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Racconti Erotici Etero

La città è molto grande

By 6 Giugno 2014Dicembre 16th, 2019No Comments

Emanuela riemerge dal sonno a poco a poco, finch&egrave ad un certo punto poi &egrave cosciente di essere sveglia e di avere gli occhi aperti. Assonnata, guarda lo spazio attorno a sé, mentre l’eco di un sogno vagamente sgradevole, in lontananza, si spegne senza lasciare nessuna traccia. Emanuela &egrave una splendida donna di 45 anni, con un corpo morbido, tonico e curato. I suoi lunghi capelli neri e la sua pelle abbronzata creano un netto contrasto con il tessuto chiaro delle lenzuola su cui &egrave sdraiata, completamente nuda. Le sue lunghe gambe sono distese e chiuse, sembrano voler proteggere la fragola matura ed arrossata che si nasconde sotto il cespuglietto nero che le cresce sul basso ventre. La sua pancia non &egrave certamente tesa come quella di una ragazzina, ma ha un’aria invitante e morbida, come i seni, così pieni e pesanti.
Si stiracchia, si volta a pancia in sotto, inarca lievemente la schiena e spinge verso l’alto quel bel culo rotondo; dal suo corpo sente irradiarsi una vibrazione piacevole, una sensazione che non assaporava da parecchio tempo. Lascia che questa piccola onda di piacere la attraversi. Anche la pulsazione fastidiosa della sua vulva stanca e congestionata non la disturba più di tanto. Il suo corpo, piacevolmente esausto dopo le fatiche dell’amore, &egrave nudo e abbandonato su un giaciglio disfatto, nella cuccetta di una barca. Il rumore dell’acqua che sente scorrere però non &egrave quello del fiume, ma quello della doccia del bagnetto attiguo, la cui porta &egrave socchiusa.
Lui &egrave di là, evidentemente’
”&egrave la prima volta che mi addormento in una barca a vela” &egrave la prima riflessione da sveglia.
”&egrave la prima volta che faccio l’amore in una barca a vela” subito dopo.
Poi, come succede a volte, la realtà la aggredisce all’improvviso, violentemente, spazzando via tutto il resto, e questa volta il torpore residuo del sesso non le basta per scacciare i cattivi pensieri: Emanuela sente un nodo stringersi nella gola, chiude gli occhi e le labbra, cercando di contenere il panico che inizia lentamente a farsi strada dentro di lei.
”respira” pensa.
”respira”

Appena cinque ore prima ‘ma ‘&egrave come se fossero passati tre secoli” Emanuela imbocca a piedi il vialetto della sua bella casetta appena fuori dal centro. Lo aveva completamente dimenticato, quel venerdì, che avrebbe lavorato solo mezza giornata, causa imbianchini in ufficio. Un weekend che ora &egrave diventato inaspettatamente più lungo che l’ha messa di buonumore e le ha addirittura permesso di rientrare per pranzo, anche se sa che Walter non sarà in casa’
Ed invece la sua auto c’&egrave, &egrave parcheggiata di fronte al garage. E, davanti all’auto, c’&egrave uno scooter nero.
”&egrave strano che Walter dia lezioni di venerdì’ a quest’ora, poi” pensa. Eppure quello non &egrave lo scooter di loro figlia, Chiara, che oltretutto non &egrave ancora rientrata per il fine settimana.
”di chi &egrave’?’
Emanuela apre la porta di casa con una strana sensazione di disagio. Più tardi, quando ripenserà a quel momento, si renderà conto di aver fatto girare la chiave nella toppa facendo il minor rumore possibile, e di aver richiuso la porta dietro di sé facendo attenzione a non far scattare la serratura; in quel momento non lo avrebbe mai ammesso a se stessa, ma vuole entrare in casa senza farsi sentire da Walter’ e dalla persona che &egrave con lui.
Rimane immobile nell’ingresso della loro casa per qualcosa come 20 o 30 secondi. Il silenzio &egrave totale, riesce addirittura a sentire il rumore delle poche auto che passano nella via di fronte a casa loro. Poi, ad un tratto, Emanuela inizia a sentirsi molto stupida, così, immobile e furtiva come una ladra che entra nella sua stessa casa, ed &egrave sul punto di chiamare ad alta voce suo marito, che probabilmente &egrave nello studio a dare qualche lezione di matematica o chimica, quando percepisce quel’ gemito’ o lamento’ quel sospiro sofferto, quel suono’ la voce di una ‘donna’ E’ il lungo rantolo di una voce evidentemente distorta dal piacere, un piacere intensissimo’
”aaaaaaaahhh’
Emanuela sente il cuore rallentare fino a fermarsi nel petto.
Viene da sopra, dalla prima stanza dopo la scala, riesce a vederne la porta semiaperta. E’ la loro camera da letto’
Altri rumori, fruscii, lievi tonfi, altri sospiri, poi una risatina. Una vocetta sottile, la voce di una donna, forse giovane, che ad un certo punto dice qualcosa, qualcosa di incomprensibile; &egrave una voce le cui parole però presto si dissolvono in un altro gemito di piacere.
Emanuela cerca con tutte le sue forze di impedire a quel pensiero di solidificarsi nella sua mente, di prendere forma, sperando così di svegliarsi da un momento all’altro da un incubo insopportabile; ma poi quelle parole si materializzano inesorabilmente nel suo cervello.
”lui &egrave con una donna”
”lui mi sta tradendo”
”lui se la sta scopando nel nostro letto”
I versi della voce femminile aumentano di volume, di intensità, diventano più acuti, fino a trasformarsi in una lamentela sofferta e pulsante, che segue evidentemente gli affondi del suo amante, il quale invece resta completamente silenzioso.
”ohh! ‘ohh! ‘ohh! ‘ohh! ‘ohh! ”
”tuo marito si sta scopando un’altra donna nel tuo letto”
Poi il cervello di Emanuela inizia ad elaborare altre ipotesi, più rassicuranti, ipotesi che in una frazione di secondo, però, si sgretolano.
”e se la voce fosse di qualcuno che si sente male’? No! E’ una donna che fa l’amore!’
”e se fosse nostra figlia, Chiara, con qualche amico’? No! Chiara tornerà all’ora di cena, l’hai sentita due ore fa!’
”e se fossero altre persone’? Chi? Sconosciuti che si accoppiano nel tuo letto e posteggiano davanti a casa l’auto di tuo marito? No!’
E, come la certezza si impadronisce di lei, Emanuela inizia a camminare verso la scala, ignorando la voce interiore che la supplica di non andare, di voltarsi e allontanarsi il più possibile, ma lei comincia invece a salire le scale, velocemente, diretta verso la stanza, verso la voce della donna, che ora quasi urla di piacere’
”aahh! ‘aaah! ‘oh! ‘ahhhh!’
Adesso riesce a sentire anche l’ansimo profondo di lui, che sbuffa rumorosamente, a tempo con i gemiti di lei. Come in trance, Emanuela continua a camminare, fino a quando arriva di fianco alla porta da cui provengono le voci, che ormai sono urla eccitate e fragorose.
”sì, sono pazza’ ma voglio vederli’ soffrirò di più’ ma voglio vederli’ sarà disgustoso’ ma voglio vederli”
E guarda nella stanza.
E’ come se ciò che vede le bruciasse la retina. Per una frazione di secondo, Emanuela teme che per il resto della sua vita, ogni volta che chiuderà gli occhi, quell’immagine apparirà nell’oscurità.
A tre metri di distanza da lei, sul grande letto matrimoniale, Emanuela li guarda mentre’
‘si’ accoppiano” Non le viene in mente un altro termine
Lei &egrave a quattro zampe. Non ne vede il volto, perché &egrave rivolta nella direzione opposta alla porta della stanza, da dove Emanuela li sta guardando. Vede vagamente che ha i capelli biondi, piuttosto corti, forse appena sotto le orecchie. Ed &egrave’ sicuramente molto giovane, lo intuisce immediatamente dalla muscolatura del corpo sodo e magro, quasi acerbo, anche se riesce a vedere due bei seni pieni che ondeggiano e ballonzolano. Le natiche, ben sollevate in aria, sono rotonde e femminili; le belle cosce tornite sono spalancate, in mezzo alle quali vede una fica fresca, rossa e carnosa, malamente deformata intorno al cazzo di suo marito che, appollaiato dietro di lei, la tiene per i fianchi e la penetra con forza, fa scorrere l’asta durissima avanti e indietro dentro la stretta fessura, ansimando. Ad ogni movimento i testicoli dell’uomo sbattono rumorosamente sulla vagina aperta di lei che, puntellandosi con le mani in avanti, riceve ogni affondo con un urlo.
”aahh! ‘aaah! ‘oh! ‘ahhhh!’
Emanuela non riesce a distogliere lo sguardo dai loro genitali, come se fossero le uniche parti a fuoco in un mare di nebbia. Si chiede se anche la sua passera abbia quell’aspetto famelico e volgare quando lui la penetra.
Poi Walter afferra la ragazza per i capelli, malamente. Lei strilla. Lui le fa inarcare il busto, tirandola indietro sempre per i capelli fino a farle appoggiare la schiena sul suo petto riuscendo così ad appoggiare la bocca sull’orecchio di lei
”ti piace scopare, piccolina’?’ le ringhia
La ragazza si volta per guardare il suo amante, e nel farlo i suoi occhi incontrano quelli di Emanuela che, impietrita, assiste alla scena dalla porta della stanza.
Si guardano. La ragazza sembra solo vagamente sorpresa, più che spaventata o preoccupata. Istintivamente socchiude un po’ le palpebre quando Walter, che continua a tenerla per i capelli, la penetra più a fondo e le dice:
”allora’ ti piace scopare, piccolina’?’
e con l’altra mano le afferra la gola, rallentando, ma senza mai smettere di scoparla; glielo sta dando lentamente fino in fondo, adesso.
Ed Elisabetta, amica e coetanea di loro figlia Chiara, stringe le palpebre e spalanca la bocca per il piacere; &egrave evidente che, in quella posizione, lo sente molto profondamente dentro di lei. Riapre gli occhi e, con la voce rotta e lo sguardo fisso in quello di Emanuela dice:
”sì ‘mi piace tanto scopare”
Ed Emanuela fugge via.

-CONTINUA- Lo scroscio della doccia quando si interrompe distoglie Emanuela dal flusso dei suoi pensieri.
Si sentono dei rumori, nel bagnetto di fianco alla cabina della barca dove si trova, poi la porta si apre e lui entra nella stanza.
E’ molto giovane; non ha più di 25 anni, &egrave eccezionalmente bello. La sua carnagione leggermente scura rivela le sue lontane origini creole, e mette in risalto una muscolatura potente e scolpita, curata ed allenata meticolosamente, ma armoniosa e davvero gradevole persino allo sguardo di Emanuela, che ha sempre detestato ‘i palestrati’. Ha un asciugamano di spugna bianco avvolto attorno alla vita; il suo bel viso &egrave ornato da una barba leggera, giusto di qualche giorno, ed in testa ha minuscoli riccioli neri. Il petto &egrave completamente glabro. Quando vede che Emanuela &egrave sveglia la bocca di Felix si allarga in un sorriso splendido, che scopre due file di denti perfettamente bianchi.
”ehi, sei sveglia” dice
Emanuela non riesce a non sorridere di rimando. Decide di gustare, per qualche secondo, la serenità che emana l’aura di questo giovane uomo.
‘Avrei preferito che non ti fossi svegliata, avrei cucinato per te” le dice
Ma l’incantesimo &egrave così fragile, già &egrave rotto
‘Io’ Felix, penso di dovermene andare via” dice Emanuela, mettendosi a sedere sul letto. Istintivamente raccoglie un lembo del lenzuolo e lo attira a sé, per coprirsi, in un gesto di inconsapevole pudore. Eppure, poco più di un’ora fa, entrambi nudi, sudati e sconvolti, si davano piacere senza nessun timore, sussurrandosi a vicenda o ringhiando le parole più audaci’
‘Lo immaginavo’ ma se ti fossi svegliata con la cena già pronta ti sarebbe stato più difficile rifiutarla e andartene” dice lui, quasi imbronciato; lascia cadere l’asciugamano a terra e, nudo di fronte a lei, si china a raccogliere i vestiti sparsi sul pavimento. Se non fosse per quella voce calda e profonda, per quei muscoli allenati e per quel cazzo imponente, che le appare minaccioso anche adesso che gli penzola assopito tra le cosce, Emanuela penserebbe di avere di fronte un ragazzino.
Lo osserva mentre si rimette le mutande. Emanuela si alza, tenendo stretto a sé il lenzuolo bianco, e si avvicina a lui
‘Farei anche io una doccia, se non ti dispiace” dice posandogli una mano sul petto. Solo ora si accorge dei segni sul corpo di Felix: sui fianchi, sul torace e sul collo, la sua pelle &egrave segnata, in alcuni punti anche malamente, da graffi e solchi arrossati.
‘Ossignore, ma sono stata io’?’ dice Emanuela sconcertata, facendolo voltare, guardandogli la schiena, ancor più segnata.
‘Non &egrave stato così sgradevole” ridacchia lui, voltandosi di nuovo, prendendole le mani e baciandole.
‘Io’ non so che dire’ dovevo essere proprio fuori di testa’ Che cosa dirà la tua ragazza?’
‘Non ho una ragazza, te l’ho già detto” dice Felix. Le allarga le braccia e le bacia una guancia, sfiorandola appena. Il lenzuolo scivola sul pavimento.
”lo immagino, ne avrai tre” dice Emanuela, mentre lui la attira verso di s&egrave e le posa una mano aperta su una natica, trovandola meravigliosamente morbida, carnosa.
‘Sei bellissima” le dice sottovoce, guardandola negli occhi. Le si avvicina di più. Emanuela chiude gli occhi e sospira quando sente sul ventre il calore e la pressione del sesso di lui. Gli sta diventando duro, ancora una volta’
‘Cosa sei, tu’?’ sospira Emanuela ”un desiderio che ho espresso venticinque anni fa e che si esaudisce oggi, a scoppio ritardato’?’ Le mani di Felix iniziano ad accarezzarle i fianchi, le sfiorano i grandi seni morbidi, indugiano sui capezzoli, poi tornano ad impugnare le natiche, facendosi ora però più audaci e insinuando la punta delle dita nel profondo solco tra i glutei.
‘Magari sei tu ad esaudire un mio desiderio… un desiderio che ho espresso solo pochi giorni fa” le risponde lui. Poi si abbassa gli slip; le afferra dolcemente una mano, se la porta tra le gambe. Emanuela gli impugna il membro. Lo trova duro, gonfio e grosso come prima, nuovamente pronto e pulsante. E’ vivo, nella sua mano, lo sente’ una creatura che scalpita. Il contatto le provoca un fremito di desiderio. Avverte le labbra del suo sesso gonfiarsi, iniziare a pulsare. Anche Felix si lascia sfuggire un gemito quando l’altra mano della donna scende a raccogliere nel palmo la pesante sacca dei testicoli, strizzandoli delicatamente, soppesandoli.
”lo sai che potrei essere tua madre, vero’?’ dice. Si rende perfettamente conto di quanto sia sciocca, inutile e persino patetica questa frase. Ma ora non importa’
”non assomigli per niente a mia madre” le risponde lui, perdonandola. La sua voce &egrave roca, adesso. Non sembra più un ragazzino. La mano di Felix si posa sul cespuglio nero che copre il pube di Emanuela. Poi due dita scendono, inesorabili, a cercare l’ingresso del suo sesso, indugiando appena sulle labbra congestionate, per poi insinuarsi in mezzo alle cosce che lei, in piedi, tiene appena divaricate, offrendosi. Con la punta delle dita trova l’ingresso fradicio e bollente della sua fica; le sorride quando la vede aprire le labbra in una ‘a’ muta, dovuta alla sensazione delle dita che le scivolano dentro.
Emanuela non oppone resistenza mentre lui la spinge con decisione indietro, nuovamente verso il letto.
Emanuela corre via così velocemente che ha la sensazione che i suoi piedi neanche sfiorino il pavimento di casa. Scivola due volte, scendendo le scale di corsa, ma neanche si rende conto di rischiare di farsi male seriamente. &egrave troppo sconvolta. Fa troppo male. &egrave troppo, troppo doloroso quello che ha appena visto nella sua camera da letto, dove suo marito sta comsumando il peggiore, il più squallido coito che potesse immaginare, con una ragazzina di neanche 20 anni, coetanea ed amica di loro figlia. Sta scopando con una stupida troia che &egrave entrata nella loro casa di soppiatto, come un innocuo agnellino, per poi rivelarsi la peggior puttana del mondo, il cui unico scopo era quello di portarle via il suo uomo, quel lurido, debole, patetico bastardo, che non avrà resistito più di una manciata di secondi di fronte alle sue carni fresche ed offerte.
Corre con tutte le sue forze, lasciando dietro di s&egrave la sua bella casa, cercando di fuggire il più lontano possibile dall’orribile palcoscenico di tutta questa storia disgustosa. Corre per quattro, cinque, sei isolati, senza neanche rendersi conto dove stia andando, senza sentire nient’altro che il battito furioso del suo cuore, una insopportabile pulsazione nel petto e nelle tempie che la sta facendo impazzire…
Di fronte a lei, nella via, si ferma un autobus, tagliandole la strada. Il guidatore apre le porte a quella che immagina essere una passeggera ritardataria. Emanuela istintivamente sale sul mezzo, che subito chiude le porte e riparte verso una destinazione che lei non conosce, attraverso strade che neanche vede, in una città che non le sembra più la sua. Ad un certo punto il bus si ferma nuovamente; Emanuela scende, come in trance, sulla banchina affollata. Cammina in mezzo alle persone senza vederle, talvolta urtando qualcuno la cui protesta cade inascoltata. Un altro bus arriva, la gente si muove, Emanuela sale seguendo la corrente umana. I volti le sembrano mostruosi, insopportabili, una folla di manichini distorti e sballottati che la fissano, bisbigliano, qualcuno ridacchia, mentre un sipario nero sembra calare sui suoi occhi, confondendo tutto, rendendo tutto liquido ed opaco, tanto che Emanuela neanche riesce a distinguere i lineamenti del giovane uomo scuro che le si avvicina.
“Signora… Si sente bene…?” le chiede.
Per lei quella voce &egrave soltanto un eco confuso e senza senso, che si perde immediatamente nel vortice dei suoi pensieri impazziti, tra le disgustose, insopportabili immagini dell’amplesso di suo marito che la schiaffeggiano continuamente, facendole contorcere e rivoltare lo stomaco.
Lui se la stava scopando proprio per bene…
Ora quasi non riesce a respirare, ed il suo volto &egrave rigato di lacrime, tracce nere di trucco sbavato. Emanuela si muove,cercando una via di fuga.
…e a lei piaceva da morire…!
Proprio in quel momento il bus rallenta e si ferma, ed Emanuela, spintonando tutti quelli che le stanno intorno, si avvicina alle porte, per scendere non appena si aprono. Muove alcuni passi alla cieca, cercando di inalare aria. Intorno a lei la città continua indifferente la sua vita frenetica, le persone le scivolano di fianco come orribili e gelidi fantasmi. Emanuela sente il dolore aumentare di intensità nella sua corsa verso la gola, vi arriva, vi si annoda in una stretta insopportabile.
“Signora… Ha bisogno di aiuto…?” &egrave lo stesso uomo dell’autobus, il giovane mulatto, evidentemente sceso alla stessa fermata.
Ma Emanuela si accorge a malapena di lui e, barcollando, imbocca un vicolo pieno di bidoni della spazzatura, dove però muove solo pochi passi, per poi perdere l’equilibrio, la testa risucchiata in un vortice impazzito, accasciandosi sulle braccia forti del giovane, che all’ultimo momento la sostiene evitandole di stramazzare al suolo.
“…ehi signora… lei si sente male…!” le dice allarmato rimettendola in piedi, facendole poggiare delicatamente la schiena contro la parete del vicolo.
A quel punto &egrave come se in lei qualcosa si spezzasse, e tutto lo stress di quel momento si concentrasse in un rantolo disperato, un unico, fortissimo urlo di dolore, seguito da un pianto fragoroso, copioso, infinito, un fiume di lacrime e singhiozzi rivolti ad uno sconosciuto che, spaesato, delicatamente le sostiene le mani, indeciso sul da farsi.
“…shh …shhh! Va tutto bene, signora… Va tutto bene…!” le dice dolcemente.
Ed Emanuela, che ha la sensazione di affondare in un orribile vortice nero, si aggrappa a lui, lo stringe per il collo, lo attira a s&egrave, ne cerca la forza, si scalda con il senso di protezione che le trasmette. Gli si stringe contro, prende il suo volto tra le mani, cerca di baciarlo.
Il giovane si irrigidisce, più che altro per la sorpresa, ma lei non lo lascia.
“…signora… Che sta facendo…?” dice.
Ma lei ormai ha bisogno di aggrapparsi a quel barlume di felicità prima che scompaia per sempre, lasciandola sola, condannandola alle tenebre e alla follìa.
“Baciami… Baciami… Ti supplico, baciami…” gli sussurra sul viso
Le loro bocche si avvicinano, si sfiorano, poi si incollano e le loro lingue iniziano ad esplorarsi avidamente. Emanuela lancia un gemito di piacere nel sentire il calore che ricomincia a scorrere dentro di lei, come se la vita la avesse abbandonata per un lungo momento, e ora ad un tratto fosse ritornata in lei. Sente un’eccitazione folle percorrerla in tutto il corpo. Ma sente anche che la sua realtà &egrave malata e dolorosa, e sente il bisogno di qualcosa per lenire la sofferenza. Lui, questo giovane uomo, &egrave la sua ancora di salvezza. Emanuela annaspa nelle sue labbra; con le mani gli arpiona il petto, i fianchi muscolosi, poi lo afferra per le natiche, gliele stringe, ne assaggia la robustezza, avvertendo una dolce pulsazione alla vulva, avverte la sensazione delle sue dolci carni che si gonfiano e si allagano.
Lui risponde appassionatamente a quel lunghissimo bacio, ma &egrave più composto, si limita a tenerla per i fianchi con dolcezza. Emanuela invece, in preda al cieco desiderio, lo esplora furiosamente, lo accarezza bramosa dappertutto, fino a quando il palmo della sua mano scende per cercargli il membro, trovandolo, pesante e sulla via del risveglio, tra le sue cosce forti. Le sue dita poi si tuffano sotto di lui, a saggiargli i testicoli, avvertendone la pesantezza nonostante siano costretti nella biancheria.
“…dammelo!” gli ringhia, e gli stringe ancora quella massa di carne calda e indistinta.
“…&egrave questo che vuoi, signora…?” Dice lui. Sembra esitare, nonostante Emanuela senta il suo sesso guizzare e gonfiarsi sotto le sue mani.
“…voglio il tuo uccello, dannato boyscout del cazzo!” dice lei, ed inizia ad armeggiare con la cintura dei jeans del giovane, che continua a restare immobile. Cerca disperatamente di slacciargli i pantaloni, ma &egrave troppo frettolosa ed agitata, non c’&egrave verso che riesca a combinare qualcosa. Le sue mani iniziano a tremare, ed inizia a strattonare la cinghia piena di rabbia, in modo isterico.
“Maledizione….” grugnisce. “Maledizione… maledizione…apriti…!”.
Le lacrime ricominciano a sgorgare copiose, rigandole nuovamente il viso sconvolto. Emanuela piange; le sue mani abbandonano il tentativo di slacciare la cintura dell’uomo, che la osserva pietrificato: lei si copre gli occhi, quasi a volersi nascondere dallo sguardo di lui, e fa due passi indietro, guardando per la prima volta direttamente negli occhi il giovane e bellissimo uomo che, con il fiato un po’ corto, la osserva con aria interrogativa.
“Scusami…” dice Emanuela indietreggiando. “…scusami se puoi… Io… di solito non sono una persona così brutta…!”
Poi gli volta le spalle e inizia ad allontanarsi da lui.
“…se te ne vai così, adesso, tutto quello che ci resterà sarà un ricordo orribile…!” le urla lui, giusto un attimo prima che Emanuela si rituffi nel caos della strada principale.
Lei si blocca, si volta a guardarlo.
“…e io non voglio ricordi orribili…” continua lui, riavvicinandosi lentamente ad Emanuela, che ora sembra davvero confusa.
“Mi chiamo Felix…” le dice quando le &egrave di fronte “…ed ho bisogno di caff&egrave, adesso. E, se ti va, anche di una spiegazione…!”

Sono seduti uno di fronte all’altra in una caffetterìa piuttosto affollata. Emanuela si &egrave ripulita il viso, nel bagno, ma il suo volto &egrave ancora arrossato e teso, &egrave evidente che ha pianto a lungo.
“Mia sorella ha il tuo stesso nome…” dice Felix “…solo senza la E iniziale… Si chiama Manuela. ”
“Sono sicura che lei &egrave molto più giovane e soprattutto molto meno stupida di me!”
“Tutti facciamo cose stupide, a volte. Non significa che lo siamo. A volte siamo solo infelici, o spaventati… Posso sapere che cosa &egrave successo a te…?” le chiede con cautela.
Emanuela osserva a lungo la tazza davanti a s&egrave, sembra raccogliere le idee.
“Mio marito mi tradisce…” dice con un filo di voce, come se farlo fosse realmente doloroso. “…l’ho appena scoperto!”
Felix la fissa, immobile, con un’espressione vagamente perplessa sul viso.
“&egrave appena successo… solo pochi minuti fa… I’ho visto con un’altra donna…” continua.
Felix si porta una mano sulle labbra, il suo naso si arriccia in una strana espressione, come se fosse a disagio.
Emanuela ha la sensazione che lui non la stia prendendo sul serio.
“Io… li ho visti mentre stavano… Insomma… mentre erano a letto insieme…”
Felix sorride, poi cerca di contenere la sua espressione e ritorna a fissarla, serio.
Emanuela si spazientisce: “…&egrave una cosa che trovi divertente…?” dice seccata.
Felix ha un sussulto.
“No, no… certo che no!” si affretta a dire. “…&egrave che… Vedi, io ti ho vista alla fermata dell’autobus, vicino all’ospedale…”
Emanuela continua a squadrarlo, torva.
“…ed ho pensato…” continua Felix “…insomma, non so perch&egrave, ma ho dato per scontato che tu arrivassi dall’ospedale… che ne fossi appena uscita. Ti ho vista che piangevi, eri evidentemente sconvolta, e io ho pensato che avessi appena ricevuto una brutta notizia… Qualcosa di davvero tremendo…”
Emanuela lo fissa, incredula.
“Ho immaginato che avessi appena saputo di avere una malattia terribile, o che fosse successo qualcosa a qualcuno a cui tieni… Insomma, qualcosa di veramente grave. Ho pensato a quello, perch&egrave eri davvero sconvolta e… non fraintendermi, quello che ti &egrave successo &egrave molto, molto brutto, ma… Insomma, pensavo a qualcosa di decisamente peggiore…”
Emanuela rimane a lungo in silenzio, fissandolo; anche Felix la osserva, con un’espressione neutra, in attesa.
“Io…” dice Emanuela dopo un’eternità “…non mi sono mai sentita tanto ridicola in vita mia…!”
Felix sospira, e poco dopo, con aria bonariamente pungente le dice:
“Credo che il top tu lo abbia raggiunto chiamandomi “dannato boyscout del cazzo…”
Emanuela sgrana gli occhi e si porta le mani sulle tempie, abbassa lo sguardo.
“Oh signore… Non ci posso credere…” dice chiudendo gli occhi, imbarazzata, e non riesce a trattenere un sorriso, che per qualche secondo le illumina il volto.
Felix la guarda, sorride anche lui e dice: “…sei molto bella quando sei incazzata, ma ora che ti vedo sorridere… sono in difficoltà!”
Emanuela apre gli occhi, sospira. E sorride ancora.

Passeggiano lungo il fiume, &egrave primo pomeriggio.
Ha parlato soprattutto Felix, raccontandole della sua infanzia trascorsa ad Haiti, della morte di suo padre, e la decisione di sua madre di trasferirsi in Europa con lui e la sorella. Studia architettura, vorrebbe che quello diventasse il suo mestiere. Nel frattempo si paga gli studi facendo il barista ed il modello.
“Dicono che ho il fisico adatto…” dice, quasi volesse giustificarsi.
Parlano a lungo, anche di quello che sta succedendo ad Emanuela. Lei gli confida di sentirsi doppiamente tradita, perch&egrave suo marito ha cercato proprio quello che lei non potrà mai più dargli: la freschezza di un corpo giovane.
“&egrave un’amica di nostra figlia, lo capisci…? Una sua coetanea, avrà al massimo vent’anni…” racconta Emanuela, senza riuscire a mascherare il dolore ed il disgusto.
“Tu ti concentri su questa storia dell’età come se fosse una tua colpa, quella di non avere vent’anni… La vedi come se lui ti avesse rimpiazzata con una con la metà dei tuoi anni, ma io sono sicuro che questa ragazza non rappresenta niente di importante… Non dare troppa profondità al tradimento di un uomo, la questione &egrave quasi sempre molto terra-terra…&egrave un capriccio, uno sfizio… In questo caso &egrave solo voglia di un po’ di carne giovane! Non voglio dire che ciò che ha fatto non sia grave e che dovresti perdonarlo, questo non lo credo, ma ti consiglio di non dare al gesto di tuo marito una valenza che secondo me non ha… Siamo solo uomini, Emanuela… ”
“Ho dedicato a quel maiale gli anni migliori della mia vita, e questo &egrave il modo in cui mi ripaga…” dice lei, furiosa.
“E tu… tu gli sei sempre stata fedele?non lo hai mai tradito?” le chiede.
La domanda la colpisce come un macigno in pieno petto.
Sono passati tanti anni, ma ogni volta che questa storia risale a galla sente un nodo stringerle la bocca dello stomaco. Ed &egrave immane la fatica che deve poi fare per riseppellire quel ricordo, per ricacciarlo nelle profondità della sua memoria.

Quello di un decennio prima era decisamente un periodo no, tra lei e suo marito. Qualche problema economico, un bel po’ di stanchezza per il lavoro, un bel po’ di noia e routine nel loro rapporto ed Emanuela che, a 35 anni, faticava non poco ad accettare i primi cambiamenti del suo corpo e a conviverci. Con suo marito non faceva l’amore da mesi…
Questo Alberto, relatore del corso di aggiornamento che tenevano in orario di lavoro in ufficio, le era risultato sgradevole da subito. Troppo sicuro di s&egrave e con la risposta sempre pronta, troppo arrogante negli apprezzamenti che lanciava a tutte, lei compresa, e cafone nel prendersi confidenze esagerate. Anche fisicamente lo disturbava, con quella barba rossiccia e quelle spalle larghe, le braccia fastidiosamente forti, il corpo tarchiato, forse era anche più basso di lei. Eppure, la sera che si sono ritrovati soli sull’ascensore che portava al parcheggio sotterraneo, quando lui con un ghigno sul volto ha premuto lo stop e l’ha costretta con le spalle al muro, Emanuela non lo ha respinto; anzi, lo ha accolto senza resistergli. Si &egrave abbandonata tra le sue braccia, rispondendo al suo bacio profondo; ha lasciato che la toccasse, che la esplorasse sempre più intimamente, lo ha guardato in silenzio mentre le sbottonava la camicia, mentre le sollevava la gonna e le abbassava gli slip, facendosi trovare con le cosce spalancate, calda e fradicia di desiderio. Ricorda le sue mani frettolose e rozze che le strizzavano i seni, la tastavano tra le gambe, le sue dita che affondavano nella sua carne bollente. Ricorda il suo cazzo, corto, ma con un diametro inquietante, scuro, ed una cappella grossa e violacea dall’aspetto minaccioso. Ricorda di averglielo stretto in una mano, di averlo trovato più duro, caldo e potente di quanto si aspettasse. L’ha scopata per qualche minuto nell’ascensore, grugnendo e sbuffando; stava in piedi, la teneva sollevata reggendola con entrambe le mani sotto le natiche, premendola contro la parete, penetrandola profondamente e con forza ed Emanuela, aggrappata al suo collo, riceveva ogni affondo con un urlo di piacere, misto allo stupore e alla vergogna.
“…lo senti, dolcezza…?” le chiedeva.
Lo sentiva.
“…senti che lago… senti che fica bagnata…” le ringhiava sulla bocca, baciandola. La sua pochezza, la sua volgarità la inebriavano. Poi improvvisamente lui ha lanciato un urlo ed Emanuela ha sentito le sue esplosioni dentro di lei, il calore delle frustate di sperma che, dopo averla riempita, le colava lungo le cosce, mentre lui ancora godeva e le strizzava i seni.
Dopo un po’ hanno fatto ripartire l’ascensore, e si sono separati senza dirsi una parola. Ricorda di essersi pulita alla meglio le cosce con un fazzoletto di carta prima di scendere dall’auto, una volta arrivata a casa, e di essersi masturbata due volte nella doccia.
Il giorno dopo, in ufficio, Alberto non le ha rivolto uno sguardo per tutto il giorno. E così per i tre giorni successivi, fino ad un venerdì, quando alle sei e mezzo lo ha trovato che la aspettava nel parcheggio deserto, appoggiato alla portiera della sua auto.
Emanuela gli ha lanciato uno sguardo gelido e gli ha detto:
“Non abbiamo niente da dirci… Ho fatto una cazzata, non si ripeterà e non ne voglio parlare…!”
L’uomo ha sorriso e ha detto: “…era il mio ultimo giorno, oggi. Volevo solo salutarti… E poi, parlare di cosa…?”
Venti minuti dopo, sulle colline distanti solo pochi chilometri dal loro ufficio, parcheggiati in una stradina laterale, lui la stava sodomizzando con tutta la sua forza, tenendola per i capelli con il volto premuto sul cofano della sua auto, forzandole la morbida carne del culo senza nessun riguardo. Emanuela, con il volto rigato di lacrime, la bocca distorta in una smorfia, urlava ad ogni affondo, cercando con le mani un sollievo, un appiglio da qualche parte sul parabrezza della macchina. Si sentiva aperta, violata, sporca e puttana come mai prima nella sua vita. E questa sensazione devastante, che partiva dal suo ano e passando per il retto e la fica le rimbombava nel cervello, era forse la sensazione più meravigliosa che aveva mai provato con un uomo. Urlava, folle e ubriaca di piacere, fino a quando ha sentito le viscere rivoltarsi e vibrare, il suo corpo irrigidirsi, ed in un attimo &egrave venuta, come un fiume in piena, godendo così tanto e così forte da sentire il bisogno svuotare la vescica inondando i pantaloni calati di lui, che intanto continuava ad incularla furiosamente, insultandola.
“…lo senti, puttana…? …lo senti…?”
Era la prima volta che raggiungeva un orgasmo in quel modo, durante la penetrazione anale, ed era sconvolta dalla durata e l’intensità del piacere, che le sembravano non dover mai finire. In quel momento ogni rimorso, ogni paura, ogni ansia ed ogni vergogna erano sepolti sotto le rovine del suo corpo che, abbandonato, sobbalzava sotto gli ultimi affondi del suo carnefice; l’uomo, afferrandola per la gola, con un urlo &egrave esploso nel suo retto, riempiendola di sperma, getto dopo getto, impiastrandola e ringhiandole in un orecchio:
“…dimmelo… dimmelo che sei una puttana…!”
E lei, distrutta dal dolore, gonfia di sborra e di piacere, sfibrata, esausta, si &egrave afferrata le natiche, le ha allargate, dilatando sino a farsi male l’ano già spaventosamente deformato, per assaporare un ultimo supplemento di quel piacere insopportabile che ora la stava abbandonando.
“…sì…!” ha singhiozzato, sconvolta “…sono la tua puttana…!”
Poco dopo lui l’ha riaccompagnata alla sua auto, e niente del genere &egrave mai più successo. Non ha mai rivisto quell’uomo, e con tutte le sue forze Emanuela ha cercato di dimenticare quello che &egrave successo.

“…allora lo hai mai tradito?” insiste Felix.
“…&egrave successo una volta, tanto tempo fa, in un momento in cui le cose non funzionavano… &egrave stata una cosa squallida e senza importanza!” sbotta.
” Può darsi che un giorno tuo marito, ripensando alla sua scappatella di oggi, la descriverà nello stesso modo…” la incalza lui.
“…ho avuto la netta sensazione che se la stessero spassando un mondo!” dice Emanuela; sta sputando veleno, ora. Ma lui non la molla:
“…mentre tu, con quell’altro, sei riuscita a provare solo fastidio, immagino…!”
“Senti un po’… sbaglio o stai cercando di giustificarlo? Cosa sarebbe, questa, solidarietà maschile? Quel bastardo si stava scopando la migliore amica di nostra figlia nel nostro letto, e non voglio neanche immaginare da quanto tempo vada avanti questa storia, per cui, cristosanto, scusami se ho un po’ di difficoltà a sdrammatizzare la situazione! Ti dispiacerebbe lasciare che io sia furibonda senza farmi sentire una stronza…?”
Felix annuisce, sembra quasi divertito.
“Scusami, stavo solo cercando di farti valutare diverse opzioni, hai tutto il diritto di essere furiosa… &egrave solo che proprio non capisco…”
“Che cosa?”
“…se ti trovo più attraente quando sorridi o quando sei incazzata…!”
Emanuela lo fissa, stralunata; poi socchiude gli occhi e non riesce a trattenere un sorriso compiaciuto. Si arrende. Poi dice:
“…e ora…?…che succede,ora? Che altro hai in serbo per me?
Felix sorride, poi il suo sguardo si sposta verso il fiume. Allunga un braccio e indica un punto non molto distante.
“…la vedi quella barca?” le dice.
Emanuela sposta lo sguardo in quella direzione, verso le barche ormeggiate, e annuisce.
“…io abito lì…!” dice Felix con un ampio sorriso.

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