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Racconti Erotici Etero

Incontro in stazione

By 19 Luglio 2014Dicembre 16th, 2019No Comments

Scendo dal treno dopo essere stata un paio di giorni in vacanza presso parenti.
Il sole è alto e fa un gran caldo. Proprio un ben tornata a casa Valeria. La valigia è molto pesante e ho avuto pure la pessima idea di mettermi un paio di tacchi piuttosto alti.

Faccio un paio di passi ma già la stanchezza mi assale da tutte le parti. Lì vicino c’è una panchina e subito ne profitto.

Mi fermo per un attimo a riposare. La panchina è dura e scomoda ma in quel momento mi sembra meglio di qualsiasi poltrona. Per giunta è persino all’ombra.
Mi stiracchio pigramente il collo in quella calura afosa di metà pomeriggio mentre recupero un po’ di energie. Guardo in giro. Non c’è quasi nessuno. Il treno è appena ripartito. Vedo levarsi dalle banchine ferroviarie ondate di calore che quasi deformano il paesaggio metropolitano.

Ho scelto proprio un bel momento per tornare a casa. Potevo rimanere ancora una notte dagli zii e arrivare il mattino dopo con il fresco; ma no. Avevo fretta. Ma di che cosa poi? Di tornare a casa a lavare i vestiti?

Sto ancora guardandomi in giro, quando sento un fastidio al piede. La cinghietta dei tacchi mi si è allentata ed è scesa. Appoggio il piede sulla panchina e me la sistemo in un attimo.

Una delle poche persone presenti nella stazione mi sta fissando. Si trova a qualche metro di distanza, vicino a una delle colonne delle pensiline ferroviarie. Tutta la sua attenzione è fissa su di me, anzi mi sta sbirciando tra le gambe dove mi si è sollevata la minigonna.

Che faccia tosta. Mi sistemo la scarpetta e rimetto il piede per terra; ora non può più vedere nulla.
Il tipo, però, continua a fissarmi. Probabilmente dovrei andarmene via, ma in quel momento non so cosa mi prenda. Mi viene una certa tentazione a osare qualcosa di particolare.
Nonostante il caldo provo un certo tipo di brivido. Ho voglia improvvisamente di scopare. Ho voglia di sentire un cazzo che mi penetra più e più volte.

Non si tratta di astinenza. Non si tratta nemmeno di provare a voler dimenticare qualcosa a tutti i costi. Solo un’atavica spinta alquanto selvaggia. Solo sesso sfrenato. Proprio lì sui binari della stazione davanti a tutti. Quello sarebbe fantastico penso, ma forse dovrei provare qualcosa di più discreto.

Così, senza pensarci troppo, mi alzo dalla panchina. Il tipo mi sta ancora guardando. Io gli sorrido e gli vado incontro. Ci salutiamo poi gli allungo la mano sul pacco. Lo sconosciuto prova a fermarmi poi desiste. Lui mi permette di accarezzargli il pacco, avverto il suo membro che già s’inturgidisce.
Poi gli sussurro nell’orecchio di seguirmi.

Vado decisa verso il bagno degli uomini della stazione. Sempre con la valigia dietro e quei maledetti tacchi che mi danno fastidio su quella superficie di mattoni grigi piene di fessure. Sono sicura che lo sconosciuto mi stia seguendo dappresso. Entro nel locale.

Punto verso l’ultimo bagno e ci entro dentro. Sono ancora in tempo per lasciar perdere tutto, ma voglio quella scopata. Non saprei spiegarmelo da cosa dipenda. So solo che voglio togliermi di dosso quel prurito che mi ha assalita così prepotentemente.

Entra anche il tipo. Non c’è molto spazio, facciamo fatica a richiudere la porta. C’è pure la mia valigia lì in mezzo a dar fastidio.
Non ho voglia di guardarlo in faccia. Non mi piace nemmeno molto adesso che lo vedo da vicino. I sorrisi si sprecano da entrambe le parti, ma quasi mi pento di essermi cacciata in quella situazione.
Alla fine mi convinco e lascio perdere tutto il resto.

Mi sfilo le mutandine da sotto la minigonna. Il tipo dice qualcosa, ma non ho voglia di stare nemmeno ad ascoltarlo. Mi volto, divarico le gambe tentando di ignorare il water che si trova lì in mezzo al bagno.

Il tipo non si fa pregare, mi solleva la minigonna e mi penetra. Continua a parlarmi ma ben presto smette vedendo che non lo degno di una risposta.

Lo sconosciuto ci sta dando sotto. Lo sento che ansima pesantemente mentre mi monta. Tiene le mani ben strette sui miei fianchi. Mi sbatte con foga. Sento ogni suo colpo che mi affonda dentro.
Dopo un po’ inizio ad ansimare anch’io per lo sforzo di stare in piedi a gambe divaricate in quella posizione scomoda.

Dovrei godere arrivata a quel punto ma non è così. L’unica cosa che mi eccita è farlo con quel tipo in quello squallido posto con quel caldo opprimente, il resto è solo un inutile sforzo fisico senza alcun piacere.

Mi permetto di ridere; tanto il tipo non può vedermi. Come mi sono ridotta penso. Costretta da un mio capriccio a concedermi ad uno sconosciuto solo per un effimero piacere. Così mi metto ad aspettare che il tipo finisca di scoparmi.

Dopo qualche minuto il tipo mi viene dentro. Sborra con evidente soddisfazione. Lo capisco dai suoi gemiti animaleschi. Faccio passare qualche secondo poi fingo di gemere anch’io.
Provo un vago piacere dovuto solo alla situazione altamente imbarazzante. Mi emoziona sapere che il suo seme ora mi scorre dentro. Proverei anche masturbarmi; giusto per provare a godere sul serio, ma ho fretta di finire quel teatrino.

Appena toglie il suo sesso dal mio, mi volto, gli accenno una scusa del tipo che faccio tardi e mi rinfilo le mutandine. Esco dal cesso dirigendomi verso i lavabi.

Tento di sistemarmi i capelli alla meno peggio e visto che ci sono mi lavo anche la faccia. Sono decisamente tutta sudata. Rivoli di sudore mi scendono giù lungo la schiena e la maglietta mi si è appiccicata addosso. Tra le gambe sento di avere una piccola palude ed è una sensazione decisamente fastidiosa con quel caldo. Mi sento proprio viscida sia dentro che fuori; ma almeno mi sono tolta quel certo prurito che mi ha assalito all’improvviso.

Il tipo esce anche lui dal bagno. E’ felice; lo riesco a vedere tramite lo specchio. Mi si avvicina alle spalle e prova ad attaccar bottone. Accenno qualche mezza risposta ma non ho voglia di fare un bis. Per fortuna ho finito di ravvivarmi la faccia. Lo ignoro ed esco dal bagno pubblico. Sempre con la valigia e quei maledetti tacchi.

Esco dalla stazione ferroviaria per cercarmi un autobus che mi riporti a casa; ed anche ad una meritata doccia.

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