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Racconti Erotici Etero

La ragazza di campagna

By 27 Maggio 2014Dicembre 16th, 2019No Comments

Sicilia, estate del ’97.

Finita la scuola mi ritrovai con poca voglia di andare a mare e tanto tempo da non saper cosa fare, così a 19 anni decisi di riprendere il lavoro in campagna, ne avevo una abbandonata da molto tempo ormai e decisi che era ora di fare qualcosa.

Armato degli attrezzi del mestiere cominciai a rassodare i terreni, eliminare tutto ciò che avrebbe creato confusione e piantare piccole piantine di frutti ed ortaggi vari.

Il nuovo lavoro mi aveva ormai preso, ci andavo ogni giorno e sempre con grande voglia.

Dopo alcune settimane di duro lavoro, mentre raccoglievo alcuni frutti da vecchi alberi vidi una figura che avanzava verso di me, mi affacciai per guardare meglio e vidi una ragazza che si muoveva causando un gran rumore a causa delle foglie secche sul terreno.

“Ciao” mi disse

“Ciao” risposi

 

La ragazzina aveva una magliettina bianca con un bel davanzale ed un paio di pantaloncini fucsia, altezza normale, capelli castano chiari ed una bella carnagione scura.

 

“La mia campagna è questa qui affianco”

“Ah…non lo sapevo, io quando mi metto a lavorare mi concentro anche troppo”

“E lo so, ti vedo ormai da qualche giorno”

 

Hai capito.

“Come ti chiami?” Le chiedo

“Antonella, tu?”

“Francesco”

“Allora Francesco che fai ogni giorno qua da solo?”

“Pianto qualcosa per l’inverno, vediamo di recuperare questa campagna, tu?”

“Sono qui con mio padre, ora ho detto che andavo a raccogliere qualcosa e sono venuta da te”

Le sue belle tettone cominciarono a richiamare la mia attenzione.

Si avvicinò e mi chiese:

“Sei fidanzato?”

Lo ero, ma risposi di no.

“Neanche io”

“Mi fa piacere allora…”

“Senti…”

 

Avevo già buttato a terra i guanti e la stavo baciando, un bacio profondo, con la lingua, con una mano dietro la testa la spingevo verso di me e con l’altro avevo già tastato la grandezza del suo culo, bello pieno come piace a me.

Si staccò e mi disse:

“Sono giorni che ti guardo…”

“E ti sembra giusto? Ora voglio guardare qualcosa di te in cambio…”

“E che cosa vorresti guardare sentiamo?” Divertita

“Alzati la maglietta e fammi vedere le tette”

 

Imbarazzata ma con sguardo di sfida si alzò la maglia e liberò due gran belle tettone con due bei capezzoli neri con aureole marroni, volevo morire. Wow.

“Che spettacolo…”

“Ora tocca a te, fammi vedere qualcosa di tuo…”

 

– Antonella! –

 

“Mio padre! Devo scappare! Ci vediamo domani!”

Rimasi di sale e con il cazzo a tremila, finì quello che mi ero prefissato di fare ed arrivato a casa scopai con la mia ragazza pensando a lei. Il giorno dopo non venne, ma il successivo si.

 

“Ehi…buongiorno”

“Buongiorno a te”

“Allora…tocca a te…”

“Cosa vuoi vedere?”

“Voglio vedertelo…”

“Spostiamoci però (eravamo al centro della campagna), andiamo in casa”

C’era una piccola abitazione, per lo più mura con tetto per eventuali attrezzi o cose varie, ed ovviamente senza porte.

Entrammo in una stanza e mi abbassai i pantaloni, non sono super dotato ma sono orgoglioso dei miei 17 centimetri. Lei come stupita cominciò a guardarlo con ammirazione, mi rialzai i pantaloni e dissi:

“Ora tocca a me”

Lei ormai dovertita annuì.

“Fammele toccare”

“Ma non vale, dobbiamo solo vedere!”

“Ma io voglio toccartele…”

 

Con mia grande soddisfazione si tolse la cannottierina che aveva e liberò le sue belle tettone.

Mi avvicinai e cominciai a massaggiarle una tetta, il capezzolo piccolo e nero e la grande aureola marrone erano troppo invitanti e mi abbassai per leccarli. Cominciò ad ansimare e si tirò indietro.

“Ora voglio toccare io”

“Accomodati”

Mi abbassai i pantoloni e glielo misi in mano, non ci volle molto che, già barzotto, divenne durissimo.

“Accidenti, non ne avevo mai visti così grossi”

Addirittura pensai! Ed io che pensavo fossi nella norma.

Decisi di voler un suo pompino così, mi avvicinai un pochino e dopo averlo preso in mano lo posizionai verso la sua bocca.

“Cosa vuoi fare?”

“Voglio che me lo lecchi”

“Non mi va”

“Dai ti prego…solo un pò…”

Aprì la bocca e cominciò a leccarlo, era brava, inesperta, ma brava. Leccava e succhiava con voglia, la mano accompagnava il movimento ed in più masturbava la capocchia, mi appoggiai al muro per la troppa goduria. Lei si accovacciò meglio e riprese subito a succhiarlo, le presi la testa e l’accompagnai per un pò, sino a quando non lo presi in mano e mi masturbai dentro la sua bocca. Raccolto tutto lo sputò e mi disse:

“Che cavolo, avresti potuto girarti!”

“Scusami ma avevo troppa voglia di venirti dentro”

“Visto che sei stato così maleducato ora devi fare quello che ti dirò io”

Mi stava bene, anche perché avevo già capito cosa volesse.

“Leccamele!”

Ma come?! Pensavo volesse leccata la passera!

La feci sedere sul muretto e cominciai a leccarle quelle belle tettone. Per me fu un enorme piacere lo stesso, i capezzoli neri erano una vera bellezza e succhiarli fu per lei una grande goduria. Con la lingua ruoteavo intorno all’aureola marrone e quindi alternavo le mie dita alla lingua, i suoi gemiti  cominciarono a diventare sempre più profondi sino a quando non le tremarono le gambe e mi strinse al suo petto, era venuta.

 

Era tutta rossa, soprattutto per la vergogna. Si ripulì un pò ed a malapena mi salutò, seguì quel bel culo sino all’entrata, in fondo, della sua campagna.

Nei giorni successivi non la vidi. Passò quasi una settimana ed un giorno sentì:

“Ciao”

“Ma insomma…perché non ti fai vedere per così tanto tempo?”

“Perchè mio padre non viene ogni giorno, poi non posso insistere, altrimenti capirebbe che nascondo qualcosa”

“Oggi cosa vuoi da me?” chiesi sorridendo

“Sempre lui”

Si avvicinò e prese a baciarmi massaggiandomi per bene il cazzo da sopra i pantaloni.

“Andiamo dentro casa?”

“Si”

Da qualche giorno avevo portato alcuni vecchi lenzuoli e cuscini proprio per un’eventuale occasione con lei. Quando li vide si mise a ridere.

Ci sedemmo per terra e cominciammo a baciarci, lei si mise su di me e dopo averle tolto la cannottiera liberai le sue belle tettone sulla mia faccia. Cominciai a leccarle per bene, ma oggi volevo leccarle la passera. Così la spostai di lato e cominciai a massaggiargliela da sopra i pantaloncini, non ci volle molto che entrai e superate le mutandine cominciai a toccarle le grandi labbra. I brividi che aveva non si contavano più, decisi di provare ad annusarla, avevo avuto un paio di brutte esperienze in passato per cui non andavo più spedito.

Il suo odore era normale, per cui uscì la lingua e cominciai a leccarla.

Dopo pochi secondi cominciò a muoversi stranamente, godeva troppo, quasi gridava, e diceva:

“C’è mio padre…c’è mio padre…”

Io incurante continuavo a leccarla per bene muovendo velocemente la mia lingua, dopo forse neanche un minuto, una scarica di brividi ed un’ondata di liquido seminale accompagnata da suoi profondi sospiri mi fecero capire che era venuta.

Distrutta si era appoggiata completamente per terra, mi affacciai per vedere il suo viso, era angelico, tutta sudata ma soddisfatta, continuava ad ansimare per l’affanno, ma era troppo bella.

Io volevo venire in mezzo a quelle tettone, così cominciai a baciarla e le dissi dove volevo venire.

Dopo un pò lei si alzò e dopo parecchi baci prese a toccarmi il cazzo ed a massaggiarlo per bene, mi sedetti sul muretto e lei, da brava concubina, si mise ai miei piedi e con le tettone sporgenti accolse tutta la mia durezza.

Le dissi di muoversi e di strusciarsi, non c’era neanche bisogno di inumidirlo per il sudore che avevamo entrambi, la sua pelle lucida strofinava con estrema delicatezza la pelle del mio socio.

Le sue tette erano così grosse che ricoprivano interamente la lunghezza del mio strumento facendone uscire solamente la capocchia. Il movimento era ipnotico, sarei anche morto e non me ne sarei accorto.

Riuscì forse ad arrivare a quasi dieci minuti per l’estasi prodotta, così sfinito, lo presi in mano e glielo poggiai in bocca, dopo un paio di avvitamenti e leccate le venni in faccia gridando e sospirando come non mai. Quanto avevo goduto cazzo.

 

Rimanemmo un pò così abbracciati sino a quando non si ripulì, si rivestì e mi disse:

“Ci vediamo tra un paio di giorni” e se ne andò.

Passarono due giorni ma della fanciulla nessuna traccia, il terzo e quarto giorno vidi solamente il padre. Arrivò la domenica e me ne andai a mare, pensando di tornare in campagna il lunedì; ed infatti la mattina del lunedì la vidi arrivare tutta pimpante verso la mia campagna.

“Ti sei presa le ferie?”

“No, mi sono venute…”

“Ed ora come stai?”

“Sono passate, ho voglia di fare l’amore”

Ci dirigemmo in casa mentre ci baciavamo, arrivati dentro la spinsi contro un muro e cominciammo a pomiciare di brutto. Le avevo alzato un gamba e cercavo di spingere per farle sentire tutta la potenza del mio sesso, la sua gamba liscia vogliosa delle mie carezze accompagnava i movimenti del corpo e spingeva con il tallone, il mio culo, verso di lei.

Ogni tanto risalivo e da sotto la maglietta toccavo tutta quella morbidezza che si ritrovava, mentre la sua lingua risucchiava tutta la saliva disponibile.

Cominciai quindi a grattarle la sua bella passera e dopo averle scostato pantaloncini e mutandine, scesi giù per darle un bacio. Era già un lago, ma la mia lingua imperterrita, giocava con le sue labbra umide; la lunghezza della lingua poi è fondamentale per il massimo godimento di questa pratica ed ovviamente cercavo di spingerla quanto più dentro possibile.

Tutti e due assatanati ci sedemmo sui cuscini, alcuni sporchi, ma incuranti di tutto riprendemmo a pomiciare. Dopo averle tolto la maglietta affondai il mio viso nelle tettone e presi a leccarle con gusto, ormai era sulla rampa di lancio, così la spostai di lato e mi misi su di lei, liberando nel frattempo il mio cazzo.

Qui cominciai ad avere un pò di problemi, non voleva entrare, mi venne il dubbio, tramutatosi in certezza poco dopo.

“Non riesco ad entrare, devo spingere di più ma non voglio farti male…”

“Fai piano…è la prima volta che faccio l’amore…”

E si fece tutta rossa, la baciai con voglia e l’abbracciai, con movimenti molto lenti inumidì parecchio il mio socio e piano piano glielo infilai.

Inizialmente ci furono piccoli lamenti da parte sua, ma poi si passò al godimento.

Con le gambe chiuse su di lei la trapanavo con delicatezza e lei con le gambe aperte riceveva tutta la mia potenza. Il suo canale effettivamente era molto stretto e l’aderenza delle pareti con il mio socio era controproducente per la durata a cui già pensavo, accidenti, pensiamo sempre e solo a quello noi maschi.

 

Continuai con estrema calma e farci l’amore sino a quando non la feci girare e cominciammo una meravigliosa pecora. Appoggiato completamente sulla sua spalla, eravamo completamente attaccati e sudati, ma tutto questo era eccezionale.

Il suo bel culo spingeva verso di me e le mie palle sbattevano contro la sua rovente passera, con le mani aggrappate alle sue grandi mammelle scopavo con gran voglia e mi lamentavo piacevolmente, sino a quando non le dissi che stavo per venire e mettendomi su di lei venni scopandomi per pochi secondi il suo meraviglioso solco tettonico.

Sfiniti ci posizionammo uno affianco all’altro, controllai un pò la situazione e vidi che non c’erano macchie di alcun genere, almeno, io non ne vedevo.

Entrambi felici per quello che avevamo fatto ricominciammo a rivestirci e lei mi salutò con un profondo bacio. Anche io andai via dopo pochi minuti.

Non la vidi più per molti giorni, dopo poco più di una settimana cominciai a chiedere in giro di chi fosse quella campagna e dove abitasse il padrone. Trovata la casa cominciai a passarci spesso sino a quando un giorno non la vidi affacciata dalla finestra. Mi sorrise e mi fece segno Ok con la mano.

Io allargai le braccia per chiedere spiegazioni e lei mi fece segno di aspettare un attimo.

 

Dopo un pò torno alla finestra, la aprì e gettò giù una palla di carta e rientrò subito mandandomi un bacio ed andando via.

Aprì la palla e vidi che c’era scritto che il padre l’aveva in parte scoperta, che aveva capito che se ne andava in giro e che si vedeva con qualcuno, per cui non l’avrebbe più fatta uscire. Mi scrisse che ero sempre nei suoi pensieri e che mi avrebbe amato per sempre, concluse scrivendomi:

– Mi aspetterai? –

Passai invano sotto casa sua spesso ma non la vidi più.

Dopo qualche settimana mi arrivò la cartolina del militare con destinazione catastrofica per un siciliano come me, Belluno, Veneto.

Mi cadde il mondo addosso, ma alla fine pensai:

“Vabbe…un anno passa in fretta…”

In una caserma sperduta tra le montagne vidi il sole pochissime volte, scesi in paese solo per Natale e  ci feci ritorno ad inizio dell’estate successiva, questa volta definitivamente.

Il mio pensiero era sempre lei. Tornai sotto casa sua e sembrava che nulla fosse cambiato.

Me ne tornai a casa e mia madre mi chiese di andare a comprare della carne, così mi diressi verso la macelleria del paese e lì vidi lei.

Era cresciuta, era una donna, era magnifica.

Era di spalle a me, ma era lei. I suoi capelli li avrei riconosciuti ovunque.

Quando lei si girò e mi vidi restò di sale. Accennò un breve sorriso e fece quasi un passo per abbracciarmi, ma poi si guardò intorno e guardandomi negli occhi divenne triste ed uscì.

Io, che ero con la bici, cercai di accostarmi e fermarla, ma lei occhi a terra mi disse che finalmente dopo un anno suo padre l’aveva fatta uscire, e non voleva rovinare tutto.

Io ero al settimo cielo nonostante tutto, le dissi che l’avevo aspettata e che ora ero tornato per sempre in paese. Lei sorrise e si diresse verso il supermercato.

Entrai anche io e seguendola nei corridoi le raccontai tutto in poche parole, ma lei era sempre molto distaccata.

La presi per un braccio.

“Antonè! Non sei per nulla felice di vedermi! Io sono tornato per te, sono qui con te e tu mi ignori!”

“Io vorrei piangere ora, vorrei abbracciarti, vorrei baciarti, ma te l’ho detto, sono stata chiusa in casa e solo ora sto vedendo persone nuove, sto respirando aria nuova, non voglio perdere di nuovo tutto! Preferisco poterti vedere un pò ogni giorno che rischiare di non dover uscire più!”

 

Con le lacrime agli occhi si allontanò, io la tirai verso di me e l’abbracciai con forza e poi la lasciai andare.

L’aspettai fuori al supermercato e la scortai con una certa diffidenza sino a casa, poi tornai in macelleria, presi la carne e tornai a casa.

Arrivato in cameretta mi distesi sul letto e cominciai a pensare a cosa fare. Così escogitai un piano.

Nei giorni successivi la seguì per tutto il suo tragitto, vedendo cosa comprava, quante ne comprava, dove andava, orario e tutto. Spesso entravo anche con lei nei negozietti, chiedendo al commesso cose che già sapevo non possedesse. Lei ormai mi accompagnava con il sorriso.

Il lunedì successivo aspettai che uscisse di casa e come prese il vicoletto mi posizionai dalla parte opposta con la mia auto ed aprì la portella.

“Entra dai”

“Ma sei pazzo”

“Dai che non c’è nessuno”

“Non hai capito allora Fran…”

Non terminò la frase che le feci vedere la spesa, le avevo comprato già tutto io.

“Il lunedì prendi sempre queste cose, guarda, le ho già prese io! Possiamo stare una mezz’oretta insieme e poi ti riaccompagno qui!”

Lei rimase di stucco nel vedere la scena e come impietrita non sapeva cosa fare.

Mi affacciai e le disse:

“Antonè io ti ho aspettato come vedi…”

Salì in macchina e partimmo verso un lido abbandonato vicino al paese.

C’era un piccolo boschetto che creava una bella frescura e ci posizionammo lì.

Quando spensi la macchina lei piangeva, piangeva e piangeva. 

“Antonè ti ho aspettato, credimi, non ho avuto nessuna storia al militare, avevo in mente solo te. Io voglio stare con te”

Si girò e cominciammo a baciarci.

Era una donna e si sentiva, i suoi baci erano più profondi, le sue mani più forti, i suoi movimenti più precisi, le sue tettone più grandi. Era arrivata ad una quinta misura, erano più grandi delle mie mani, erano meravigliose.

 

Abbassammo i sedili e cominciammo subito a fare l’amore; l’apoteosi la raggiungemmo quando si mise sopra di me. Lei cominciò a godere come una pazza ed io quasi ipnotizzato dall’armonia delle sue tettone ero in completa estasi, così mentre lei mi cavalcava io stringevo per quel che potevo, quelle grandi masse morbide.

Ma come si sa, la pecora è la pecora. Dopo averla girata riprendemmo il discorso lasciato in sospeso un anno fa, dopo alcuni minuti di pompate la sentì venire, le sue urla furono musica per le mie orecchie, così aggrappato alle sue tettone mi strinsi a lei.

“Voglio venirti dentro”

“Noo”

“Ti amo, voglio venirti dentro!”

E le venni dentro.

 

La riaccompagnai all’entrata del vicoletto e felicissimo mi diressi verso casa.

L’indomattina aspettai molto tempo sotto casa sua, sino a quando non uscì con il viso con qualche lacrima e mi disse:

“Mio padre ti vuole parlare”

Con coraggio e senza paura entrai dentro casa. Non diedi neanche il tempo di parlare che esordì dando il buongiorno ai familiari e mi presentai, parlando di quello che facevo, delle mie intenzioni lavorative, di chi erano i miei genitori,che lavoro facevano, chi erano i miei nonni e conclusi dicendo che ero innamorato di Antonella e che volevo sposarla.

I familiari cominciarono a ridere e a piangere. Tranne il padre che restò serie e richiamò all’ordine tutti e poi disse:

“Va bene”

 

Ci sposammo dopo alcuni mesi, nel frattempo avevamo unito le nostre campagne e ci eravamo immessi nel commercio ortofrutticolo.

Oggi dopo sedici anni, abbiamo quattro figli, un negozio, una grandissima campagna, viviamo spensierati e scopiamo come ricci.

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