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Racconti Erotici Etero

L’amore profano

By 2 Febbraio 2015Dicembre 16th, 2019No Comments

La serata era stata divertente, e Matteo, Riccardo e Stefano erano finiti al freddo, in autogrill, appoggiati alla macchina, parlando di quanto la ragazza di Matteo fosse puttana a letto, e di come Riccardo non avesse mai ricevuto sesso orale.
‘Guarda che non tutte le ragazze fanno pompini, mica si divertono!’ si giustificava, ‘Sì ma cazzo, non ti piace ma lo fai! E poi a tante piace” rispondeva Stefano, mordendo un pezzo di cotoletta dal suo Apollo appena sfornato.
Matteo brandiva il Camogli come una sciabola ‘Se non fai pompini non te la lecco nemmeno! E infatti Veronica fa dei gran pompini”
‘Perché Veronica &egrave una porcellina” lo stuzzicò Stefano. ‘Cazzo vuol dire ‘ ribatté Matteo – le piace fare sesso, che male c’&egrave! La tua ragazza te li fa i pompini con ingoio??’.
Riccardo riportò la discussione in carreggiata, togliendo d’impaccio Stefano, d’un tratto rabbuiato: ‘Sì ma non cambia niente, c’&egrave chi lo fa e chi non lo fa, e a me, se una ragazza non vuole, non da fastidio. Se vuole bene, altrimenti voglio che stia bene, mica deve fare una cosa che non le piace.’
Il passo successivo, generalmente, sarebbe stata una speculazione sul libero arbitrio, sul destino e sulle religioni. Questa era la tipica dinamica delle loro discussioni a notte fonda da ubriachi. Poi politica, filosofia e di nuovo sesso.
Matteo, che nonostante il tasso alcolico da Oktoberfest era designato come autista, prese in mano la situazione e agitò con aria luciferina le chiavi della macchina davanti agli amici. ‘E allora sapete che si fa ora? Si fa un bel… puttan-touuur!’
Riccardo stava prendendo fiato per accampare una buona motivazione, e ce ne sarebbero state parecchie, per rimandare il brillante progetto dell’amico, ma Stefano, pulendosi le labbra dalle briciole, lo prese di peso e gridò, con l’ultimo boccone di cotoletta tra i denti: ‘Sì! A troooie!’
Erano le due e mezza di notte e, caricati in maniera scomposta sulla Clio come su un carro bestiame, tra una protesta e un grido goliardico, si lanciarono per le strade di campagna ben frequentate dalle signorine della notte.
‘Stasera sai che pompino da sogno ti fai, Richi?? Poi vedi se non lo pretendi dalle ragazze!’
Giunti su degli ampi rettilinei ben conosciuti, rallentarono visibilmente e accesero gli abbaglianti, per attirare le lucciole e vederle chiaramente.
Mentre i due compagni di avventure cominciavano a sgranare gli occhi e a dare giudizi sulle donne che circospette emergevano dall’oscurità, Riccardo guardava la scena distrattamente dai sedili posteriori, chiedendosi quando la presa in giro si sarebbe conclusa.
‘Guarda quella che tette! Come sono strette fino a scoppiare in quel bustino! AH BELLA! La fai una cosa a tre??’ Un dito medio fu la risposta laconica. Stefano girò lo sguardo e vide una sudamericana con ricci cotonati e gambe chilometriche: ‘Mhhh guarda quella! Me lo sta facendo venire duro! Che cosce ha?? La voglio mettere a pecora e prendere per i capelli’. ‘E quella? Va’ che labbra, e che tette!’. ‘Ma quello &egrave un trans! Ah ah ah se ti piace così accomodati, poi però devi mangiargli il pasticcino!!’
Matteo e Stefano si stavano beccando sui rispettivi gusti estetici, quando Riccardo si svegliò dal torpore di soprassalto: ‘Oh! Vai da quella! A bocca aperta puntò con il dito una ragazza sul ciglio della strada. Una biondina delicata, forse dell’Est, con una minigonna ridotta ai minimi che metteva in evidenza delle gambe affusolate in calze a rete. Sopra aveva un maglioncino aderente con delle belle tettine pronunciate, e lunghi capelli biondi raccolti. Avrebbe scommesso di aver incrociato dei scintillanti occhi azzurri, nel buio senza lampioni.
‘Eh va bene, ora accosto.’ Non fece in tempo a frenare, che dal fondo del viale sbucarono dei lampeggianti blu elettrico, e una Punto dei carabinieri si ingrandì all’orizzonte.
‘Oh cazzo!!!’ Imprecando all’unisono i tre inchiodarono e ingranarono la retromarcia per un’avventatissima inversione ad U. Riccardo si girò scrutando il lunotto posteriore: ‘Dai, vai, che si sono fermati!’ Poi diresse lo sguardo verso gli alberi a bordo strada. Quell’apparizione celestiale si allontanava, come una fata nei boschi.
Arrivati al capolinea dopo una ventina di minuti, con una discreta dose di adrenalina in più, e alcol in meno nelle vene, Matteo scaricò ciascuno alle proprie abitazioni.
Erano le tre, e Riccardo, aprendo il garage per entrare in casa, si fermò a riflettere sull’accaduto. Si sentiva il battito accelerato. E non era colpa delle forze dell’ordine: ripensava a quella ragazza nella notte, e ai suoi occhi tristi. Aveva il pene barzotto e non riusciva a togliersela dalla testa.
Invece di imboccare le scale che dalla cantina salivano in corridoio, aprì la serratura della sua macchina e vi montò. Girò le chiavi, e partì.
Giunto sullo stradone, decelerò cautamente. Non voleva apparire come il classico cliente: del resto c’erano anche i carabinieri nei paraggi. ‘E che cosa le dico a questa? ‘Ciao, mi chiamo Riccardo, piacere’?’ Non era mai stato con una prostituta, non aveva mai pagato per sesso, e sinceramente non sapeva se quello sarebbe stato il suo piano. Ritrovò la piazzola dove avevano fatto manovra in precedenza, e, nascosta dietro ad alcuni cespugli spogli, vide la ragazza, esile e titubante. Si fermò, e la guardò, vergognandosi. Era terribilmente eccitato per la situazione, il cazzo gli premeva contro i jeans, ma la voce gli mancava.
‘Ciao!’, le disse dandosi contegno. Lei si avvicinò, mantenendo una postura sensuale, nonostante i tacchi nel terriccio. Abbassò la testa al livello della portiera e, sorridendo attraverso il finestrino abbassato, lo guardò con occhi color ghiaccio e gli fece mancare un battito di cuore. ‘Ciao caro’.
Aveva una voce strana, bassa e acuta allo stesso tempo.
‘Ehm’come stai?’ In attesa che il cervello gli suggerisse qualcosa di più intelligente, prese tempo di fronte a quella creatura angelica.
‘Bene. Ho un po’ freddo.’ Era sicuramente dell’Est, con quella voce sovietica, che veniva da chissà quale terra, intensa nonostante il corpo minuto.
‘Si vede! Cavolo, stai tremando tutta! Senti’ vuoi salire un attimo in macchina per scaldarti?’. Doveva avere un’espressione davvero ingenua Riccardo, perché quella bambolina dal naso a punta lo scrutò piuttosto sorpresa, prima di aprire la portiera senza dire una parola.
Lui osservò, quasi al rallentatore, quelle gambe lunghissime che si infilavano nell’abitacolo. Era estasiato. Lei si stava sistemando la minigonna, senza guardarlo, e Riccardo, impacciato, impostò il climatizzatore alla massima potenza, prima che quel nasino che spuntava da lunghe ciocche di biondi capelli fini si girasse verso di lui. Gli occhi, ora azzurro cielo, lo fulminarono nuovamente. ‘Grazie’.
‘Ma figurati, non potevi mica stare li fuori a congelare.’ Lei ricambiò con un sorriso. Era un gesto educato, una semplice piega delle labbra su quel viso innocente, ma lui avvertì una stretta allo stomaco e l’erezione che aumentava. ‘Sai, prima ti avevo visto, ero in macchina con amici, e ti avevo già notata” Lei lo fissava senza capire. ‘Sì, insomma’&egrave da mezzora che mi chiedo’ Sei davvero una ragazza carina. E mi chiedevo’ Cio&egrave’ Come fa una ragazza come te a stare sul bordo di una strada?’. Riccardo aveva l’impressione che gli occhi di lei si facessero cupi. ‘No, cio&egrave, tu qua in Italia potresti fare la modella, sei così bella che potresti sposare un uomo ricco!’. ‘Ah ah ‘ rise amaramente ‘ e tu sei uomo ricco?’
‘No, decisamente no’ Cio&egrave, normale. Né ricco né povero. Comunque mi chiamo Riccardo.’ Protese scioccamente la mano, come ad una presentazione formale; lei lo fissò stranita. Poi allungò la sua mano sottile: ‘Nastia’.
‘Nastia’ Cosa vuol dire? E’ un diminutivo? E’ il nome vero?’ ‘Nastia &egrave per dire Anastasia, mio nome’.
‘Bello Anastasia’ La guardava con il cuore in gola ‘Anastasia &egrave un bel nome. Come la principessa, giusto? E’ un nome da zarina!’ Nastia rise: ‘Sì, come regina”
‘Di dove sei?’
‘Moldova. Moldavia”
‘Dev’essere un paese bellissimo se ci sei tu’Ma di Moldavia o Transnistria? Non c’&egrave mica una sorta di divisione tra Rumeni e Russi?’ Riccardo azzardò qualche nozione che ricordava dalle lezioni universitarie, e lei spalancò gli occhi come una bambina. ‘Sì! Pridnestrovie! Come fai a sapere?’
‘Se devo venire a trovarti devo per forza sapere dove andare!’ rispose sorridendo. Era eccitato e felice di vederla ridere sinceramente. Lei lo fissava mentre appoggiava le dita ai bocchettoni dell’aria calda.
‘Senti Anastasia, che ne dici se ti offro qualcosa da mangiare? Lo vuoi un panino e un the caldo?’
Lei smise di sorridere: ‘Senti, io però non posso”
‘Sì, non ti preoccupare, poi’poi ti do quello che vuoi. Voglio’voglio solo parlarti’
Non voleva solo parlarle. Voleva accarezzarle quelle cosce dritte e slanciate, e prendere in mano il seno sodo. Doveva essere una terza piena, e sporgeva da quel vitino stretto. Voleva prenderlo in mano e farle indurire i capezzoli. Ma soprattutto voleva conoscerla.
La portò in autogrill e le recuperò un sandwich e una coca, poi accese l’autoradio e mangiò insieme a lei. Era affamata come una gatta senza casa. I suoi occhi azzurri allungati lo guardavano più rilassati, e mentre lui li osservava infatuato, e passava ai capelli chiari, al collo fine e alle labbra, si fermò stupefatto. ‘Hai detto che hai vent’anni?? Mio Dio, sei’ sei così piccola. Ti rapisco e ti porto lontano, e poi ti sposo!’
Lei arrossì.
Passarono due ore a parlare, a ridere, con Riccardo che la corteggiava come un poeta innamorato, e lei che rideva squillante, spiegandogli da dove venisse, che famiglia avesse, cosa aveva studiato e perché era stata costretta a prostituirsi sulla strada.
‘Pagherei 300 ‘ per vederti la sera, altro che strada. Potresti avere quello che vuoi dalla vita.’
‘E’ ora di andare’, rispose lei chinando lo sguardo. Lui capì, deluso, e inserì la marcia.
Tornarono alla piccola radura tra i rami a lato della strada, là dove si erano incontrati.
‘Mi piaci, Nastia. Mi piaci tutta, completamente.’ ‘Lo dicono in tanti, Ricardo’.
‘No’Cio&egrave, te lo diranno in tanti, ma a me piaci davvero.’
Lei lo guardò intensamente. ‘Sei gentile, sei vero uomo. E lo so che io piaccio a te.’
‘E poi si vede!’ aggiunse, toccandogli quella protuberanza che si muoveva ad occhio nudo, nonostante i jeans. ‘Ah ah’Sì, &egrave vero. Mi piaci molto e sei così sensuale’ Ma credo di volerti bene, sei una brava ragazza, mia principessa, e non farei mai sesso con te se tu non vuoi’. Le accarezzò una guancia, liscia come una pesca, e gli occhi della ragazza si arrossarono.
‘Mi fai stare bene. In mio paese ragazzi non sono così. Sono freddi con ragazze. Ragazzi bevono, poi fanno sesso e non si interessano di te. Tu sei simpatico. Sei un ragazzo bello, e sei simpatico. E anche qua non &egrave una bella vita’.
‘Come osano trattare male la mia principessa Anastasia!’. Lei rise, mentre una lacrima si riempiva a bordo dell’occhio destro. Poi si avvicinò a lui, socchiuse le bocca e lo baciò dolcemente. Lui le prese la testa fra le mani e assaggiò le sue labbra, come avrebbe fatto con la sua ragazza. Le lingue si incontrarono e si strinsero morbide. Riccardo avrebbe giurato che lei avesse un buon sapore. Piegarono la testa e si esplorarono a lungo, fino a che lui, ormai, bagnato per l’eccitazione, le prese un seno e lo soppesò con delicatezza.
Lei si staccò, e mentre lui le asciugava la lacrima, si mise in ordine i capelli e lo fermò. ‘No, devo andare.’
‘Io’ perché? Non volevo farti stare male! Senti’ Ti pago almeno per la serata!’
‘No’ Guarda, lascia stare soldi”, raccolse la borsa dal tappetino e aprì la portiera. Rimase in silenzio alcuni secondi, con le scarpe che toccavano terra. Lui allungò la mano e le accarezzò da dietro i capelli.
Anastasia parlò: ‘Io’accendi macchina. Andiamo in quella stradina, là in fondo’ disse sospirando, mentre rinfilava le gambe sulla vettura, e lo guardava sorridente.
Lui obbedì, e quando furono fermi in un largo sentiero di terra battuta, spense il motore.
Lei sciolse i capelli, e sollevandosi in ginocchio scavalcò la leva del cambio e si mise sopra di lui, in braccio.
‘Tu mi piaci. Io non faccio sesso con te perché sono puttana, faccio sesso perché voglio’.
Riccardo si dovette concentrare, perché in quel momento stava per esplodere in un fiotto di sperma. ‘Non mi interessa cosa fai per vivere, non voglio fare sesso con te, voglio fare l’amore con te, Nastia’.
Lei sorrise, mentre gli infilava la lingua in bocca. Sotto il suo culo sodo, sentiva il cazzo che spingeva, rigido e gonfio. Lui le accarezzò ancora i capelli, mentre muovevano le bocche, e quindi scese sulla schiena magra, fino a quel fondoschiena duro, diviso da una splendida fossetta ben definita.
Anastasia aveva il respiro affannato, e il perizoma sotto la minigonna le permetteva di avvertire la montagna di carne su cui era appoggiata. Con le mani si infilò sotto la camicia del giovane, e mentre attorcigliava la sua lingua all’altra, sorrideva, tastando gli addominali solidi e i pettorali larghi.
Riccardo si staccò dal sedile abbassandosi i pantaloni, e la cappella spuntava dai boxer, nuda e bagnata ormai da tempo. Lei lo osservò, soddisfatta, e si complimento con lo sguardo. Poi estrasse un preservativo dalla borsa e lo applicò sul membro già scivoloso.
Lui le slacciò il reggiseno, da cui poco si mossero due seni sodissimi, che lui poteva succhiare come dei dolci, e da cui spuntavano verso l’alto capezzoli eccitati. Ad ogni succhiata, accompagnata dalle mani che intanto le allargavano il buchino del culo, Nastia emetteva un mugolio disperato. Le sue tette erano così sensibili che avrebbe potuto raggiungere l’orgasmo anche solo facendosi torturare quei piccoli spilli di carne, che Riccardo mordeva e baciava.
Sempre più eccitata, iniziò a muovere avanti e indietro il bacino, cercando quel cazzo che le allargava la fighetta. Dondolava ritmicamente, sfregando il clitoride sui grossi corpi cavernosi del membro di Riccardo, e ad ogni colpo lui le spremeva quei glutei pieni con le dita, sempre più vicino al massimo piacere. Poi, mentre lei spostava il perizoma dalle labbra bagnate della sua figa, il pene scivolò, quasi naturalmente, all’interno di essa.
Lui la fissò: stava facendo l’amore con un angelo. Stava possedendo una creatura perfetta. E questa ansimava, e con il cazzo dentro di sé emetteva dei suoni sensuali ad ogni movimento: ‘Ah-ah-oh’sì’tesoro, ah-ah, scopami’.
Riccardo la aiutava trascinando ora avanti, ora indietro, ora su, ora giù, quel culetto fantastico, in cui ormai aveva già infilato un dito medio, per la gioia della principessina.
Poi, estasiato dai suoi lineamenti fini e delicati, staccò la presa e circondò le mani attorno al collo, stringendo dolcemente. Nastia curvò indietro la testa e si mise a cavalcare disperatamente, mentre il cuore correva per l’eccitazione. Lui premette ancora di più, fino a sentire i suoi respiri affannati passare fra le dita, carichi di amore e godimento.
Erano sudati, nella macchina appannata, e i capelli di lei si incollavano al viso del ragazzo. E lui sentiva il piacere della fighetta colare lungo la sua asta irrigidita, fino a inumidirgli le palle.
Poi, mentre l’angelo si muoveva sinuosa come un serpente infernale, e il suo culetto dettava un ritmo forsennato, questa si scosse per i brividi. Come se fosse stata attraversata da una scarica elettrica, Nastia staccò la faccia di Riccardo dai suoi seni ormai fradici di saliva, e vi tuffò la sua bocca. Lo baciò con passione, stringendolo forte, proprio quando un orgasmo profondo la faceva scuotere come una foglia, muovendosi a scatti.
Il cazzo fu inondato da un ruscello di umori, e sentendosi bagnare di piacere, si lasciò andare in dei getti liberatori di sperma, riempiendo il profilattico nella patatina calda.
Le lingue tremavano, mentre i due amanti si abbracciavano.
Rimasero nudi e avvinghiati fino all’alba. Si sorridevano e si scambiavano effusioni, e complimenti.
Poi la ragazza si scostò e si sdraiò sul sedile del passeggero. Mentre si puliva e si vestiva, Riccardo le accarezzava i capelli dietro le orecchie.
‘Che dici, la fai colazione?’ Ammiccò con più sicurezza lui. Lei sorrise di rimando: ‘No, credo che vado a casa, ora’. ‘Ah’Certo’ Beh, se vuoi ti posso accompagnare, o magari rivedere”. Lasciò sospesa in aria quella proposta.
‘Davvero tu vuoi vedere me?’ Il tono era stupito, ma i suoi occhi sorridevano. ‘Non so se va bene questo. Cio&egrave, dico”. ‘No, principessa, non hai capito, io ti voglio. Ti voglio bene, e ti voglio.’
Forse non era la cosa più saggia. Forse era solo una ragazzata, ma Nastia sorrideva sincera. ‘Ok ‘ disse con la sua voce profonda ‘ dammi foglio e penna, ti lascio numero di telefono’.

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