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Racconti Erotici Etero

LA SIGNORA LIMA- seconda parte

By 17 Febbraio 2008Dicembre 16th, 2019No Comments

Così inizia a fare da autista alla Signora Lima. L’andavo a prendere sotto casa verso le nove e mezza del mattino e la portavo in centro o dove le occorresse andare. dal giorno dell’incidente aveva spesso dei capogiri e mal di testa e per questo non tornava al lavoro. l’accompagnavo infatti dal dottore quasi ogni mattina e poi a pranzo fuori. Nel pomeriggio andava a fare spese oppure dallo psicanalista. Io aspettavo in auto o l’accompagnavo per strada. Passavo molto tempo nei bar ad attenderla oppure in biblioteca. Era noioso talvolta ma anche rilassante e tutto sommato facile. Ma le piaceva anche andare alle mostre, ai musei e soprattutto al cinema. Vedevamo anche 4 film alla settimana. Giovanna era una spettatrice onnivora: amava qualsiasi genere dal musical alle commedie, dai film d’autore alle produzioni hollywoodiane piene di stelle e sparatorie. Solo l’horror e i film erotici non le piacevano. Mi faceva sempre comprare dell’acqua tonica, mi diceva di svuotarne meno della metà in bagno e poi lei la riempiva di gin. Era vero che beveva molto, aveva sempre con sé delle bottigliette mignon nella borsa e una fiaschetta d’argento sempre colma di J&B nella tasca del cappotto. Si sedeva in poltrona e si beveva il suo drink guardando il film. alcune volte però capitava che la storia non le piacesse o trovasse gli attori insopportabili, così mi diceva che ce ne dovevamo andare. lasciavamo la sala e cercavamo un altro cinema oppure voleva che la portassi in un centro commerciale o in un bar. Parlavamo poco. Io ero un po’ intimorito da lei, la Signora Lima d’altro canto faceva spesso come se non ci fossi. Sembrava mal sopportare quella limitazione alla libertà di spostamento che aveva subito e che io fossi un trasfert di quella limitazione. Spesso non mi rivolgeva parola per ore, altre volte mi chiedeva pareri sui film, sui suoi acquisti nelle boutique o sui libri. Giovanna leggeva di tutto: saggi e narrativa ma anche riviste scandalistiche e libri per bambini. Passava delle ore seduta in un séparé di un bar con un libro in mano e nell’altra voluminosi drink. Tuttavia mi chiamava per nome, Fulvio, e certe volte mi faceva dei complimenti su come vestivo o per qualche commento su un film. Un giorno, mentre erano almeno due ore che l’aspettava in auto fuori da un grande magazzino, mi regalò un orologio molto costoso, per la pazienza e la cortesia con la quale la trattavo. Altre volte era capace di rimproverarmi per come ero lento alla guida o di urlare nel cellulare quando non riuscivo a trovarla e lei voleva tornare a casa o aveva un appuntamento.
Un giorno mi chiese se avessi mai scorto Dino in compagnia di altre donne. Io fui sorpreso ed imbarazzato da quella domanda ma il mio compito si rivelò facile in quanto non avevo che da dire la verità, cio&egrave che mai mi era capitato di vedere suo marito con altre.
Il mattino dopo mi fece attendere sotto casa un paio d’ore prima di scendere. La cosa non era poi inusuale, ma quando salì in macchina era furiosa. sbatt&egrave la portiera e imprecò più volte. accese una delle sue innumerevoli sigarette lunghe e sottili, fece due rapide boccate e la getto fuori dal finestrino.
‘Lo stronzo!’ esclamò. ‘Portami subito a questo indirizzo. Muoviti!’ mi gettò un pezzetto di carta scarabocchiato nel quale c’era scritta una via e un numero civico. Partii. Giovanna era arrabbiata, nervosa.
‘Fulvio, ti ho detto di correre!’
Cercavo di andare più forte che potessi.
‘Voglio capirci qualcosa. Spicciati, scemo! Datti una mossa’
‘Sì, Giovanna, ma non arrabbiarti così, cerca di riprendere la calma.’
‘So io cosa fare o non fare. tu vedi di darti una mossa.’
In pochi minuti fummo davanti ad una casa anonima di periferia. Giovanna mi disse di accostare dall’altro lato della strada, un poco più spostanti, da dove potevamo osservare la porta d’ingresso. Non aspettammo a lungo, dopo una ventina di minuti Dino uscì in compagnia di una donna piuttosto giovane, si tenevano abbracciati, mentre lei saliva il signor Capani le dette un bacio leggero sulla bocca e poi le fece scivolare una mano sul sedere. Giovanna non disse niente per alcuni secondi. Loro se ne andarono con l’auto di Dino. Pensai che volesse seguirli ma quando mi voltai verso la signora Lima per capire le sue intenzioni le stava piangendo. Quindi dopo qualche momento sbottò:
‘Figlio di puttana. Grandissimo figlio di una puttana stronza.’
Fissai la strada fuori per non incrociare il suo sguardo e lasciarla sola alla sua delusione. Alla fine disse:
‘Fulvio, portami a casa, per favore.’
‘Sali un attimo, non mi va di essere solo prima di pranzo’ mi disse quando fummo di nuovo a casa. ‘Anzi mi faresti qualcosa da mangiare? Ho fame, ma sono troppo stanca, non ho neppure fatto colazione e ho un terribile mal di testa.’
‘Certo, Giovanna, nessun problema. Prego, andiamo.’
Era la prima volta che salivo nel loro appartamento. Era all’ultimo piano di una palazzina elegante. Era una casa grande con molte stanze e sembrava allo stesso tempo lussuosa, colma di inutili cose e vuota. Era fredda e molte delle stanze parevano adibite a contenere solo oggetti: libri, dipinti, mobili, statue, tavoli, come se nessuno ci abitasse veramente. La cucina era bianchissima e enorme, ma il frigorifero era quasi vuoto. Rimediai solo due uova con dei carciofi e preparai una frittata. Giovanna si era seduta in poltrona silenziosa, si era tolta le scarpe e pareva assorta. Quando la frittata fu pronta la invitai a sedere al tavolo e le versi dell’acqua stando in piedi.
Mangiò con foga, come se non lo facesse da anni. Ripet&egrave un paio di volte: ‘Quello stronzo. Quel maledetto stronzo’
Quindi mi disse:
‘Siediti e sbucciami anche quella mela.’
In effetti alle mie spalle c’era una fruttiera e dentro una sola mela. La sbucciai rapidamente e lei la mangiò.
‘Giovanna ‘ provai a parlarle ‘ forse faresti meglio a considerare la cosa sotto un altro punto di vista”
‘Oh Fulvio, lascia perdere. Che ne vuoi sapere tu. Quel fesso pensa che io sia stupida! Povero stronzo! Conoscevo le sue scappatelle. Puttane, mignotte pescate su internet, i bordelli quando se ne va alle fiere in Germania. Sapevo tutto o lo intuivo. Era inevitabile. Negli ultimi anni abbiamo fatto all’amore tre volte. ho sempre tollerato, perché capivo le sue esigenze di uomo,ma questo no. una relazione. Con una ragazzina, poi, l’hai vista anche tu, no? avrà 21 anni, 22 al massimo!. Quel porco! E lo sai da quanto va avanti? da un anno. Me lo ha detto l’investigatore privato. Ho le foto, le date, tutto. Oggi volevo solo la conferma sotto i mie occhi!
si alzò e andò al bar. Preparò un bicchiere pieno di J&B e fece per berlo.
‘Aspetta!’ esclamai ‘Non farlo. tanto non servirebbe a niente’
‘Hai ragione. Lo so. ma non mi frega. Anche di Dino in fondo quanto mi frega? Potrei chiedere il divorzio. Potrei prendermi il 60% dell’azienda. Cosa credi i soldi sono in gran parte miei. Lui era uno spiantato, mio padre invece aveva una fabbrica con 150 dipendenti. Ma a che servirebbe? Ci rovineremo entrambi. &egrave Dino quello che ci sa fare negli affari. Io ci ho messo il capitale ma lui le idee, i contatti e poi sa trattare con i clienti, sa vendere, lo stronzo.’
Bevve d’un fiato il bicchiere e si accasciò sul divano.
Mi fece una pena enorme. se ne stava abbattuta e disorientata come priva di forze li di fronte a me. Provai una commozione istantanea nei suoi confronti e avrei voluto fare qualcosa per sollevarle il morale per non farla soccombere così all’umiliazione, alla delusione. Mi domandai però se non fosse il caso di andarmene, lasciarla sola senza rompere quello stato di intimità che richiedeva l’affrontare una situazione del genere. Non lo feci, anzi mi avvicinai e le sfiorai una mano:
‘Giovanna, non fare così. non ne vale la pena. Se hai superato momenti simili, vedrai che ci riuscirai di nuovo. Non abbatterti. Reagisci, semmai.’ Mi stavo accorgendo di mettere insieme delle ovvietà, ma non sapevo cosa dirle. Lei mi guardò stanca e aprendo appena gli occhi sussurrò:
”lo odio, quel bastardo’
‘Per questo non lasciarti andare così, non consentire che una persona che tu odi ti faccia del male. Fregatene. Reagisci. Puniscilo. Vendicati!’
‘Come?’ disse lei e mi agitò il bicchiere davanti: ‘Riempilo’ aggiunse.
‘ Non so sputtanalo coi suoi amici. Obbligalo a regalarti un gioiello costosissimo o una vacanza in Egitto, in Australia, dove preferisci.’
‘I suoi amici lo capirebbero. Odio viaggiare e se voglio un anello me lo compro da sola.’
‘Tradiscilo!’ proposi allora.
‘?’
‘Sì, esci con un uomo. Vacci a letto, divertiti e fai in modo che lui lo sappia e che provi quello che hai provato tu”
”oh’non conosco più nessuno. La vedi la vita che faccio. Passo le giornate da un posto all’altro per non stare in questa casa. Sono vecchia, brutta, adesso faccio schifo. Ah, dieci anni fa ero ancora una donna piacente. Venti anni fa ero bellissima. Non mi credi Fulvio? Prendi quella foto, là sulla caminetto. Ero io, non ci crederesti. Non ero una donna meravigliosa? Ma oggi, faccio schifo’
In effetti nella foto la donna ritratta nella fotografia era veramente molto bella, non avrebbe sfigurato accanto ad una diva del cinema con quegli occhi chiari splendenti, il volto delicato e un sorriso accattivante, ma si faceva fatica a riconoscere la Signora Lima, quella che avevo conosciuto e che avevo davanti agli occhio era completamente diversa: imbolsita, gonfia, stanca, delusa. Nonostante ciò dissi:
‘Oh, ma tu sei ancora una donna molto piacente, scommetto che tanti uomini sarebbero felici di fare sesso con te”
‘Fulvio, parli per dire”
‘No, giuro, sono sincero”
‘Bugiardo!’ era tornata di colpo altezzosa, arrogante come le capitava spesso.
‘Tu faresti sesso con me?’ mi chiese con voce dura, ferma.
Rimasi shockato. Non mi aspettavo quella domanda e balbettai qualcosa.
‘Allora, rispondimi, Fulvio? Verresti a letto con me”
‘Io? Sì, Giovanna, lo farei’
Immaginavo che lei avrebbe riso o avrebbe interpretato la mia risposta in chiave ipotetica, rassicurante.
Invece mi fissò negli occhi e mi disse: ‘Allora dimostramelo!, spogliati davanti a me, baciami’
Tutti quegli imperativi mi spiazzarono. Restai basito. Cosa fare? non potevo certo tirarmi indietro e sebbene non avessi mai pensato a Giovanna come una donna da amare, anzi non avevo mai associato lei al sesso, tanto che mi pareva una donna priva di una vita sessuale, la ritenevo frigida, mi meravigliai a provare qualcosa simile all’eccitazione. Le toccai il volto, mi abbassai per baciarle la fronte e poi la base del collo. Lei si lasciò andare, posò il bicchiere e rispose al mio bacio afferrandomi dolcemente la testa e spingendola verso la sua bocca. Ci baciammo. Era piacevole. La sua bocca sapeva di alcool ma la cosa non mi disturbava. “Spogliati”. Lo feci, rimanendo in mutande. ‘Oddio, sei gracilino, io preferisco gli uomini più robusti, come Dino, ma non sei così male, e poi sei carino, giovane, vieni qua, baciami di nuovo.’ La baciai ancora e poi presi a leccarle il collo e a succhiarlo delicatamente. Sembrava apprezzare il mio modo di agire e la sentii gemere leggermente. Così ci detti sotto e le toccai i grossi seni, li palpavo come soppesandoli. ‘Toglimi la camicia’. Lo feci, rimase in reggipetto e si accomodò sul divano distendendosi. ‘Succhiameli!’ tolsi il reggipetto ed iniziai a baciare quei seni enormi, bianchi, pesanti. Le leccavo intorno al capezzolo e poi succhiavo cercando di fare con attenzione, con premura, succhiavo a lungo e poi tornavo a leccare. Sotto di me, Giovanna godeva allentandosi, rilassandosi. Continuai a baciare i suoi seni a lungo, quindi mi disse di togliermi le mutande. Ero eccitato e lei si mise a toccarmi l’uccello. Lo faceva come valutandolo: passava la mano sull’asta, afferrava la cappella premendo con delicatezza, scivolava fino alle palle, tastandole, divertita dal loro calore sorrideva piena di piacere. Tornai a baciarle i seni e poi le chiesi se potevo toglierle le mutandine. ‘Sì’ sussurrò. Lo feci e mi ritrovai di fronte al sua figa. Iniziai a baciarle l’ombelico e poi a scendere piano piano, soffiandole sui peli pubici, leccando nell’interno cosce. Quindi presi a succhiare leggermente le labbra della fica, ad infilare con delicatezza la mia lingua dentro di lei. Leccavo e baciavo, affondavo al lingua e godevo nel sentire che lei godeva di ciò. Si bagnò rapidamente. La mia lingua cercava di andare più a fondo e Giovanna gemeva. Presi le sue mani e le poggiai sulla mia testa come a dirle che poteva spingerla per indicarmi i punti nei quali il mio lavoro era più apprezzato. Capì al volo e mi tenne la testa ferma in un punto mentre stavo leccando con vigore. La Signora Lima prese a godere con gioia, la sentivo mugolare di piacere. Dopo un poco venne come liberandosi, mi tenne la testa fra le sue cosce e poi, di scatto mi tirò a sé.’ Baciami, Fulvio!’ La baciai, la sua lingua era fredda come ghiaccio dopo l’orgasmo. ‘Prendimi’ disse poi. La sentii afferrare il mio cazzo e segarlo un attimo per farlo drizzare del tutto, quindi lo spinse dentro di sé. Iniziai a scoparla, prima con lentezza poi acquisendo ritmo. Presi a pompare eccitato e divertito, era qualche tempo che non mi facevo una scopata del genere. Le alzai una gamba e continuai a spingere e colpire con velocità. Lei godeva, teneva una mano sulla mia schiena e l’altra sul culo: ‘Bravo, Fulvio, Bravo, continua così, dai, ci sei, bravo Fulvio’ mi ripeteva. Ero sempre più rapito dal piacere e dalla soddisfazione di far godere così quella donna, non pensavo di essere capace di darle tanta gioia, eppure Giovanna stava godendo come una pazza. Ne fui felice e mi sentii anche orgoglioso. Continuavo a fottere, fino a quando non mi accorsi che stavo per venire. Anche Giovanna capì che stava per succedere e allora mi strinse a sé ancora con più veemenza e mi gridò in un orecchio:’Vienimi dentro!!!’
Venni, esplodendo di piacere orgasmico e lei lo accolse assecondando i miei ultimi colpi con forza. Solo quando cessai di muovermi sopra di lei, mi strinse al suo petto caldo, sudato e ansimante, mi baciò in bocca con voluttuosità e mi disse: ‘Mi hai fatto proprio godere, Fulvio, sei stato bravo”

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