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Racconti Erotici Etero

La Svizzera in Astinenza

By 30 Maggio 2008Dicembre 16th, 2019No Comments

A chi non &egrave capitato, da adolescente, di sentire i racconti dei ragazzi più grandi, apparentemente più scafati, che rimorchiano donne affamate di sesso, dalle vedove irreprensibili alle casalinghe di Voghera, per incredibili storie di sesso di una notte?

A chi non &egrave capitato di sentire la storia del collega che sul treno Roma ‘ Palermo ha trovato la femmina dei suoi sogni che nulla chiede e tutto concede approfittando dello stretto spazio di una normalissima cuccetta e complice l’insolito spettacolo di uno scompartimento che rimane vuoto per tutta la notte di viaggio?

Erano sogni che, in età puberale, facevano sognare, ma soprattutto alzavano i livelli ormonali in quantità insostenibili, soprattutto se le compagne di classe, quelle più a portata di mano nella vita reale, erano restie ad alleviare il carico di libidine tanto quanto ad intrattenere qualsiasi tipo di relazione sentimental-sessuale con i coetanei, in eterna ricerca di ragazzi più grandi, con più disponibilità economica e di mezzi di trasporto, occasionalmente usati da quei soggetti femminili per concedere a quei perfetti (per noi’) estranei quello che invece negavano con mille scuse a noi.

Con l’età, ed il maturare delle esperienze, i racconti di queste avventure sul treno Roma ‘ Palermo cominciarono ad essere relegati dove meritavano: nel campo della pura fantasia, dello sfoggio esibizionistico di una sicumera sessuale che non c’era, anche perché reincontrando le persone che avevano dato fiato a queste leggende metropolitane ci si rendeva conto che erano soggetti sfigatissimi oppure erano riusciti ad impalmare esseri di sesso femminile ma dalle proporzioni di un paracarro, più larghi che alti, e con il medesimo sexy appeal cementizio.

Al massimo, quando viaggiavo per lavoro, mi era capitata qualche piacevole conversazione su un buon libro o su piccoli fatti personali con appartenenti al sesso femminile, ed ai rari scambi di telefoni non erano MAI seguiti successivi incontri, ne di natura platonica ne amorosa ne tantomeno sessuale.

Anche in un periodo vissuto da pendolare, con un gruppo di colleghi, tra cui un paio di colleghe a cui avrei volentieri offerto una rimappatura delle loro anatomie più intime, non era accaduto nulla.

E fu proprio alla fine di quel periodo piuttosto movimentato che mi trovai, di notte, ad aspettare invano il volo che doveva ricondurmi a casa da Milano.

L’aereoporto di Linate non &egrave mai stato un granch&egrave: basta un velo di nebbia, specialmente dopo la tragedia del 2002, per bloccare tutti i voli. A lavoro, presso il cliente, mi ero dovuto attardare e mentre i colleghi ripartivano per l’ultima volta per Roma, io risolvevo gli ultimi problemi esistenti su delle macchine che svolgevano delle applicazioni delicate. Il lavoro mi aveva preso, volendo fare buona impressione, e quando finalmente tutto aveva preso a funzionare come doveva era praticamente ora di cena.

‘Cenerò in aereoporto’ mi dissi. Chiamai un taxi e mi feci condurre all’entrata dell’aereoporto.

Per scoprire che l’unico volo che era rimasto era stato annullato. Ero bloccato a Milano, senza nemmeno un posto per dormire perché la mia società pagava e prenotava le stanze d’albergo solo durante la permanenza nei giorni feriali.

Imprecando a mezza voce, mi sedetti nella immensa hall semivuota e mal illuminata, a quell’ora, davanti alle file dei banchi dei check-in chiusi, pensando sul da farsi.
Chiamai casa, ed avvertii mia moglie che sarei tornato il giorno dopo, ma che per questa sera di voli non ce n’erano.
Le altre due necessità erano quella di procurarmi da mangiare e trovare un letto per passare la notte.
Mi diressi fuori, nel caldo afoso di un fine luglio milanese.

Avevo appena finito di varcare la soglia dell’aereoporto, guardando come Cristoforo Colombo in cerca di terre emerse il piazzale antistante, nella speranza di avvistare un taxi, quando sentii gridare in tedesco prima ed in italiano poi.

Normalmente non mi impiccio dei guai altrui: non c’&egrave miglior maniera di trasferire i guai di qualcun altro sulla propria schiena.

Ma il tono disperato della voce, una voce di donna dal tono altissimo, ed il balenio di capelli biondi oramai vicini all’asfalto del marciapiede mi indussero a dare una seconda accurata occhiata.

Vidi due tizi, scuri di carnagione, che strattonavano violentemente delle valigie, che la donna dai capelli biondi non voleva assolutamente mollare. Al punto che, oramai, era sul punto di essere letteralmente trascinata a terra, aggrappata alla maniglia di quella più grossa, mentre l’altro si era impadronito del bagaglio a mano e stava decidendo se fuggire con il malloppo o posarlo a terra per dare una mano al suo ‘collega’.

Non so cosa mi spinse, forse l’idea di riscattare l’arrivo in Italia di una turista straniera, forse il tono disperato della donna, ma mi mossi verso il luogo della collutazione, mal illuminato dalle luci al neon.

‘Cosa fate voi due! Andate via!’ urlai correndo con il mio bagaglio verso i due.
Loro parvero sorpresi e la collutazione con la donna si fermò: ‘Andate via o chiamo la polizia!’ insistetti senza smettere di correre.

Quello con il beuty case commise l’errore di mollare l’osso e di farsi innanzi: doveva aver pensato che loro erano in due ed io ero solo, ed in fondo la donna non contava.

Non ebbe il tempo di realizzare nulla: sfruttando l’abbrivio della mia corsa sollevai il mio bagaglio e lo proiettai verso la faccia dell’aggressore più vicino. Non ebbe il tempo di ripararsi con le braccia: lo spigolo rinforzato del bagaglio lo colpi con violenza sul lato del viso, facendolo barcollare.

L’altro tipo allora mollò la valigia più grande, ritenendo ME una minaccia e la donna, anche lui, poco più di un accessorio del bagaglio.

Errore’

Il tipo che aveva trascinato la donna ed il suo bagaglio era poco più che un adolescente, leggero e muscoloso, e si diresse verso di me esitando, visto che l’amico ci metteva qualche istante a riprendersi dalla botta che avevo assestato.

Poi il primo aggressore parlò, con un pesante accento straniero, mediorientale forse, nel suo italiano stentato: ‘Cazzo vuoi tu? Adeso io sbudelo te”
L’altro prese confidenza e cominciò ad avanzare. Fece solo due passi quando da dietro gli arrivò sulla nuca una seconda valigia, lanciata con forza e precisione dalla donna, che si era rialzata ed era diventata una furia.
Il tizio stramazzò a terra, faccia avanti, sbucciandosi le palme delle mani per attutire l’impatto con l’asfalto.
‘Andate via prima che vi spacchi il culo!!!’ urlai.
Rendendosi conto che forse quell’aggressione non poteva essere condotta senza rischiare troppo, e visto che il rapporto di forze non era più in loro vantaggio, i due balordi girarono repentinamente i tacchi e scapparono senza girarsi, sino a scomparire oltre i campi che erano al di la di viale Forlanini.

Respirai forte, sollevato, euforico, ma con le gambe che mi tremavano per la potente iniezione di adrenalina. Mi girai e vidi la ragazza bionda che raccoglieva il suo beauty, finito una decina di metri più in la.

‘Signorina, tutto bene? Come sta?’ poi passai all’inglese, visto che l’avevo sentita parlare in tedesco: ‘Madam, are you ok? Did you get hurt?’

La donna si rivolse a me in italiano, e per la prima volta la vedetti bene in viso: ‘Sto bene, per fortuna, non ho nulla di rotto”

Era lei: l’avevo vista un miliardo di volte in televisione, dalle reclami ai programmi di intrattenimento comici. Si divideva tra Germania, Svizzera, suo paese natale, ed Italia, la sua seconda patria. Bellissima, dalle forme piene, senza un filo di adipe, il viso incorniciato dai capelli biondi che sembravano filati in oro per quanto erano luminosi, e gli occhi dal taglio allungato come pozzi neri di ambra antica.

M. mi parlò con tono affranto: ‘Se non ci fosse stato lei’ non so cosa sarebbe successo. E’ la prima volta che mi capita da quando sono in Italia’ non so come ringraziarla”

Non sapevo cosa dire. In genere quando incontro una celebrità la riconosco sempre. Ma evito accuratamente di far capire al VIP di turno che so chi egli sia.

Ma M. era il sogno erotico di milioni di Italiani, e per parecchie Italiane un modello da imitare ed una concorrente da invidiare.

‘Potrebbe farsi offrire un passaggio in taxi. Anche io sono rimasto a terra e dovevo tornare a casa.’, riuscii a dire finalmente.

Mentre prendevo il suo beauty e lo mettevo sulla mia valigia, aggiunsi: ‘sono contento di esserle stato utile. Potrei esserlo di più se potessi continuare ad offrirle protezione, e lei potrebbe esserlo a me se mi aiutasse a dividere le spese del taxi”

Per la prima volta M. sorrise: ‘Beh, se TU mi dici come ti chiami, potrei anche accettare. In effetti in due avrei meno paura di prendere un taxi a quest’ora”

Era priva di formalità, ed ora che era in piedi, ne ammirai l’altezza: era poco più alta di me, incredibilmente tonica, incredibilmente bella.

‘Mi chiamo Franco. Cerchiamo un taxi..:’

Girammo brevemente per il piazzale deserto: suggerii di mettersi proprio su viale Forlanini e bloccare magari qualche taxi che tornava da qualche corsa vuoto. Ebbi, finalmente, un colpo di fortuna, non supponendo che in realtà la fortuna che stavo per avere era ancora più grossa.

Un taxi vuoto cominciò a scendere lentamente per la rampa di accesso al piazzale degli arrivi. Lo bloccai subito: era disponibile per un’ultima corsa.
‘Dove andiamo?’ chiesi ad M.
‘Ho una amica che mi ospita al centro di Milano. Tu dove devi andare?’
‘Non ne ho idea. Dove &egrave un albergo decente ma che non costi una fortuna qui a Milano?’

Non so se in lei l’idea prese forma in quel momento. So solo che si interruppe pensierosa per un lungo momento, mi guardò attentamente e poi prese la trattativa in mano, rivolgendosi direttamente al tassista, dicendogli un indirizzo che non conoscevo ed aggiungendo: ‘Corsa unica per tutti e due. Dividiamo le spese”
Per riprendere il filo di un discorso qualsiasi, dovetti attendere la fine del trambusto per caricare le valigie in auto e di sedermi accanto a lei.
La nuvola di profumo, delicatissimo e non contaminato dal caldo bestiale, arrivò alle mie narici, ricordandomi la domanda che dovevo farle: ‘Dove stiamo andando?’
‘La mia amica ha una grossa casa al centro di Milano. Se non sai dove andare ti posso ospitare li per questa notte’.
‘Ah per me va benissimo” boccheggiai stentando a credere nella mia fortuna: ‘Visto che sembri essere di casa, qui a Milano, sai anche dove andare a mangiare qualcosa?’
‘Eccome. C’&egrave un’intera via di ristoranti vicino. Solo l’imbarazzo della scelta”
‘Accetto solo ad una condizione, M” dissi io.
‘Quale?’ disse lei aggrottando la fronte.
‘Che scegli tu e pago io. Non ci sono discussioni su questo punto..’
M. rise, con una risata argentina, quella vera che pochi conoscono e che in TV non compare mai.
Arrivammo rapidamente a destinazione. L’appartamento, come scopersi, era in una viuzza parallela a via Montenapoleone, nella Milano bene, anzi benissimo.
La casa era grande, straripante di mobilia costosa e di tende dai tessuti pesanti e ricchi.
Aveva un bagno per ogni stanza da letto.
‘Scegline una” mi disse M.
Scelsi una camera più piccola delle altre, che mi facesse sentire meno perso ed oppresso da tanta opulenza.
M. scelse la sua dalla parte opposta alla mia, alla fine di un lungo corridoio. La cosa non mi causo la minima delusione: ero talmente frastornato per gli accadimenti e per l’incredibile incontro che non avevo avuto il modo di accendere alcuna pulsione.

Dopo una breve rinfrescata, uscimmo per mangiare. Lei era ancora vestita con la semplice maglietta ed i jeans che aveva quando l’avevo vista in aereoporto. E continuava a spargere luce con i suoi capelli biondi.
M. scelse un ristorantino discreto, e mi accorsi anche relativamente poco costoso.
Ci sedemmo e non potei fare a meno di domandarglielo: ‘Come mai qui? E’ carino, ma non &egrave certo uno dei ristoranti top di Milano”
Rise, mettendomi definitivamente di buon umore: ‘E chi ti dice che io frequenti solo ristoranti top? Non prendertela se te lo dico, ma non ti conosco, non so che possibilità economiche hai, e se vuoi pagare tu non mi pare una cosa corretta approfittarsene. E poi, Franco, qui si mangia benissimo e non ci sono paparazzi”
‘Non sei mai uscita con uno, come dire’ con poche possibilità economiche come me? Mi guadagno da vivere come dipendente’ e non &egrave che mi paghino questo gran che. Ma visto che ho avuto la fortuna di avere a cena una donna bellissima, e mi sto accorgendo anche molto simpatica, volevo fare buona figura’ ‘
‘Non ti preoccupare, offrendomi una cena qui farai una figura ottima: non hai idea di come si mangia bene’ cucina casalinga nel cuore di Milano’ ‘ si interruppe un attimo e poi aggiunse: ‘E chi ti dice che poi io non esca mai con persone poco danarose? Quelle con i soldi, molte volte, sono cosi noiose, cosi arroganti, cosi piene di se’ fa bene uscire con gente normale, ogni tanto, anche se totalmente per caso, come con te questa sera”
Poi rise forte, e mi sussurrò: ‘Sei diventato rosso’ ‘
‘Beh’ si’ fa un certo effetto ricevere dei complimenti da una donna bella come te”
Lei aggrottò di nuovo la fronte con una espressione buffa: ‘Ecco cosa manca alle persone con i soldi: la spontaneità quando ti fanno i complimenti”
Stavolta risi io: ‘Non ti fanno i complimenti?’
‘No. Sei tu che li devi fare a loro’ li pretendono!’
La cena fu piacevole, leggera, a base di pasta con sugo di pesce, vinello bianco leggero alla temperatura giusta.
Parlammo del più e del meno, della mia situazione di pendolare, quasi alla fine, del mio matrimonio. Lei domandava ed io rispondevo.
Sembrò affascinata dai racconti delle mie vacanze, vacanze ben lontane dai suoi standard, fatte in tenda, in roulotte, in pensioncine pulite della mitteleuropa visitando da perfetto sconosciuto qui e la.
Soprattutto parve affascinata dal mio entusiasmo per le cose semplici.
Quando uscimmo nell’oscurità calda della strada, mi mise una mano sul braccio ed io acconsentii volentieri di farle da cavaliere nel breve tratto di ritorno a casa.
C’era una corrente di confidenza che si era stabilita.
‘Ti ho fatto un terzo grado, Franco’ non so nemmeno se sei riuscito a mangiare”
‘Beh qualcosa sono riuscito a mandare giù. Ma ti assicuro che ho apprezzato più la compagnia che il cibo”
La mano che avevo sul braccio si strinse leggermente: ‘Sei un tipo molto dolce, differente dai tipi del mondo dello spettacolo che frequento’ sono tutti palloni gonfiati’.
‘Beh se ne dicono tante. Ne frequenti qualcuno?’
‘No. Il 90% delle cose che scrivono sui giornali, su di me, sono scemenze allo stato puro”
‘Immagino’ dissi mentre i nostri passi risuonavano attutiti nell’aria calda ed umida della strada ‘Hanno pure scritto che eri indemoniata’ e che non fai sesso da quando ti sei lasciata con tuo marito”
Lei tacque all’improvviso e temetti di averla offesa.
Poi M. riprese a parlare. Ridacchio brevemente e poi disse: ‘Addirittura indemoniata. Quella non l’avevo ancora letta. Ma l’altra cosa &egrave vera”
La guardai interdetto: ‘Non riesco a crederci. Tu non”
M. ridacchiò ancora: ‘Non scopo da un anno. Ho messo la passerina in sciopero”
‘Perché? Non posso credere che nessuno ti abbia fatto delle avances”
‘Ah beh, quello si. Ma non &egrave piacevole farsi portare a letto per fare pubblicità a qualcuno. Il mio mondo ti usa e poi ti getta via. Sono entrata un po in paranoia, per questo, e quindi penso sempre che ci sia un secondo fine”
‘Ed allora come fai? Hai chiuso i sensi al mondo?’
‘La pace dei sensi, vuoi dire?’ rise lei, ed aggiunse. ‘Nooo. Prima c’era mia figlia da accudire, e mi teneva occupata. Ma ora &egrave un po’ che ci penso. Ho provveduto anche da sola”
‘Ti’ non so come dire” balbettai io.
‘Mi masturbo? Beh si, come fai tu quando non hai tua moglie vicino per tanto tempo? Vai con le colleghe di Milano?’
Intanto eravamo arrivati davanti al portone di casa.
‘No, voglio dire, non vado con le colleghe di Milano’ beh insomma provvedo anche io da solo, a volte”
‘Voi Italiani non siete ancora abituati a noi donne della mitteleuropa, che usiamo un linguaggio esplicito e diretto, vero?’
‘No, confesso che non sono abituato. Perdonami M” dissi sorridendo e scuotendo la testa.
Lei apri il portone ed entrammo nell’androne.
Poi si voltò, sorridendo: ‘Che c’&egrave di male se una si masturba perché ha normali stimoli sessuali?’
Scossi ancora la testa e sorrisi a mia volta, comprensivo: ‘Nulla. Non c’&egrave nulla di male. Solo che tu potresti avere chi vuoi, bella come sei’.
‘Vorrei qualcuno da amare di nuovo. Ma questo prenderà molto tempo. Mi accontenterei di qualcuno con cui farmi una sana scopata, del sano, robusto, animalesco sesso con cui sfogarmi, ma che però non lo andasse a raccontare in giro il giorno dopo per ottenere tutte le copertine dei rotocalchi. Insomma, vorrei un uomo vero, discreto, maschio, non uno di questi con il corpo ed il viso da modello ed il cuore da prostituta”
Era uno sfogo, pieno di frustrazione e di amarezza, anche se M. non smetteva un accenno di sorriso in volto.
‘Lo troverai, M. Di uomini ce ne sono tanti, ce ne sarà pure qualcuno che sia disposto a darti qualcosa in cambio di nulla”
Lei chiuse il portone, escludendo cosi la fioca luce dei lampioni della via, ma non accese la luce dell’androne.
La voce le diventò un sussurro: ‘Tu sapresti tenere un segreto?’
La testa cominciò a girarmi, e vi assicuro che non era effetto ne del vino ne del caldo, perché normalmente reggo bene sia l’uno che l’altro.
‘Beh, le persone tendono a confidarsi con me perché sanno che so tenere la bocca chiusa”
Ad un tratto sentii il suo profumo, lieve e penetrante, vicino.
‘Non l’ho mai chiesto cosi. Ma ti andrebbe di venire a letto con me?’
‘Sarei un’ipocrita a dire che non mi andrebbe. Sei un sogno’ ma io sono sposato” dissi a mia volta sussurrando.
‘Tieni al tuo matrimonio?’
‘Si.’ Risposi secco.
‘Quindi se venissi a letto con me non lo diresti in giro”
‘No. Non lo direi ad anima viva. Amo mia moglie.’
‘Mi stai rifiutando? Va bene ugualmente, ma voglio che tu rifletta su questo: io non voglio una storia. Non sono innamorata di te. Sei un tipo a posto, dolce, che forse mi può regalare una notte di sesso senza complicazioni e senza pubblicità. E non c’&egrave bisogno di mettere in mezzo tua moglie. Mi sembri equilibrato, al contrario di quasi tutti quelli che conosco, e non credo che lascerai tua moglie per me’.
‘No, non lascerei mia moglie per nessuna al mondo. Nemmeno per te. Ma se TU venissi a letto con ME il regalo lo fai tu a me, non io a te. Non sono certo un adone, anche se mia moglie mi trova bello. Voglio dire, che di sicuro non pubblicano la mia foto su Men’s Magazine”
Le rise: ‘Non mi occorre un uomo bello. Mi occorre un uomo vero. E sensibile. E paziente. Tutto solo per una notte, questa notte. Pensala cosi: &egrave un regalo per entrambi”
‘E’ una situazione strana: dovrei essere io a perorare la causa, e non tu” e poi aggiunsi: ‘Accendi la luce un attimo”
‘Non so se &egrave giusto. Potrei perdere il coraggio” rispose M.
‘Non so se &egrave giusto, ma devo trovare il mio” replicai io.
Si udi un breve click ed una luce soffusa inondò le scale.
M. era li, davanti a me, con il seno che si muoveva sotto la camicetta ad ogni respiro profondo che faceva.
I capelli biondi sfavillavano debolmente nella luce ingrata delle scale, mentre la deliziosa silouhette si stagliava sul pavimento.
Gli occhi avevano una espressione dura, ma quella del viso sembrava quella di una adolescente timorosa.
‘Come potrei dirti di no’ dio mio, sei una apparizione divina” mormorai.
La luce si spense improvvisamente, ed altrettanto improvvisamente l’umidore di un paio di labbra perfette si sparse sulla mia bocca, lasciandomi cosi sorpreso che non ebbi tempo di lasciarmi andare.
Una nuvola di delicato profumo mi avvolse per un attimo, per poi allontanarsi: ‘Vieni” mi disse M. sussurrando.

Mi mossi con cautela, non volendo inciampare al buio. Ma ne io ne M. provammo a riaccendere la luce.

Non potevo vederla, ma sentivo lo stropiccio della stoffa leggera dei suoi jeans di alta moda, e seguivo una scia sottile di profumo che a volte svaniva completamente, a volte mi prendeva per le narici come invisibili dita.

Sentii un tintinnio di chiavi nell’oscurità, e quando arrivai sul pianerottolo la porta dell’appartamento era aperta: se ne indovinava la sagoma piu scura che ritagliava un buco nell’oscurità meno densa delle scale.

La seguii nell’appartamento, e quando mi voltai per chiudere il portoncino, venni avvolto di nuovo nel sottile profumo di M., e la punta di una lingua mi sfiorò il lobo di un orecchio.

Ero eccitato alla prospettiva che si era creata. Ma stranamente il mio corpo non rispondeva: il mio sesso non era diventato duro. Forse c’era un fondo di preoccupazione, o forse non si erano materializzate nella mente le immagini di quello che stava per succedere. Tutto era stato cosi inatteso. Tutto era successo cosi rapidamente, cosi insolitamente.

Misi le mani dietro di me e raggiunsi due fianchi tonici ed armoniosi. Me la tirai contro e sentii i seni di M., sodi e morbidi ad un tempo, appiccicarsi sulla mia schiena.
Lei strusciò il naso contro il mio collo, come una gatta.
‘Vorrei vederti” sussurrai.
‘Dopo’ ora baciami”
Quella passività mi dava sicurezza: seguendo lei non rischiavo di sbagliare. Ma mi opprimeva, e pensai che forse era quello che non faceva liberare la mia eccitazione nel mio corpo: era come se tutto avesse necessità di essere controllato ed incanalato da una folle paura di sbagliare.
Non funzionava.
Ma percepivo anche che dietro la sfrontata richiesta di M. c’era anche una perdita di sicurezza, un bisogno di dolcezza pari almeno alla libidine che la muoveva.
Mi girai e le presi il viso invisibile tra le mani.
Le baciai le guance, e le mie labbra incontrarono una pelle liscia e vellutata.
Poi le sfiorai le labbra e lei ricambiò protendendo le sue.
Le sfiorai le labbra più volte con le mie.
Quando mi parve fosse pronta, le cinsi la vita e l’attirai a me e la bacia aprendo la bocca.
La sua lingua entrò nel mio cavo orale, cercando la mia con troppa fretta.
Strinsi le labbra e le succhiai la lingua.
Lei mosse i fianchi.
‘Ti piace cosi?’ domandai.
‘Non si sente?… Baci bene”
‘E tu hai troppa fretta” replicai io.
‘Devo recuperare. Un anno &egrave un tempo infinito per una come me’ noi svizzere mica vero che siamo tutte fredde. Nelle nostre montagne la sera ci si deve pur scaldare in qualche modo.’
Il secondo bacio andò meglio, e stavolta fu lei a succhiare la lingua a me.
Le mie mani le accarezzavano i fianchi perfetti, frutto oltre che di una evidente predisposizione genetica, anche di tantissimo nuoto e tanta palestra.
Erano fianchi nervosi, coperti da una pelle vellutata come quella del volto, con fasci di muscoli che si agitavano leggermente nel leggerissimo gioco di mantenere l’equilibrio sotto la spinta reciproca dei nostri corpi.
Misi le mani sotto la maglietta e le accarezzai la parte iniziale della schiena.
Poi scesi giù, dove la vita finiva ed i fianchi si allargavano dolcemente, con una curva perfetta, il giusto prologo per immaginare, poco più sotto, un sedere dalle forme armoniose e piene.

Immaginare era la parola giusta, perché non riuscivo ad osare di più, per paura di precorrere i tempi, di infrangere l’incantesimo, di farla rinchiudere di nuovo.

Fu lei a parlare: ‘Non ti va di toccarmi di più?’
‘Eccome’ non riesco ad osare”
‘E tu osa’ pian piano, ma osa tutto”
‘Sei tesa anche tu” ribatto piano mentre me la stringo addosso.
‘Sei sensibile più di quanto credessi. E’ vero’ sono tesa, &egrave un bel po di tempo che non lo faccio con qualcuno. Ma ho anche tanta voglia”
‘Quanto devo osare?’ chiesi io.
‘Quanto mi desideri?’ rispose lei.
‘Se mi lasciassi guidare solo dall’istinto impazzirei, perché ti farei tante cose tutte insieme’ devo mettere ordine’ e fare le cose piano piano”
Lei rise e mi baciò rapidamente: ‘E’ un buon programma’ magari se mi piace quello che mi fai ti lascio fare tutte le cose che hai in mente”
‘Guarda che ne ho tante in mente. Sei una fonte di infiniti pensieri”
‘Sconci?’
‘Non c’&egrave niente di sconcio nei miei piensieri su di te. Solo tanta bellezza e tantissimo piacere”
M. mi prese le mani nelle sue. Me le fece appoggiare sulla pancia e poi su su, sotto la maglietta, fino a ad arrivare sulle coppe del reggiseno di pizzo.
‘E’ abbastanza audace così?’ mi domanda mentre ho le mani sulle sue tette calde.
‘E’ un ottimo inizio’ mi piacerebbe vedertele, ma va bene anche cosi’ E’ questo che intendevi per sesso selvaggio?’
‘No. Ma se riesci ad eccitarmi per bene posso arrivare a concedermi completamente. Avevo poche inibizioni, prima del matrimonio’ ti piacciono le mie tette?’
Cominciai a palparle: erano sode, non rifatte, sotto la stoffa del reggiseno si indovinavano dei bei capezzoli grossi, inturgiditi dall’eccitazione.
Ne presi uno attraverso la stoffa e lo stuzzicai, strappandole un sospiro.
Poi lei si chinò e mi baciò appassionatamente, attirandomi a se mentre le mie mani gioivano riempiendosi dei suoi seni.

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