La storia che vado a raccontare è basata su fatti realmente accaduti, i luoghi ed i tempi sono reali, solo i nomi sono di fantasia.
Io sono Mauro, Mau in famiglia, un metro e 80, moro, occhi castano scuro, fisico atletico per aver fatto anni di pallanuoto e una spiccata, direi smodata, attrazione verso l’altro sesso.
All’epoca dei fatti, fine anni ’80, avevo quasi vent’anni e mi ero appena diplomato allo scientifico con un’ottima media.
Vivevo con i miei in una piccola cittadina dell’entroterra toscano tra Arezzo e Firenze, dove mio padre esercitava la professione di medico.
Giunto alla fine degli studi superiori, si trattava di decidere quale via prendere per la mia vita.
Mio padre avrebbe voluto che seguissi le sue orme con degli studi in medicina, ma io non ero come lui; a me piaceva pensare a cose nuove e poi realizzarle, ero un creativo,volevo fare architettura.
La facoltà di architettura era a Firenze, questo significava che ogni giorno mi sarei dovuto sorbire quasi un’ora di treno all’andata e una al ritorno senza contare il tragitto da casa mia alla stazione.
E fu lì che mio padre ebbe il colpo di genio!
Un suo cugino aveva una figlia che da infermiera lavorava in una clinica di Firenze e viveva in un appartamento, che suo padre le aveva comprato proprio non lontano dalla facoltà di architettura.
Così un giorno invitò a pranzo questo cugino e tra una chiacchiera e l’altra fece la sua proposta: avrebbe, sua figlia, potuto ospitarmi nel suo appartamento per il periodo degli studi, dividendo gli oneri e le spese della convivenza?
Sulle prime il cugino nicchiò, provò ad avanzare qualche scusa, ma poi, visti i buoni rapporti che da sempre esistevano, prese una decisione salomonica: chiediamolo direttamente a lei.
Così preso il telefono chiamò sua figlia e pose la questione.
Due parole su di lei: si chiama Luisa, è circa di tre anni più grande di me, si era diplomata infermiera e lavorava in una clinica privata, in attesa di una migliore sistemazione; devo dire che ci eravamo incontrati, forse, una decina di volte nella nostra esistenza e a quel tempo erano più di tre anni che non ci vedevamo, non c’era quindi, tra noi, una grande relazione.
Fatto sta che dopo un po’ che padre e figlia parlavano, finalmente il cugino ci annunciò che Luisa acconsentiva, ma dovevamo chiamarla per prendere accordi più precisi.
Mio padre tagliò la testa al toro chiedendo a Luisa quando fosse libera, così potevamo incontrarci e parlare direttamente.
Due giorni dopo io e mio padre eravamo in viaggio per Firenze per incontrare Luisa.
Arrivati all’appartamento di Luisa, che si trovava in zona Campo di Marte, suonammo alla porta.
Ci viene ad aprire una ragazza bionda che stento a riconoscere come la mia cugina; alta, forse, un metro e 70, capelli biondo chiaro, lunghi, occhi azzurro cupo, indossa un paio di shorts in jeans sfrangiati che la fasciano come un guanto ed un top che le lascia scoperto il ventre e che esalta un seno pieno e sodo.
Rimango di sasso e mentre lei e mio padre si scambiano i saluti di rito, io non riesco a staccare gli occhi dalla curva delle sue natiche, rotonde e ben separate dal pantalone che s’infila in mezzo.
-“Ciao Mau, come stai? È un po’ che non ci vediamo. Come sei diventato grande!!!” – e così dicendo si solleva sulla punta dei piedi e mi bacia sulle guance.
-“Venite accomodatevi, preparo il caffè così possiamo parlare con calma”. e si allontana verso un angolo della sala che penso sia la cucina.
Torna poco dopo con un vassoio con sopra tre tazzine ed una caffettiera.
Mentre ci serve il caffè comincia a parlare.
-“E così Mau hai deciso di diventare architetto.” – mi domanda guardandomi negli occhi – “Come mai questa scelta?”
-“Io avrei preferito che avesse scelto medicina” – s’intromette mio padre.
-“Io penso che ognuno debba scegliere la propria strada nella vita, sia nel bene che nel male” – lo rimbecca lei.
-“Ma sai,” – continuo io – “ho sempre amato realizzare ciò che la mia mente partoriva e l’architettura, credo, sia la scienza migliore per fare ciò”.
-“Ok, l’importante è che tu sia convinto di ciò che fai”.
Continuiamo a parlare per un po’, poi lei si alza e dice:”Vieni che ti mostro l’abitazione”.
Mi alzo e la seguo, ammirando l’ondeggiare dei glutei stretti nei jeans.
L’appartamento si compone della sala dove abbiamo preso il caffè, che funge anche da sala da pranzo, un angolo cucina ed una stanza da letto con annesso il bagno, nonché un grande terrazzo, in parte verandato, pieno di piante verdi.
-“Purtroppo non posso offrirti una stanza tutta per te, ma qui c’è un letto a scomparsa.” – fa mostrando un mobile da cui fa scendere un ampio letto – “Io lo uso quando vengono a trovarmi i miei, così lascio a loro la camera da letto. Inoltre” – continua – “come ai visto per andare nell’unico bagno devi passare per la stanza da letto, ma credo che ci arrangeremo, se per te va bene”.
-“Io credo che sia perfetto” – rispondo – “cercherò di darti il meno fastidio possibile”.
-“Vogliamo parlare delle spese” – interviene mio padre.
-“Non ti preoccupare zio, quando Mau verrà, faremo il conto delle spese e ci arrangeremo. A proposito quando pensi di venire?”
-“Mah, ho appena finito gli esami, le lezioni iniziano nella seconda metà di settembre, credo nella prima quindicina di settembre, così avrò qualche giorno per sistemare le ultime incombenze burocratiche, se per te va bene”.
-“Ottimo, anche perché ad agosto ho programmato una vacanza con alcuni amici. Telefonami così ci mettiamo daccordo per la tua venuta”.
Così finì questo nostro primo incontro.
Passarono i giorni e venne quello della mia partenza verso una nuova vita.
Preparai una valigia di abiti e cose personali e mi accinsi a partire, tra il diluvio di lacrime di mia madre, come dovessi andare dall’altra parte del mondo.
Al mio arrivo trovo ad attendermi Luisa, vestita in modo da farmi saltare i circuiti ormonali.
Indossa i soliti shorts di jeans super aderenti, che lasciano scoperte le lunghe gambe abbronzate, sopra ha un top di cotone rosa con sbalzo di pizzo che la fascia mettendo in risalto il seno alto e pieno, che libero ondeggia ad ogni suo movimento.
I piedi sono nudi con le unghie laccate di viola.
Mi accoglie con calore abbracciandomi e facendomi sentire la consistenza dei suoi seni sul petto.
-“Vieni Mau, ti aiuto a sistemare le tue cose, purtroppo abbiamo un unico armadio e ce lo dobbiamo dividere”.
-“Per me va bene, spero di non darti troppo disturbo”.
-“Ma che dici, sono contenta di averti qui, finalmente un po’ di compagnia! Sapessi com’è triste rientrare dal lavoro e trovare ad accoglierti la casa vuota. Sono convinta che andremo perfettamente daccordo” – e così dicendo mi getta le braccia al collo e strusciandomi le tette sul petto mi stampa due baci sulle guance.
Passiamo il pomeriggio a sistemare le cose e per me, il piacere di vedere le chiappe e le tette di Luisa che mi ballano attorno
-“Uuff sono un po’ stanca.” – fa lei quando abbiamo finito – “Che ne pensi se ci andiamo a mangiare una pizza?”
-“Mi trovi daccordo, però offro io.”
-“Ma non se ne parla nemmeno, sei appena arrivato; non ti preoccupare avrai modo d’invitarmi a cena. Adesso se vuoi farti una doccia vai in bagno, così poi vado io e mi preparo.”
-“Mettiti qualcosa di fresco, che a Firenze la sera fa ancora molto caldo” – mi dice mentre mi dirigo al bagno.
Seguendo il suo consiglio infilo un paio di pantaloncini corti ed una canotta tipo basket e mentre l’aspetto rimango a torso nudo sul terrazzo.
-“Ehi io sono pronta” – la sua voce mi coglie di sorpresa mentre sono un po’ perso nei miei pensieri.
Mi giro e rimango basito!!
Indossa un paio di jeans strappati aderentissimi, che fasciano le sue forme in modo inequivocabile, sopra ha una canotta rossa che le lascia scoperte spalle ed il ventre, ombelico compreso, il tutto indossato rigorosamente senza niente sotto, ai piedi un paio di decolleté nere con strass e tacco altissimo
-“Vado bene così?” – chiede piroettando su se stessa.
-“Sei uno schianto” – rispondo ammirando le sue forme e notando che anche sotto i jeans non porta niente, o forse un perizoma ridottissimo, visto che il solco delle natiche e il pube risaltano evidenti.
-“Anche tu non sei male e che bei muscoli che hai!” – mi dice avvicinandosi ed passando una mano sui miei pettorali.
-“Grazie, sai dopo tanti anni di pallanuoto…”
-“Ah, facevi pallanuoto”
-“Sì, per otto anni, con la squadra della città, ho fatto anche i campionati italiani.”
-“Che bravo!!! Dai, ora, usciamo”.
Usciamo nella notte fiorentina, dirigendoci verso la pizzeria a piedi; Luisa ha l’auto, ma quando può, preferisce andare a piedi, per fare un po’ di moto, dice lei.
Quando entriamo nella pizzeria, non posso non notare gli sguardi degli uomini e anche di alcune donne, che si appuntano sulle sue forme messe ben in mostra.
Ci sediamo ad un tavolo e subito un cameriere accorre per prendere la comanda, ma soprattutto per lustrarsi gli occhi su quel pezzo di ragazza.
Passiamo la serata mangiando, parlando, io di quelli che sono i miei progetti, lei di quello che è il suo lavoro.
-“Anzi,” – mi dice – “domani io lavoro la mattina e la notte, poi avrò il weekend libero fino a lunedì pomeriggio. Ti lascerò un biglietto di quello che serve in casa, così potrai andare a fare un po’ di spesa.”
-“Benissimo. Torni per pranzo?”
-“No, mangerò qualcosa alla mensa della clinica e tornerò verso le due. per ripartire alle otto e mezza”.
-“Te lo chiedo perché io non sono un gran che a cucinare, sai a casa cucinava sempre mamma, altrimenti prendo qualcosa di pronto in rosticceria.”
-“Non ti preoccupare per me pensa soltanto a te. E, prima o poi, dovrai imparare a cucinare, qui non c’è mamma ed io non voglio farti da serva” – mi ribatte sorridendo.
Finiamo di mangiare e ci dirigiamo verso casa.
-“Bene, io sono stanca” – mi dice sbadigliando quando entriamo – “e domani mattina devo lavorare. Vado io per prima al bagno così mi preparo per la notte”.
-“Ok” – rispondo.
Approfitto del tempo e tiro giù il mio letto e guardo un po’ la tv facendo zapping.
-“Io ho finito” – dice aprendo la porta della stanza – “vai tu così poi mi metto a letto”.
Mi alzo dal divano e faccio per dirigermi verso la camera, ma mi blocco a mezzo.
Luisa è là, sulla porta, con indosso una lunga camicia bianca, aperta, sotto solo uno slip di pizzo rosso, I seni, i capezzoli, le cosce e le lunghe gambe ben esposti in maniera provocante.
Il mio membro reagisce subito a quella vista indurendosi all’istante.
Lei mi guarda in maniera beffarda, sorridendo.
-“Se dobbiamo vivere assieme dovrai abituarti a vedermi seminuda, io amo stare in libertà quando sono a casa, quindi non scandalizzarti”.
-“Non… non mi scandalizzo,” – rispondo balbettando – “solo mi hai colto di sorpresa e non sono abituato”.
-“Bene, adesso vai in bagno che voglio andare a letto”.
Mi fa spazio sulla porta per lasciarmi passare.
-“E comunque, sei bellissima!!”
-“Vai” – mi fa ridendo e dandomi una pacca sulla mia evidente erezione costretta nei pantaloncini.
Dopo poco rientro e mi accingo ad andare a letto.
-“Buonanotte” – mi fa Luisa dalla porta.
-“Buonanotte” – rispondo e spengo la luce.
Prima di addormentarmi, rifletto che sarà difficile per me studiare, con questa gnocca che mi gira attorno seminuda.
L’indomani mattina mi svegliai tardi, mi ci volle un po’ per adattarmi e realizzare dove mi trovavo.
In casa ero solo, non avevo sentito Luisa uscire, mentre uscivo dalle nebbie del sonno, mi tornarono alla mente gli avvenimenti del giorno prima e nonostante la normale erezione mattutina, il mio membro s’induriva sempre più rivedendo nella mente le immagini di Luisa e del suo corpo.
Non avevo mai considerato mia cugina dal punto di vista erotico, ma, è anche vero, che non l’avevo mai vista vestita, anzi svestita, in quel modo.
Lentamente uscii dal letto e andai in bagno, avevo il sesso duro come un bastone e la voglia di masturbarmi era tanta, poi feci pipì e con essa anche la voglia scemò, così m’infilai sotto la doccia per far svanire tutti i rimasugli del sonno e dell’eccitazione.
Dopo andai in cucina e trovai la caffettiera col caffè tiepido, aprii qualche scaffale e trovai un pacco di biscotti, mi accinsi quindi a fare colazione e ad iniziare la mia prima giornata fiorentina.
Trovai il biglietto di Luisa, con la lista della spesa, sul tavolo, c’era un bel po’ di roba da prendere e mi aveva lasciato anche i soldi per fare gli acquisti; che cara!!
Utilizzando una cartina trovai facilmente la facoltà di architettura, che non distava più di dieci minuti a piedi dall’abitazione, dove presi una marea di documentazione e moduli utili per l’iscrizione.
Non conoscendo il quartiere, mi affidai alle indicazioni dei passanti per trovare un supermercato dove fare le mie compere.
Verso l’una avevo terminato di fare spese ed ero affamato.
Trovai un negozietto che faceva specialità locali e lì divorai un panino col lampredotto e una birra, poi rifocillato feci ritorno a casa.
Ero seduto sul sofà nella veranda leggendo la documentazione dell’università, quando sentii la porta aprirsi.
-“”Auff che caldo che fa. Ciao Mau tutto bene?”
-“Ciao Lu, sì tutto ok e tu? Com’è andata al lavoro?”
-“Solita routine per fortuna, ma il ritorno nel caldo mi ha stremata, vado a farmi una doccia”.
-“Ok”.
Poco dopo ricompare con un paio di pantaloncini azzurri ed il solito top corto e niente sotto.
Quando si china i pantaloncini s’infilano nel solco delle natiche e mettono in evidenza lo spacco della figa.
-“Ti dispiace se rimango così, sto morendo dal caldo?” – mi chiede sedendosi affianco a me – “Cosa leggi?”
-“Figurati sei a casa tua.” – rispondo, mentre l’uccello si agita nei pantaloni – “Sono documenti che ho preso all’università”.
-“Aahh sei stato all’università e com’è?”
-“Innanzitutto è vicinissima, neanche dieci minuti a piedi e poi ho visto solo la segreteria di facoltà” – parlavo ed intanto non staccavo gli occhi da quelle tette che, strette nel top, sembravano volessero esplodere da un momento all’altro.
Il mio sguardo non sfugge a Luisa che sorridendo mi fa:”Vedo che sei molto interessato al mio seno;” – mi stuzzica lei – “ ma non hai mai visto una donna in pantaloncini e maglietta, neanche al mare?”
-“Certo,” – ribatto – “ma non mi è mai capitato di averne una dentro casa e seduta vicino a me e, soprattutto, una bella come te”.
-“Oohh grazie per il complimento, ma ti abituerai vedermi così”.
-“Lo spero altrimenti non so cosa farò”.
-“Cosa vorresti dire che potresti violentarmi?”
-“Mai, ma potrei consumarmi per te”.
”Vorresti dire che potresti masturbarti pensando a me?” – mi chiede sorpresa.
-“Lo riterresti anormale?”
-“No, ma non mi è mai capitato che mi dichiarassero tanta passione”.
-“E a me non è mai capitato di avere accanto una ragazza seminuda bella come te; oltretutto io sono qui per studiare e credo che mi sarà molto difficile in un’atmosfera simile”.
-“Ok ho capito, cercherò di distrarti il meno possibile. Ora vado a riposare che ho il turno notturno” – e così dicendo si alza e va verso la camera.
Si fa rivedere verso le otto andando direttamente in cucina.
È già vestita per andare al lavoro: camice bianco, parigine bianche sopra al ginocchio e scarpe dello stesso colore.
Dopo un po’ esce.
-“Io vado, ci vediamo domattina, tornerò verso le nove, ciao e buona serata”.
-“Ma… non mangi qualcosa prima di uscire?”
-“Quando faccio la notte mi porto solo della frutta, ciao” – ed apre la porta ed esce.
-“Forse è contrariata per la nostra discussione di oggi” – penso tra me, accingendomi a passare la serata in solitudine davanti alla tv.
I commenti e i suggerimenti sono ben accetti, scrivetemi pure a miziomoro@gmail.com
Mamma mia ruben, mamma mia... Ti prego, scrivimi a gioiliad1985[at]gmail.com , mi piacerebbe condividere con te le mie esperienze…
ciao ruben, mi puoi scrivere a gioiliad1985[at]gmail.com ? mi piacerebbe condividere con te le mie esperienze...
Davvero incredibilmente eccitante, avrei qualche domanda da farvi..se vi andasse mi trovate a questa email grossgiulio@yahoo.com
certoo, contattami qui Asiadu01er@gmail.com
le tue storie mi eccitano tantissimo ma avrei una curiosità che vorrei chiederti in privato: è possibile scriverti via mail?