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Racconti di Dominazione

Valeria

By 6 Maggio 2015Dicembre 16th, 2019No Comments

-Dannazione, dannazione, dannazione!!!- diceva tra sé e sé Valeria. La bottiglia dell’olio le era di nuovo scivolata tra le mani finendo a terra in mille pezzi. Valeria era in ginocchio a terra intenta a pulire il pavimento e a raccogliere tutti i pezzetti di vetro maledicendo la propria goffaggine. Sapeva che alla padrona tutto questo non sarebbe affatto piaciuto; si era tanto raccomandata di fare attenzione con quella bottiglia e lei, puff.., come una scema l’aveva fatta cadere. Eh, sì, la padrona non sarà affatto contenta appena lo saprà.
L’ultima volta che era successo la padrona l’aveva frustata senza pietà: le pareva ancora di sentire i morsi dello staffile sulla sua pelle. Valeria aveva pianto, aveva urlato, aveva implorato con tutta la voce che aveva in corpo la sua padrona affinché la perdonasse e non la punisse più ma non c’era stato nulla da fare. La punizione era andata avanti sino a che Valeria non aveva sentito piccole gocce di sangue rotolarle lungo le cosce; aveva poi dovuto, come di consueto, baciare le mani della sua padrona, leccare via ogni traccia di sporco dallo staffile appena usato, riporlo nella custodia e porgerlo alla padrona ringraziandola per la lezione ricevuta.
Dopo quella punizione per diverse ore era stato quasi impossibile tollerare il contatto anche solo della gonna dell’uniforme sulla pelle ferita (meno male che la padrona non le consentiva l’uso di biancheria intima); eppure sentiva che tutto questo era profondamente giusto: la padrona le aveva concesso di essere ammessa al suo servizio, la sfamava, le concedeva, se non un letto, almeno un tetto e lei era così disattenta nello svolgimento anche della più semplice della mansioni da meritare ampiamente ognuna di quelle dolorose striature che adornavano il suo posteriore.
E poi, come diceva sempre la sua padrona, “le teste dure e le mani pigre vanno lavate con abbondanti lacrime”. Sì, era proprio così, le severe punizioni amministrate dalla padrona erano necessarie per migliorare il suo comportamento.
Del resto era stato sempre così: prima di servire la padrona, Valeria lavorava come commessa in un grande negozio di scarpe. Non che le mettessero le mani addosso, ma le sfuriate del caporeparto per la sua goffaggine erano frequenti e pubbliche e poi a lei piaceva inginocchiarsi di fronte ai clienti (di entrambi i sessi) per mostrare il campionario ed eventualmente aiutarli a calzare o a sfilare scarpe e stivali.
Proprio lì aveva conosciuto colei che sarebbe divenuta la sua padrona. La Sig.ra *** era una cliente abituale e Valeria aveva subito capito che in lei c’era qualcosa di diverso da tutte le altre. Il portamento spigliato, il fare deciso, l’abbigliamento elegante e professionale e qualcosa d’altro che Valeria non riusciva a definire la attraevano come una falena al lume.
Non appena entrava in negozio (e ci entrava spesso spendendo somme considerevoli’) Valeria si affrettava a mettersi a sua completa disposizione, mostrandole l’intero campionario e offrendosi di aiutarla a provare sandali, sabot, stivali e decolté cogliendo così l’occasione di prostrasi ai piedi di quell’essere così affascinante e di sfiorarle colle dita le sue preziose estremità. Nell’oscurità del magazzino, poi, non perdeva l’occasione di leccare le suole delle scarpe dove si era posato il piede di quella donna misteriosa.
Il rapporto interpersonale era però limitato alla fredda cordialità che si poteva instaurare tra una commessa e la cliente del negozio. Era necessario portare la loro relazione su un livello’ di maggiore intimità!
Il piano era stato studiato nei minimi dettagli: era il giorno dei pre saldi e la Sig.ra *** non sarebbe certo mancata. Per tutta la mattina Valeria si era dimostrata particolarmente lenta e impacciata facendo lievitare la collera del responsabile del negozio vicino ai livelli di rottura. Non appena la Sig.ra *** si era presenta all’ingresso, si era precipitata a riceverla; l’aveva condotta alle poltrone, l’aveva fatta accomodare e le aveva portato le offerte migliori. Come al solito, la Sig.ra *** stava parlando al telefonino ma, non appena Valeria aveva cominciato a scoperchiare le scatole, aveva interrotto la comunicazione appoggiando distrattamente il cellulare sul bracciolo della poltrona. Dopo averle fatto provare alcuni modelli, Valeria aveva iniziato ad impilare le scatole per portarle via. Nell’alzarle da terra, però, con una mossa più maldestra del solito le fece rovinare addosso alla Sig.ra *** facendo cadere a terra il suo prezioso telefonino che finiva in mille pezzi.
Il trambusto e le proteste della cliente attirarono subito l’attenzione del responsabile del negozio che si precipitò immediatamente sul posto.
La sfuriata fu memorabile: ogni attività nel negozio era sospesa e gli occhi di tutti erano puntati su Valeria che, a testa bassa, balbettava le sue scuse alla cliente e al responsabile il quale, dopo averle dato della stupida e dell’imbranata, aveva assicurato alla cliente che il negozio avrebbe risarcito il costo del telefonino rotto, che la commessa sarebbe stata adeguatamente punita per quello che aveva fatto e che non avrebbe più avuto occasione di averci a che fare quando sarebbe rientrata nel negozio.
La Sig.ra, sfumata la rabbia, aveva consegnato il suo biglietto da visita con le coordinate per ricevere il rimborso del danno al responsabile e aveva lasciato di fretta il negozio senza degnare di uno sguardo Valeria, già intenta a raccogliere le scatole che aveva fatto cadere.
Quella sera Valeria, prima di staccare, era passata dal responsabile per il supplemento finale di ramanzina ma soprattutto per sbirciare quel biglietto da visita lasciato lì sulla sua scrivania.
Appena fuori, Valeria era subito corsa a casa dove, dopo un lungo bagno ristoratore, si era preparata per l’incontro più importante. Prima di uscire si era sfilata gli slip e aveva preso l’astuccio da tempo preparato allo scopo.
Giunta all’indirizzo della padrona aveva scorso con trepidazione le etichette sul citofono.
Con il cuore in gola, aveva schiacciato il pulsante sull’apparecchio ed atteso la risposta. Non appena aveva sentito la voce della Sig.ra ***, si era presentata, scusata per quanto era accaduto quella mattina e le aveva comunicato che doveva urgentemente parlarle in privato.
Dopo averla fatta entrare in casa, la Sig.ra *** l’aveva fatta accomodare su un divano. Per Valeria era una sensazione strana essere ricevuta tanto cortesemente in quella casa; avrebbe certo preferito essere apostrofata duramente dalla Sig.ra *** e prostrarsi a terra ai suoi piedi ma era solo questione di tempo’
Dopo essersi di nuovo profusa in scuse ed aver ricevuto in cambio ampie assicurazioni sul fatto che l’incidente di quella mattina fosse ormai acqua passata, Valeria aveva affrontato l’argomento che l’aveva portata lì. Dopo quello che era successo il responsabile del negozio aveva deciso di licenziarla in tronco: aveva dato la sua parola a quella cliente che l’avrebbe punita e non l’avrebbe più rivista lì e non intendeva venir meno alla promessa fatta. lei si era disperata, aveva pianto, lo aveva supplicato e lui aveva alla fine accettato di non licenziarla a patto che glielo chiedesse lei.
La Sig.ra *** si era dimostrata subito ben disposta a intercedere per evitare il licenziamento della povera ragazza ma Valeria aveva aggiunto che questo non bastava: il titolare del negozio era stufo della sua goffaggine e voleva che ricevesse comunque una punizione: l’avrebbe tenuta solo se la sua cliente, oltre a chiederlo espressamente, avesse provveduto personalmente ad infliggerle la punizione meritata.
Detto ciò Valeria aveva aperto l’astuccio che aveva con sé e ne estrasse una canna di bambù di ragguardevole diametro.
– Ecco signora, dovrebbe impartirmi almeno venti colpi con questa bacchetta. Devono essere sufficientemente forti da lasciare il segno in modo tale che il capo negozio possa poi contarli –
La Sig.ra *** era rimase interdetta quando Valeria le porse la canna ma lo fu ancora di più quando vide la ragazza inginocchiarsi sul divano dandole le spalle e sollevarsi la gonna fin sopra la schiena mostrando un bel paio di natiche completamente nude.
-La prego, signora, mi picchi con quella bacchetta; ne va del mio lavoro’ –
La Sig.ra *** si alzò dalla poltrona e, rigirandosi meccanicamente in mano quella bacchetta, si posizionò dietro a Valeria.
Il primo colpo non fu altro che una carezza e Valeria dovette ricordare alla Sig.ra *** che era necessario metterci più energia al fine di lasciare venti segni ben disegnati sulla sua pelle.
Il secondo, però, era già sufficientemente forte da strappare a Valeria un gemito, seguito subito dai ringraziamenti alla Sig.ra *** per quel colpo così ben assestato.
Con i colpi successivi la Sig.ra *** aveva preso la mano e instaurato un ritmo lento ma fortemente cadenzato.
Dopo le prime dieci frustate Valeria aveva cominciato ad agitarsi; le sue mani erano andate più volte a massaggiare le sue natiche doloranti che già mostravano i primi segni dei colpi ricevuti ma, dopo la seconda volta, la Sig.ra *** le aveva bloccato le mani sulla schiena e le aveva detto di non azzardarsi più ad interrompere la punizione. Aveva poi ripreso a frustarla con maggior vigore.
I lamenti ed i gemiti di Valeria si erano fatti più forti e frequenti anche in considerazione del fatto che si era andati ormai oltre i venti colpi che, certamente, avevano lasciato il loro segno sul suo posteriore.
Durante una pausa aveva provato ad alzarsi ma una secca frustata sulla coscia sinistra l’aveva dissuasa; la Sig.ra *** le aveva poi ordinato di non azzardarsi più a muoversi senza che le fosse ordinato.
Quando la punizione giunse finalmente al termine, la Sig.ra *** ordinò a una Valeria che ormai singhiozzava apertamente di inginocchiarsi ai suoi piedi. Le spiegò che la punizione che aveva ricevuto non era dovuta a quello che era successo quella mattina ma alle bugie che aveva raccontato. La Sig.ra *** aveva parlato nel pomeriggio con il capo negozio, lo aveva pregato di non assumere alcun provvedimento nei suoi confronti ed era stata rassicurata in tal senso. Era quindi evidente che quella storia doveva essere completamente falsa.
Se però aveva tutta quella fregola di essere punita, l’avrebbe accontentata assumendola al suo servizio come sguattera e trattandola con la dovuta durezza.
Erano ormai passati anni da quella indimenticabile serata e Valeria era rimasta sempre al servizio della Sig.ra ***; gli anni (e le punizioni) passati non avevano però curato la sua goffaggine, aveva di nuovo rotto la bottiglia dell’olio della sua padrona e, per di più, anche quella sera veniva a casa il padrone’
L’ultima volta che era successo, dopo aver ricevuto la dovuta punizione, Valeria era andata a sbirciare quello che succedeva nella camera da letto della padrona: la padrona stava a carponi sul letto mentre il padrone la penetrava analmente senza troppi riguardi. I mugolii appena soffocati dal cuscino in cui affondava il viso non erano esattamente di piacere; certo che con l’olio appositamente acquistato le cose sarebbero andate diversamente’
Questo lo sapeva anche il padrone e forse proprio per quel motivo aveva chiesto a Valeria di rompere la bottiglia dell’olio.
Tutti quegli anni al servizio della padrona e tutte quelle punizioni ricevute non avevano curato neppure la sua tendenza a dire bugie’

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