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Racconti Erotici Etero

Io mi chiamo Anna

By 12 Giugno 2007Dicembre 16th, 2019No Comments

Se n’era accorta, altroché se se n’era accorta.

Come se fosse del tutto naturale, fece scorrere il suo indice appena sotto il bordo della maglietta a canotta che indossava. Dall’altezza della spalla fino a sotto il seno.
Il movimento sollevò la maglietta quel tanto che bastava a farmi intravedere meglio quel seno sul quale avevo gli occhi puntati.
Ero seduto al tavolino affianco e la guardavo ‘ anzi guardavo il suo seno ‘ di lato.
Aveva un seno medio, a pera, e i capezzoli, quando lei faceva alcuni movimenti, spingevano in alto sulla maglietta. Di lato potevo intravedere la curva inferiore dell’attaccatura.

Aveva vent’anni, non di più, e chiacchierava con tre coetanee, bevendo un drink. Ridevano spesso.
Io stavo facendo trascorrere il tempo in questa città, dove spesso mi reco per lavoro.
Ogni tanto sbirciava verso di me. A un certo punto cercò chiaramente i miei occhi.

Disse alle sua amiche ‘Vado io a pagare’ e nell’alzarsi mi guardò di nuovo. Fece scorrere la sua mano sul fianco per aggiustarsi la gonna. Lo fece solo dalla parte che dava verso di me. Mi alzai e andai anch’io a pagare. La cassiera la conosceva e le chiese dove andavano. Le sue amiche andavano al … non ricordo, ma era il nome di un locale. Lei, no, andava in libreria a comperare un libro e poi doveva tornare a casa. La libreria doveva essere quella che stava sull’altro lato della piazza e mi fiondai lì. Guardai svogliatamente i libri esposti nella prima sala, proseguii nella seconda e vidi un angolo con su scritto ‘Letteratura erotica’. L’avrei attesa lì. E lei arrivò, con un libro in mano. Fece finta di non avermi mai visto prima. Iniziò a leggere i titoli dei libri e a un certo punto ripeté la stessa mossa che aveva fatto al bar, ma questa volta l’indice tirò la maglietta fino al punto che il capezzolo apparve alla mia vista. Scelse un libro e si diresse verso la cassa.

L’aspettavo fuori, con in mano la sigaretta appena accesa. Lei si fermò, rovistò nella borsa, estrasse una sigaretta e poi mi chiese da accendere. ‘Non sei di qui vero?’ ‘No, da cosa l’hai capito?’ ‘Dall’accento’ Un attimo di silenzio e ‘Sei qui di passaggio?’ ‘Sì, per lavoro.’ ‘In che albergo stai?’ ‘Il Sole’ ‘Sto andando da quelle parti, abito lì vicino’ E ci incamminammo. Conversammo come chi ha solo un breve viaggio in ascensore da condividere. Era chiaro che eravamo indecisi su come continuare.

‘Ti faccio vedere una cosa.’
Entrammo nell’androne di un antico palazzo e lei prese la scala A. I piani erano alti e le scale salivano ripide. Al pianerottolo fra il secondo e il terzo piano si fermò, mi guardò negli occhi e mi disse ‘Qui sono tutti uffici. E a quest’ora non c’&egrave nessuno.’

Le mie mani scattarono verso il suo corpo e iniziarono ad esplorarlo. Le sue, dopo un breve abbraccio, si mossero a togliere la mia camicia. Le nostre lingue erano un unico intreccio.

La feci lentamente indietreggiare sino a quando non fu contro la parete. Piegai le ginocchia mentre lei divaricava le sue gambe. Scivolai dentro quell’anfratto umido. La alzai, prendendola per i fianchi. Lei si appoggiò alla parete e mi cinse i fianchi con le gambe. La sua bocca e la sua lingua esploravano il mio petto. Le sue braccia mi avvolgevano e stringevano.

Respiravamo forte quando la riguardai negli occhi. Continuavo a sostenerla contro la parete, ma adesso eravamo fermi.
Staccò le mani dalle mie braccia, le portò sotto il suo seno e lo accarezzò dal basso verso l’alto..
‘Ti piacciono le mie tette.’
‘Molto, molto, molto.’
‘Perch&egrave?’
‘Perch&egrave disegnano una bella curva con quel capezzolo all’insù.’
Sorrise.
‘Fammi scendere, adesso.’
Piegai un pò le ginocchia e, mentre recuperavamo i nostri vestiti, mi disse: ‘Non so cosa mia successo. Mi hai fatto uno strano effetto. E’ la prima volta.’ Non riuscii a dirle altro che: ‘C’&egrave sempre una prima volta.’

Appena fuori dall’androne.
‘Approposito, io mi chiamo Anna.’
‘Io Piero.’
‘Ciao, Piero.’
‘Ciao, Anna.’

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