche stanno ancora dormendo?’
‘No, sono già sveglie, si stanno vestendo…’
In quel momento Luca e Roberto mi raggiunsero e proposero di andare a far colazione tutti insieme; le ragazze non trovarono nulla da obiettare, così ci recammo in un piccolo bar lì vicino. Mentre eravamo seduti al tavolo, noi ragazzi parlavamo in italiano; Luca esordì:
‘Che ne dite di spartirci la torta? Chi vorrebbe farsi la bionda?’
‘Credo tutti!’ disse Roberto, provocando la nostra ilarità.
‘Certo,’ riprese Luca ‘non vorrei essere nei panni dello sfigato che finirà col farsi il tappo!’
Roberto scoppiò di nuovo a ridere, ma io dissi:
‘Io, ragazzi me la farei. Non mi dispiace affatto, e poi lo sapete che a me il tipo intellettuale &egrave sempre piaciuto…’
‘De gustibus…’ disse Luca allargando le braccia, poi continuò:
‘Allora &egrave deciso: io ci provo con la bionda, tu ti tieni il tappo intellettuale e Roberto si lavora il grissino’
‘Fate vobis’ dissi io ‘a me non importa molto, anche perché credo che alla fine sia sempre la donna che sceglie. Comunque vedremo, ragazzi. Sono anni che si viene in vacanza qua ma non si &egrave mai cavato un ragno dal buco.’
‘Non portare rogna’ mi disse Roberto ‘non può sempre andare male: &egrave la legge dei grandi numeri!’
Dopo la colazione ognuno se ne andò per i fatti propri, e io mi recai a fare un giro per la campagna a fare delle fotografie. Dopo pranzo ritornai alla mia tenda, e con stupore ritrovai Anija ancora sdraiata sul materassino con il suo libro.
‘Non mi sembri molto entusiasta di essere qui…’ esordii.
‘Infatti…’ sbuffò lei ‘Sono venuta qui solo perché le mie amiche mi hanno convinta a venire con loro, e non mi andava di restarmene a casa da sola, eppoi era la prima occasione di farmi una vera vacanza, senza genitori e rotture varie… Però pensavo a qualcosa di più entusiasmante di un campeggio deserto…’
‘Ehi, questo campeggio non &egrave deserto! Ci sono io!’
La ragazzina rise di gusto e si mise a sedere con le gambe incrociate. Colsi la palla al balzo per intavolare una conversazione:
‘Dimmi, Anija, ti piace leggere?’
‘Sì, ma non questi libri…’ rispose indicando il volume che aveva avuto fino a un attimo prima tra le mani.
‘Che cosa ti piace leggere?’
‘Mah, i romanzi gotici, per esempio…’
‘Per esempio Dracula di Stoker?’
‘Sì!’ esclamò battendo le mani con aria eccitata.
‘…Ti piacciono i vampiri?’
‘Sì! Sono figure molto affascinanti!’
‘E dimmi, Anija, ti piacerebbe essere un vampiro?’
‘Oh, sì… E a te?’
‘Anche a me, sì…’
Nel frattempo arrivarono alle tende i miei due amici con le altre due ragazze: Luca era a braccetto con Magda, mentre Roberto parlava con Beata, che da parte sua teneva in mano un mazzetto di fiori. Luca entrò nella sua tenda e ne uscì con una dozzina di lattine di birra, io andai a prendere la mia chitarra e improvvisammo un party. Cantammo un mucchio di canzoni dei Beatles, e agli occhi di un ipotetico passante dovevamo proprio sembrare dei figli dei fiori redivivi! Al calar del sole le ragazze si accinsero a prepararsi per una doccia, e noi facemmo lo stesso. Mentre ci recavamo insieme verso le docce, sentii Magda che confabulava con Luca. Subito dopo il nostro amico ci raggiunse e ci disse:
‘Ragazzi, queste hanno una bottiglia di vermut, ci hanno invitato ad una festicciola nella loro tenda stasera!’
‘Benissimo!’ esclamò Roberto ‘Anche se credo che da Beata non otterrò un bel niente…’
‘Non ti preoccupare!’ esclamò Luca battendogli una sonora pacca sulla spalla ‘Vedrai che qualcosa faremo!’
Mentre ero sotto il getto tiepido della doccia mi tornò in mente l’immagine del micro perizoma di Magda, e sentii un caldo turgore avvolgere il mio membro. Poi pensai che tanto non avrei potuto averla, e mi rassegnai a cercare di strappare al massimo qualche casto bacio ad Anija.
Dopo esserci lavati ritornammo alle tende. Le ragazze avevano fatto tutto assai più in fretta di noi, tant’&egrave vero che avevano trovato pure il tempo di lavare la loro biancheria, come dimostravano alcuni indumenti intimi stesi ad asciugare ad un filo di fortuna, tra cui spiccava un minuscolo scampolo color verde mare a me ben noto… Nessuno tra noi aveva molta fame, così ci gettammo direttamente sul vermut. Era rosso e dolce, bevevamo direttamente dal collo della bottiglia, passandocela in cerchio. Ne avevamo bevuto circa tre quarti quando accadde l’imprevedibile: Magda, guardando Roberto, gli disse:
‘Andiamo a fare un giro?’
Luca sembrava diventato una statua di sale. Roberto lo guardò, poi si alzò e si avviò con Magda, che gli prese la mano. Ero stato talmente intento ad osservare questo strano fatto che non avevo fatto caso ad un dito che insistentemente picchiettava la mia spalla. Mi voltai: era Anija.
‘Che ne dici se anche noi andiamo a farci un giro?’
‘Volentieri’ risposi. Ormai i giochi erano fatti.
Lasciammo soli Luca e Beata nei pressi della tenda e ci avviammo verso l’aperta campagna. Il sole era una palla infuocata che pendeva sull’orizzonte, e stava per diventare buio. Vedemmo in lontananza Magda e Roberto e li raggiungemmo, sedendoci a poca distanza da loro. Sentivamo le loro parole sommesse come bisbigli. Anija indossava delle infradito, delle calze di cotone nere, al ginocchio, una t-shirt nera su cui campeggiava un teschio bianco, deformato dalle dimensioni dei suoi seni che tendevano la maglietta, e la stessa gonna del giorno prima, che lasciava intravedere dell’intimo nero all’altezza della cintola. Guardandola meglio la trovai decisamente attraente, inoltre aveva un modo di comportarsi e di parlare che calamitavano la mia attenzione. Scoprii parlando con lei che aveva raggiunto la maggiore età soltanto quindici giorni prima, che la scuola che frequentava non le piaceva, che non andava d’accordo coi suoi coetanei, e altre cose ancora. Ad un certo punto il discorso ricadde sul vampirismo.
‘Anija, sai come si fa a diventare vampiri?’
‘Certo, bisogna farsi mordere da un altro vampiro!’
‘E se io fossi un vampiro?’ le chiesi maliziosamente.
‘…E se IO fossi un vampiro?’ mi rispose avvicinandosi a me. Pensai che volesse un bacio e mi chinai con la mia bocca verso la sua, ma quando ero quasi sul punto di sfiorarla, con un movimento repentino si avventò sul mio collo e mi morse. Rimasi lì, inerte, ascoltando il leggero dolore dei suoi denti conficcati nella mia carne, e la sua lingua che correva sulla mia pelle. Cominciai a sentirmi eccitato. Quando lei si staccò la guardai negli occhi: ridevano divertiti.
‘Ancora’ le chiesi. Lei, sulle prime fu un po’ stupita, poi ripeté il gesto. Le chiesi di farlo un’altra volta. Stava per mordermi quando stavolta io la bloccai e le resi il servizio. La sua pelle era profumata e morbida; sentivo il fremito della carne viva e giovane a contatto con l’avorio dei miei denti, e andavo eccitandomi sempre di più. Ormai si era fatto buio. Le stelle illuminavano la notte. Magda e Roberto si stavano baciando accanto a noi.
‘Ho della birra nella mia tenda’ dissi ad Anija ‘Ne vorresti?’
‘Sì, volentieri! Andiamo!’
Così dicendo si alzò e, prendendomi per mano, mi tirò in piedi a forza. Camminava spedita e io le stavo dietro, ammirando il suo sedere che si spostava a destra e a sinistra seguendo ritmicamente i suoi passi. Arrivammo alla mia tenda. Anija entrò un attimo nella sua e uscì dicendomi che Beata e Luca erano già andati a dormire. Poveraccio, il mio amico! Per lui, proprio una serata da dimenticare… Portai fuori un paio di birre e ci sedemmo a berle, scambiandoci effusioni. Ci baciammo, e i baci divennero a poco a poco sempre più espliciti e caldi. Non terminammo le birre. Ormai eravamo preda della lussuria, avvinghiati l’una all’altro come edera a una vite. Ad un certo punto, Anija mi sussurrò in un orecchio:
‘Comincia a far freddo qui fuori, e non vorrei disturbare Beata che sta già dormendo… Non avresti un po’ di posto per me nella tua tenda?’
Eccitatissimo, non me lo feci ripetere due volte e la invitai ad entrare. Lei si tolse le infradito e si infilò nell’entrata, seguita da me. L’interno della mia tenda era rischiarato dal lampione adiacente, che diffondeva un chiarore lattiginoso intorno a me e ad Anija. Continuammo a baciarci con passione, mentre le nostre mani correvano sui nostri corpi, dalla pelle nuda fin sotto i vestiti. Ci spogliammo a vicenda. Io indossavo solo i miei boxer neri, e lei rimase con un reggiseno nero e delle culottes di lycra del medesimo colore. La feci sdraiare sul mio sacco a pelo aperto, e ristetti ad ammirarla: se ne stava mollemente sdraiata e mi ricordava una scultura del Canova, le carni bianche, le cosce un po’ grandi ma ben proporzionate, i grandi seni contenuti nelle coppe nere che si alzavano e abbassavano al ritmo del suo respiro. Le tolsi il reggiseno, facendo vedere la luce a due grossi, grossi seni: un po’ flaccidi, candidi come neve, con le areole larghe e pigri capezzoli di discrete dimensioni. Aveva un neo sotto il seno sinistro, simile a un vezzo settecentesco. Presi ad accarezzare e poi a palpeggiare con sempre maggior vigore quelle due imponenti semisfere di carne che, da mollicce quali erano, in breve tempo divennero sode, quasi dure. Mordicchiavo i suoi capezzoli che subito si eressero, inturgidendosi. Nel frattempo lei mi massaggiava i boxer, soffermandosi con lascivia sulla mia asta già assai dura, e mi leccava il petto mordendomi un po’. Le mie mani poi scesero fin sui suoi fianchi e poi più giù, tra le cosce. Alla luce livida che filtrava dall’esterno, sotto il tessuto ormai traslucido e madido di umori, si delineava il profilo del suo sesso. Con esasperante lentezza feci scivolar via le culottes: mi si presentarono davanti due grosse labbra ben depilate, già gonfie di piacere e roride di nettare, sormontate da un ispido ciuffetto di peli scuri. Per contro lei mi tolse i boxer, e si prese un attimo per ammirare il mio pene: da tempo non mi eccitavo tanto e la mia verga sembrava un ramo duro e nodoso, di carne bollente. Massaggiandomi i testicoli lo prese in bocca, lavorando di lingua con una maestria che non avrei mai immaginato in una come lei. Nel frattempo avevo infilato due dita nella sua porticina bagnata, e sentivo con le nocche della mano che già una piccola pozzanghera si era formata sul sacco a pelo. Le mie orecchie sentivano l’osceno rumore di ciò che si consumava nella bocca di Anija, simile alla risacca del mare mosso, eccitandomi all’inverosimile. Dopo un po’ estrassi il mio sesso dalle sue labbra: la punta della mia lancia sembrava quasi brillare, lucida della saliva di lei, e anche il tronco era fradicio.
‘Ti voglio dentro, adesso.’ disse lei con voce perentoria.
Era chiaro che lei guidava le danze e, senza porre tempo in mezzo, la penetrai. Le scivolai letteralmente dentro, tanto era eccitata. Sentivo intorno al mio membro le pareti della sua caverna, morbide, umide e caldissime. Il suo respiro si fece più affannoso. Cominciai a muovermi dentro di lei, prima piano, poi sempre più forte. Per non far sentire i suoi gemiti la baciavo o le cacciavo in bocca le mie dita, che ancora sapevano di lei. Ad un certo punto mi cacciò le unghie nella schiena graffiandomi, facendomi sentire un autentico animale. Estrassi il pene, la feci voltare e la presi da dietro, sculacciandola forte. Aveva dei glutei un po’ grossi e segnati a buccia d’arancia, ma ormai ero preda della mia stessa lascivia e non capivo davvero più niente! Le allagai le chiappe e, mentre la possedevo, mi persi a guardare il suo sfintere scuro, contornato da una lieve, rada peluria. Non seppi resistere e le infilai l’indice nel culo, penetrandolo completamente. Lo estrassi e me lo portai al naso: sapeva di feci, e lo leccai. Poi, la feci girare di nuovo e, mentre entravo in lei più a fondo che potevo, le misi il mio dito in bocca dicendole:
‘Assaggia, assaggia l’odore di te…’
Per tutta risposta lei si mise a succhiare il mio dito con tutta la voluttà possibile e, cercando con la mano i miei testicoli, mi strappò un pelo pubico. Ormai poco di umano era rimasto in me, mi sentivo una bestia selvaggia, uscivo e entravo dalla sua vulva ormai aperta e grondante rugiada rovente. Mentre stavo raggiungendo l’acme le dissi:
‘Sto per venire, Anija…’
In risposta lei si sfilò il mio membro dalle sue grandi labbra insaziabili, con una mano prese a masturbarmi massaggiandomi il frenulo con l’unghia del pollice. Stavo per raggiungere l’estasi quando lei mi affondò un dito nel culo. Sentii come un groppo duro formarsi all’altezza del perineo, lei si accorse che stavo per eiaculare e avvolse il mio glande nelle sue culottes. Venni come mai ero venuto prima, liberandomi di fiotti di seme biancastro, viscoso e caldissimo. Subito dopo stramazzai sul sacco a pelo e la guardai, nuda e bagnata alla luce del lampione esterno, mentre leccava con ingordigia il mio sperma dalle sue mutande. Le dissi:
‘Ma i vampiri non bevono mica sangue?’
Lei eruppe in una sonora risata, poi si accoccolò vicino a me e ci addormentammo felici.
Il mattino dopo mi svegliai presto e Anija stava ancora dormendo. La guardai per un po’ incantato dalla sua bellezza che alla luce della notte precedente ora io conoscevo. La baciai su una guancia. Lei aprì gli occhi, si stiracchiò, mi abbracciò e ci baciammo teneramente. Poi, dopo esserci rivestiti, uscimmo dalla mia tenda come se nulla fosse successo. Più tardi incontrai Luca e Roberto. Scoprii che Roberto con Magda non era andato molto più al di là di qualche bacio da liceale, mentre Luca era andato in bianco con Beata ed era andato a dormire arrabbiato.
‘E a te?’ mi chiesero ‘Come &egrave andata?’
‘Mah’ risposi ‘Niente di particolare…’

Passai una settimana paradisiaca, facendo sesso ogni notte con il mio piccolo vampiro dai grandi seni e dalla passera instancabile, e a malincuore lasciai quel campeggio. Ci scambiammo le email, ma dopo qualche lettera non ci sentimmo più. Me ne rammarico ancora oggi, soprattutto perché non riuscii a violare quello sfintere scuro che prometteva universi di piacere. Tuttavia sono certamente grato per ciò che ho avuto.

Se una cosa ho imparato da quell’estate ormai lontana, &egrave che sono quasi sempre le donne a decidere…

Questo &egrave il primo racconto che pubblico, spero che qualcuno lo gradirà. Per eventuali commenti scrivete a robert_young@atheist.com

Leave a Reply