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In tempo di guerra ogni infermiera diventa troia

By 26 Maggio 2015Dicembre 16th, 2019No Comments

Avvertenze: in questo racconto non prendo alcuna posizione politica ma mi limiterò a narrare in prima persona la storia raccontatami da un vecchio soldato francese, conosciuto un paio di anni fa durante una sua vacanza in Italia.
In futuro, per par condicio, vi racconterò la storia di un soldato ucraino dell’Armata Rossa.

Berlino, 30 aprile 1945
Mi chiamo Jean e sono un sottoufficiale della Divisione francese Charlemagne delle SS, ho da poco compiuto 25 anni e ho poche speranze di sopravvivere alla seconda guerra mondiale essendo la mia divisione decimata e circondata da centinaia di migliaia di russi dell’Armata Rossa che da giorni ci assaltano e ci martellano con l’artiglieria pesante.
Decisi di arruolarmi nelle SS in buona fede e con il solo fine di garantire alla mia madrepatria di sopravvivere, la rivedrò mai?
Berlino sta per capitolare e mio fratello Paul &egrave stato catturato, chissà come lo tortureranno prima di fucilarlo’.
Come farò a dirlo ai miei genitori se mai riuscirò a tornare a Marsiglia?
Sono oramai otto giorni che non dormo e vado avanti assumendo gli eccitanti che ci sono prescritti dall’unico medico sopravvissuto della nostra armata.
Siamo così pochi e male armati che non possiamo permetterci di riposare.
Pur avendo oramai perduto la guerra ed essendosi Adolf Hitler suicidato da poche ore siamo costretti a combattere per l’onore dei Camerati caduti e dell’Europa, per consentire agli ultimi civili rimasti di sfuggire dai combattimenti e per poter morire combattendo anziché perire dopo immani torture, povero Paul’.
Dalle retrovie sovietiche sento le urla delle bambine e delle donne violentate per ore e ore da quelle orde di barbari senza onore e i gemiti di dolore dei Camerati e dei civili di sesso maschili torturati dagli stessi infami.
La città non esiste più e l’odore della morte e della sconfitta &egrave oramai più forte di ogni sentimento e di qualsivoglia maceria.
Proprio in questo momento i russi sono riusciti a sfondare le nostre linee e ho finito le cartucce, il mio panzerfaust invece &egrave fuori uso da tempo.
Incomincio a correre per sfuggire all’inevitabile sorte e riesco a penetrare nel tunnel della metropolitana berlinese, sono finalmente in salvo?.
Corro per ore e ore non so quanti chilometri e infine, in preda alla stanchezza e sfatto dalle ferite riportate durante i combattimenti perdo conoscenza e stramazzo al suolo.
Mi ritrovo dopo non so quanto tempo su un lettino da campo, vestito con la divisa dell’Armata Rossa e con due infermiere sovietiche che con sguardo divertito leccano insieme il mio cazzone ed ogni tanto si baciano con la lingua.
Sono entrambe ben messe e more e parlano una lingua a me incomprensibile.
Fortunatamente all’orecchio mi sussurrano, in un tedesco stentato, di chiamarsi Olga e Irina e di avermi salvato avendo notato le notevoli dimensioni del mio pene non fregandogliene un beneamato cazzo che fossi un membro delle SS.
Ci sanno veramente fare le troie, tanto che dopo cinque minuti di succhiate alternate e di massaggi sensuali ai miei coglioni mi hanno già fatto venire e, non prima di essersela passata tra di loro di bocca in bocca per non so quante volte, hanno ingoiato la mia sborra bella calda.
Irina &egrave visibilmente attratta dalle dimensioni della mia cappella e decide, non potendomi muovere, di cavalcare il mio cazzo ritornato duro e grande quasi subito.
E’ brava, si vede che deve averne presi tanti e grandi la cagna’.
Nel frattempo chiedo ad Olga di avvicinarsi essendomi venuta una gran voglia di leccarle la figa, peraltro già bagnatissima per merito della sua compagna.
Quanto &egrave bella Irina mentre facendo su e giù sul mio cazzo urla in tedesco di essere la mia troia e di voler essere sbattuta per ore e ore come una puttana.
Intanto la sua compagna, più discreta nel godere, mi inonda con una squirtata la faccia dei suoi umori.
Ad un certo punto, sicuramente attratti dai gemiti di Irina, nella tenda da campo entrano una ventina di soldati russi che letteralmente mi strappano di dosso le due ciuccia cazzi e a turno, a gruppi di tre, incominciano a sbattersele con veemenza.
Riesco appena ad intravedere i loro volti segnati dall’intenso piacere provocato dalla violenta orgia.
I soldati non hanno un attimo di pausa e, con fare quasi industriale sicuramente sperimentato nei numerosi stupri dei quali si rese responsabile l’Armata rossa, provvedono a riempire tutti i buchi a loro disposizione.
Le loro mazze sono considerevoli ma riescono ad entrare con estrema facilità nelle bocche, nelle fiche e nei culi delle due fortunate sgualdrine le quali, avevano operato come prostitute al soldo dei soldati tedeschi in occasione della precedente e sfortunata invasione dell’Ucraina.
Dopo circa due ore, Irina e Olga erano parzialmente coperte dallo sperma che era stato loro schizzato dai russi e che non era purtroppo andato a finire nei loro vogliosi palati.
Io, eccitato dall’insperata situazione, incominciai a segarmi e con noncuranza andai a sborrare sulla schiena di Irina, sotto lo sguardo compiaciuto di coloro che avevo fino ad ora combattuto con onore e dignità.
Svuotati i coglioni mi resi conto della possibilità di fuggire dal campo e, ancora parzialmente debilitato, scappai per cercare di tornare con rinnovata speranza nella mia amata Francia ben conscio degli anni di prigionia che, se fossi stato fortunato, mi sarebbero stati di li a breve comminati per aver semplicemente servito il mio ideale.
Per eventuali commenti e suggerimenti: alsisi2016@libero.it

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