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Racconti Erotici Etero

La professoressa di italiano

By 4 Aprile 2004Dicembre 16th, 2019No Comments

La professoressa di italiano

Si presentò quando frequentavo la terza classe del liceo. Si chiamava Daniela, aveva circa 40 anni e per i
successivi tre anni sarebbe stata la mia insegnante di italiano oltre che uno dei miei più ricorrenti sogni
erotici.

La professoressa Daniela era una donna matura, autoritaria e severa. Sapeva perfettamente come gestire una classe e come mantenere l’ordine. Non si lasciava intimorire e sapeva insegnare in modo veramente esemplare. Non era sposata, viveva con la sorella.
Aveva un corpo perfetto che sapeva valorizzare con movenze sensuali.

Quando la mattina saliva le scale della scuola, cercavo sempre di starle dietro di qualche scalino in modo da poter ammirare il suo sedere e le sue gambe. Durante le gite scolastiche cercavo di starle vincono per poter percepire il suo profumo.
Aspettavo con ansia gli ultimi mesi di scuola, quando i primi caldi la convincevano ad indossare gonne o camicette un po’ più aperte del solito. Allora, intravedere da sotto la cattedra le sue cosce, o sbirciare la valle tra i suoi seni era per me fonte di incredibile eccitamento.

Ma tutte le mie fantasie, i miei sogni restarono tali. Io ero uno studentello delle superiori, lei una
insegnante matura.

I tre anni volarono. Dopo la maturità mi trasferii in un’altra città per proseguire gli studi. Quando
tornavo a casa, ogni tanto, mi capitava di incontrarla e di salutarla. Bastavano poche parole, qualche
convenevole per riportare a galla quei desideri giovanili.

Gli anni passarono. Dopo l’università tornai alla mia città natale, ma forse a causa degli orari di ufficio o degli impegni della vita non la incontrai per parecchio.

E’ una calda mattina di luglio, mentre mi dirigo verso l’ufficio postale, vedo davanti a me una donna che appoggia a terra le borse della spesa per far riposare le mani.
Indossa una gonna scura che arriva sopra al ginocchio, una camiciola chiara e porta ai piedi un paio di sandali di cuoio senza tacchi.
Mi avvicino, lei si gira.
“Buongiorno professoressa…”
“Buongiorno Carlo, tutto bene?”
Era molto che non ci incontravamo.
“Bene grazie, e lei?”
“Direi di si, a parte questo caldo…”
Guardo le due borse che ha appoggiato a terra
“Le serve aiuto con la spesa?”
“No grazie, ce la faccio benissimo…”
“Ne è sicura? L’aiuto volentieri”
Mi sorride, si massaggia le mani, poi si sposta i capelli dalla fronte sudata
“Sei sempre stato molto gentile ed educato, Carlo. Se non ti disturba accetto volentieri”
“Nessun disturbo, andiamo…”
Mentre camminiamo verso casa sua, parliamo dei miei studi, del mio lavoro, dei tempi delle scuole
superiori. Scopro che insegna ancora
“Sai, vivo sola con mia sorella, non ho fretta di ritirarmi in pensione”
Dunque la professoressa è ancora una felice “zitella”.

Arriviamo davanti al cancello della sua casa. E’ una piccola villetta bifamiliare su due piani. Lei abita al piano superiore, la sorella al piano terra.
Appoggio le borse. Sono sudato e dispiaciuto di essere già arrivato. Vorrei poter stare ancora con lei, parlarle, toccarla.
“Bene, è stato un piacere rivederla…”
“Carlo, sei stato proprio gentile, vieni su un attimo a bere qualche cosa”
Il suo è un invito di cortesia, non c’è malizia nella sua voce. Forse questo mi delude. Ancora una volta i pensieri di un tempo tornano a galla. Come sempre sono io ad illudermi, a fantasticare.
“La ringrazio, così le porto su le borse…”
Non so bene quello che sto dicendo. Non vorrei che questo momento finisse.
Lei mi fa strada, sale le due rampe di scale che portano al suo appartamento. La seguo, e come ai tempi della scuola, ammiro il suo splendido sedere. Mi sembra di tornare indietro di dieci anni.
Entriamo in casa. Andiamo in soggiorno, appoggio le borse sul tavolo.
“Preferisci una bibita, una birra, del the freddo…”
“Un bicchiere di the va benissimo, grazie”
Lei prende due bicchieri e la brocca del the e gli appoggia sul tavolino di vetro. Mi siedo alla sua
sinistra. Lei serve da bere poi si lascia sprofondare nel divano gustando il fresco del bicchiere che tiene in mano.
Io resto seduto senza appoggiare la schiena, non capisco ma sono imbarazzato. Sorseggio il the.
E’ lei a rompere questo istante di silenzio
“Per fortuna che ti ho incontrato. Sono veramente stanca. Ho le gambe e i piedi che mi fanno veramente male”.
D’istinto le guardo le caviglie. Vedo lo smalto color perla sulle unghie dei piedi. Mi sto eccitando. Non so che dire.
“Per rilassare le caviglie dovrebbe tenere i piedi un po’ sollevati… e magari ruotare a destra e a
sinistra le caviglie… sono esercizi che fanno bene anche dopo le corse…”
La mia voce è insicura, non so neppure quello che sto dicendo.
“Davvero?”
Con voce interessata, la professoressa alza la testa dal divano. Mi guarda per un istante, poi si sfila i
sandali di cuoio. Appoggia la caviglia destra sul ginocchio sinistro e comincia a far ruotare con le mani il piede destro.
Posso ammirare le sue gambe, i suoi splendidi piedi. Inizio a sudare mentre lei sembra concentrata nel movimento.
“In effetti va meglio. Davvero buono questo esercizio per le caviglie. Ne conosci uno anche per le piante dei piedi?”
Sento che sto arrossendo. La sua voce è ancora seria, sicura. Forse lei sta vivendo questo momento in modo del tutto naturale, mentre per me è molto eccitante.
“Bhe, bisognerebbe fare un massaggio…”
Ingoio a fatica la saliva che mi si è fermata in bocca.
“Se vuole posso farglielo volentieri…”
Daniela mi guarda perplessa. C’è un momento di silenzio. Ecco, lo sapevo, ho rovinato tutto (tutto cosa poi non so).
“Nessuno mai mi ha massaggiato i piedi… dici che è rilassante?”
“Direi proprio di si”
“Sei proprio gentile. Se non ti infastidisce…”
Mi sorride. Si gira verso di me e alza la gamba verso il mio grembo, con le mani si sistema la gonna.
Appoggio il bicchiere di the. Ho le mani ancora fredde per il contatto con il bicchiere. Prendo
delicatamente la caviglia della professoressa ed inizio a massaggiarle la pianta del piede con i pollici.
E’ la prima volta che faccio un massaggio ai piedi, non ho idea di cosa dovrei fare.
Serenamente lei inizia a parlare della scuola, degli altri insegnanti. Mi chiede notizie dei vecchi compagni di classe. Io sono concentrato sui suoi piedi, avrei voglia di baciarli, di accarezzarle le caviglie e poi di salire su, lungo le cosce.
“Sei molto bravo sai Carlo…”
Il tono della sua voce è più caldo, più rilassato.
Le massaggio le caviglie, cerco di salire piano piano lungo i polpacci.
“Questo massaggio è veramente rilassante. Non avrei mai immaginato che un mio ex studente mi avrebbe un giorno fatto un massaggiato…”
Si rilassa completamente. Dalla camicetta intravedo che i capezzoli si stanno inturgidendo.
Sono eccitatissimo. Ho ormai un’erezione completa che a stento cerco di nascondere tra le pieghe dei pantaloni. Comincio a pensare di non essere l’unico a godere di questo momento.
“Ti dispiacerebbe massaggiarmi anche l’altro piede?”
Non rispondo. Lascio la gamba che le stavo massaggiando sul mio ginocchio e con delicatezza le alzo l’altra e inizio a massaggiare il piede.
Con un movimento lento lei sposta la gamba che tenevo sul mio ginocchio verso il mio inguine. Con la punta del piede tocca il mio membro attraverso il pantalone.
Mi fermo, ci guardiamo. Lei continua ad accarezzarmi l’uccello. Alzo il piede che sto massaggiando e comincio a baciarlo.
I movimenti si fanno più veloci.
Mi infilo tra le sue gambe e lentamente inizio ad accarezzarle a baciarle le caviglie e poi le cosce. Salgo verso i fianchi, le sfioro i capezzoli e le accarezzo il viso.
Anche lei mi accarezza il viso, mi avvicino. Le nostre labbra si sfiorano. Cominciamo a darci piccoli baci,
poi sempre più passionali. Mi spinge sul divano. E’ sopra di me e mi guarda.
Si sfila la camicetta e il reggiseno. I suoi seni non sono più sodi come quelli di una ventenne ma sono ancora splendidi; i suoi capezzoli eretti sembrano vibrare appena li sfioro.
Si toglie anche la gonna e le mutandine.
La professoressa di italiano è nuda sopra di me. Il sogno erotico di tanti anni è qui di fronte a me e solo per me. E questa volta non è un sogno.
Mi sfila la maglietta, le scarpe, i pantaloni e i boxer, poi mi accarezza il petto sudato, scende verso
l’inguine e comincia a masturbarmi lentamente. Si accorge che sto per venire, si ferma.
Mi alzo, non voglio concludere subito. La bacio, le nostre lingue danzano, si toccano, si sfiorano. Le
mordo i capezzoli, le bacio l’addome e l’ombelico, poi mi infilo tra le sue cosce. Eccolo lì, il sogno proibito che ha accompagnato le mie seghe giovanili.
Le bacio l’interno delle cosce, mi avvicino all’inguine, le apro le grandi labbra e comincio a nutrirmi di quel frutto meraviglioso. Muovo la lingua in quel caldo velluto, circondo il clitoride, lo sfioro, lo
accarezzo.
Lei ansima, si contrae, sta per venire… no, è troppo presto.
“Continua, non smettere adesso…”
E invece io mi fermo, salgo le bacio i seni. Le sono sopra.
E’ lei che afferra il mio membro e se lo infila nella figa. Entro senza nessuna resistenza. Comicia la
danza.
“Continua, si, sii, non ti fermare…”
Le pareti della sua vagina cominciano a mungere il mio cazzo non resisto più. E’ tutto un vibrare. Godo. Gode. Veniamo in un orgasmo infinito. I nostri umori, i nostri odori, i nostri sessi si mescolano.
No, no voglio uscire, voglio restare dentro lei. La bacio.
Sorridendo mi dice: “Questo massaggio è stato veramente rilassante.”
“Non sai da quanti anni è che desideravo questo momento, quante volte ti ho sognata e desiderata…”
E’ la prima volta che dò del tu alla professoressa di italiano.
“Davvero? Non pensavo che un ragazzo potesse desiderare una vecchietta come me?”
“Vecchietta? Tu sei stupenda. Niente a che vedere con quelle ochette che puoi trovare in discoteca o nei bar. Tu sei una donna. Una meravigliosa donna”
Mi bacia teneramente. Rispondo a quei baci.
Ci alziamo, siamo sudati e andiamo in bagno per farci una doccia.
Mi siedo sul water e la guardo mentre si fa la doccia, mentre si insapona. La guardo con occhi diversi. E’ strano poter guardare un sogno.
“Dai non guardarmi così che mi vergogno!”
Le sorrido e entro anch’io nel box doccia. L’acqua è fredda. L’abbraccio da dietro, le accarezzo i seni, poi il pube, la bacio sul collo.
Lei abbassa la testa. Le gocce d’acqua sul suo viso sembrano lacrime.
“Questa mattina mi mancherà”. E’ triste.
“Daniela, questa mattina non ti mancherà perché ci saranno altre mattine e altri pomeriggi e altre
notti…”
“Tu sei giovane, è stata un’avventura, forse uno sbaglio. Potrei essere tua madre!”
La giro verso di me, le accarezzo il viso e la bacio.
“Non ti libererai tanto facilmente di noi…”
“Di noi?”
E indicando con lo sguardo il mio membro di nuovo in erezione, le rispondo in tono allegro:”Sì, di me e di lui”.
Ride, la tristezza del suo viso scompare. Ho ancora voglia di lei.

Ci asciughiamo. Lei si infila un accappatoio, io mi copro con un asciugamani legato ai fianchi. Andiamo in cucina.
“Ti va di fermarti qui a mangiare”
“Sinceramente non avevo intenzione di andarmene”
Sorride.
“Ho dell’insalata di riso, ti va?”
“Perfetto”
La blocco mentre inizia a preparare la tavola.
“Non serve che prepari… basta un piatto e una forchetta”
“Che dici Carlo?”
Riempio un piatto di insalata di riso. Mi tolgo l’asciugamano che ho legato ai fianchi. Mi siedo su una sedia, le apro l’accappatoio e la faccio sedere sulle mie gambe.
Mi sorride. Mi da un bacio. Si tira verso di me. Il mio fallo è nuovamente nella sua vagina.
Prendo il piatto di riso e comincio ad imboccarla. Una forchettata a lei e una a me, una a lei e una a me.
Mentre mangia comincia a dondolare delicatamente: è meravigliosa.
Metto in bocca un po’ di riso. Mi avvicino alla sua bocca e glielo passo. Mangia del mio riso e lecca la mia lingua.
Siamo veramente un unico corpo.
Ci stringiamo di più. Appoggio il piatto e cominciamo a baciarci. Le nostre lingue si cercano. Lei aumenta il ritmo della sua danza.
Le tocco i capezzoli, li stringo, poi passo alle sue meravigliose chiappe, le accarezzo, le allargo. Cerco il buchetto. Avvicino il dito alla sua figa che stilla miele. Ungo quel buchetto solo. Piano piano il dito entra.
Le si irrigidisce un attimo, ma solo per un istante e intanto continua a cavalcare, col ritmo che vuole con la forza che vuole.
Sta accelerando, vuole venire e viene. Esplode in una serie di orgasmi senza fine. Ho i peli del pube pieni delle sue secrezioni.
E’ senza fiato. La faccio scendere da me, la giro, le appoggio la mia cappella, rossa e unta al buco del culo.
“No, mi fa male!”
Ma non è vero, è ancora eccitata…
“Si, fai piano… piano… ancora si, di piùùù”
Spingo. Sono dentro. Sono nel suo bellissimo culo. Comincio a pompare. E’ una sensazione incredibile, quando il mio ventre si appoggia alle sue natiche provo un piacere infinito.
Aumento il ritmo, ormai è rilassata e io vengo, un fiotto di crema inonda l’intestino della mia bella
professoressa.
Siamo tutti sudati.
“Non mi lasciare più”
Non le rispondo. Ci sdraiamo sul divano e la bacio delicatamente sulla bocca.

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