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Racconti Erotici Etero

La mano

By 14 Marzo 2019Dicembre 16th, 2019No Comments

Ogni mattina la stessa storia, la metropolitana straripa di gente. Questa mattina sembra anche peggio del solito e sono riuscito a trovare un appiglio solo per miracolo… ero già pronto all’idea di dover vendere un rene!
Ma la fortuna mi ha baciato: una manopola a penzoloni tutta per me in fondo al vagone, dove non devo spostarmi ogni due secondi per dover far passare qualcuno che deve scendere.
Sono rivolto verso il finestrino, mi godo il panorama di graffiti e scritte varie delle pareti della galleria. Sono quasi appoggiato alla parete, a far spessore la borsa a tracolla che per sicurezza tengo davanti… e per l’appunto, puntuale come un orologio arriva la voce metallica che avverte i passeggeri di fare attenzione ai bagagli a mano. Eppure c’è un sacco di gente che non pensa a un minimo di sicurezza, a un minimo di… ehi, ma che diavolo!
“Oh scusa!” Fa la voce del corpo femminile che mi ha urtato da dietro.
“Niente, tranquilla…” Sono un po’ incerto, ero lì lì per risponderle male e la sua voce mi ha colto di sorpresa.
“Scusami, non… non riesco a reggermi.” Il treno si percuote vistosamente quando prende una curva e lei appoggia una mano al mio fianco per non essere sballottata e rischiare di cadere.
“Sì, oggi è un inferno. Tieniti pure senza problemi.” Le dico con gentilezza. Non so perchè ma mi ispira fiducia. La mia mano destra si alza dalla mia borsa e raggiunge la sua sul mio fianco e con naturalezza la porto sul mio ventre perchè si sorregga con più sicurezza.
La donna si appoggia contro la mia schiena e piano mi mormora un grazie. Dev’essere giovane, la voce e la mano me lo fanno pensare almeno.
Sentendola appoggiata al mio maglione mi fa capire che non dev’essere tanto alta. Tiene il braccio in alto sul mio ventre, ma intuisco che non è una posizione naturale per lei. Forse ha timore di toccare dove non dovrebbe. La cosa mi stuzzica…
Questa mattina non ho avuto tempo di sfogarmi e il mio compare torna barzotto ai pensieri che faccio. Cerco di scacciarli concentrandomi sui graffiti, ma è un tentativo vano. Per fortuna che lei si preoccupa di tenere in alto il braccio…
Il treno sobbalza all’improvviso. Il tempo rallenta: mi tengo saldo alla manopola mentre il movimento del vagone mi percuote, lei lancia un gridolino non aspettandosi quel brusco movimento e per non finire a terra istintivamente abbassa la mano con cui si tiene a me. La abbassa talmente che scivola al di sotto della cintura, nascosta dalla mia borsa, e lì si aggrappa.
“Oh!” Fa lei sorpresa.
“T-tranquilla… chissà cos’è stato.” Dico con i sudori freddi per l’imbarazzo e un po’ di dolore per l’inaspettata stretta di lei.
Si tiene ben salda al mio compare, allenta un po’ la presa ma rimane lì. “Forse una rotaia messa male?” Risponde, la sua voce ha qualcosa di diverso, un che di avvolgente.
Ma perchè non sposta la mano? Ha capito dov’è? Sono tutto rigido per l’imbarazzo della situazione. Poi mi manca il respiro, lei si è schiacciata a me facendo aderire i seni alla mia schiana. “Shh… tranquillo… voglio solo ringraziarti…” mi dice piano in mezzo al frastuono del treno.
Mentre spero che nessuno l’abbia sentita. Mentre spero che nessuno ci stia guardando. Mentre guardo fuori senza vedere niente. Sento la consistenza dei suoi seni, immagino come possa essere la sensazione di sentirli senza le vestiti che dividono la nostra pelle. La sua mano nascosta prende a muoversi, a saggiare la lunghezza e la consistenza del mio compare. E’ abile, le piace…
Tutto questo non fa che aumentare la condizione del mio compare che ormai non ha più freni ed è del tutto eretto nelle mie mutande.
Lei lo sente e sa che è merito suo. E lo vuole. Sposta la mano sulla patta dei pantaloni e con perizia abbassa la zip. I dentini della cerniera le graffiato la pelle mentre scivola dentro con la mano. Passa su tutta la lunghezza del suo oggetto del desiderio, senza i pantaloni a far da schermo può sentirlo meglio, saggiarne la consistenza stringendo piano la mano. La cosa mi manda in estasi, vorrei girarmi e farla mia, ricambiare il piacere che mi sta dando, che immagino che mi darà. Ma il luogo e la condizione in cui siamo non me lo permettono, così subisco quella piacevole tortura.
La sua mano supera l’ultima difesa e fa breccia nelle mutande. Mentre lo prende con decisione ma con delicatezza la sento sospirare. La immagino ad occhi chiusi che cerca di figurarsi in mente quello che tocca. Non so perchè mi viene in mente l’analogia di un cieco che legge il braille…
Lo stringe e si muove su e giù con lenta perizia, si gusta ogni millimetro, ogni pulsazione delle vene, dalla base alla punta e dalla punta alla base e così via. Non sento più il rumore dei passeggeri, non vedo più quello che c’è oltre il finestrino, sono totalmente concentrato su quello che succede nelle mie mutande.
Ora lo conosce a memoria, aumenta il ritmo dei suoi movimenti. La mano si stringe ogni volta che va verso l’apice e io sento un fremito lungo il corpo. La bocca si schiude leggermente e la sento di nuovo sospirare. E’ una tortura anche per lei, lo sento, vorrebbe molto di più. La sua stretta me lo dice, il suo spingersi contro di me, i suoi capezzoli induriti che si piantano sulla mia schiena. Aumenta il ritmo sempre di più e io fremo di piacere. Espiro un paio di volte contro il finestrino che si appanna e richiudo la bocca.
Lei si è goduta l’irrigidirsi della mia schiena nel momento culminante e continua a godersi la consistenza del mio compare. E’ venuto abbondantemente e di sicuro ha imbrattato tutte le sue dita. Sfila la mano delicatamente e si stacca da me.
“Sono arrivata…” mi fa e sparisce dalla porta alle mie spalle.
Mi giro per cercare di vederla, senza sapere com’è. Con lo sguardo seguo le teste delle donne che si allontanano dal binario per cercare un segno, uno sguardo, qualsiasi cosa che me la faccia identificare. Poi le porte si chiudono e il treno riparte.
Torno a guardare fuori dal finestrino. Mi tiro su la zip cercando di non farmi vedere e mi rendo finalmente conto che sto andando a lavoro e che ho le mutande bagnate di sperma. Cazzo, appena arrivato dovrò correre in bagno per toglierle e sperare che i pantaloni non si siano sporcati.
Qualcosa mi pizzica il sedere e porto la mano a grattarmi. Non è prurito, c’è qualcosa nella mia tasca. Un cartoncino rettangolare… con un numero di telefono stampato sopra…

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