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Racconti Erotici Etero

La ragazza del bus

By 21 Maggio 2006Dicembre 16th, 2019No Comments

La ragazza del bus

Da quando ho traslocato, per recarmi al lavoro prendo tutti i giorni il bus delle 06:45. Malgrado l’orario mattiniero c’&egrave un discreto numero di persone sul bus, la maggior parte sono studenti che si recano in stazione a prendere il treno per la città vicina dove frequentano le scuole superiori. Poi c’&egrave una ragazza che mi ha colpito fin dal primo giorno che l’ho vista. Doveva avere tra i 23 e i 25 anni, ma non era una studente, o per lo meno mi ero fatto questa idea, lo si intuiva dal modo di vestire e di atteggiarsi più maturo. Era alta circa 1.75 ‘ 1.80, magra, capelli neri lunghi fino quasi a metà schiena e occhi marroni; i seni non molto grandi e un bel culetto. Non sapevo niente di lei, ne il nome, ne da dove venisse ne dove andasse (infatti saliva prima di me sul bus e scendeva dopo’).
Tutte le mattine la osservavo, cercando di non farmi notare, ma ero troppo timido per trovare il coraggio di avvicinarmi a lei e dirle qualsiasi cosa.
Arrivata l’estate, con la chiusura delle scuole sul bus non eravamo mai più di 4-5 persone; c’era anche lei, ebbi così la prova che non era studente.
Un mattino salendo sul bus, notai che c’era soltanto lei (oltre all’autista naturalmente), mi dissi che dovevo sfruttare l’occasione per avvicinarla. Andai a sedermi vicino a lei, non disse niente, ma mi guardò con uno sguardo stupito, come se volesse chiedermi il motivo per cui mi sono seduto proprio li, con tutto il bus libero. Indossava una gonna blu che le arrivava fino poco sopra le ginocchia e una camicetta gialla, aperta fino all’attaccatura dei seni, lasciando intravedere il bordo del reggiseno. Ero un po’ indeciso sul da farsi, potevo attaccare discorso, ma avremmo chiacchierato una decina di minuti e poi più niente. Decisi quindi di passare ‘all’azione” le appoggiai una mano sul ginocchio scoperto, mi guardò con uno sguardo ancora più stupito del precedente, cercava di capire le mie intenzioni. Da parte mia mi rendevo conto che stavo rischiando, avrebbe potuto urlare, allarmare l’autista, oppure tirarmi uno schiaffone’ ma fortunatamente non andò così’ Tenni la mano sul suo ginocchio per alcuni attimi, finché la vidi un po’ meno tesa, quindi piano piano infilai la mano sotto la sua gonna, esplorando dolcemente le sue gambe. Sentii un brivido percorrere il suo corpo, era un brivido misto di piacere e di paura’ strinse le gambe bloccando la mia mano nel mezzo. Restammo in quella posizione per qualche attimo, finché le sue gambe si allargarono leggermente, allentando la presa. Continuai così a percorrerle le gambe con la mia mano, verso l’interno delle cosce, fino a raggiungere gli slip. Percorsi con un dito il bordo degli slip, poi misi la mano sopra la sua passera, emise un respiro più profondo. Mi accorsi che gli slip erano già umidi, ma proprio sul più bello salirono altre persone sul bus, ritrassi in fretta la mano per non farmi notare.
Prima di scendere dal bus, estrassi dal portamonete un mio biglietto da visita e glielo porsi, sussurrandole all’orecchio ‘se vuoi continuare quello che abbiamo dovuto interrompere, chiamami’. Mi seccava un po’ averle dato il biglietto da visita, aveva così parecchie informazioni su di me, mentre io continuavo a non sapere nulla di lei; avrei preferito scriverle solo il numero di cellulare, ma in quel momento non avevo ne un foglio ne una penna’
I giorni seguenti non la vidi più sul bus, ogni volta che suonava il telefono speravo che fosse lei, ma invano. Avevo ormai perso la speranza di rivederlo o risentirla’ invece una decina di giorni dopo, un venerdì nel tardo pomeriggio, ero appena rincasato dal lavoro, quando suonò il telefono. Risposi come d’abitudine con un ‘Pronto!’, dall’altra parte una voce femminile che non riconobbi (in effetti penso che non avevo mai sentito la sua voce), disse: ‘Ciao Marco!’, risposi ‘Ciao! Chi sei?’ mi disse ‘Sono la ragazza del bus’ vorrei continuare quello che abbiamo dovuto interrompere sul bus’, avrei voluto farle mille domande, come si chiamasse, perché non aveva più preso quel bus,’ ma decisi di aspettare quando avrei potuto parlarle di persona. Le dissi, ‘sai dove abito, puoi venire quando vuoi” mi chiese se quella sera sarei rimasto a casa, risposi affermativamente. Concluse la telefonata dicendomi ‘Allora probabilmente ci vediamo, ciao’. Quel ‘probabilmente’ mi lasciava qualche perplessità, ma ero convinto che sarebbe andato tutto per il verso giusto.
Erano passate le 22, quando avevo ormai perso un’altra volta la speranza di vederla, quando invece suonò il campanello. Aprii la porta, fuori c’era lei con un’altra ragazza. Mi disse: ‘Ciao Marco, fa niente se ho portato un’amica?’; risposi affermativamente e le invitai ad entrare. Ci presentammo, lei si chiamava Lisa e la sua amica Marta. Lisa indossava una mini nera e una maglietta gialla, che lasciava intravedere il reggiseno nero. Marta era alta circa 1.60, non magrissima, capelli biondi raccolti a coda di cavallo, occhi marroni, i seni abbondanti, ma non esagerati. Indossava jeans blu e una camicetta nera.
Lisa mi disse: ‘Beh’ che intenzioni hai?’; risposi che innanzitutto mi avrebbe fatto piacere conoscerle un po’ meglio. Le feci accomodare sul divano e offrii da bere, Lisa ed io prendemmo una birra, Marta un whisky; pensavo che se fossimo stati un po’ brilli, tutto sarebbe stato più facile.
Lisa mi disse di avere 23 anni, lavorava in banca e abitava non molto lontano da me; Marta invece aveva 25 anni ed era infermiera.
Lisa mi confessò di non avere più preso quel bus perché aveva quasi paura di incontrarmi e non sapeva come comportarsi, ma la voglia ha superato la paura, così si &egrave decisa a chiamarmi.
Decisi di passare a cose più concrete’ le invitai a seguirmi in camera mia, erano un po’ titubanti ma mi seguirono’
Mi occupai dapprima di Lisa (in fondo era lei il mio ‘obiettivo”), le infilai le mani sotto la maglietta, sfiorandole il ventre. Sentii venirle la pelle d’oca, non sapevo se il brivido era dovuto al piacere, alla paura o al solletico che forse le facevo, ma poco importava’ salii con le mani alzandole la maglietta, fino a scoprire il reggiseno. Ne percorsi il bordo con le dita, poi le strinsi i seni con le mani. La cinsi con le braccia, andando a cercare il laccio del reggiseno, ma lei disse con tono deciso: ‘No, fermo!’ e allontanò da se le mie braccia; era tesa e nervosa, quasi impaurita. Mi domandavo se per caso fosse la sua prima volta, ma pensai che non era il momento per chiederglielo; le dissi: ‘Non aver paura, non voglio farti del male’. Ci fu un attimo di silenzio.
Intervenne Marta, che era più disinibita, dicendomi: ‘Dai Marco, facciamole vedere come si fa’. Non me lo feci ripetere due volte e mi dedicai subito all’amica di Lisa. Le slacciai la camicetta, lasciandola scivolare a terra, lei mi slacciò i jeans, scoprendo i slip con un rigonfiamento dovuto al mio pene già eretto. Le tolsi i jeans e mi tolsi la maglietta, poi la invitai ad accomodarsi sul letto. Mi sdraiai vicino a lei e ci scambiammo un lungo bacio che si perse in un intreccio di lingue. Intanto Lisa ci guardava, il suo sguardo era un misto di stupore e di curiosità’ Tolsi il reggiseno e gli slip a Marta, che restò completamente nuda. Percorsi il suo corpo da cima a fondo, con le mani e con la lingua. Le presi in bocca un seno poi l’altro, mordicchiandole leggermente i capezzoli, sentii che si inturgidivano fino a diventare ritti come sassi. Nel frattempo con una mano le stuzzicavo la figa rasata, dalla quale uscivano i primi umori, la penetrai con due dita e le stuzzicai il clitoride, portandola vicino all’orgasmo, ma mi fermai prima, prolungando l’attesa. Mi disse: ‘Fammi venire!’. Mi tolsi gli slip e mi misi a cavalcioni sopra di lei, penetrandola con un colpo deciso fino in fondo. Urlò, era un grido misto di dolore e di piacere. Mentre mi muovevo sapientemente dentro il suo corpo, la baciai e con le mani giocavo con i suoi seni. Durò quasi cinque minuti, finché quasi contemporaneamente raggiungemmo un copioso orgasmo. Uscii dal suo corpo, raccolsi il suo liquido con una mano e glielo portai alla bocca, facendoglielo assaporare; mi baciò condividendo il sapore del suo liquido.
Marta mi spompinò con una mano, facendomelo tornare eretto; pensai che volesse continuare, invece rivolgendosi a Lisa disse: ‘Guarda come &egrave eretto, ha ancora voglia, ora tocca a te’. Lisa non fece nessun movimento, Marta allora scese dal letto e mi disse: ‘&egrave inesperta, ha bisogno del nostro aiuto’. Scesi anch’io dal letto e con la collaborazione di Marta, iniziai a spogliarla, le tolsi la maglietta poi slacciai la zip della mini e in un colpo solo le abbassai la mini e gli slip, mentre Marta le aveva tolto il reggiseno. Finalmente vidi Lisa nuda, era bellissima, anche se la vedevo ancora tesa, contratta. La invitai a stendersi sul letto, ma rispose: ‘No, non voglio’. Iniziavo ad essere un po’ contrariato, allora la alzai di peso per metterla sul letto, ma mentre era tra le mie braccia iniziò a dimenarsi e prendermi a pugni. Le dissi con tono deciso: ‘Se non volevi farlo dovevi pensarci prima, adesso &egrave troppo tardi, che tu voglia o no ti scoperò’. La stesi sul letto, salendole poi sopra a cavalcioni cercando con difficoltà di limitare i suoi movimenti. Mi chinai verso la sua bocca per baciarla, ma come risposta mi ritrovai le sue unghie infilzate nella schiena fino a sanguinare. Le dissi: ‘Sei stata cattiva, adesso dovrò punirti!’. Indicai a Marta un cassetto, chiedendole di porgermi le corde che si trovavano al suo interno. Lisa con voce soffocata mi disse: ‘Ti prego non farlo” mentre Marta mi chiese: ‘Sei proprio sicuro di volerlo fare? Potresti farle male’. Annuii.
Non senza fatica riuscii a bloccare le braccia di Lisa e con l’aiuto di Marta le legammo assieme, sopra la testa. Poi sempre con la collaborazione di Marta, le legammo le gambe allargate in fondo al letto. Lisa piangeva a dirotto. Marta le si avvicinò e le sussurrò: ‘Stai tranquilla, non ti faremo del male’ e si scambiarono un lungo bacio saffico. Io nel frattempo mi occupai dei suoi piccoli seni, strofinandole i capezzoli fino a sentirli turgidi, Lisa intanto cominciava a gemere di piacere. Lasciai il posto a Marta, che le prese in bocca prima un seno, poi l’altro. Io invece mi portai infondo al letto e dai piedi risalii le sue lunghe gambe con le mani e con la lingua. Avvicinandomi alla sua figa, dissi a Marta: ‘Cosa ne pensi se la depilassimo?’ Marta girò la domanda a Lisa, la quale disse: ‘Basta che non mi fate male”. Andai in bagno, presi il necessario e lo porsi a Marta, che era sicuramente più esperta di me’ infatti fece un ottimo lavoro. Mentre andavo a riporre gli arnesi utilizzati da Marta, la stessa iniziò a stuzzicare la figa di Lisa, penetrandola con le dita e stringendo il clitoride; Lisa gemeva di piacere, forse ancora misto a paura. Feci cenno a Marta di lasciarmi il posto, era tempo di scoparle Lisa. Le grandi labbra erano già allargate a causa della posizione in cui era costretta Lisa. Ciò mi facilitò inizialmente il compito, ma subito mi accorsi che il suo buchino era stretto, malgrado il mio membro non fosse enorme. Ma stantufando un poco alla volta, riuscii ad arrivarle in fondo, tra le sue grida di dolore e di piacere. Quando fui dentro dissi a Lisa: ‘Se prometti di non fare stupidate ti slego, così potremo godere di più entrambi’. Fece cenno di si con la testa, allora dissi a Marta di slegarla.
Sollevai Lisa (che era ormai diventata consenziente) dal letto portando il suo busto contro il mio. Le infilai la lingua in bocca, scambiandoci un lungo bacio, nel frattempo con le mani le carezzavo la schiena, scendendo fino al sedere e quando le sollecitai l’ano con un dito emise un gridolino. Il suo buchino si era ormai adattato alle dimensioni del mio membro, iniziai a stantufarla con vigore e non ci volle molto prima che contorcendosi venne in un primo orgasmo, poi quando venne una seconda volta, quasi contemporaneamente venni anch’io, ma non eravamo soddisfatti’ fu una scopata memorabile, continuammo per oltre venti minuti, provando in diverse posizioni e perdendo il conto dei reciproci orgasmi, finché entrambi non fummo esausti e rimanendo abbracciati ci sdraiammo sul letto.
Marta, della quale entrambi ci eravamo quasi dimenticati, si disse gelosa delle attenzioni che ho riservato maggiormente a Lisa. Le risposi che per la serata ero esausto, ma che entrambe avrebbero potuto tornare quando volevano.
Non appena anche Lisa si fu ripresa, prendemmo tutti e tre una doccia rigenerante (fortunatamente ho una doccia molto spaziosa’).
A conclusione della serata, salutai entrambe le ragazze con un bacio sulla bocca e rinnovando loro l’invito a ritornare quando volevano. Ma queste saranno altre storie’ Come tutti i giorni prendo il bus verso le 17.45, proprio all’orario di punta del rientro a casa dal lavoro. Di posti a sedere nemmeno l’ombra, riesco ad avvicinarmi alla parete, che mi conferisce un minimo di stabilità. Solitamente nella ressa generale non faccio mai tanto caso alle persone, uno sguardo per vedere se per caso ci sono facce conosciute, ma nient’altro. Ma quel giorno proprio davanti a me c’era una ragazza che non potevo non vedere. Era proprio in piedi davanti a me, mi dava la schiena. Doveva essere alta meno di 1,60, stava praticamente in punta di piedi e riusciva con la punta delle dita ad afferrare una maniglia che pendeva dal soffitto del bus. In quella posizione i jeans si erano leggermente abbassati, lasciando scoperta la stringa rosa del perizoma e il top bianco che normalmente avrebbe scoperto solo l’ombelico, le arrivava appena sotto i seni. In fondo alla schiena, poco sopra il sedere, aveva un tatuaggio tribale, il che la rendeva ancora più sensuale. L’avevo vista in faccia solo pochi secondi, salendo sul bus, sufficienti per stimare un’età di un paio d’anni inferiore alla mia (ne ho 30); aveva i capelli biondi lunghi fino sotto le spalle, mentre non ero riuscito a notare il colore degli occhi.
Volevo fare il gentiluomo e offrirle di cambiare posto, in fondo io avrei raggiunto più facilmente la maniglia, ma la scena era divertente e allo stesso tempo sensuale (ho sempre avuto un debole per le ragazze piccole di statura), perciò decisi di non dire niente e continuare a godermi la scena.
Finché un automobilista sprovveduto non ebbe la ‘fantastica’ idea di bruciare uno stop. Brusca frenata del bus, scene di panico, gente caduta, bambini che piangevano, oggetti volati ovunque. Anche lei era caduta, d’altronde era logico, vista la posizione in cui si trovava. Cadde proprio addosso a me, riuscii ad afferrarla prima che ruzzolasse completamente a terra; involontariamente nel tentativo di afferrarla le sollevai quasi completamente il top e le mie mani andarono a sfiorare i seni rimasti scoperti (infatti non portava il reggiseno). L’aiutai a rialzarsi, si ricompose mi ringraziò, io mi scusai per l’inconveniente occorso, mi disse che non era grave e che se non ci fossi stato io avrebbe potuto battere la testa e avere conseguenze ben peggiori. Approfittammo per presentarci, si chiamava Chiara e aveva 28 anni. Vidi che zoppicava, le chiese se avesse qualche problema, mi disse che le doleva una caviglia, forse si era slogata nella caduta. Mi offrii di aiutarla, le chiesi se voleva essere accompagnata al pronto soccorso o se volesse avvertire qualcuno. Mi disse che si sarebbe arrangiata, preferiva rientrare a casa (abitava a poche decine di metri dalla fermata del bus) e che non c’era nessuno da avvertire, in quanto i suoi genitori si trovavano all’estero e non voleva impensierirli inutilmente. Insistendo un po’ riuscii ad ottenere di accompagnarla a casa sua, le dissi che avevo seguito qualche corso di soccorritore e avrei potuto dare un’occhiata alla caviglia.
Arrivati a casa sua, la feci stendere sul divano, le tolsi le scarpe, volli sollevarle il jeans per osservare la caviglia, ma l’impresa si rivelò difficile, in quanto erano attillati. Proposi di accompagnarla in camera e lasciarla sola il tempo di cambiarsi con dei pantaloni corti, con mia grande sorpresa invece, rimanendo sdraiata sul divano, si slacciò i jeans e mi disse di aiutarla a levarli. Non me lo feci ripetere due volte’ glieli sfilai e rimase solo con il perizoma rosa. In quel momento il mio sguardo e il mio cervello erano più attratti dalla zona vaginale che dalla caviglia, ma le avevo promesso di occuparmi della sua caviglia, che in effetti era piuttosto gonfia’ Mi feci indicare la cucina e andai a prendere del ghiaccio dal freezer, lo avvolsi in un asciugamano e lo tenni stretto sulla caviglia per 10 minuti abbondanti. Dopo alcuni minuti vidi venire la pelle d’oca sulle sue gambe, a causa del freddo, decisi che era tempo di occuparsi non più solo della caviglia. Con la mano libera le carezzai dolcemente le gambe, partendo da sopra la caviglia, fino alla coscia; la pelle d’oca aumentava e i seni si rizzavano. Non volevo rovinare tutto, decisi che era ancora presto per portare le mie mani sulle parti intime, continuai così a dedicarmi alle sue gambe.
Tolsi il ghiaccio dalla caviglia che ora era un po’ meno gonfia e mi feci indicare dove trovare il necessario per fasciarla. Tornai con tutto l’occorrente e dopo averle spalmato una pomata, la bendai stretta. Le dissi che avevo fatto del mio meglio, ma le consigliavo comunque di vedere un medico il giorno successivo.
Mi ringraziò e mi chiese cos’altro sapessi fare oltre al soccorritore. Avevo capito che ci stava, però non volevo forzare la mano, risposi che avevo fatto un corso di massaggiatore; prima ancora che le potessi chiedere se voleva provare, si era già girata a schiena in su e mi disse ‘Allora cosa aspetti?’.
Le chiesi di levarsi il top, eseguì senza fare storie, rimase con indosso solo il perizoma rosa. Le scostai i capelli e iniziai a massaggiarle la nuca e la zona delle spalle, finché la sentii più sciolta, più rilassata. Scesi a massaggiarle la schiena, dall’alto verso il basso, quando incontrai il suo tatuaggio, ne percorsi il contorno con le dita, mi chiese ‘Ti piace?’, le risposi che lo trovavo sensuale. Scesi ancora fino al suo bel culetto, presi le natiche tra le mani, scostai la stringa del perizoma e penetrai leggermente il suo ano con un dito. Ebbe un sussulto accompagnato da un gridolino, ma non disse nulla e mi lasciò fare. Continuai a massaggiarla, percorrendo le sue gambe fino in fondo, facendo attenzione ad evitare la caviglia infortunata. Le ordinai di girarsi a pancia in su’ le mie mani risalirono il suo corpo con un massaggio sensuale, soffermandosi in particolare sulla sua ‘patatina’ e attorno ai seni, fino ad arrivare alle spalle.
Si vedeva che entrambi avevamo voglia, lei incominciava a bagnarsi ed il rigonfiamento nei miei pantaloni non era indifferente.
Interruppi il massaggio e mi tolsi i pantaloni e la maglietta restando solo con gli slip. Mi chinai su di lei a cercare la sua bocca, lei non si tirò indietro, anzi tutt’altro, le nostre lingue si cercarono, si sfiorarono fino a intrecciarsi in un lungo bacio amoroso. Mi staccai dalla sua bocca e mi dedicai ai seni, non grandissimi ma belli sodi’ li presi in bocca, prima uno poi l’altro, mordicchiando leggermente i capezzoli che sentivo irrigidirsi.
Mi accorsi che nei pressi del divano erano rimasti alcuni cubetti di ghiaccio e ebbi l’idea di farci qualche ‘giochetto” Ne presi uno tra le dita e percorsi ripetutamente il contorno delle sue labbra, lei cercava di impadronirsene con la lingua, ma glielo impedivo, qualche goccia d’acqua colava lungo le sue guance e il suo collo’ questo gioco eccitava visibilmente entrambi; poi presi il cubetto tra i denti e lo avvicinai alla sua bocca, lasciandoglielo toccare soltanto con la punta della lingua, e poi mi allontanavo qualche millimetro, in modo che non riuscisse a raggiungerlo’ continuai finché il cubetto non fu troppo piccolo.
Presi un secondo cubetto, percorsi il contorno dei suoi seni, facendoli irrigidire ulteriormente a causa dei brividi di freddo; mi disse che erano duri al punto da farle male. Poi scesi, lasciando una striscia d’acqua lungo tutto il suo ventre, fino ad arrivare vicino alla passera già bagnata. La esplorai dapprima con due dita, poi vi infilai il cubetto di ghiaccio che si sciolse rapidamente, facendole emettere un grido a causa del freddo e l’acqua si mescolava ai suoi umori. Infilai allora altri due cubetti, facendola godere assai e portandola vicino all’orgasmo’
Capii che era il momento di sostituire il mio membro al ghiaccio, mi abbassai gli slip e mi misi a cavalcioni sopra di lei. Mi fermò, mi disse che era prossima ai giorni del suo ciclo e per precauzione voleva che mettessi il preservativo. Purtroppo non ne avevamo, ma non volevo perdere l’occasione, forse non l’avrei più rivista, allora le promisi che sarei stato molto attento a non venirle dentro. Un po’ titubante mi fece cenno con la testa di procedere’ Entrai piano, lei era già vicino all’orgasmo a causa delle precedenti penetrazioni dei cubetti di ghiaccio, perciò venne appena fui completamente dentro. Iniziai a stantufarla piano, per non venire troppo in fretta, con le mani le stuzzicavo i seni, alternando dolci massaggi a forti strizzate, quasi volessi mungerla’ Fu ancora lei a venire in un secondo orgasmo, più squassante del primo, le vidi contorcersi il ventre e emettere grida di piacere. Subito dopo mi accorsi che stavo per venire anch’io, avevo una promessa da mantenere, quindi estrassi rapidamente il mio membro e schizzai sul suo ventre e sui suoi seni. Con una mano raccolse il più possibile del mio liquido portandolo alla bocca per assaporarlo.
Lei era visibilmente esausta, a causa dei due orgasmi e probabilmente anche a causa della caviglia, perciò anche se avevo ancora voglia di lei, non insistetti per continuare’ restando a cavalcioni sopra di lei, mi chinai verso la sua bocca e ci scambiammo un lungo bacio.
Ci alzammo, lei si accorse che non riusciva ad appoggiare il piede infortunato, mi chiese quindi di aiutarla a fare la doccia. Presi un sacchetto di plastica per proteggere la fasciatura e la condussi verso il bagno. Vidi che aveva una doccia sufficientemente grande per starci in due. Presi uno sgabello, di modo che lei potesse rimanere seduta sotto la doccia, mi indicò una cuffia, non voleva bagnare i capelli.
Sotto la doccia ci insaponammo e ci lavammo vicendevolmente, stuzzicando soprattutto le parti intime. Usciti dalla doccia, l’aiutai ad asciugarsi, rivestirsi ed accomodarsi sul divano del salotto.
Mi ringraziò ampiamente sia per l’aiuto pratico, sia per la prestazione sessuale e mi disse che con la caviglia se la sarebbe cavata da sola. Le chiesi se avremmo potuto rivederci (ovviamente non per la caviglia’); mi rivelò che era fidanzata, ma vedeva poco il suo amore perché vive in un’altra città, perciò si concede talvolta qualche avventura sessuale, ma voleva che rimanessero delle avventure e che non diventassero delle relazioni durature’ capii che molto probabilmente non l’avrei più rivista’

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