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Racconti Erotici Etero

La Vampirona

By 17 Agosto 2011Dicembre 16th, 2019One Comment

 

«Uè, Nando, tu qua stai?! Mi hai fatto pigliare ‘na paura figlio mio!» dice Anna Maria Laurino, interrompendo bruscamente la sua arrampicata sui gradini scassati tra il secondo e il terzo piano di un vecchio palazzo senza ascensore. «Auff, oggi si schiatta proprio!» è affannata Anna Maria  perché l’alzata degli scalini è impegnativa, e poi perché è il 16 luglio e a Nocera Inferiore fa “nu maronna” di caldo. La donna appoggia per terra le buste della spesa, chinandosi adagio prima su un fianco, quindi sull’altro, e agendo con cura perché le albicocche e i pomodori non si rovescino; poi si tira su e muove la mano destra verso la fronte ravviandosi i capelli lunghi e lisci tinti, appena ieri, di un colore biondo svedese. Nando Corcione il 16 luglio del 2011 ha 18 anni. Alle 10:47 di quella mattina aveva mollato i suoi amici, Vittorio e Salvatore, davanti al bar “Queens 2000”: «Andatevene affanculo ‘sti due stronzi di merda!». Per tutta risposta Vittorio aveva mandato giù un sorsata della sua Sprite, come per armare il cane di una pistola, poi aveva “puntato” Nando e ruttato fuori con forza il gas della bibita. «Siete due pezzi di merda!… Pidocchiosi!» urlò Nando, che era incazzato nero. Sì, perché lui avrebbe voluto giocare ancora un po’ al videopoker, godendo del fresco all’interno del bar, ma aveva finito i soldi. Aveva chiesto qualche euro in prestito proprio a Vittorio e Salvatore, che gli risposero malamente: «Vattelo a piglia’ in culo, ricchio’!». Allora si era avviato a “passo di carica” verso casa. Quel giorno indossava un vecchio pantaloncino corto, con su scritto “Fighters”,  che gli piaceva molto e solo adesso si accorgeva che gli andava un po’ piccolo; ogni passo più svelto e deciso gli dava una fitta breve e acuta alla base dello scroto. Nando stava tornando a casa per rubare venti euro dall’armadio della madre. Era quasi a destinazione; le bancarelle abusive, sistemate brutalmente lungo i marciapiedi del vicolo, erano stracolme di: Hello Kitty, candele alla fragola, candele cappuccino, formine gel per vetri Fantasy Gel, Dolce & Gabbana sunglasses… Poi aveva salutato con un cenno del capo un tale che tutti nel quartiere chiamano Taccariello,  quando intravide la sua vicina di casa aprire, e immediatamente varcare, il portone del malandato palazzo in cui entrambi alloggiano. Nando si sentì ribollire nella parte alta del ventre: «Alla faccia del cazzo… quant’è bona!» esclamò. Raggiunse rapidamente l’edificio e, prima che lo scatto della molla automatica chiudesse il cancello, s’intrufolò nell’androne. Sulle scale di fronte a sé la sua vicina , la signora Anna Maria Laurino, avanzava lenta, frenata dall’ingombro della spesa: la Vampirona la chiamavano i viziosi del quartiere. Così era stata soprannominata un paio di anni prima quando entrò nel circolo ricreativo rionale “tifiAMOnapoli” per farsi cambiare venti euro: «Buonasera, il macellaro sta sfasulato e non tiene il resto, mi potreste fare la cortesia di cagnare venti euro?» aveva detto. Fu il panico tra gli uomini del circolo che cercarono in tutti i modi di raggranellare le monete necessarie per il cambio; qualcuno ci infilò dentro pure un bottone. Quando Anna Maria ringraziò e si girò per uscire aveva addosso gli occhi arrapati di otto uomini: «Mi pare una vamp!» aveva detto uno: «Una vampirona!» l’aveva corretto un altro: «Si, ‘na vampirona che invece di succhiare il sangue va succhiando il cazzo!» e tutti avevano riso fino quasi a scoppiare. Ora Nando tratteneva il fiato, muto, tre metri dietro di lei, nove gradini più in basso della Vampirona. Da quella posizione poteva sentirne il respiro affannoso, solo in parte coperto dallo scalpiccio dei sandali; ma, soprattutto, l’adolescente era avvinto dall’ aspetto magnifico del culo della donna. Anna Maria Laurino il 16 luglio del 2011 ha 53 anni, è sposata da 31 anni con Salvatore Laurino, Totore per gli amici, ex usciere del Convitto Nazionale, attualmente esonerato dal lavoro perché riconosciuto (non si sa per quale motivo) invalido civile. Totore da due anni praticamente non si alza mai dal letto se non per pisciare, cacare e farsi un bagno sì e no una volta alla settimana. Totore e Anna Maria hanno tre figli: Vincenzo, di 30 anni, che vive con la famiglia a Reggio Emilia dove fa il muratore; Luisa, di 26, che si è sposata da poco e insieme al marito gestisce il negozio di parrucchiere “Magie e capelli” e Filippo, di 21 anni, detto nel quartiere Pippotto il Ritirato perché dall’età di 18 anni esce pochissimo di casa, passando tutto il  tempo nella sua camera davanti al computer; nessuno sa a fare cosa. «Hmm… e che zoccolona! Me la chiaverei giorno e notte!» pensa Nando, che  va avanti  silenziosamente  seguendo di una decina di gradini Anna Maria. Continua a guardarle il culo e si preme il cazzo, teso di traverso, che adesso riempie  un intero fianco dei calzoncini. La donna, alta e formosa, indossa un abito intero smanicato, misto viscosa, con una fantasia dorata su fondo verde. L’orlatura asimmetrica è tagliata qualche centimetro più su delle ginocchia. Il vestito è stretto e lascia intravedere l’elastico delle mutande stringere la carne al disopra delle anche e ingrossare ulteriormente l’ampia muscolatura dei glutei. Le gambe sono lunghe con le cosce piene ben modellate. Più giù, ai piedi, sono allacciati un paio di sandali marrone chiaro a zeppa alta in sughero e cuoio. Le unghie sono curate e quelle più lunghe delle mani sono smaltate di bianco. Non c’è traccia sulla schiena delle spalline del reggiseno. Nando è convinto di sapere tutto sulle donne, ha ascoltato i “grandi” parlarne: «Le femmine vogliono solo fottere, proprio come gli uomini! Sì farebbero fottere dalla mattina alla sera, solo che non lo possono fare; se no le chiamano puttane!». Sono quasi al terzo piano. Nando è arrapatissimo ed è indeciso su come abbordare la Vampirona poi, improvvisamente, dice: «Signora Laurino, Pippotto sta a casa?» lei trasale, si gira di scatto e lo riconosce: «Uè, Nando, tu qua stai?! Mi hai fatto pigliare ‘na paura figlio mio!» dopo si curva e sistema le buste della spesa sulla pedata di uno scalino e quando si raddrizza Nando le è già accanto. Allora lei muove la mano destra verso la fronte ravviandosi i capelli e gli dice: «Sì, Pippotto sta sopra, vuoi venire a trovarlo?» Anna Maria aspetta inutilmente per qualche secondo una qualunque risposta di Nando, poi intercetta lo sguardo del ragazzino, prima concentrato ad esaminare i sui suoi seni e quindi mentre, lentamente, si sposta a squadrare verso il basso; passa un altro secondo: «Ehm… sì, mo vengo con voi così sto un poco con Pippotto e facciamo due chiacchiere» quindi Nando le scruta il viso e resta in silenzio a studiarne i lineamenti. È sicuro, adesso sa per certo che la donna non indossa il reggiseno, pensa: «Hmm… chissà quante ne ha fatte di “spagnole”, ‘sta grande troia!». La luce zenitale che invade il corpo scala esalta i rilievi dei capezzoli di Anna Maria che premono sul tessuto tirato del vestito, pieno delle abbondanti mammelle. «’Sta cagna va cercando qualcuno che se la chiava!» aveva detto Vittorio a Nando un pomeriggio, un paio di mesi prima. Erano insieme a smontare i pochi pezzi rimasti sul telaio di una motocicletta rubata, ormai abbandonato in fondo a un vicolo fetente di piscio, escrementi e munnezza, quando notarono una cagna strusciarsi contro un cancello chiuso dall’inferriata lavorata a “ferronnerie”. Subito dopo l’avevano vista rigida, girata di schiena e con la coda alzata, spingere disperatamente gli organi sessuali tra i vuoti degli arabeschi traforati. Dall’altra parte del cancello, a poca distanza da loro, un cane girava su  sé stesso, con almeno 15 centimetri di glande sguainato, impossibilitato a montarla. «’Sta cagna ha bisogno di una bella mazza in culo!» aveva aggiunto Vittorio. Poi Nando l’ aveva visto raccogliere un tubolare, avvicinarsi alla recinzione e provare brutalmente a infilzare l’ano della cagna che, appena colpita, guaì e scappò via. «Le femmine vogliono solo una cosa: una bella mazza tosta “di consolazione” in culo!» e i due amici avevano riso a piena gola. Adesso però Nando ha una femmina vera di fronte a sé. Certo, Anna Maria è anche la madre di Pippotto, ed è un’amica di famiglia che conosce e frequenta i suoi genitori da vent’anni, praticamente da quando sono andati a vivere in quel rione di merda. Ma a tutto questo Nando non pensa nemmeno per un secondo, desidera soltanto chiavarsela. Se la immagina come la cagna che aveva visto con Vittorio, nuda, mentre spinge il culo bianco e carnoso contro quel cancello a “ferronnerie”, aspettando solo di essere fottuta. Desidera chinarsi ad annusarle il buco del culo e, con lei ancora piegata a novanta gradi, affondare la lingua nella fessa in calore. «Signo’ avete sudato a fare le scale con questa spesa. ‘Na bella femmina come a voi… mo vi aiuto un poco io!» dice, mentre le sfiora con l’indice e il medio il solco tra i seni gonfi, dove sono radunate poche gocce di sudore. Anna Maria è turbata e, per un attimo, ha una faccia smarrita. Guarda Nando e vede un estraneo. Poi gli sorride e, ancora imbarazzata, gli dà un pizzicotto sulla guancia sinistra. Con quel gesto vuole cacciare via un fantasma, un’immagine di Nando che, secondo lei, non corrisponde alla realtà. «Neh, bell’i mamma, mi vuoi dare una mano a portare la roba sopra?” dice, come rivolgendosi al bambino che Nando non è più: «Sì, non vi preoccupate, mo ci penso io!» fa lui, ma quando cerca di piegarsi a raccoglie la spesa la rigogliosa erezione trattenuta nei calzoncini stretti glielo impedisce. Allora arretra di un passo e, quando è certo che Anna Maria lo stia guardando, spudoratamente, con la mano destra, si afferra il cazzo allungato di traverso sulla coscia sinistra e lo trascina appena un po’ più in alto; poi flette le ginocchia e solleva le buste; quindi fa un passo in avanti e avvolge il braccio sinistro ai fianchi della donna attirandola forte a sé e, immediatamente dopo, la invita a salire i primi gradini. Anna Maria è più alta e grossa di Nando, ma si lascia guidare da lui. Ciò che ha visto l’ha francamente sbalordita. Dapprima aveva ingenuamente pensato che tenesse una lattina di Coca Cola, o qualcosa del genere, nella tasca dei pantaloncini. Aveva istintivamente censurato l’ oscenità di quel sesso che le pareva smisurato sul corpo esile, che lei credeva ancora non del tutto formato, del diciottenne. Adesso lo osserva arrancare impacciato mentre cerca di portarla più vicino a sé e, nello stesso tempo, si sforza di sollevare le buste piene di frutta e ortaggi. «Gesù, ma che si crede di fare ‘sta pulce! Io non sono carne per i tuoi denti, bambinello!» pensa e poi, però, prova a immaginare fino a che punto possa essere indecente il suo cazzo. «Non mi fare cadere la frutta, statti accorto!» ordina. «E voi, signo’, venite più vicino a me!» Anna Maria si fa più vicino e avverte la mano sinistra di Nando tirarla forte per i fianchi per poi lasciare la presa e afferrarle il culo. Sgomenta  si lascia palpeggiare energicamente. Sente le dita calde su di lei aprirsi e tentare di acchiappare quanta più carne possibile. Si fa sospingere leggermente  contro la parete della scala e permette a  quella mano di scivolare di taglio tra le sue natiche. L’indice e il medio premono forte come per penetrarla una, due, tre volte. Nando cerca il suo sguardo, lo sguardo della troia, lo sguardo della Vampirona, per avere il consenso definitivo, perché quella donna matura, quella “mamma di figli”, ammetta finalmente di voler essere chiavata da lui. Ma lei volge la faccia alla parete e si aggrappa al corrimano per trovare lo slancio con cui si libera facilmente dalla presa del ragazzo e, soprattutto, per levargli la spesa dalle mani prima che la rovesci. «Jamm’, jà, non mi  fare bestemmiare, ‘sto stronzillo!… Che qua faccio pure tardi per cucinare!» dice, perentoria e piena di disappunto, affrettandosi verso la porta di casa.

*

 

L’ abitazione dei Laurino è tagliata in due dalla luce. La pendola dell’ingresso segna le 11:22 e il sole fuori è accecante. Lì, invece, solo la cucina è illuminata. Anna Maria deposita il suo mazzo di chiavi su un ripiano di vetro e grida: «Pippo’, qua fuori ci sta Nando che t’è venuto a trovare!» passa un secondo, due secondi: «Fallo veni’ mammà!». E lei aspra: «Vai va’, la camera di Pippotto è quella là, infondo a tutto!». Nando passa oltre la cucina e si ritrova in un lungo corridoio buio. Supera due camere, entrambe con gli infissi spalancati e gli avvolgibili serrati. Dalla silhouette di una poltrona ipotizza che uno dei due vani sia il soggiorno. Fiuta nell’aria l’umidità esalata dalle pareti portanti; è proprio come nel suo appartamento, e pensa: «Questo “casamiento” è fracido tutto quanto!». Va più avanti e il corridoio si divide in due. Da un lato c’è la stanza di Pippotto e dall’altra il cesso e la camera da letto di Anna Maria e Totore. «Uè Pippo’ come stai? È da un sacco di tempo che non ti vedo!» Pippotto è seduto di spalle all’entrata, concentrato a leggere qualcosa sullo schermo del suo computer che è anche l’unica fonte di illuminazione; giacché, pure qui, c’è una finestra aperta per dare aria, ma con le tapparelle abbassate. Pippotto si volta per un attimo e dice: «Cia’ Nando, sto bene, sto lavorando» gli stringe la mano e torna immediatamente a esaminare i dati elaborati sul monitor. «Gesù stai lavorando?! E che stai facendo?» «Eee… so’ cose difficili, cose che tu non puoi capire.» «È vero… lo sai che io non ce l’ho mai avuto un computer?» Nando stringe gli occhi per mettere a fuoco, nella semioscurità, l’immagine di un gagliardetto appeso alla parete. C’è scritto: “A. C. Milan”. Prende a considerare la natura di Pippotto. Lo sta osservando da dietro, controluce, e ora segue il movimento delle sue braccia mentre indossa  le cuffie collegate al computer, come a proclamare già conclusa la loro conversazione. «Deve essere un povero scemo ‘sto guaglione! Secondo me questo non se l’è mai chiavata ‘na femmina» pensa, e poi aggiunge: «Secondo me questo non tiene manco il pesce!» e sogghigna. Nando sta provando a orientarsi nel buio di quella camera che non conosce dove  Pippotto vive recluso da più di tre anni, ormai. Vorrebbe trovare una schifosissima sedia su cui sedersi, ma riesce solo a dare una gomitata nel muro: «Mannaggia a Maronna!» dice, quasi urlando, per scacciare il dolore. Si accorge che Pippotto, isolato dalle cuffie, nemmeno lo ha sentito. Poi intuisce che la porta si sta aprendo e vede entrare Anna Maria. «Allora Nando, hai visto quanto è bravo Pippotto? È troppo intelligente questo figlio mio, è una capa gloriosa, uno scienziato!» dice lei, tutta orgogliosa, dirigendosi direttamente dietro la sedia-poltrona con le ruote su cui è seduto il figlio. Nando sente l’odore forte del profumo da donna. Guardandola avanzare nella luce tenue ha notato che Anna Maria si è cambiata. Ora indossa sempre un abito intero, leggero e senza maniche, ma questo è più comodo, meno attillato e più vaporoso; sembra essere violetto di colore, ed è chiuso davanti con dei bottoni. I piedi, invece, sono scalzi. A Nando non gliene fotte proprio un cazzo di quel coglione senza sugo di Pippotto, vorrebbe solo sapere se la Vampirona è ancora senza reggiseno. «Neh, Nando, ma tu ne capisci di computer?» Nando fa due passi, le si affianca e dice: «No signora, a me mi fa male la capa là vicino. E poi io sono un ciuccione, sono stato bocciato pure quest’anno!» e tutti e due ridono. Pippotto il Ritirato invece non ride, semplicemente non li ha sentiti. Continua a picchiare le dita sulla tastiera  e ad ascoltare, con le cuffie, le canzoni di Eros Ramazzotti registrate sul computer. È proprio un coglione senza sugo! Spera che la madre e il ragazzino -uno dei figli dei suoi volgarissimi vicini di casa- sentendosi ignorati, capiscano di essere sgraditi e a malapena sopportati. Aumenta di un altro giro di manopola il volume dell’audio che solo lui può udire. Si illude che se ne vadano presto. «Maronna mia, hai capito Pippo’ questo ciuccione di Nando è stato bocciato a scuola pure quest’anno!» dice, ridacchiando, Anna Maria mentre si protende dall’alto sullo schienale della sedia-poltrona; ma Pippotto non risponde. Lo sfottò divertito di Anna Maria non desta alcuna reazione nel figlio, invece su Nando stimola un importante incremento della produzione giornaliera di testosterone. Nando va a mettersi alla sinistra di Anna Maria che sta con i gomiti poggiati alla spalliera della sedia-poltrona di Pippotto: questa posizione la costringe a una postura leggermente curva e a sporgere il sedere all’indietro. Nando sta “ngrifatissimo” e decide di osare il tutto per tutto. Agguanta la spalla sinistra della donna, per tenerla ferma,  e dice: «Magari Signo’  fossi pure io un cervellone come a vostro figlio…» e con la mano destra le va a frugare nel mezzo delle natiche. Anna Maria inarca la schiena e sente le dita di Nando trovare la fica attraverso i vestiti e sfregare forte. «Mammà, e che caspita, non t’appoggiare che mi stai spostando la sedia!» protesta Pippotto senza staccare gli occhi dal suo monitor. Anna Maria si fa indietro di un passo, allontana le mani dalla spalliera e Nando ne approfitta per attirarla ancora un po’ più indietro verso la porta, nella penombra. «Oh, basta! La devi finire, se no, quant’è vera la Maronna , ti spacco la testa!» dice lei sottovoce facendo intendere tutta la sua riprovazione. Ma Nando non la lascia andare, anzi, la trattiene con cattiveria per il braccio sinistro, poi si china verso il basso per un attimo e quando si tira su, con la voce scossa dall’eccitazione, riesce solo a dire: «Jà, non v’ arrabbiate, sentite che “ciuccione” che ci sta qua sotto! ». Anna Maria deve soccombere ancora una volta alla prepotenza dell’adolescente che la obbliga a stendere il braccio in direzione del suo ventre. «’Sto moccioso di merda!» sta per reagire, quando la sua mano sinistra viene pigiata su qualcosa di inaspettato, che la stupisce e la rende improvvisamente debole. È il cazzo di Nando. Lei ruota la mano e preme con il palmo aperto, si accorge che è bollente e madido di sudore, non resiste e lo stringe con foga tra le dita. Ha il pollice serrato sull’aggetto spongioso che ricopre l’uretra e le altre dita sono avvitate ai corpi cavernosi che trova esageratamente gonfi. La sua fede nuziale affonda come un amo nella carne del cazzo di Nando. Prova a congiungere le falangi del pollice e del medio che restano inesorabilmente distanti, poi va giù, stira il prepuzio fino a scoprire integralmente il glande e quindi torna su. Lo sta già masturbando. Su e giù, ancora, per una, due, tre, quattro volte; saggia l’intera lunghezza di quel cazzo  che le sembra mastodontico. «Madonna del Carmine!» Vorrebbe che ci fosse la luce, vorrebbe godere appieno della visione di quell’indecenza. Anna Maria in passato non aveva mai avuto particolari manie sessuali. Certo, si era concessa alcune  relazioni extraconiugali, ma giudicava la cosa assolutamente legittima, anzi, semplicemente naturale per una donna avvenente come lei. Poi qualche anno fa, senza alcun preavviso, erano cominciati quelli che definiva i suoi “capricci”. Da allora si era lasciata chiavare, in circostanze diverse, da cinque uomini solo perché era convinta avessero un cazzo più grosso del normale. Bramava il “signor pezzo grosso”, “l’asso di bastoni”, il cazzone da favola. Aveva preso l’abitudine, mentre scopava, di misurare col palmo delle mani le dimensioni dei suoi amanti e ne aveva fatto una graduatoria: la classifica del suo segretissimo campionato di serie A. E adesso era certa di avere tra le mani la rivelazione della stagione 2010-2011. Il cazzo di Nando, se schiaffato in orizzontale sulla tastiera del computer di quello spastico di Pippotto, coprirebbe tranquillamente i tasti da “Esc” a “F12”: roba da superare di quattro centimetri abbondanti il miglior piazzamento mai ottenuto nella sua classifica. Ora però è obbligata a mollare la presa. Nando le gira intorno e va a mettersi alle sue spalle. Lei accompagna mentalmente il movimento del cazzone dell’adolescente. Ne avverte l’ardore ruotare attorno alla sua coscia sinistra per poi andare ad appoggiarsi alle natiche. Sente le mani di Nando scorrere sotto le sue ascelle; allora lei apre leggermente le braccia piegandole in su, con le palme delle mani rivolte verso l’alto, quasi in segno di resa; lui capisce e le afferra con decisione i seni. Al di sotto del vestito il petto della donna è nudo e il cotone leggero ne esalta il volume pieno e superbo. Nando distende le dita per acchiappare quanta più carne possibile, sfiora i capezzoli “intostati”, dritti come chiodi, infine, gradualmente, deliziosamente, strizza le due poppe premendole una contro l’altra. Sente la massa molle gonfiarsi contro il torace della donna e traboccare di lato fino a coprirgli gli avambracci. Anna Maria è costretta a drizzare la schiena e si avvantaggia di quel movimento, indotto dalla spinta di Nando, per protendere il culo e, finalmente, calcarlo forte sul suo cazzo. Le loro teste si urtano. Nando respira l’odore dei capelli di Anna Maria, stirati con la piastra e tinti di biondo svedese da meno di ventiquattro ore, ne sposta una ciocca e la bacia sul collo. La sente mugolare: «’Sto figlio di puttana!» e sfregare ancora più forte il culo contro il turpe rilievo del cazzo. Uno, due, tre secondi dopo termina la canzone “Affetti personali”. Pippotto  sistema le cuffie in modo che aderiscano perfettamente alle sue orecchie e si accomoda meglio sull’imbottitura della sedia-poltrona ad attendere l’avvio di “Controvento”. Dietro di lui c’è il panico: Nando, ripiegato sulle ginocchia, fissa, con gli occhi sbarrati dallo spavento, il profilo di Pippotto, sa che se quel coglione si girasse lui non farebbe mai in tempo a  rivestirsi; più indietro Anna Maria è terrificata, si tiene la faccia tra le mani, anche lei con lo sguardo spaventato rivolto in direzione del figlio. Ma Pippotto è immobile e tranquillo, concentrato ad immettere nuovi dati nel computer. «Uh, s’è fatto tardi e devo preparare le pillole per Totore! Mo te ne vai pure tu Nando, non è vero? » dice Anna Maria ad alta voce per poi, velocemente, uscire dalla stanza. Nando è ancora inginocchiato, col culo di fuori e il cazzo duro, nella posizione di un centometrista ai blocchi di partenza. Ma adesso può riprendere a respirare perché è sicuro che Pippotto non distoglierà lo sguardo dal monitor del computer. Si rimette dritto, solleva una gamba dopo l’altra e si spoglia dei pantaloncini e degli slip. Così, nudo e silenzioso, avanza nella semioscurità guadagnando la porta. Di nascosto origlia la conversazione tra Anna Maria e Totore nell’altra camera da letto: «… Ti ho detto che non ne voglio sapere di quelle pillole di merda!». «Oh, tu mi stai facendo impazzire appresso a te! Mo ti vado a preparare le pillole e fra mezz’ora te le porto, poi vedi tu se te le vuoi piglia’ o no!» dice irritata Anna Maria per poi incamminarsi verso la cucina. Nando sente i talloni nudi della donna percuotere il pavimento. Aspetta qualche secondo prima di urlare in direzione di Pippotto: «Cia’ Pippo’, statti bene!» poi, senza attendere alcuna risposta, immediatamente socchiude la porta della stanza dello “scienziato”. Nando indossa solo la t-shirt bianca di cotone, quella con la faccia di Bud Spencer stampata in nero, e le scarpe da ginnastica calzate a pelle. Mentre attraversa il corridoio buio si guarda il cazzo dritto sbatacchiare nell’aria. È come un rabdomante guidato dalla sua bacchetta viva e palpitante alla ricerca di una cavernosa vena d’acqua.

 

*

 

Quando Nando entra in cucina è accecato dalla luce. Stringe le palpebre per proteggere gli occhi e poi le riapre schiudendole con prudenza. Il chiarore di luglio invade l’intero ambiente. Fa due passi avanti e posa sul tavolo, alla sua sinistra, i calzoncini corti e gli slip che teneva arrotolati in una mano. Osserva Anna Maria: è di fronte a lui, girata di spalle, a cavare delle pillole dalla loro confezione e ancora non sa della sua presenza. Allora Nando, in silenzio, torna all’ ingresso della cucina per chiuderlo a chiave, quindi, zitto zitto, fa cinque passi in direzione della donna. Anna Maria si accorge di lui e senza voltarsi dice: «Stai ancora qua? Se non te ne vai “mo mo”, t’azzecco uno schiaffone che ti finisco di scimunire!». Ma Nando è già dietro di lei, l’afferra per i fianchi e le annuncia: «Manco per la capa! Mo vi fate una chiavata con me; se no, da qua, io non me ne vado!». Anna Maria abbozza l’ennesimo gesto di reazione che frena quasi immediatamente. Sarà il suo ultimo tentativo di reprimere le sfacciate avances di Nando. È inutile trattenersi; lei è avvinta e sedotta dall’imponenza di quel cazzo spropositato che, proprio in questo momento, ammira issarsi, bruno e lascivo, tra le gambe smilze dell’adolescente. Non immaginava che quel  moccioso di guaglione avesse avuto l’audacia di  attraversare la casa, nudo e conciato in quelle condizioni, per seguirla fino alla cucina. Gli sente dire: « Fatemi vedere il culo, signò!» mentre le alza il vestito tirandolo su il più possibile. Lei è girata di schiena e con le mani si aggrappa al toro del piano di lavoro in pietra; inarca la schiena; si solleva adagio sulle punte dei piedi -e la contrazione dei polpacci le fa venire la pelle d’oca- quindi, sporge in fuori il sedere ormai nudo. Alle sue spalle Nando dilata gli occhi e contempla il volume formoso di quel fantastico culo. Fissa il triangolo di tessuto nero delle mutandine che, più in basso, diventa un sottile cordoncino e sparisce nello spessore dei glutei. Allora Nando si piega sulle ginocchia e sulla carne docile di quei glutei pone le  sue mani ben aperte, infine, con una semplice rotazione dei polsi, ne scopre lo spicchio più interno e nascosto. Adesso il cordoncino nero è visibile nella sua interezza. Lo segue con gli occhi discendere tra due lembi di labbra umide e grinzose, poi sente quell’odore e ci va dentro. Spinge la faccia, affonda, e con la punta della lingua inizia a lambire, sfiorare, lisciare. Prova il sapore dei bordi esterni della fica, si lascia pizzicare dai peli ispidi, quindi, mentre con una mano mantiene aperte le natiche, con due dita dell’altra solleva le mutandine. Ora la cavità rosa della fica è libera e Nando ci va sopra con la bocca. Anna Maria è praticamente seduta sulla faccia dell’adolescente e sente la sua lingua penetrarla e muoversi rapidamente e torcersi nella fessa. Ondeggia il culo intorno al perno focoso che è quella lingua che la svuota da dentro; lo fa di nuovo e un’altra volta ancora. Poi avverte le dita di Nando sfiorarle le cosce e, pian piano, scendere sui polpacci per poi afferrarle i talloni sollevati da terra. Lei ha voglia da morire e questo ragazzino sembra indemoniato. Comincia a gemere più forte per dare sfogo alla sua eccitazione e per proibirsi l’insorgere di qualsiasi pensiero; perché, al momento, esiste soltanto la sua sfrenata voglia di cazzo da soddisfare. «Fottimi “guagliunciello”!» comanda, per poi aggiungere sommessamente: «…che sto smaniando come ‘na porca!». Nando si rimette dritto -la lingua imbevuta delle secrezioni di Anna Maria- acchiappa l’elastico delle mutandine che se ne sta attorcigliato sulle natiche e lo trascina giù fino alle caviglie. Fa un passo indietro e si ferma per un attimo a valutare la depravazione di quella femmina matura, quella “mamma di famiglia”, che ora, allungandosi con le braccia, protende il suo incredibile culo e lo apre verso di lui e lo dondola -spostando lentamente il peso del corpo da una gamba all’altra- e gli impone di chiavarla. «Vi devo “schiattare in corpo”!» così dicendo Nando introduce il glande, fino alla cresta, nella fica che si apre fradicia, quindi, spinge piano una, due, tre volte, e ogni volta va un po’ più dentro per poi, finalmente, irrompere fino in fondo. A quel primo, impetuoso, colpo Anna Maria risponde con un “ahi!” di dolore subito seguito da una serie di mugolii di compiacimento che emette in maniera soffocata ma sonora: recita la corona di grani della lussuria. È tutta concentrata, tutta compresa, sul cazzone di Nando che la sbatte, la sfonda con veemenza. E lei lo avvolge il cazzone, lo stringe, lo strizza con le labbra della fica e con tutte le sue pareti. Lo sente sfregare dentro e dimena i fianchi, il culo, la fessa, tutto si muove intorno a quel cazzo. «Aahh… Maronna mia bella! Così, sì, chiavamelo tutto dentro!» Nando la sta scopando furiosamente, e prova ad accelerare ulteriormente il ritmo delle sue spinte. «Aahh… Maronna mia!» Ascolta il “pac, pac, pac, pac” del suo pube che si scontra con i glutei della donna. Va avanti ancora per 27 secondi e poi rallenta. Adesso la penetrazione è più meditata, la retrazione del pene è molto lunga, fino a scoprire la cresta del glande: sta riprendendo fiato. Si allunga sulla schiena di Anna Maria avvicinandosi il più possibile al suo orecchio sinistro: «Vi piace assai il cazzo, è così?» e, immediatamente dopo, la prende per il mento obbligandola a ruotare il viso verso di lui: «Fatevi guardare in faccia mentre vi chiavo!». Anna Maria, inconsciamente, intuisce che quel ragazzino vuole vedere trasparire, nelle sue espressioni di piacere, la maschera della troia che non ha saputo controllarsi e ha ceduto alla voglia di cazzo. Perciò, in questo momento, torce i muscoli del collo per girarsi ancora un po’ e fissare Nando  negli occhi, poi, a rilento, con sapienza, dischiude la bocca, tira fuori la lingua e la fa scorrere, senza fretta, prima sul labbro superiore e, quindi, su quello inferiore; lo fa ancora una volta e… uff, mio Dio, nessuno potrebbe resistere! Nando risponde subito allo stimolo erotico e riprende a scoparla forte. «Così devi fare, guardami in faccia puttanone! Guardami in faccia mentre ti “sguarro la patana”!» ma Anna Maria è tornata a rivolgere lo sguardo di fronte a sé, al piano di lavoro in pietra a cui  si tiene tenacemente per riuscire meglio a sopportare le spinte violente delle penetrazioni. Le piace da morire essere chiavata in quel modo irriguardoso e brutale da un adolescente di 18 anni; e poi lo stanno facendo nella cucina di casa sua,  a pochi metri da suo marito e da suo figlio. Geme forte. Sa che Totore, seppure dovesse udire qualcosa, non si alzerebbe mai dal letto per venire a verificare l’origine di quei lamenti. Suo figlio Pippotto, invece, ha le cuffie con le canzoni di Ramazzotti e si è ritirato, ormai da tempo, in un luogo imprecisato lontano da ogni cosa. Geme ancora più forte. Immagina per un attimo di essere scoperta: vagheggia di farsi sorprendere dai suoi, adesso, nel momento in cui soddisfa ogni “capriccio”, ogni depravazione della troia che è. E geme più forte, urla quasi. Vorrebbe essere fermata, ma poi manda tutto e tutti affanculo, si lascia andare e viene presa dagli spasmi e dalle contrazioni dell’orgasmo. «Mannaggia a chi t’è “muorto”!» esclama Nando preoccupato che qualcuno, di là, possa aver sentito le grida di Anna Maria e pensa: «Per fortuna che ho chiuso la porta!». Toglie il cazzo dalla fica, molla la presa dai fianchi della donna e fa un passo in dietro. Osserva, per un attimo, il colore paonazzo dello “scapocchio” del glande elevarsi di fronte alla faccia sorridente di Bud Spencer stampata sulla sua maglietta. Si accorge che Anna Maria si è girata. Ha ancora le mani aggrappate al toro del piano di lavoro in pietra della cucina ed è dritta, di fronte a lui, in un atteggiamento insieme allusivo e di sfida. Con le braccia arretrate rispetto al busto spinge in fuori i seni, che ora appaiono imponenti, e sembra quasi che i tre bottoni che chiudono il vestito sul davanti possano saltar via a causa di quella eccessiva pressione. Guarda Nando negli occhi e dice: «E che fai mo, perché non vieni? Ti sei stancato già?!». Nando le è subito addosso e, quando fa per baciarla, le labbra di Anna Maria si dischiudono all’istante e la sua lingua guizza a cercare quella del ragazzino. Lei apre ulteriormente la bocca e dimena la testa mentre lecca e bacia; adesso, addirittura, spalanca la mandibola e lo scrocchiare delle giunture le accresce la sensazione di godimento. Otto secondi dopo si separa per un attimo dal suo amante, forse per prendere fiato, spezza un filo di bava che ancora li tiene insieme e gli prende le mani per posarle sui suoi seni, che spinge in fuori il più possibile arcuando il busto; quindi, torna a inzuppare la lingua nella sua bocca. Avverte le dita di Nando aprirsi per poi spremere forte la polpa tenera e abbondante delle mammelle; il cotone leggero del vestito, che ancora la copre, le permette di godere di tutto il vigore di quella “maniata” insistente e nervosa. Decide di smettere di baciarlo, allontana di qualche centimetro Nando da sé e incomincia a sbottonare lentamente il vestito, che immediatamente cede lasciando traboccare  due tettone straordinariamente rotonde e gonfie. «Tiè, fatti ‘na bella “zucata” di latte fresco, bello di mammà!» Nando, immediatamente, si attacca ai suoi capezzoli e li tocca e li unge con la lingua mentre con le mani preme forte; osserva le grandi aureole scure reagire alle sue pressioni dilatandosi e, mentre le liscia e le carezza con la punta della lingua, si rende conto che lungo la loro circonferenza emergono tanti puntini chiari di grasso, allora, allarga la bocca e la riempie di quel rigoglioso ammasso di carne. «Aahh… così, a mammà, zuca! Zucati ‘ste due zizze di vacca!» dice Anna Maria incitando il suo giovane amante: « Ahh… Maronna del Carmine! Zuca a mammà, zuca!» Nando continua a “carniare” le due opulenti tette. Suppone che Anna Maria sia eccitata anche dalla sua giovane età e dall’idea che lui potrebbe essere suo figlio. Allora s’ impone di sospendere quell’oscena poppata e si allontana di un passo da lei. La vuole osservare, vuole scrutare ancora una volta il suo volto che adesso fa tutt’uno con le  due procaci mammelle su cui si eleva. Indaga con attenzione per vedere, trovare, capire fino in fondo quanto è troia la signora Anna Maria Laurino, la Vampirona; la sua vicina di casa e amica del cuore di sua madre. Passa il palmo della mano destra sul glande, come per lucidarlo e le ordina: «Falle balla’ ‘ste tettone, puttana!» Anna Maria, compiaciuta, sorride ed esegue immediatamente l’ordine cominciando, lentamente e sensualmente, a ondeggiare la massa formosa dei suoi seni. Nando, con la mano destra, insiste ossessivamente a toccarsi il cazzo, poi solleva la sinistra e porta l’indice e il medio nella bocca della donna. Lei ciuccia le due dita golosamente, come se non avesse desiderato altro: vorrebbe che la sua lingua fosse più sensibile, vorrebbe che quella bocca, tutt’intera, fosse una fica. E intanto continua a dondolare i fianchi agitando le tette. Nando di fronte a quella scena presagisce che non riuscirà a trattenere l’orgasmo ancora per molto, ordina: «Fatemi il “pesce in mano”, signora!» e Anna Maria, ubbidiente, agguanta il cazzone infiammato dell’adolescente. Con la schiena lievemente piegata, ostinandosi a far oscillare i seni, lo masturba forte con un movimento della mano insieme irrequieto e sicuro; e qui emerge tutta la sua esperienza: questa donna sa esattamente come impugnare un cazzo, con quanta forza stringerlo, fino a che punto distendere il prepuzio e in quali punti indugiare. Nessun’uomo potrebbe resistere a questa prodigiosa manipolazione per più di nove secondi e mezzo, figuriamoci Nando… «Bello, signo’, che “pugnettara” che siete!» e, immediatamente dopo: « Ahh… più forte, più forte, che sto per “sburrare”!» quindi: « Si, così!» e libera l’orgasmo. Lo sbocco è abbondante e i fiotti, corposi, disegnano in aria parabole ampie, prima di disfarsi incocciando il corpo di Anna Maria o abbattendosi sul pavimento. «Uhh… Madonna del Carmine! Che pezzo di cazzo che tieni, Nando! Sburra tutto quanto, a mammà!… Ancora, dài, dài!» Quando Nando lasciò l’abitazione dei Laurino la pendola dell’ ingresso segnava le 12:46. Discese le scale a rilento e, quando fu nell’androne del palazzo, si fermò ad osservare una vecchia nicchia, che tanti anni fa suo nonno aveva decorato a edicola votiva. Dentro c’era solo una candela perché, la settimana prima, qualcuno aveva portato via l’ultima statuetta sacra rimasta. «Si rubano qualsiasi cosa in questa città di merda!» disse e ripensò a suo nonno, che quello era uno che ancora ci credeva ai Gesù Cristi, alle Madonne, alle immacolate concezioni e tutto il resto delle puttanate. Si incamminò verso il bar “Queens 2000” ragionando sul fatto che, comunque, era sempre senza soldi, quando fu raggiunto da Vittorio e Salvatore a bordo di uno scooter “tuning”: «Uè, scemo, stai ancora incazzato? Noi ce ne andiamo a mare a Salerno» disse Vittorio: «Ah, bella chiavica!» rispose lui; poi Salvatore diede gas e si avviarono intonando una specie di coro da stadio. Nando li seguì con lo sguardo fin quando scartarono bruscamente tra due auto sparendo nel traffico, poi disse: «Ma sì, finiamola qua, andatevene tutti quanti affanculo!»                          

 

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