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La decisione di George – 4° parte

By 25 Settembre 2013Dicembre 16th, 2019No Comments

‘Zia Mary, che c’è che non va?’ la donna si voltò verso il nipote. Stava per andarsene a casa e si erano salutati, ma lui l’aveva arpionata con quella domanda così dolcemente pressante. La guardava, con gli occhi quasi da bambino e l’aria un po’ preoccupata, seduto sul divano in maglietta e mutande, in totale libertà, nella sua sfarzosa villa.
Deglutì, nervosa. L’aveva evitato per tutto il pomeriggio, rivolgendogli monosillabi appena, per interagire quanto bastava.
‘E’ da oggi che sei strana, è successo qualcosa?’ Continuò il ragazzo. Lei gli sorrise forzata.
‘Niente tesoro, niente, sono solo…. stanca, ci vediamo domani…’ cercò di tagliare corto ma lui la prese per un polso.
‘Ho fatto qualcosa di sbagliato?’ le disse dispiaciuto che la donna non gli volesse parlare. Lei non riuscì a sostenere il suo faccino insolitamente apprensivo e scosse la testa chiudendo gli occhi.
‘Dai siediti qui con me e parlami zia, non mi piace vederti così…’ con la mano salda sul polso la guidò adagio a sedere accanto a lui. Gli occhi di lei vennero, per l’ennesima volta, calamitati dal suo pacco, in bella mostra. Indossava un paio di boxer bianchi, gonfi di giovane virilità. Era zona terribilmente pericolosa, quella, ma non poteva fare la maleducata ed andarsene senza una spiegazione. Prese fiato, cercando di controllarsi:
‘Ma dai, è una sciocchezza, tesoro, non vale neanche la pena parlarne, credimi!’ cercò di minimizzare per divincolarsi dall’angolo in cui era stretta ma lui insistette, testardo, avvicinandosi sempre più, mettendole una mano sulla spalla, la sua coscia nuda le sfiorava, ora, la gamba.
‘Se ti fa stare male vuol dire che è importante, zia!’ le disse con quella semplicità spiazzante che la disarmava completamente. Chiuse gli occhi, incapace di trovare nessun’altra scusa. Sospirò.
‘Sono… sono solo un po’ in imbarazzo tesoro, tutto qui…’ il ragazzo cascò dalle nuvole.
‘In imbarazzo? Perché?’
‘Beato il cielo’ pensò ‘è proprio ingenuo!’
‘Beh, oggi nel bagno tu… insomma ti ho visto … sai…’ non gli rendeva la cosa certo facile, accidenti ‘…senza veli…’ concluse rossa in volto. Lui sorrise e fece spallucce. Sembrava sollevato che non fosse niente di serio.
‘Tutto qui? E’ solo perché mi hai visto nudo? Ma che vuoi che sia?!’ la donna si rese conto che il nipote stesse cercando di sdrammatizzare e di farla sentire a suo agio ma il risultato era l’esatto opposto, si sentì una depravata e si vergognò come mai in vita sua.
‘Non sarò certo stato il primo uomo nudo che hai visto, no?’ lo ascoltava, sentendosi ridicola ‘…e poi…. beh, insomma sono tuo nipote…’ sempre peggio, il coltello affondava sempre di più ‘…è come se vedessi nudo Miky, sai quante volte ti sarà capitato! Cos’ho di speciale io?’ si sarebbe andata a nascondere in un buco se avesse potuto, quella domanda l’aveva trapassata da parte a parte come una lama sottile. Inutile continuare a mentire.
‘Beh, tesoro, vedi… devi scusare tua zia, c’è qualcosa di… molto, molto sbagliato in me evidentemente…’ cominciò a sfogarsi senza guardarlo negli occhi ‘…ma vedi le cose con tuo zio non… non vanno poi così bene…’ si morse il labbro mentre il ragazzo la ascoltava attento, chiaramente impietosito.
‘Diciamo che da un po’ di tempo mi sento… beh, sola e tu… tu… insomma, tu sei giovane, pieno di vita e…’ era sempre più imbarazzata, come faceva a dirglielo ‘…mi hai risvegliato delle…’ si schiarì la voce ‘…sensazioni…’
Lo sguardo di lui era imperscrutabile, la fissò per alcuni secondi, lei si guardava le mani sul grembo, nervosa. Silenzio. Poi accadde. Aaron la baciò. Non un timido e casto bacetto, le loro lingue si massaggiavano l’un l’altra e la donna si risvegliò da un coma troppo a lungo durato. Dentro di sé, esplodevano fuochi d’artificio e si avvinghiò al collo di quell’adone, pronta ad abbandonarsi al piacere. Ma durò solo un attimo.
‘No! Non possiamo!’ Aaron si staccò riportandola alla realtà con una doccia freddissima.
‘Mi dispiace, zia ma non posso farlo’ non era sconvolto e non le si era allontanato. Mary gliene fu grata e dovette frenare l’istinto di saltargli addosso. Si asciugò le labbra dall’impeto di quel bacio, tentando di ricomporsi almeno in parte.
‘Scusami tu, Aaron, la colpa è mia!’ si schiarì di nuovo la voce totalmente a disagio ‘Accidenti, devo sembrarti proprio patetica… con quante ragazzine ti ronzano intorno, figurati se vuoi avere a che fare con una tardona.’ Aaron assunse l’aria da furbetto:
‘Beh, in effetti non sei di primo pelo…’ replicò quasi divertito, incrinandole il cuore, facendole un male lancinante ‘…ma in fondo sei una gran bella donna e non ti nascondo che qualche pensierino…’ tenne la frase in sospeso, i suoi occhi passavano sulle sue curve ed era come se la stesse palpando. Il suo mero sguardo la eccitò a non finire, si sentiva la figa umida. Ogni parola, ogni movenza aveva un impatto incredibile sulle sue fragili emozioni.
‘…il punto è che non posso fare questo allo zio…’ altro brusco arresto. Stavolta s’irrigidì, nuovamente strappata al suo bel sogno. Eh no, adesso basta! George voleva portarle via anche questo.
‘Tuo zio non mi tocca da più di un anno Aaron…’ cominciò con una buone dose di veleno nella voce ‘…sicuramente si sbatte la segretaria o chissà chi altra, comunque sia mi pare evidente che non gli interesso più…’ quelle parole le uscirono tristemente fredde.
Aaron si grattò la testa, incerto. Non disse niente, la guardava.
‘Non sentirti in colpa per lui, tesoro, non è il caso…’ quelle parole non bastavano ancora e continuò ‘…e comunque non lo saprà mai tesoro, non farei mai niente per rovinare il tuo rapporto con lui…’ tentando, con tutta sé stessa di convincerlo. Lui continuava a fissarla, l’espressione imperscrutabile.
‘Ti supplico Aaron, solo per stasera… ho bisogno di un uomo…’ concluse lei, ora più fragile, ingoiando l’orgoglio. Il nipote la guardò per qualche altro secondo. Poi, un sorrisetto gli affiorò sulle labbra.
‘E così ti è piaciuto vedermi nudo?’ lei notò il cambio di atteggiamento e, contenta, si sciolse alle sue parole.
‘Si Aaron, mi è piaciuto da morire…’ si morse il labbro.
‘Cosa ti è piaciuto di quello che hai visto?’ la sua voce la stuzzicava impietosamente e lei non poteva far altro che rispondere per continuare quel gioco di seduzione dove non era più chiaro chi fosse la preda e chi il predatore.
‘Oh tesoro… non ti rendi conto dell’effetto che fai alle donne?’ gli disse civettuola ‘Hai il viso di un angelo…’ lo carezzò in volto ‘…un corpo statuario…’ la mano scese sul petto e poi sull’addome, i cui muscoli erano, ahimè, coperti dalla maglietta ‘…e poi hai…’ esitò, la mano ferma sul suo basso ventre, indecisa se potersi spingere oltre o no. Lui la pressò gentile:
‘Si? Continua.’ Lei sospirò e, in un atto di coraggio, la mano scese a carezzargli il pacco mentre diceva:
‘Hai un pene… meraviglioso Aaron… è la cosa più bella che…’ un brivido le attraversò il corpo e non riuscì a finire la frase. La tensione erotica nella stanza stava salendo a livelli stratosferici. Il ragazzo continuava a guardarla lasciandola fare calmo, rilassato, evidentemente divertito dalla cosa.
‘Vorresti che ti lasciassi dare un’altra occhiata?’ lei mugolò tirandosi indietro i capelli, quasi incredula.
‘Oh, Aaron, lo faresti? Si, te ne prego, non chiedo altro…’ il giovane le sorrise nuovamente. Stava guidando la partita, adesso, e a lei piaceva. Si sfilò i boxer molto lentamente, gettandoli per terra e la mano di Mary venne finalmente a contatto con la sua carne proibita. Non aveva parole, stava lì a rimirare il meraviglioso dono che aveva tra le mani. Stava succedendo davvero tutto questo? O era solo un altro dei suoi sogni? Sospiri e gemiti le uscivano incontrollati, mentre lo maneggiava dolcemente, inebetita dall’incedere degli eventi: lo impugnava, lo scappellava, lo carezzava, il tutto con incantevole e deliziata ammirazione, devozione, quasi. Le cresceva a poco a poco tra le mani. Era così bello, un caldo tocco di carne rosacea, circondato da una corona dorata. E lo scroto, poi, gonfio e possente: due palle da uomo. Mirabile visione per la frustrata casalinga, da troppo tempo lontana da spettacoli simili e adesso inebriata dal potere che quel giovanotto irradiava.
‘Ti piace così tanto, zia?’ alla donna venne quasi da ridere per la domanda che a lei sembrò pleonastica.
‘ooohhh… tesoro, non sai quanto… è come un sogno per me… anzi è meglio di un sogno, io…’
‘Allora bacialo.’ la interruppe e le sue parole dolci, ma allo stesso tempo pregne di audace imperiosità, presero il controllo del suo corpo. Si chinò immediatamente ricoprendo di baci l’oggetto dei suoi desideri, come non aspettasse altro.
‘Oh, Aaron, grazie!! Grazie!’ C’era così tanto da baciare, confusa dal suo odore, l’elisir più erotico esistente. Amava tutto ciò che le sue labbra incontravano, il pube, l’asta, i testicoli, le cosce di un maschio vero, ogni bacio la portava sempre più in alto. Solo gemiti per i successivi minuti. Il ragazzo le carezzava i capelli neri mentre la guardava all’opera. Era accucciata sul divano, alla sua sinistra, con la faccia sepolta in mezzo alle sua gambe, in adorazione. Sorrise soddisfatto.
‘E’ questo che sognavi, zia Mary? Che ti permettessi di baciarmi il cazzo?’ le chiese dopo un po’.
‘Oh, Aaron si! L’ho sognato talmente tante volte che credevo sarei impazzita!!’ gli rispose tra un languido bacio e l’altro.
‘E sei soddisfatta, adesso?’ lei si morse le labbra guardandolo dal basso.
‘Oh, tesoro… io… beh, in realtà…’ esitò la donna.
‘Cos’altro vorresti? Dimmelo.’ le chiese con la sua voce ipnotica. Lei, in preda all’eccitazione.
‘Una cosa che non faccio più da un secolo…’ gli disse mentre strusciava la faccia su ogni centimetro dei suoi genitali odorosi, la verga, ora quasi in tiro, appoggiata, sovrana, su una guancia.
‘Vorrei fare sesso orale…’ gli disse, ancora troppo vergognosa per usare un linguaggio scurrile. Le sorrise di nuovo, dall’alto, e continuò a carezzarla.
‘Ma zia, fare pompini è così denigrante, è da troiette sottomesse, sei sicura di volerti far umiliare fino a questo punto?’ le sue parole erano ben più dirette ed appropriate, il suo tono era sempre più mellifluo, il suo sorriso un po’ bastardo le trafiggeva il cuore ancora e ancora. Lei lo guardò disperata. Esitò alcuni secondi, poi crollò sotto quei meravigliosi occhi azzurri che la fissavano:
‘Beh… se è da troie…’ esitò di nuovo ‘…allora forse io lo sono, tesoro… perché non sto più nella pelle al pensiero di potermelo infilare in bocca…’ gli disse prostrata ‘…non m’importa quello che penserai di me domattina, Aaron ma ti prego, fammelo succhiare, ti prego!!’ il giovane alzò un sopracciglio e ridacchiò.
‘Contenta tu…’ le disse perfido ‘Avanti! Apri la bocca e fammi vedere che sai fare!’ la povera casalinga aveva gli occhi lucidi dalla gratitudine e in un sol boccone ingoiò la sua virilità. Il suo corpo venne trafitto da mille spade incandescenti. Vampate di calore l’attraversavano dalla testa ai piedi e brividi le si arrampicavano su per la colonna vertebrale, mentre assaporava piaceri sopiti. Era in estasi. Aveva un cazzo in bocca, un cazzo bello, vigoroso, gagliardo, virile, saporito e le piaceva come niente al mondo. Cominciò a pompare, non lo faceva da una vita ma nel giro di pochi secondi le tornò tutto in mente. Innumerevoli erano le volte che aveva sbocchinato i suoi vari fidanzatini, inginocchiata sul pavimento dei bagni della scuola e aveva acquisito una certa tecnica per cui era diventata… molto popolare. Ingoiava l’asta fino alla base, poi lentamente tornava su, succhiando quanto poteva a carezzando il membro con la lingua, per poi affondare di nuovo le labbra nel pube del ragazzo.
‘Che buono! Che buono! Che buono! Che buono! Che buono!!’ era l’unico pensiero nella sua mente, mentre serviva il bel giovanotto che sicuramente l’avrebbe vista sotto un’altra luce da lì in avanti. Ma era troppo tardi per preoccuparsene e, giunti a questo punto, non le importava davvero.
‘…sei brava zia…’ si complimentò sempre col solito sorrisetto ‘….mi piace arrivarti fino in gola… succhialo tutto, dai…’ la mano appoggiata sulle sue ciocche corvine, l’accompagnava in un lento ritmo. Su, giù, su, giù. La donna si sentì i suoi occhi addosso, mentre le labbra fameliche accoglievano il suo membro centimetro dopo centimetro, come fosse il più sacro degli oggetti di culto, con tutto il suo cuore e per la prima volta dopo tanti anni si sentì viva. Se lo sfilò di bocca per un attimo, il tempo di condividere quelle sensazioni col suo giovane amante.
‘Oohh Aaron, tu mi hai salvato la vita… stavo morendo d’inedia, di solitudine e non so di che altro… tu sei… oh dio…’ ciucciò la cappella per qualche secondo, fremente, prima di continuare ‘…non sai quanto ti sono grata per questo…’ il nipote l’ascoltò e con la solita calma divertita le disse:
‘Se è vero, zia, allora dimostrami tutta la tua riconoscenza! Fammi vedere quanto sei felice di potermi succhiare l’uccello!’ le sue parole le fecero vibrare la colonna vertebrale, quell’autorità dolce, da un adolescente! Il suo schiacciante carisma rendeva così facile compiacerlo, senza fare domande. Non se lo fece ripetere due volte, con rinnovata foga, riprese a pompare, lasciandosi scivolare il membro fino in gola e trattenendolo per qualche secondo, cercando di gustarsi appieno quel sapore selvaggio, dominante, afrodisiaco. Con una mano gli carezzava le palle, poi smetteva di succhiare e le leccava, facendo scivolare la mano sull’asta. Il testosterone che il biondino produceva era dolcemente soffocante e la fortunata zietta aveva i polmoni gonfi del suo odore che, attimo dopo attimo, se ne rendeva conto, le marchiava la mente, rendendola di sua proprietà.
‘mmmm… il tuo odore è incredibile… mmmm…’ gli disse sconcia e lo sentì ridacchiare.
‘Hehe! E’ l’odore di cazzo, zia. Stai attenta! Alle troie fa un brutto effetto. E’ come una droga e spesso finiscono col non poterne più fare a meno…’ di nuovo quella voce piacente e melliflua, quelle insinuazioni volgari che le violentavano l’animo. Lei lo guardò mentre gli leccava la base del cazzo, che dominava imponente sul suo bel viso. Nell’impeto dell’eccitazione le parole uscirono da sole:
‘Temo sia troppo tardi per me tesoro…’ gli sorrise, ubriaca di lui ‘…ne sono già schiava, non lo vedi?’ una mezza risatina della donna prima d’ingoiare nuovamente il membro. Persa com’era nell’euforia non poteva aver notato l’espressione sul volto di Aaron, fieramente illuminata da un ghigno trionfante:
‘Oh, si zia… lo vedo, hehe!’

Mary continuò il suo lavoretto tra sospiri, carezze, gemiti e baci. Era scesa dal divano e gli si era inginocchiata in mezzo alle gambe, per adorarlo meglio. La resistenza del ragazzo era incredibile. Doveva essere passato almeno un quarto d’ora e non era ancora venuto. Il sapore della sua verga le era ormai penetrato in profondità, il sapore di un vero e proprio stallone probabilmente abituato ad essere servito in quel modo. Mary però cominciava ad essere impaziente, bramava il dono più ambito e desiderato ad inondargli le papille. Cos’altro poteva fare? Aveva forse perso il suo tocco? Non era più brava come una volta? Frustrata gli chiese:
‘Aaron? Tesoro… non ti piace quello che faccio?’ il giovane aveva la testa reclinata all’indietro, le braccia aperte, appoggiate alla spalliera del divano e gli occhi chiusi. Sorrise ma non si mosse.
‘Oh, si! E’ molto… rilassante, zia!’
‘Rilassante?’ gli rispose un po’ delusa. Eccitante, incredibile, da sballo, erano gli aggettivi che avrebbe voluto sentire. Aaron alzò la testa e la guardò incuriosito dalla domanda:
‘Si, rilassante.’ ripeté. Lei fece una smorfia, amara.
‘Mi dispiace, tesoro. Devo essere davvero una frana. E’ passato talmente tanto tempo che non sono neanche capace di farti venire…’ l’adone sogghignò.
‘E perché hai tutta questa fretta di farmi venire?’ Mary deglutì, nervosa. La leggeva come un libro aperto.
‘Beh perché… io… beh… voglio farti godere tesoro.’
‘Hahaha!! Dì le cose come stanno, avanti! Non mi piacciono le bugie. Tu vuoi il mio seme, non è vero?’ la donna abbassò lo sguardo quasi subito. Non riusciva a nascondergli niente.
‘Dimmi dove lo vuoi, zia…’ continuava a sorriderle calmo e lei, dopo un paio di secondi disse imbarazzata ma distintamente:
‘…in bocca…’ quant’era bello, anche solo guardarlo.
‘Vuoi che mi scarichi i coglioni dentro la tua bocca e che ti faccia ingoiare come una qualunque puttana di strada?’ un’altra lama la trapassò da parte a parte. Quel vituperio la eccitava contro la sua volontà. Annuì baciandogli la punta del cazzo. Lui rise.
‘Quanto tempo è che non ti fanno bere una sana dose di sborra, huh?’ le chiese. Lei sospirò, poi disse amara.
‘Quasi non me lo ricordo più!’ gli rispose ‘Dal liceo, più o meno… a tuo zio non è mai piaciuto, quindi…’
‘E quindi sei in astinenza forzata da più di un ventennio!’ concluse lui. Lei lo guardò sentendosi la più immorale delle donne, stava praticamente supplicando un ragazzino che aveva meno della metà dei suoi anni, di sborrarle in bocca.
‘Dimmi quanto la desideri?’ Mary continuava a respirare il suo schiacciante odore.
‘La desidero con tutta me stessa Aaron…’ le disse incapace di mentire ‘…ti supplico abbi un po’ di compassione per questa…’ si fermò un istante prima di darsi della…
‘Dillo, zia!’ arrivò l’ordine.
‘…troia…’ disse mentre slinguazzava la turgida cappella al ragazzo. Lui ridacchiò.
‘Hehehe!! Beh, se hai tutta questa fame c’è un modo più veloce per…’
‘Si! Si!, Ti prego’ lo interruppe. Altra risatina. Lui le mise entrambe le mani sulla testa e strinse i pugni sui suoi capelli. ‘Apri!’ non fece in tempo ad obbedire che si sentì arrivare il cazzo fino in fondo alla gola, per poi sentirsi tirare indietro e poi ancora giù nell’arco di un istante. Il giovane le fotteva la bocca e lei si ritrovò, di colpo, senza fiato, completamente in balia del piacere dell’altro. Dopo una decina di pompate la fece respirare. Lei cominciò a tossire e lui aggiustò meglio la presa sui capelli.
‘cough, cough… Aaron mi stai facendo… cough, cough… male… cough…’ Il bel biondo le sorrise:
‘Sei stata tu a pregarmi, poco fa, no?!’ lei cercava disperatamente di riprender fiato:
‘Si ma non credevo che…’
‘E’ bello scoparti la faccia… Hai detto che volevi farmi godere, no?’ era virtualmente impossibile resistere a quel viso d’angelo dall’espressione birichina. Come aveva già fatto, la donna si sciolse completamente alle sue parole insidiose e il senso di colpa le crebbe dentro, schiacciante.
‘Oh, Aaron, si che lo voglio, ti prego scusampfhmmm…’ ma la pausa era finita, il cazzo le era tornato in gola, ormai padrone.
‘Brava zia, così ti voglio… arrendevole e ubbidiente…’ grottescamente lusingata dalle sue parole, Mary cercò di accogliere il membro che la trapanava ad ogni affondo, incurante di lei e di ciò che sentiva. Non era questione di spazio ma di forza, era difficile respirare anche se, nonostante il dolore, era inutile negarlo, quel trattamento forzato la eccitava come la eccitavano gli sconci epiteti che usava, abilmente mascherati dai suoi modi. Una mano le corse sotto al gonna e cominciò a toccarsi. Era già un lago.
‘mmmm… lo senti quant’è buono, il cazzo dei tuoi sogni, zia? Lo senti?! mmmm…’ le disse avvolto dal piacere. Lei rispose con un gemito strozzato. A intervalli più o meno regolari le premetteva di respirare:
‘cough… cough… oh si Aaron… cough… mi fai impazzire… mmmm… non ho mai provato niente del genere in tutta la mia vita…’ era vero, tutta la sua frustrazione accumulata da anni si era sciolta in un attimo e la lasciva zietta provava pulsioni che forse non aveva mai provato o, meglio, non aveva mai avuto il coraggio di provare. Nessuno le aveva mai fatto questo, nessuno l’aveva mai fatta sentire la più infima delle puttane. Il ragazzo le sorrise mentre le guidava la bocca sullo scroto:
‘Lecca’ fu ben felice di accontentarlo. Tutto quel sudore, tutto quel testosterone, che delizia. Aaron la guardava divertito.
‘Dì la verità, zia, ti piace fare quello che ti viene detto, non è vero?’ lei si arrestò un attimo, colta in flagrante. Piagnucolò un po’, incerta. Continuava a leccare. Non aveva la forza di negare. Esitò un attimo, poi rispose sconfitta:
‘Solo con te Aaron… mmmm…’ il nipote sogghignò.
‘E perché?’ continuò a titillarla.
‘mmmm… non lo so il perché… io so solo che… tu sei così… maschio e dominante…. mmmmm…. ma sei gentile allo stesso tempo e io… non ci riesco a dirti di no… è più forte di me… non voglio dirti di no… mmmm… non voglio dirtelo… mmmmm…..’ lui replicò deliziato.
‘Senti un bisogno così forte di ubbidirmi, zia?’ lei annuì continuando a leccare, ormai completamente alla sua mercé, persa nel piacere.
‘Hehe! Hai fatto bene a dirmelo, ma attenta! Potrei approfittarmene. Sei sicura di volerti sottomettere fino a questo punto?’ le disse dandole l’ennesimo avvertimento con la solita voce irresistibile che ormai l’aveva resa incapace di contenersi razionalmente:
‘Oh Aaron, tesoro, farei qualsiasi cosa per te… mmmm…. qualsiasi…’ Lui scosse la testa sogghignando:
‘Apri, è l’ora di darti da mangiare, hehe!!’ e riprese a scoparle la faccia.
Questa volta non le permise di respirare, le pompò la faccia come un animale per tre, forse quattro di minuti, quanto gli fu necessario per avvicinarsi alla meta, guardandola e mordendosi il labbro inferiore finché un liberatorio ‘…eccolo! Ecco il tuo premio, bevi! Aaaaahhhhh!!’ preannunciò alla donna il getto caldo e vischioso che le colpì il palato, schizzo dopo schizzo, interminabile riempiendole la bocca di sborra e bava, un cocktail dolce e salato allo stesso tempo che lei assaporò come fosse il suo ultimo pasto, prima di buttare giù nell’estasi più completa.
Prese una gran boccata d’aria e si leccò le labbra. Aaron la guardava col suo sorrisetto, le braccia incrociate dietro la nuca e il respiro che, pian piano, stava tornando regolare. Dopo qualche secondo le disse:
‘Come ci si sente, zia, mi hai fatto usare la tua bocca e hai ingoiato tutto, da brava puttana…’ lei gli sorrise, quasi le avesse fatto un complimento.
‘Mai stat meglio, tesoro…’ gli disse languida. Aaron rise e scosse di nuovo la testa. La scena lo divertiva molto era innegabile.
‘Beh, puliscimi adesso, non vedi, sono tutto sporco?’ Mary guardò i residui di sperma sul pene e riprese a leccarlo, poi passò alle palle, poi il pube, mentre il membro tornava a riposo. Lui si lasciava servire, da padrone e la guardava come si guarda una serva. Dentro di lei il fuoco del desiderio ardeva ancora potente e stare in ginocchio a leccargli le palle non faceva che aumentarlo. Era più arrapata che mai. Si morse il labbro, cercando di sopprimere i suoi istinti ma era tutto inutile.
‘Aaron… ti prego, lo so che non dovrei chiedertelo ma a questo punto non ho più alcun tipo di orgoglio…’ lo guardò come a fargli capire cosa volesse, senza che ci fosse bisogno di parole. Lui non fece altro che sorriderle dall’alto:
‘Chiedimelo zia. Voglio vederti implorare.’ le disse con la solita calma. Lei esitò un istante, mordendosi il labbro. Poi gli abbracciò le cosce e si gettò a baciarli i genitali, completamente succube e disperatamente supplice:
‘Scopami Aaron, ti supplico… sbattimi da qualche parte e scopami come un animale. Se è vero che sono una puttana, allora trattami come tale, te ne prego, ti sarò per sempre riconoscente….’ l’odore di cazzo le riempiva le narici mentre il bel giovane si prese alcuni secondi per risponderle, guardandola dall’alto, ridacchiando. Poi:
‘Andiamo in camera’

‘Pronto?’
‘Mike, tesoro!’
‘Ciao mamma! Stai tornando?’
‘uhmmm, no amore, mi sono attardata un po’ troppo e ho perso l’ultimo autobus per East Los Angeles…’ la sua voce aveva qualcosa di strano.
‘Ok…’ fu la sola risposta di Mike, non c’era niente che potesse fare. Non possedevano una macchina… non più.
‘Rimango qui a dormire per stanotte, è già piuttosto tardi e non mi va di chiedere ad Aaron di riaccompagnarmi…’ gli disse d’un sol fiato.
‘Ok, lo dico io a papà.’
‘Grazie tesoro… ci vediamo domani allora…’
‘Ok, salutami Aaron!’ disse lui con entusiasmo.
‘Senz’altro…’
Si dettero la buonanotte.
‘Papà! Mamma resta a dormire da Aaron!’ il suo vecchio emerse dalla camera con un sorriso un po’ ebete sul viso.
‘Bene, perfetto, grazie campione…’ non chiese alcuna spiegazione. Era strano vederlo così.
‘Tsk!’ fu l’acido commento di Cindy ‘La fa lavorare come una schiava per due spiccioli! Quel tizio mi fa venire i brividi!’ sua sorella era seduta sul divano, contava le misere mance che aveva messo da parte lavorando al ristorante.
‘Piantala Cindy!’ si scaldò subito Miky. Lei tirò indietro gli occhi.
‘Oh dio! Se devo sentire un altro ritornello su quant’è bravo e quant’è bello il tuo nuovo amichetto, giuro che mi metto a vomitare!’
‘E perché non parliamo dei tuoi di amici sorellina? Ah, giusto! Perché non ce li hai!!’ gli rispose a tono.
‘Vaffanculo Miky!’ ringhiò lei.
‘Basta! Tutti e due!’ quando papà alzava la voce era il momento di finirla all’istante.
‘Cindy! Mike ha ragione! Tuo cugino è uno splendido ragazzo che ci sta dando una gran mano! Non voglio più sentirti mancargli di rispetto in questo modo, chiaro?!’ Cindy lo guardò male ma non osò controbattere, non era davvero il caso quando si arrabbiava.
‘Ok…’ fu la sola risposta. L’uomo annuì, poi si voltò e tornò in camera, lasciandoli nel silenzio più assoluto. Mike guardò sua sorella per alcuni secondi, poi andò a sedersi vicino a lei.
‘Scusa, mi dispiace, non dicevo sul serio…’ le disse. Lei gli sorrise e gli si appoggiò sul petto, facendosi abbracciare.
‘Lo so che faccio la stronza… ma non posso farne a meno… mi fa schifo tutto! Tutto! Questa casa, quella scuola fatiscente dove andiamo, quella merda di posto dove lavoro!’ teneva la voce bassa per non farsi sentire da suo padre. Si asciugò un occhio lucido e suo fratello la strinse forte per consolarla.
‘Lo so, è uno schifo… lo è anche per me… ma non possiamo farci niente Cindy… devi voltare pagina, dimentica la vita di prima e cerca di abituarti a questa. Non abbiamo un centesimo, è vero, ma i ragazzi a scuola sono persone come tutte le altre. Se smetti di fare la stronza e gli dai una possibilità forse…’ la giovane sorrise amara.
‘Magari fosse facile…’
‘Datti un po’ di tempo, vedrai che le cose si aggiusteranno…’ continuò. Stettero in silenzio per qualche secondo, poi:
‘Meno male che ci sei Miky!’ disse lei e il ragazzo sorrise ‘Mamma e papà sono un gran casino, ormai neanche si sopportano più. Tu sei l’unico con cui posso parlare…. sfogarmi… sei la mia roccia, certe volte sembri tu il fratello maggiore!’ non le rispose, non ce n’era bisogno, l’abbraccio diceva tutto.
‘E va bene, comincerò ad essere meno acida…’
‘Brava, perché non cominci da Aaron, guarda che è davvero un tipo apposto!’ la ragazza s’irrigidì.
‘Non mi convince Miky, ha qualcosa di…’
‘Lo stai facendo di nuovo…’ la redarguì dolcemente. Lei sbuffo.
‘E va bene, hai vinto, gli do una possibilità, contento?’

Mezz’ora dopo.

Mike era sdraiato sul letto e rifletteva.
‘Piacerebbe anche a me passare la notte a casa di Aaron…’ pensò ‘…mamma ha detto che ha una villa incredibile… potremmo guardare stronzate alla TV fino a notte fonda, mangiare schifezze e ridere e scherzare per ore…’ l’immagine gli provocava uno strano bruciore alla bocca dello stomaco. Non era forte, era simile a quello che aveva provato qualche ora prima. Chiuse gli occhi e il viso di suo cugino gli sorrise. Così sicuro di sé, persino un po’ arrogante, così carismatico, così… bello! Come faceva Cindy a non vederlo?
Rivide sé stesso, in ginocchio sotto un tavolo, con un piede in testa che lo carezzava e una vocetta petulante che gli diceva: ‘ma che bravo sfigato che sei’.
Sospirò turbato. Poi si voltò su un lato, aggiustandosi l’erezione nei pantaloncini e cercò di pensare ad altro.
‘Speriamo almeno che la mamma non gli rompa le palle! Sa essere una vera e propria dittatrice quando vuole!’

‘Ah… Ah… Ah… Ah… Ah…’ la zia Mary ansimava come una sottospecie di animale. Aaron le stava succhiando un capezzolo sulla tetta tonda e innaturalmente perfetta, mentre le sue dita esperte entravano e uscivano dalla figa di quella baldracca di quart’ordine con lentezza inenarrabile. Aveva il cervello completamente in pappa, privata della volontà lo lasciava giocare col suo corpo sexy.
‘Aaron, ti supplico, ti voglio dentro di me, non ce la faccio più…mmmm…’ il biondo ridacchiò.
‘Hehe! Dovrai aspettare, zia, lo farò quando ne avrò voglia…’ le mordicchiò il capezzolo e lei gemette ‘…per ora mi diverto così… o forse preferisci che smetta del tutto?!’ le infilò tre dita nella figa con forza e lei rimase senza fiato, inarcando al schiena nel godimento.
‘Nooo Aaron, noooo!!!’ gli disse, poco più di un sussurro ‘…ti prego non smettere… aaaahhh…. divertiti finché vuoi… mmmm… divertiti… mmm… divertiti… ‘ continuò a farfugliare quella parola mordendosi le labbra.
‘Hehe! Ma che puttana gentile che sei, hehe!!’ e rallentò le dita per torturarla più a lungo possibile.
Dopo diversi minuti di quel trattamento, ormai, neanche lo sguardo aveva più niente di razionale. Aaron sorrise, non era la prima cagna che sottometteva e quella follia negli occhi gli era molto familiare. Ma stavolta era stato davvero troppo facile. Questa non aspettava altro che essere presa e lui, da gran gentiluomo, l’aveva accontentata. Adesso era sua, completamente sua, ne era sicuro, corpo, mente e anima al suo servizio. Probabilmente, lo era già diventata quando l’aveva supplicato di spompinarlo, ma perché privarsi di farle perdere la ragione con qualche giochetto mentale? Smise di martoriarle il capezzolo destro e la guardò. Non aveva quasi più niente di umano. Divertito, le scivolò sopra, accostando il pube al suo, sfiorandole la figa con la punta dell’uccello guardandola fissa, avvicinando le sue labbra alle sue, come per baciarla. Alla troietta non sembrava vero, lo guardava con gli occhi fuori dalle orbite e quasi smise di respirare, aspettando di sentirlo entrare. Rimase in quella posizione per una decina di secondi, strusciando l’asta sulla fregna fradicia, muovendo il bacino con estrema lentezza, senza soddisfarla. Dopodiché sfoderò il suo sorriso più perfido e non fece altro che addentare l’altro capezzolo, scivolando dall’altra parte, mentre ridacchiava, allontanando il cazzo e sostituendolo con l’altra mano. La donna piagnucolò disperata, mentre lui riprese a spassarsela, calmo, in perfetto controllo della situazione.
Massaggiava le grandi labbra, poi inseriva appena la punta di un dito dentro, solo il tempo di darle l’abbocco, per poi uscire e stuzzicarle il clitoride. La figa continuava a produrre umori a fiumi, nella speranza di una penetrazione vera e propria. Doveva essere la cosa più frustrante del mondo, eppure il suo nuovo giocattolino stava lì a farsi usare, ubbidendo agli ordini. Aaron continuò quella dolce sevizia a lungo, prendendosi tutto il tempo del caso. Del resto lei era lì unicamente per il suo piacere e questa lezioncina l’avrebbe aiutata a capirlo.
Dopo quasi venti minuti, quand’era sul punto di svenire. Smise di stuzzicarle la figa e si alzò da lei. Aveva il cazzo in tiro ed era pronto per darle il colpo di grazia, ma forse c’era tempo per umiliarla ancora un po’. Lo guardava piagnucolante mentre si palpava i seni con forza, sussurrando suppliche inudibili, a ripetizione, patetica, senza ritegno. Con la solita ipnotica autorità le disse:
‘Spalanca le gambe e allargati la figa.’ lei obbedì senza battere ciglio con la lingua penzoloni. Lui accostò il suo pube fino a che la punta del cazzo non sfiorò le grandi labbra. Ancora una volta lei era già pronto ad accoglierlo ma:
‘Spiegami perché dovrei scopare la figa slabbrata di una tardona, zia!’
‘Ooohh Aaron, ti supplico, ti supplico, sbattimelo dentro, ti pregoooo!!’ piagnucolò.
‘Ti rendi conto di quanto sei patetica? Guardati! Saresti disposta a fare qualunque cosa per il mio cazzo! Per il cazzo di tuo nipote!’ non alzava la voce neanche per deriderla, non ce n’era alcun bisogno, aveva capito che era proprio questo a mandarla in tilt.
‘Siii Aaron, lo so! Hai ragione! Farei qualunque cosa per il tuo cazzo! Qualunque! Ora, ti supplico, non resisto piùùù….’ il ragazzo le infilò la cappella dentro e lei gemette più forte, ma la estrasse quasi subito, facendola crollare in una nuova serie di lamenti. Che divertente che era.
‘Mi supplichi di scoparti, non resisti più senza il mio cazzo e ti ecciti ad ubbidire a ogni mio comando… questo cosa fa di te? Dimmelo, zia!’ stava praticamente piangendo:
‘Ooohhh Aaron! La tua puttana, la tua troia o qualunque altra cosa vorrai, te lo giuroooo ‘. mmmm… ti prego, ti prego impazziscooo’ continuò a piagnucolare in uno stridulio quasi impercettibile. Lui sogghignò soddisfatto.
‘Esatto.’ e con un sol colpo le sbatté l’uccello dentro fino ai coglioni facendola gridare come una scrofa al macello.

Mary si svegliò quando la luce le colpì il viso. Si godette quei pochi istanti d’incoscenza, subito prima che i ricordi della sera precedente le inondassero la mente, orribilmente vividi. Accanto a lei Aaron dormiva beato con il lenzuolo che lo copriva fino alla pancia. Le venne da vomitare. Quello che aveva fatto era disgustoso, un abominio. Si alzò e andò in bagno senza svegliarlo. Si guardò allo specchio e scoppiò in un pianto silenzioso. Si sciacquò la faccia per calmarsi. Il suo corpo nudo le dava il voltastomaco, mentre il viso di suo marito le passava in mente.
‘George… che cosa ho fatto?!’ per quanto odiasse ammetterlo, c’era una bella differenza tra fantasticare di fare una cosa e farla. Adesso il senso di colpa la logorava. Non aveva pianificato niente di tutto questo, maledizione, perché aveva ceduto, perché?!? Rivide sé stessa in atteggiamenti che mai e poi mai avrebbe creduto possibili. L’ansia le attanagliava la bocca dello stomaco. Odiava sé stessa per quello che aveva fatto ma molto di più odiava il fatto che dentro di sé non poteva far altro che tornare ad eccitarsi, rivivendo quelle sensazioni assolutamente proibite, deplorevoli eppure totalmente appaganti. Era quella la cosa peggiore, il pensiero che non poteva essere certa che non sarebbe accaduto di nuovo. Le girava la testa e dovette sedersi. Troppi pensieri ed emozioni contrastanti. Aspettò qualche minuto, il tempo di riprendersi, dopodiché uscì dal bagno, si rivestì in perfetto silenzio e fece per uscire dalla camera, con l’intenzione di non tornare mai più.
‘Te ne vai senza salutarmi?’ le parole del nipote ebbero lo stesso effetto di una scossa elettrica. La donna stava immobile col cuore che le batteva a mille. Si voltò lentamente, cercando di sorridergli. Era seduto sul letto, appoggiato all’indietro, sulle braccia. Il lenzuolo era ruzzolato giù e s’intravedevano i biondi peli che aveva leccato a profusione solo poche ore prima. Cercò di apparire innocente.
‘Io… no tesoro… io… stavo solo…’ la sua voce era più alta del normale, si stava arrampicando sugli specchi, terrorizzata da chi, senza alcuno sforzo, l’aveva incatenata a sé. Aaron la guardò calmo, con i suoi meravigliosi occhi celesti, occhi che ipnotizzavano le sue vittime e le uccidevano lentamente ma inesorabilmente.
‘Volevi filartela, zia.’ le disse, rimanendo immobile. Lei rise isterica:
‘haha! Ma che sciocchezze… no tesoro… io stavo solo…’ le sue parole assomigliavano ad un gridolino stridulo e stava per andare in iperventilazione.
‘Si?’ le chiese lui impassibile, sorridendole tranquillo. Lei balbettò per qualche altro secondo ma anche stavolta non fu capace di trovare una qualunque scusa. Abbassò lo sguardo e non disse nulla, vinta. Lui scosse la testa:
‘zia, zia, zia…’ la rimproverò come una bimba birichina ‘…te l’ho già detto ieri, non mi piacciono le bugie…’ si alzò dal letto e i suoi occhi lo rividero in tutta la sua avvenente nudità. Era un dio, non un uomo, non poteva esserlo! Era la perfezione fatta maschio, mandato sulla terra a torturarla.
‘Mi dispiace Aaron, non volevo, io…’ balbettò. Perché aveva tutto questo timore di lui? In fondo era solo un…
‘Perché volevi andartene?’ le si stava avvicinando lentamente, passo dopo passo e l’enorme camera da letto rese quel momento interminabile.
‘Aaron, io… non lo so che mi è preso ieri sera, quella persona non…’ tentava di non guardarlo, per destarsi dal suo incanto ‘…non ero io…’ ridacchiò il giovane ormai a pochi passi da lei.
‘A me sembravi tu zia…’ quel tono impertinente, quello sguardo arrogante. ‘Ci risiamo!’ pensò. Era troppo per lei, maledizione!!!
‘No… cioè… ero io ma…’ un metro ‘non ero io… era…’ mezzo metro ‘oh accidenti… voglio dire che…’.
‘sssshhhhh’ l’aveva raggiunta e le aveva premuto un dito sulle labbra.
‘Guardami.’ la tenerezza nella sua voce era incredibile e lei, lentamente ma inesorabilmente, alzò lo sguardo ‘E’ inutile mentire zia… io lo so cosa sei e lo sai anche tu…’ Lei tacque per un attimo, pietrificata da quella verità devastante. Lui le tolse il dito e le bacio la guancia, delicato come una carezza. Lei si sentì svenire. Chiuse gli occhi, la sua volontà si stava prosciugando e il suo corpo stava per cedere nuovamente. Doveva almeno provare a…
‘Aaron… io non posso…mmmmm… più lavorare qui…. mmmm devo aaahh’ il ragazzo le baciava il collo con la solita lentezza disarmante. Rise divertito alla sua frase e con la stessa amabile leggerezza:
‘Ma che sciocchezze…’ le disse fatale ‘…tu continuerai a servirmi per molto, molto tempo zia…’ inframezzava le parole con baci e carezze e la donna era disperata.
‘Aaron…’ tentò ma lui la ignorò.
‘…perché vedi il tuo bel corpo mi appartiene ora…’ le palpò il sedere con entrambe la mani ‘…me l’hai giurato, te lo ricordi?’ lo ascoltava con la bocca aperta, ipnotizzata dalla quella carezzevole nenia ‘…e io ho intenzione di giocarci molto spesso d’ora in avanti…’
‘Aaron… ti prego…’ riprovò. Stavolta lo fece ridere:
‘Hehehe! E’ da ieri sera che non fai che pregarmi e supplicarmi zia, mi piace tutta questa venerazione! Mi si addice, non trovi? Hehehe!’ ancora baci sul collo e palpeggiamenti. Come poteva vincere.
‘Aaron… che cosa ne sarà di me?’ gli chiese con un filo di voce, gettata definitivamente la spugna. Lui sorrise e le sussurrò in un orecchio:
‘Inginocchiati…’ non era più lei a controllare il suo corpo e le articolazioni delle gambe si piegarono da sole. Il suo viso strusciò sul petto poi sugli addominali e man mano che scendeva il viso di suo marito svaniva dalla sua mente. Quando raggiunse il tanto agognato pube, proprio non riusciva più a ricordarlo. L’odore maschio e pungente che emanava tornò a farle effetto, impedendole qualunque funzione cerebrale. Le venne da piangere e cominciò a singhiozzare nascondendo il viso nei suoi genitali, sentendosi stranamente al sicuro. Lui le carezzava piano i capelli per consolarla.
‘Povera, piccola zietta… ssshhhh… tranquilla, andrà tutto bene. Sarai felice qui con me, come non lo sei mai stata…’ lei continuava a respirare, di nuovo ebbra di lui.
‘Guardati, lo sei già! Non sei felice di essere in ginocchio di fronte a me, ad annusarmi il cazzo? E’ il tuo posto, quello… è dove meriti di stare…’ lo guardò con gli occhi ancora lucidi. Aveva smesso di piangere ma respirava ancora in affanno. Annuì, persa nei suoi occhi. Lui continuava a sorriderle.
‘Ma certo che lo sei!’ le disse sempre cortese ‘…tutti i tuoi sogni si sono realizzati, giusto? Cos’altro potrebbe desiderare una puttana sottomessa?’ continuavano le carezze e la gentilezza dei modi. Lei non faceva altro che annuire e scuotere la testa a comando, senza parlare, annusando il suo sesso come fosse l’unico ossigeno nella stanza.
‘Hehehe! Ci divertiremo, zia, vedrai! Sarai bravissima nel tuo lavoro. Una serva fedele e devota che ubbidisce al suo bel padrone senza discutere….’ la donna aveva cominciato a baciarlo:
‘E tu lo sarai, non è vero?’ lei annuì mentre il ragazzo le stava riprogrammando il cervello.
‘Ovvio che lo sarai. Farai qualunque cosa ti dirò e lo farai con un sorriso sulle labbra…’ continuò a baciare, ad adorare il suo padrone, con un piatto mugolato ‘…vorresti tornare a vivere senza tutto questo, zia?’ le spinse il bacino contro la faccia per qualche secondo, tagliandole il respiro. Lei scosse la testa, lui allentò la presa e tornò a carezzarla:
‘Certo che no! Come potresti?’ lasciò che lei continuasse a baciarlo ‘…come ogni brava schiava del sesso non puoi far altro che soddisfare le mie voglie, zia… giorno dopo giorno…devota… docile… rispettosa…’ fece una pausa più lunga ‘…succube…’
Il mugolare della donna era quasi una melodia senza note, persa in un mondo lontano dalla realtà, dove l’unica cosa che contava era la voce ipnotica e suadente del suo padrone.

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