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Racconti Erotici Etero

La carezza del professore

By 3 Novembre 2012Dicembre 16th, 2019No Comments

Quell’anno il consiglio di classe aveva optato per un giro delle città medievali del nord. Ci trovavamo a Ferrara, diretti a Milano, essendo partiti da Roma due giorni prima. All’inizio l’idea del viaggio mi eccitava, per le conoscenze che avrei potuto fare, sperando sopratutto nei ragazzi più grandi o magari qualche ‘extra’ tipo fratello o cugino, accodatosi all’ultimo momento appresso ad uno dei compagni di classe. Il mio entusiasmo si era però rapidamente attenuato, allorché avevo realizzato quanto i maschi che si erano presentati fossero mediocri! E ora ero li, sola e sconsolata, a guardare la strada che passava, contando le ore che ci separavano dal rientro. Che palle quel viaggio! Da tempo la mia verginità era diventata un peso per me e avevo accarezzato a lungo l’idea che quella gita sarebbe potuta essere lo scenario ideale per perderla. Sin da molto giovane, avevo sempre fantasticato che la mia prima volta l’avrei dovuta ricordare per il resto della mia vita. Solo ultimamente però, continuava a frullarmi per la testa un’idea che mi turbava sempre di più, diventata com’era un chiodo fisso nelle mie masturbazioni serali, che regolarmente portavo a termine, nonostante la presenza di mia sorella sul piano superiore del letto a castello che condividevo con lei. Era un chiodo fisso da cui mi astenevo dal parlare con le mie amiche, eccezion fatta per Tonia, con la quale potevo tranquillamente condividere questo e ben altro. Tonia era più grande di me di qualche mese e la simpatia che esisteva tra di noi era totale, affascinata com’era da me e io da lei sin dai primi attimi della nostra amicizia, cominciata qualche mese prima durante le vacanze estive in Sicilia. Tonia era bella, sensuale, intelligente ed aveva il più bel sorriso che avessi mai visto, uno di quelli che ti mette subito di buon umore quando hai la fortuna di vederlo. Entrambe ci eravamo scoperte attratte dagli uomini; uomini grandi intendo e quando dico grandi non mi riferisco alla grandezza fisica o cronologica. Un uomo grande è un maschio che ti fa sentire la sua bambina, uno che ti accende emozioni semplicemente guardandoti, uno che ha la vita stampata nel volto e che, quando ti parla, ti costringe ad ascoltare in silenzio, perchè ciò che dice ti arricchisce. La mia prima volta, anzi la mia e quella di Tonia, ce la si immaginava accadere con un tipo del genere. Ma come si fa ad incontrare un tipo così a 16 anni? Va da solo che all’epoca dei fatti non ero fidanzata. A dire il vero non mi andava di esserlo. Ultimamente i miei coetanei non mi attraevano più. Dopo i primi baci con la lingua, c’erano stati i primi toccamenti, i primi orgasmi manuali, i primi impacciati tentativi di sesso orale, sia dati che ricevuti e, ad un certo punto, tutto aveva raggiunto lo stallo assoluto, grigia routine, con il ragazzetto di turno che cercava immancabilmente di indurmi ad infilare la mano nei pantaloni per suo personale piacere e nessuno che si prendesse cura di me. E cosi alla fine mi ero stufata e avevo deciso che era meglio starsene da sole. Ma il destino quella volta mi prese in contropiede e tutto cambiò all’improvviso durante quel trasferimento da Ferrara a Milano.

Quando Vanni mi si sedette accanto nella parte posteriore dell’ autobus, che procedeva a rilento verso Milano, la prima sensazione che ebbi in effetti fu fastidio. Era grande e grosso e come si sedette sentii il suo corpo voluminoso schiacciare il mio contro il finestrino dove sedevo sola. Mi ero spaparanzata a dovere, allargando braccia e gambe ad invadere due posti ed in effetti stavo molto comoda. Cosi al suo arrivo fui costretta a ricompormi, per permettergli di accomodarsi accanto. Eravamo partiti da un pezzo e li per li non capivo il perché quest’omone grande e grosso avesse all’improvviso deciso di cambiare posto. Vanni io non lo conoscevo, ma avevo notato in partenza da Ferrara il suo ingresso in autobus e, origliando frammenti di conversazione, pareva avesse perso quelli della sua scuola, pure alloggiata presso il nostro hotel. Gli serviva un passaggio e i miei prof avevano deciso di aiutarlo. Aveva un aspetto simpatico. Era alto, giovanile, doveva avere all’incirca una cinquantina di anni, un po’ fuori forma, ma tutto sommato accettabile. Sin dall’inizio del viaggio c’eravamo già scambiati un paio di sguardi fugaci. Lui sedeva davanti e pareva attratto in modo morboso dalle mie gambe. Un po’ era pure colpa mia. I miei pantaloncini non lasciavano molto spazio alla fantasia. Come si piazzò a sedere accanto a me si girò e, sorridendo con aria sorniona, mi porse la mano presentandosi.

“Ciao, sono Vanni. Ti spiace se mi siedo qui?” La sua voce aveva uno spiccato accento del nord.
“Davanti fanno un casino della madonna e mi hanno fatto venire il mal di testa. Sono uno dei professori dell’altra scuola che stava nel vostro hotel. Ho perso gli altri e per fortuna ho trovato voi che andate a Milano. Altrimenti ero proprio nei casini!”
“Piacere Flavia” risposi in tono laconico.

Normalmente, la conversazione si sarebbe spenta li e io avrei ripreso a sonnecchiare, ma quel tizio mi incuriosiva. Rimettendomi a sedere composta, accavallai le gambe. L’orlo dei pantaloncini mi era oramai risalito all’inguine, a causa della posizione stravaccata tenuta tutto quel tempo. Sedendo da sola non me ne ero preoccupata molto, ma ora che ero in compagnia avrei dovuto ricompormi. Ma il mio istinto esibizionista prevalse, così decisi di non farlo. Avevo appena fatto il trattamento di bellezza alle gambe e queste ora risplendevano sensuali, perché nasconderle? Madre natura, aiutata da anni di nuoto, me le aveva create belle toniche e la crema che le avevo dato me le rendeva lisce e profumate. Notai che il suo sguardo era molto interessato a loro. Si capiva benissimo che le piacevano e la cosa mi eccitava. La gita stava prendendo la piega giusta’
La conversazione continuò piacevole, con lui che continuava a sbirciare le mie cosce sfacciatamente.

‘Allora ti va di chiacchierare’ O preferisci dormire?’
‘No ok, mi fa piacere parlare. In effetti mi stavo annoiando’
‘Che classe fai?’
‘Terza liceo’
‘E sei brava?’ –
‘Insomma’ dipende”
‘Dipende da cosa?’
‘Dalle materie’sono brava in matematica e un po’ in inglese’ ma non c’ho proprio voglia”
‘Ah! Io insegno matematica. In effetti la amo e ti autorizzo a considerarmi pazzo’.

Mentre si conversava, l’espressione intensa con cui mi fissava dritto negli occhi cominciava a turbarmi. Aveva degli occhi di un azzurro fantastico ed era come se guardandomi, questi mi accarezzassero. Ad un certo punto i suoi sguardi cominciarono a rivolgersi anche al mio seno. L’abbigliamento primaverile che indossavo rendeva la cosa alquanto facile. Portavo un top che si fermava all’ombelico e che lasciava le spalle scoperte, con il seno ben in evidenza. In verità non portavo più di una seconda, ma di sicuro ce l’avevo abbastanza sodo per la mia età. Piano piano, la curiosità’ prese il sopravvento sul iniziale timore. La sfrontatezza di quell’uomo mi eccitava, come il suo modo di osservarmi diventava sempre più sfrontato. Doveva aver capito che il suo gioco di sguardi cominciava a piacermi. Seduti in fondo all’autobus, eravamo al riparo da sguardi indiscreti e s’ era oramai fatto buio e l’abitacolo, ora illuminato fiocamente dalle luci notturne, aveva l’atmosfera ideale per uno scenario erotico. Tutti sonnecchiavano e regnava un silenzio interrotto solo dalla radio che in lontananza trasmetteva un programma notturno. Era una situazione ideale per spingere oltre il nostro gioco indisturbati.

‘Sei proprio carina, te lo hanno mai detto?’ Io sorrisi con aria timida.
‘Ce l’hai il ragazzo?’
‘Naaaa’Lei è sposato?’
‘Dammi del tu, non sono poi tanto vecchio!’
‘Posso chiederle quanti anni ha?’
‘Tu, ho detto, che problema c’è a darmi del tu?’
‘Ok ok scusa, quanti anni hai?’
‘Te quanti me ne daresti?’ Seguì un breve silenzio meditativo.
’50ina’?’ azzardai.
’53!’ tagliò corto lui.
‘Allora, sei sposato o no?’
‘Certo! Un bellomo come me, ti pare che non si sposa?!’
‘Sua’ cioè…tua moglie fa l’insegnante?’
‘Indovinato… ‘
‘Figli?’
‘Due, un maschio e una femmina, più o meno l’età tua” e tirò fuori il portafogli, mostrandomi la foto di due adolescenti molto carini.

L’argomento famiglia aveva totalmente rovinato l’aura erotica che si stava creando. Decisi allora di cambiare argomento. Ma non sapevo cosa dire e per un po’ regnò il silenzio. Fu lui allora a prendere l’iniziativa.

‘Hai detto che non hai il ragazzo?’
‘No’ replicai.
Strano, una megafiga come te” Si arrestò, fissandomi con il suo sguardo penetrante. Era buio e riuscivo appena a intravedere quegli occhi chiari che mi piacevano da matti. Mi sembrava eccitato sessualmente, mentre io mi sentivo sempre più turbata. Provavo un misto di tensione e bruciore al basso ventre e, ad un tratto, notai una sensazione di umidiccio nelle mutandine. Era come pomiciare con uno sconosciuto, per giunta senza nemmeno toccarlo. Flirtare con un prof e lasciarmi andare ad uno sconosciuto erano i due sogni erotici più perversi! Ora si stavano realizzando entrambi.
Per un po’ il silenzio continuò. Credo avessimo capito entrambi che s’era raggiunto un punto critico e altre parole sarebbero state inutili. Continuavamo ad osservarci sorridendo e fossimo stati in una discoteca, il prossimo passo sarebbe potuto benissimo essere la classica lingua in bocca. Io non avrei esitato a prendere l’iniziativa, ma non eravamo in discoteca e per di più, lui non era un coetaneo ed io mi sentivo totalmente impreparata a gestire quella situazione. Ancora una volta fu lui a prendere l’iniziativa. Continuando a guardarci negli occhi in silenzio, all’improvviso sentii una sensazione di calore sul ginocchio. La sua mano s’era poggiata a presa piena sulla mia gamba. Il mio turbamento si tramutò in eccitazione e mi venne automatico socchiudere gli occhi e appoggiare la testa sullo schienale. Avrei voluto abbassare lo sguardo per capire meglio, ma quando ci provai lui mi trattenne per il viso. Cominciò ad accarezzarmi il ginocchio con delicatezza, muovendosi lentamente verso l’inguine e ritornando indietro al ginocchio. Con un gesto automatico le mie cosce si aprirono, come per invitarlo a proseguire. L’autobus procedeva nella notte con le luci azzurrate che mantenevano l’atmosfera erotica. Sentivo la radio ormai lontana e avevo il cuore in gola. I capezzoli mi erano diventati duri e le mutandine oramai fradice. Lui continuava ad accarezzarmi con dolcezza, con la mano che percorreva la mia coscia su e giù lenta e delicata, dall’inguine al ginocchio ripetutamente, muovendosi con sapienza, come per assaporare meglio la sensazione vellutata che la mia pelle procurava. A volte la presa si faceva più forte, rilasciandosi poco dopo. Quando riuscivo a riaprire gli occhi, lo vedevo che continuava a fissarmi con espressione eccitata e questo eccitava pure me. Indugiò sulla mia gamba per un bel po’, ma ad un certo punto, la mano non si arrestò più alla radice della coscia, come aveva fino allora fatto, ma proseguendo oltre, guadagnò presa piena sul pube. La sensazione improvvisa di pressione sul mio sesso acuì la tensione che già mi tormentava. Cominciai istintivamente con il bacino un movimento ondulatorio, sincrono con il ritmo della sua mano, sperando di raggiungere al più presto l’orgasmo liberatorio ed alleviare così quel tormento. La sua mano alla fine si mosse oltre. Lasciando la presa sul sesso, si posò sulla pancia scoperta, cominciando a giocare con l’ombelico, per poi raggiungere i fianchi e tornare all’ombelico e poi dirigersi alla schiena. Era un delirio di sensazioni. Quell’uomo mi stava facendo vivere l’esperienza erotica della mia vita. Afferrando con le dita l’orlo del top, lo spostò, esponendo il reggiseno. L’altra mano scivolò dietro la schiena ad afferrare il gancetto che staccò con disinvoltura. Lasciando il reggiseno sganciato li dov’era a coprire il seno, vi passò facilmente la mano sotto, cominciando a palparmi. Il suo palpare deciso si alternava a sfioramenti gentili e strizzatine occasionali ai capezzoli. La sua mano si diresse poi al bottone dei miei shorts che aprì uno ad uno lentamente. Capii ad un certo punto, dai movimento che faceva, che voleva inarcassi la schiena per permettergli di sfilarmeli via. Dopo aver controllato che nessuno guardasse, lo lasciai fare, ritrovandomi i pantaloncini alle caviglie. Portavo un intimo alquanto striminzito e cosi mi ritrovai praticamente nuda, appoggiata direttamente sul tessuto sdrucito del sedile. La mano riprese la sua precedente posizione a piatto sul mio addome, sostando proprio sotto l’ombelico. Quel gioco cominciava a farmi soffrire. Con gli occhi socchiusi, tenevo le labbra appena aperte, con la lingua che si intravedeva, nella speranza di attrarre la sua nella mia bocca. Ma ciò non accadde. La sua mano cominciò a muovere lentamente verso il basso, oltrepassando l’orlo delle mutandine ed infilandosi dentro, al di sotto del tessuto delicato e trasparente. Il suo dito raggiunse il clitoride soffermandosi e cominciando a roteare, causando in me brividi di gioia. Era proprio esperto del gioco e pareva conoscere alla perfezione il corpo femminile. Mi regalò il ditalino piu’ bello della mia vita e, dopo aver realizzato che ero venuta, strisciò il dito sulla vulva, raccogliendo i miei umori e, portandoselo alle labbra, mi assaporò vorace. Guardandolo succhiarsi il dito, mossi il bacino avanti ed indietro, riuscendo con sorpresa incredibile a procurandomi un secondo violento orgasmo, semplicemente strisciandomi sul sedile. Lui parve divertito da quella mia iniziativa. Era la prima volta che mi accadeva una cosa del genere ed ero strabiliata. Mi adagiai appagata sul sedile, testa appoggiata e occhi chiusi, provata dall’intensità di quelle emozioni. Ci ricomponemmo. I miei slip erano troppo fradici per poterli rimettermeli, cosi li tolsi con l’intenzione di infilarli in borsetta. Ma lui con un gesto repentino me li sottrasse, mettendoseli in tasca.
‘Questi sono miei…’ commentò con un ghigno malizioso.
Speravo di riprendere la conversazione e di conoscerlo meglio, ma mentre mi asciugavo, rinfilandomi gli shorts, lui prese dalla tasca un biglietto da visita che mi porse in mano.

‘Ora devo andare. Spero ti sia piaciuto. Mandami un messaggino domani, se ti va. Sono in hotel con voi…’

Completò la frase con una strizzata di occhio molto eloquente. Annuendo, riuscii appena ad accennare un sorriso di ringraziamento. In meno che non si dica era sparito, ritornato al suo posto dov’era prima ed io mi addormentai beata…

Albeggiava quando il pullman raggiunse Milano. Il posto che Vanni aveva ripreso davanti era vuoto e lui era sparito. Si tirò tutti dritti nelle nostre stanze a sistemarci. Io ero alloggiata con una mia amica, che per mia fortuna aveva deciso che da lì a poco sarebbe andata a trovare una sua zia. Per tutto il giorno Vanni non si vide in giro e non mi fu possibile sapere dove fosse alloggiato. L’unico filo che mi riconduceva a lui era il numero che mi aveva lasciato, cosi alla fine decisi di mandargli il messaggino che speravo attendesse da me.

‘Prof come va? Andato via senza salutare eh? ’. Mi tremavano le dita di eccitazione mentre premevo il tasto invio. La risposta non tardò ad arrivare.
‘Ciao cara, scusa ma dormivi quando sono sceso. Dv sei?’
‘In camera con la mia amica. Ci vediamo?’

A quel punto il telefonino tacque per un po’, contribuendo alla mia ansia. Dovetti attendere una mezzoretta circa, prima che il telefono trillasse di nuovo: ‘Stanza 321, vieni alle 23′.
Guardai d’istinto l’orologio: le 16.35…ancora 6 ore!

La giornata proseguì monotona, con il giro in centro, i negozi, la cena in hotel, mentre io tenevo costantemente d’occhio l’orologio. La mente era impegnata a immaginare cosa sarebbe accaduto più tardi e l’incertezza acuiva la mia eccitazione. Le 21, tempo di prepararsi. Mentre mi ripassavo il rasoio sulle gambe sotto la doccia, pensai che quella fosse l’occasione perfetta per dare una ritoccatina al mio pube. Da qualche tempo pensavo di farlo, ma me ne era sempre mancata la motivazione. Cosi ci iniziai a lavorare su con meticolosità. Volevo essere perfetta per quell’incontro galante e mi eccitava il pensiero che la parte più intima del mio corpo da li a poco sarebbe stata l’oggetto delle attenzioni di un uomo. Lavorai meticolosamente sul ciuffetto di peli, rasando via quasi tutto e decidendo alla fine di lasciare appena un filo di peluria, così per dargli un’aria maliziosa.
Aggirandomi nuda e appena depilata per la stanza, mi sentivo elettrizzata, percependo distintamente una a una tutte le mie zone erogene. Scegliendo con cura il vestiario, avevo in mente di apparire esplosiva. Di solito preferisco indossare abiti comodi, ma non mi sarebbe ricapitato facilmente di infilarmi in camera di uno sconosciuto dove, lontana da occhi indiscreti, avrei realizzato le fantasie più segrete e non volevo sprecare quell’occasione unica, determinata ad ogni costo a godermi quell’esperienza. Avevo sempre trovato eccitante indossare abiti sexy e così tirai fuori dalla valigia le cosine più carine che avevo con me. Di solito le metto solo per le occasioni speciali, essendo oltremodo scomode, ma quella sera era molto speciale e io avevo bisogno di sentirmi femmina. Così sistemai il vestiario sul letto, dall’intimo alle scarpe. Come biancheria scelsi un completino tanto bianco quanto striminzito, che fino allora avevo indossato solo una volta per provarlo. Una volta messo, lo slip a stento mi si vedeva addosso. Era scomodissimo, ma indossarlo mi provocava una sensazione alquanto piacevole. Il reggiseno faceva pure la sua parte, evidenziando bene la mia modesta taglia. Scelsi poi la mia camicetta preferita, quella aderente sui fianchi la quale, coadiuvando l’opera del reggiseno, permetteva abbastanza visuale, soprattutto lasciando i bottoncini superiori sganciati. Poiché le erano piaciute tanto, decisi di lasciare le gambe scoperte e per quello la mini di jeans sarebbe stata l’ideale. Di calze sexy proprio non ne avevo, cosi dovetti accontentarmi del solito collant neutro che avevo sempre appresso per le emergenze. Le scarpe con un po’ di tacco, un filo di trucco e la borsetta completarono l’opera. Ora ero pronta per il nostro incontro galante.
Undici in punto! La mia stanza era al terzo piano, come la sua che non mi ci volle molto a raggiungere. Nonostante la mia andatura un po’ impacciata a causa dei tacchi, mi ritrovai in un attimo fuori la sua porta. Avevo il cuore in gola. Un’ultima sistematina ai capelli, decido di sbottonare un altro po’ la camicetta. Mi passo le mani sui fianchi per controllare che l’elastico del collant non facesse capolino e ne approfitto per tirarmi su un tantino di più la gonna. Bussai. Sentii passi pesanti che si avvicinarono alla porta. Questa si aprì lentamente e lui mi apparve davanti in tutto il suo splendore. Non avevo capito fosse cosi alto. Indossava ancora l’accappatoio bianco dell’hotel, ben allacciato in vita.

‘Scusa se sono ancora così, ma c’è stato un contrattempo e sono tornato in ritardissimo’.
‘Fa nulla’ commentai, sorridendo timidamente.
‘Entra e siediti li’. Mi indicò il letto.
‘Non c’è molto spazio qui, ci dobbiamo arrangiare.’

Lui sedette alla scrivania davanti al portatile acceso su facebook, mentre io presi posto sul bordo del letto.

‘Scusami un attimino che saluto il mio amico.’ Riprese a digitare sul computer, evidentemente completando una conversazione in corso.
‘Non sapevo avessi facebook. Ma non è roba da ragazzini?!’ Lui sorrise senza girarsi.
‘Ok, mi devi dare il tuo contatto’ disse, cercando di nascondere la sua delusione per essersi sentito dare del vecchio.
‘Allora, qual è il tuo contatto, che ti invio una richiesta?’

Gli dettai la mia mail, un click ed eravamo linkati. Conclusa la conversazione su facebook, si girò sulla sedia verso di me, accavallando le gambe nude che l’accappatoio a malapena copriva. Erano muscolose e pelose. Sorridendo, cominciò ad osservarmi nel modo che già conoscevo.

‘Vedo che porti le calze stasera’si vedono appena.’ Il tremolio della sua voce tradiva una compiaciuta approvazione. Accennai appena un timido sorriso.
‘Sei davvero carina’Beh che si fa allora? Vogliamo uscire? Dove ti andrebbe di andare?’
‘Boh, decidi te”
‘Ci facciamo un drink prima, che dici? Ti va? Vediamo cosa c’è qui nel frigo’.

Si alzò per scostare la sedia e accedere al frigobar. Nell’alzarsi, l’accappatoio si sollevò, lasciando intravedere, appena un istante, il sesso. La pressione mi salì a 3000! Lui lo notò e girandosi con espressione maliziosa disse ‘Che c’è? Tutto ok?’
Il bastardo l’aveva fatto apposta. Contrariamente ai miei piani, per ora era lui a condurre il gioco.

‘Tieni, bevi, sembra buono’ porgendomi, dopo aver assaggiato, un bicchiere mezzo pieno di un liquido ambrato.

Non ero solita bere, ma quella volta non esitai e bevvi avidamente il prezioso liquore dal forte sapore. Non ci volle molto prima di cominciare a sentirne i benefici. La testa mi girava e la timidezza cominciava a svanire. Fui presa da una sensazione di languore e mi lasciai andare sul letto, adagiando la testa sul suo cuscino. Mentre mi stendevo, sentii la gonna tirarsi su e percepii appena che il mio inguine si era scoperto. Non feci nulla per ovviare a quel piccolo inconveniente e, attraverso gli occhi socchiusi, notai appena un attimo l’espressione incredula del suo viso e il suo sguardo, ora puntato diritto tra le mie gambe.

‘Come ti senti? Ti gira la testa?’ Si era alzato, sostando in piedi a lato al letto sul quale poi decise di sedersi. Poggiò la mano sul mio addome e lo sentii scostarmi la camicetta, scoprendomi la pancia. Mi faceva solletico, per cui decisi di mettermi anch’io a sedere accanto a lui.

‘Allora, ti senti meglio?’ disse, spostando la mano sulla mia coscia.
Annuii con un cenno del capo. La sua mano continuava a sostare sulla mia gamba, palpando con delicatezza il nylon delle calze.
‘Forse ho esagerato a farti bere tanto”
‘Non preoccuparti, sto bene’.
‘Ma è la tua prima sbornia?’ azzardò, continuando a strisciare il dito sul nylon. Lo guardai fisso.
‘Non rovinarmi le calze per favore.’
‘Perché no?’ rispose, sollevando il tessuto delicato come fosse stata una seconda pelle.
‘Dai” dissi io, tradendo una certa eccitazione.

A quel punto il dito aveva penetrato il tessuto velato ed era ora a contatto diretto con la pelle. Continuando ad allargare il buco della smagliatura, alla fine riuscì a penetrare la calza con tutta la mano, che ora sostava tra nylon e pelle.

‘Le tue gambe mi fanno arrapare e stasera sono ancora più interessanti!’

Mentre parlava, si osservava la mano coperta dal tessuto color ambra. Sfilandola via attraverso la smagliatura, si alzò in piedi. Il mio viso si ritrovò così all’altezza del suo inguine, ancora coperto dall’accappatoio. Non potei fare a meno di notare il rigonfiamento che l’accappatoio a malapena riusciva a celare. Avvicinando la sedia, Vanni mi si sedette davanti.

‘Mi sa che stasera non si esce! Vieni qua’ disse bruscamente, aiutandomi a posizionarmi in piedi davanti a lui.
Le sue mani mi afferrarono le cosce, assaporando per un attimo la loro tonicità. Poi si mossero per spingersi sotto la gonna ed afferrare i glutei. La sua faccia si poggiò sull’addome nudo che cominciò a baciare dolcemente. Le mani manipolavano i glutei rivestiti dal nylon ed io presa dall’eccitazione, istintivamente gli presi il capo tra le mani, per accarezzargli i pochi capelli che gli erano rimasti sulla nuca. Spingendogli il volto contro il mio corpo, godetti della sensazione di umidiccio che veniva dalla sua bocca aperta, poggiata sul mio ventre nudo. Le sue mani continuavano a spostarsi di continuo, massaggiandomi fianchi, glutei e cosce, di tanto in tanto soffermandosi sulla mia biancheria. Come molti uomini, pareva morbosamente attratto dalla delicatezza delle mutandine, che continuava a manipolare, manifestando chiaramente l’intenzione di distruggere. Continuando a massaggiare e baciare la mia pancia, a un certo punto si diresse alla cerniera della gonna, che slacciò, permettendogli di abbassarmi l’indumento alle caviglie. Mi ritrovai così davanti a lui seminuda, con il suo sguardo avido che continuava a studiarmi. Continuava a girarmi e rigirarmi, come per osservare meglio i dettagli del mio corpo. Dopo avere indugiato qualche minuto, agganciò le dita all’orlo dello slip e del collant.

‘Hai un culo fantastico. ‘Posso’?’

Senza attendere il permesso, di colpo sfilò giù tutto ed io restai praticamente nuda davanti a lui. La mia eccitazione aumentò a tal punto che quando lui decise di passarmi la mano tra la gambe, la ritirò bagnata.

‘Vedo che gradisci le mie attenzioni’ disse, portandosi le dita alla bocca.
‘Sei deliziosa, come ti ricordavo’.

Come notò il mio pube rasato di fresco, gli si illuminò il volto in un’espressione compiaciuta. Avvicinando il naso a ciò che restava della peluria, la annusò e, guardandomi in modo malizioso, sussurrò
‘Bel servizietto! L’hai fatto oggi?’ Annuii sorridendo.
‘Mi sarebbe piaciuto farlo io sto servizio’. Io continuavo a sorridere un po’ imbarazzata.
‘Ci si può mettere d’accordo per il futuro’ risposi con voce flebile, accennando a mia volta un sorriso malizioso.
‘Non aspetto altro’. I suoi occhi s’illuminarono.

Continuammo a guardarci, contribuendo a eccitarci reciprocamente, mentre lui continuava a toccarmi dappertutto. Improvvisamente mi spinse, costringendomi a cadere a faccia in giù sul letto. Inginocchiandosi sul pavimento, mi allargò le cosce e, affondando il viso tra i miei glutei, cominciò a baciarmi nelle parti intime. Non era la prima volta che subivo quel genere di attenzioni, ma stavolta fui colpita dalla maestria con cui muoveva viso e lingua. Reggendomi per l’interno coscia, mi sollevò un po’ il bacino, riuscendo facilmente a leccarmi. L’orgasmo non tardò ad arrivare e siccome lui non smise, altri ne vennero in un susseguirsi di attimi sconvolgenti. Quando decise di fermarsi ero stravolta, non sapendo di essere in grado di provare tanti orgasmi di fila. Mi rimisi a sedere sul bordo del letto con la testa che mi girava. Mentre cercavo ancora di riprendermi, lui si alzò, sfilandosi l’accappatoio e scoprendo il sesso, che ora si protraeva dritto verso di me. Avevo capito, dall’espressione del suo volto, dove voleva andare a parare. Non mi sentivo espertissima in quel genere di cose, ma confidavo nella sua comprensione. Intuendo le sue intenzioni, avvicinai istintivamente, con fare timido, il mio viso al suo membro. Non avevo mai visto un cazzo ostentato in quel modo e all’inizio non riuscii a tenere lo sguardo fisso per un misto di imbarazzo ed eccesso di eccitazione. Quando, dopo un po’, riuscii a dominare il mio imbarazzo, non potei fare a meno di notare la sua bellezza. Erara corposo e lungo, non proprio dritto, arcuandosi leggermente verso il basso, di colore rosa scuro, con la punta larga che risaltava gonfia sul resto. Sembrava scoppiasse di eccitazione. Avevo tante volte sbirciato furtivamente sul web le immagini di uomini nudi, ma di fronte a quella visione reale fui pervasa dal turbamento. Lui lo avvicinò alle mie labbra che si aprirono in maniera automatica. Non l’avevo mai fatto prima, ma avevo già capito che era troppo grosso per la mia bocca inesperta. Tuttavia, mi sentivo morbosamente attratta da quell’organo ed avevo una gran voglia di farlo. Così alla fine decisi di buttarmi e, spalancando il più possibile la bocca, mossi la testa verso di lui. Tutto ciò che riuscii a fare però fu a malapena di prendere la cappella tra le labbra. Era davvero grosso e mi fu impossibile prenderlo tutto in bocca. Dopo solo qualche secondo già sentivo un dolore lancinante alla mandibola, che per un po’ sopportai per non deluderlo. Lui però, comprensivo, a un certo punto si ritirò e, afferrando il suo sesso con la mano, cominciò a masturbarsi a pochi centimentri dal mio viso. Mentre se lo menava, ne approfittai per osservare dettagli anatomici che mai prima d’ora avevo avuto la possibilità di studiare a distanza così ravvicinata. La sua mano scorreva esperta e veloce su e giù il pene, a volte soffermandosi sulla cappella, che massaggiava con la punta delle dita, forse per procurarsi un piacere maggiore. Provavo un’attrazione smisurata per i suoi testicoli, che immaginavo gonfi di sperma e pronti a lasciar andare il loro contenuto, quando fosse giunto il momento. I peli pubici erano folti e adornavano la radice del suo pene e il mio viso era vicino abbastanza da sentirne il profumo muschiato. Non ci volle molto prima che se ne venisse con un grugnito sordo, cercando di dirigere il getto dello sperma verso il mio viso. Ma non essendo io pronta a quel genere di attenzioni, mi spostai, deviando il liquido bianco verso la camicetta. Nonostante le mie amiche più grandi mi avessero più volte raccontato del piacere che si prova, il contatto con il seme maschile mi risultava ancora alquanto sgradito. Tuttavia ammetto che quella volta provai una certa eccitazione nel sentire quel fluido caldo e vischioso imbrattarmi il decolté. Mi tolsi camicetta e reggiseno bagnati e mi passai la mano sul seno per spalmare sulla pelle ciò che avanzava dello sperma.
Ci stendemmo sul letto con gli occhi chiusi. Lui mi aveva passato il braccio intorno al collo ed io potevo distintamente sentire il calore del suo corpo e l’odore muschiato che gli proveniva dal sesso. Riposammo per un po’, ma di tanto in tanto ero incuriosita dal suo pene, che se ne stava appoggiato, ancora un po’ rigonfio, sulla pancia. Alla fine cedetti alla tentazione e lo presi in mano. Continuando a guardare Vanni in volto, istintivamente portai le mie labbra sulle sue. Immediatamente il pene gli s’irrigidì ed io, a mia volta, assalita dalla libidine, d’istinto penetrai la sua bocca con la lingua. Lui mi assecondò, aprendo la sua e lasciandomi entrare. Per cinque lunghissimi minuti ci baciammo avidamente a bocche spalancate, con le lingue che si cercavano e attorcigliavano, frementi di passione, mentre io tentavo di imitare con la mano i movimenti che avevo appena visto fare a lui. Presa dall’eccitazione, riportai d’istinto la testa verso il membro. Stranamente stavolta prenderlo in bocca mi riuscì meglio, nonostante le dimensioni piene. Lui muoveva il bacino ritmicamente, aiutandosi con la mano che mi teneva la nuca. Sentii ripetutamente la cappella premermi in gola e un paio di volte soffrii il conato. Mi ritrovai a lacrimare, ma era tutto cosi eccitante che lo lasciai fare. Il pene pareva scoppiargli e sembrava stesse per venire di nuovo, ma lui non lo permise e si ritirò ancora una volta, riportandomi in posizione supina. Mi ritrovai così stesa accanto a lui, con la sua mano tra le mie cosce, con il dito che cercava la vagina. Come tocco l’introito, si arrestò bruscamente.
Ero vergine e lui, anche se non completamente preso di sorpresa, reagì come se ne avesse avuta conferma definitiva. Cosi mi guardò dolcemente e mi baciò di nuovo con passione.
‘Lo vuoi?’, sussurrò con dolcezza sorridendo.
Io chiusi gli occhi e deglutendo di eccitazione, annuii. Allora il dito, che sostava all’ingresso, si mosse e oltrepassando l’imene, s’infilò delicatamente dentro di me, arrestandosi solo dopo aver raggiunto il fondo. Provai istantaneamente una sensazione fortissima di fastidio misto a piacere, che mi lascio’ un attimo senza fiato. Lui cominciò a strisciare su e giù la parete vaginale, fino allora violata di rado, procurandomi un piacere talmente intenso, che mi ritrovai costretta, senza volerlo, a mugolare. Non mi era mai accaduto di essere costretta a emettere gridolini di piacere e restai alquanto sorpresa dal fatto di non riuscire a controllarmi. Sin da quando avevo dodici anni, mi ero auto penetrata parecchie volte e un paio di ragazzetti ci avevano pure provato, anche se con scarsi risultati, ma quella era la prima volta mi fosse fatto con tanta maestria. Penetrando la vagina profondamente e con delicatezza, era come se volesse preparami a ciò che sarebbe accaduto da li a poco. Continuando a gemere di piacere, mi accorsi all’improvviso di avere senza accorgemene spalancato le cosce esageratamente, fino a ritrovarmi le ginocchia all’altezza della faccia. In altre circostanze, non avrei tollerato quella posa imbarazzante, ma in quella situazione quella posizione mi arrapava. Dopo avermi fatta godere per cinque lunghissimi minuti, Vanni si mosse, prendendo posizione sul mio corpo nudo. Mi sembrava di toccare il cielo con un dito. Sentivo che il momento si avvicinava. Continuando a deglutire per l’eccitazione, avevo il fiato grosso e il mio corpo era attraversato da forti scariche di adrenalina. Con le mani appoggiate sull’interno delle mie cosce, si accertò che le mie ginocchia fossero adeguatamente spalancate, per poi avvicinare il suo sesso eretto al mio. Sentii la punta calda e dura che prendeva contatto con la vulva, cominciando a premere delicatamente. Il suo bacino cominciò una serie di spinte con ritmo lento, accennando appena la penetrazione. Quei movimenti mi facevano trasalire, nell’attesa che qualcosa di drammatico sarebbe da li a poco accaduto. Il suo cazzo pieno premeva sempre più contro la mia verginità, ma si trattava solo di assalti parziali e preparatori. Mano mano che la sensazione di pressione si faceva sempre più definita, cominciai a sentire il dolore dell’imene che cominciava a stirarsi. Mentre ciò accadeva, lui mi teneva la bocca sul collo, mordicchiandomi la pelle.
‘Sei pronta?’ Sussurrò languidamente. ‘Lo vuoi?’ e senza attendere risposta, mi morse forte sul collo, mentre il suo sesso mi entrava dentro, sfondandomi dolcemente.
La fitta tra le gambe fu lancinante e fui solo parzialmente distratta dal dolore che provai per il morso al collo. Dopo poco sentii come un liquido caldo, che immaginavo fosse sangue, scorrere giù per le cosce, probabilmente ad imbrattare le lenzuola. All’inizio mi sentivo stretta e, presa dall’emozione, non capivo bene cosa stesse accadendo. Percepivo distintamente che la penetrazione fosse alquanto incompleta, non provando alcun piacere, ma in compenso continuando a soffrire il dolore che prevaleva su tutto il resto. La sua difficoltà ad invadere il mio corpo si notava chiaramente e gli ci vollero una ventina o forse più di colpi ben assestati, durante i quali le fitte continuarono, prima che riuscisse a penetrarmi del tutto. Solo a quel punto, il dolore cominciò a cedere il passo al piacere e cosi entrambi cominciammo a godere sincroni. Ad ogni colpo che mi dava, sentivo il suo sesso entrarmi dentro sempre meglio e dopo qualche minuto finalmente riusci’ a raggiungere il fondo. Ogni volta che mi entrava dentro, sentivo un misto di calore e di tensione che mi dilatava la vagina. Il suo corpo era pesante e continuava a spingermi energicamente contro il materasso. Oramai il piacere aveva preso il sopravvento, anche se ogni tanto i colpi più penetranti mi procuravano fitte al basso ventre. Avevo intuito che, essendo molto lungo, ora che l’imene aveva completamente ceduto, continuando a spingere oltre il fondo della vagina, finiva per urtarmi con la punta del pene l’interno della pancia. Dopo un po’ cominciai a percepire la sua voglia di orgasmo. Il ritmo e l’energia dei suoi colpi aumentarono e a un certo punto, come preso dalla foga, comincio’ a sbattermi violentemente con ritmo incalzante, agganciando entrambe le mani ai miei glutei, per controllare meglio il suo movimento. Mi rivedevo come fossimo in un film porno, con me che gridavo, stesa a cosce aperte sul letto che ballava rumoroso, lui che si dimenava sopra di me, il sudore che scorreva a fiumi, il sangue che imbrattava le lenzuola. Finalmente il suo corpo si contrasse in uno spasmo violento e fu come se il suo sesso mi scoppiasse dentro e io sentii una sensazione di marea calda che mi invase il ventre. Presa dalla foga, non mi ero preoccupata della possibilità che sarebbe potuto venirmi dentro. Non ero protetta, ma l’eccitazione era troppa per preoccuparsene ora.
Per un po’ sostò tra le mie cosce, esausto e sudato. Guardandolo giacere addosso a me, così immobile e rilassato, provai un’immensa gratificazione per essere riuscita a soddisfarlo così intensamente. Era bellissimo sentire il suo peso schiacciarmi dolcemente e indugiai a lungo nel tenere il suo sesso dentro il mio, prima che lui lo sfilasse via per andare in bagno. Un rivolo di sperma fuoriusci dalla vagina, imbrattando le lenzuola. Mi addormentai esausta.

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