La cena divenne un rituale di seduzione involontaria, un gioco di desideri mascherato da banalità quotidiana. Dago ordinò cibo cinese d’asporto, una scelta casuale che si trasformò in un preludio erotico. Sul tappeto persiano del suo salotto, circondati da cuscini di seta come in un harem moderno, aprirono decine di contenitori che rilasciavano vapori speziati nell’aria già elettrica.
I loro corpi, appena coperti da vestiti che sembravano più un’allusione che una barriera, si sfioravano mentre si contendevano il cibo. Paola, con addosso solo la sua camicia rubata – un trofeo che la rendeva più nuda che vestita – allungava il braccio oltre di lui per raggiungere le salse, premendo i seni contro il suo bicipite con una casualità studiata che faceva impazzire entrambi.
Mangiavano con le dita, un gesto primitivo che rendeva ogni boccone un atto di intimità. Paola si leccava le dita con una lentezza deliberata, i suoi occhi verdi fissi su Dago, comunicando desideri che andavano ben oltre la fame di cibo. La sua pelle nuda sotto la camicia emanava un calore che lui poteva percepire anche senza toccarla, una promessa di piacere che rendeva l’attesa quasi insopportabile.
Il destino scelse un raviolo per accendere la miccia: scivolò sul petto di Dago lasciando una scia di salsa scura, fermandosi provocatoriamente sull’elastico dei boxer. Prima che lui potesse anche solo imprecare, la lingua di Paola era già sulla sua pelle, calda e umida, seguendo il percorso della salsa come una mappa del tesoro. Il suo respiro si faceva più pesante ad ogni centimetro percorso, mentre assaporava il contrasto tra il salato della soia e il sapore della sua pelle.
Quando raggiunse il raviolo, i suoi occhi incontrarono quelli di Dago – uno sguardo che bruciava di promesse oscure. Le sue pupille dilatate raccontavano storie di desiderio che la sua bocca non osava ancora pronunciare. Con deliberata lentezza, Paola prese una bustina di salsa. “Vediamo se anche questo è buono con la salsa ..,” sussurrò abbassandogli i boxer, la voce già roca dal desiderio.
La salsa di soia colò sul suo membro già duro, gocce scure che tracciavano percorsi tentatori sulla carne tesa. La lingua di Paola seguì quelle scie con precisione metodica, assaporando ogni millimetro, prima di prenderlo interamente in bocca. Lo sentì pulsare contro il palato mentre iniziava a succhiarlo con lenta, torturante dedizione, alternando il ritmo come se stesse orchestrando una sinfonia di piacere.
Dago scivolò di fianco, guidato da un’urgenza primordiale di assaggiarla. La salsa di soia gocciolò tra le natiche di Paola come inchiostro scuro su pergamena, tracciando un percorso che lui seguì con devozione febbrile. Ogni goccia che scivolava verso la sua figa era un invito che la sua lingua non poteva ignorare. Il sapore della salsa scompariva sotto quello più intenso dei suoi umori – un nettare che lo faceva impazzire più di qualsiasi droga.
Lei continuava a succhiargli il cazzo con frenesia, come se ne dipendesse la sua vita, mentre lui affondava la lingua dentro di lei, prima sul clitoride gonfio e poi più in profondità, assaporando ogni millimetro della sua figa bagnata. Paola rispose stringendo il suo cazzo tra i seni, massaggiandolo con movimenti che tradivano una fame insaziabile. La lingua di lui proseguì la sua esplorazione verso l’alto, tracciando spirali sempre più strette attorno al suo buchino, mentre le mani allargavano e strizzavano le sue natiche, esponendola completamente al suo desiderio vorace.
Paola scivolò sul corpo di Dago, la sua figa lasciava una scia bollente sulla sua pelle – petto, addome, fino a trovare il suo cazzo duro che pulsava contro il suo ventre. Ma non era abbastanza. La fame dentro di lei cresceva, insaziabile. Risalì strusciandosi come una gatta in calore, marcandolo col suo odore, col suo sapore, premendo la sua figa sulla sua bocca – voleva che lui respirasse solo il suo profumo, che si nutrisse solo del suo nettare.
Tornò a succhiargli il cazzo con voracità, se lo passava sul viso come se volesse imprimersi nella carne il suo sapore, lo stringeva tra i seni godendo della sua durezza contro la pelle sensibile. Il suo corpo era attraversato da scariche elettriche ogni volta che la cappella sfiorava i suoi capezzoli duri.
Non resistendo più al bisogno di averlo dentro, scivolò nuovamente su di lui. Questa volta non c’erano più giochi – impugnò il suo cazzo e se lo ficcò nella figa con un gemito animalesco. Si spinse in avanti, le mani piantate sulle sue cosce, cercando quell’angolo perfetto che la faceva impazzire. La sua cappella colpiva quel punto magico dietro l’osso pubico, mandando onde di piacere dirette al cervello, facendola tremare fino al midollo. Si muoveva su e giù come una cavallerizza esperta, calibrando ogni movimento per massimizzare il piacere, sentendolo scivolare dentro e fuori dalla sua figa che si contraeva sempre più stretta intorno a lui.
L’estasi paralizzava Dago, il cervello annebbiato dal piacere che gli offuscava ogni pensiero. Quando aprì gli occhi, la vista del culo perfetto di Paola che si muoveva su di lui risvegliò qualcosa di primitivo. Le sue mani affondarono nella carne – stringendo e schiaffeggiando quelle natiche che arrossavano sotto i suoi colpi. Ad ogni schiaffo lei si mordeva le labbra, il dolore che amplificava il suo godimento, la figa che colava sempre più bagnata.
Afferrò i suoi fianchi, guidando la sua cavalcata prima di cedere a un desiderio più oscuro. La sollevò con decisione fino a far uscire il suo cazzo duro da quella figa grondante. Lei capì subito, il corpo già proteso verso quella violazione più profonda. Quando la sua cappella premette contro il buchino, invece di resistere si spinse contro di lui con bramosia, ingoiandogli il cazzo fino alla base con un grido di piacere selvaggio. Il suo corpo tremava mentre sentiva quella verga pulsare nel suo culo stretto, riempiendola completamente.
La lasciò muoversi su quel cazzo che le riempiva il culo, godendosi la vista del suo corpo che ondeggiava sopra di lui. Poi, con un movimento deciso, la sollevò per affondare nella sua figa grondante. Un gemito di protesta morì sulle labbra di Paola quando lui la spinse di nuovo su, per poi tornare a violentarle il culo. Il gioco era iniziato – figa, culo, figa, culo – ogni penetrazione più profonda della precedente, ogni cambio che li portava più vicini alla follia. I loro corpi erano coperti di sudore, l’aria densa dei loro umori e gemiti.
Paola si girò di scatto, restando a cavalcioni su di lui, affamata di guardarlo mentre la possedeva. I suoi capelli, di solito così perfettamente acconciati, erano una selvaggia cascata scura che le incorniciava il viso. Le guance arrossate e gli occhi verdi bruciavano di un’intensità quasi febbrile – non era più la raffinata signora di società, ma una creatura di puro istinto e desiderio. Il suo rossetto sbavato, le labbra gonfie dai morsi tradivano ogni pretesa di controllo. Si lasciò cadere sul suo cazzo, prendendolo fino in fondo nella figa pulsante, mentre una goccia di sudore le scivolava lungo il collo.
Gli afferrò i polsi, inchiodandoli al pavimento mentre si chinava su di lui. Le loro bocche si trovarono in un bacio violento, le lingue che si cercavano con la stessa ferocia con cui i loro sessi si univano. Non era più un bacio – era un altro modo di scopare, un’altra penetrazione che li avvicinava all’estasi finale.
L’istinto aveva preso il sopravvento su Dago. Impazzito di desiderio, iniziò a scoparla con ferocia dal basso, il suo cazzo che la penetrava con spinte violente che la facevano sobbalzare. Il suo corpo fremeva, scosso da ogni colpo, mentre la figa grondava sempre più bagnata. Ad ogni spinta brutale, la sua lingua si faceva più vorace, come se volesse divorarlo, possederlo attraverso quel bacio selvaggio.
Un grido animale eruppe dalla gola di Paola quando staccò la bocca dalla sua. Si impalò sul suo cazzo con una forza ancestrale, come una dea pagana nel culmine del suo rito. Dago le bloccò i polsi, bloccandola in quella posizione mentre continuava a sbatterla senza pietà. I loro corpi si scontravano con violenza quasi dolorosa, le ossa del pube che cozzavano a ogni affondo, il dolore che amplificava il piacere fino a renderlo insopportabile.
L’orgasmo li travolse come un’onda anomala, lasciandoli tremanti e sconvolti. I loro corpi, incapaci di fermarsi, continuavano a muoversi per inerzia, cavalcando le ultime scariche di un piacere che sembrava non voler finire. Si cercarono con le labbra in un bacio esausto, gli occhi serrati, le menti proiettate in una dimensione dove esisteva solo quella fusione perfetta dei loro corpi.
Dago giaceva esausto, ogni muscolo urlava in protesta per l’abuso subito. Si sentiva svuotato fino al midollo, eppure pervaso da una felicità quasi infantile. Paola era la realizzazione delle sue fantasie più segrete, ma questa creatura insaziabile non sembrava ancora appagata.
“Ti prego… un attimo di tregua… mi sento a pezzi… mi fa male dappertutto…” La sua voce era poco più di un sussurro esausto.
Lei lo osservò con quel sorriso malizioso che gli faceva tremare le ginocchia. “Aspettami sul letto… ti raggiungo subito… so come fare a rimetterti in sesto!”
Incapace di resistere al suo potere su di lui, si trascinò sul letto. Si abbandonò prono, abbracciando un cuscino, scivolando quasi istantaneamente verso un dormiveglia esausto. Il tempo perse significato fino a quando sentì il materasso cedere sotto il peso di lei. La sua figa calda premette contro la sua schiena, mandando brividi lungo la sua spina dorsale. Cercò di fingere di dormire, ma il suo corpo già tradiva un risveglio di interesse.
“Lo so che stai facendo finta… lascia fare alla tua terapista… fidati… qualunque cosa ti faccia!” Senti il fruscio della seta tra le mani di Paola. Non fece nemmeno in tempo a girarsi che si ritrovò bendato, precipitato in un mondo fatto solo di sensazioni tattili.
L’olio freddo gli strappò un brivido quando colò sulla schiena. Le mani di Paola iniziarono il loro viaggio sensuale – prima delicate, poi più decise nell’affondare nei muscoli tesi. Seguiva le linee della sua schiena possente, forgiata da anni di competizioni e allenamenti, ogni muscolo che si scioglieva sotto il suo tocco esperto. Le sue dita tracciavano spirali sempre più ampie, scendendo lungo i fianchi asciutti, risalendo fino alle spalle larghe da nuotatore, godendosi ogni centimetro di quella pelle calda.
Quando raggiunse il suo sedere, Paola si prese il suo tempo. Le mani affondarono in quei glutei scolpiti da migliaia di vasche in piscina – perfetti, duri e definiti sotto l’olio. Li massaggiò con movimenti circolari, alternando pressioni profonde a carezze più leggere, sentendoli rilassarsi sotto il suo tocco. Le sue dita scivolavano lungo la separazione tra le natiche, non osando ancora invaderlo ma promettendo piaceri futuri.
Le sue mani curiose scivolarono sotto di lui, cercando e trovando il suo cazzo che già iniziava a risvegliarsi. Lo accarezzò delicatamente, sentendolo crescere tra le sue dita, mentre continuava a massaggiarlo con l’altra mano. Il corpo di Dago si tendeva sotto di lei, diviso tra il rilassamento del massaggio e l’eccitazione crescente che gli faceva alzare leggermente i fianchi, spingendo il cazzo sempre più duro contro il suo palmo.
L’olio le colò tra le tette mentre si preparava a usare il suo corpo come un’arma di piacere. I suoi capezzoli, duri come pietre, graffiavano la schiena di Dago che, privato della vista dalla benda di seta, sussultava ad ogni contatto inaspettato. Si strusciava contro di lui, lasciando scie umide sulla sua pelle – voleva marchiarlo, possederlo attraverso ogni poro mentre lui, cieco e indifeso, poteva solo subire le sue torture.
Lo girò con ferocia – aveva bisogno di guardarlo mentre lo faceva impazzire, mentre lui poteva solo immaginare cosa sarebbe successo. Versò altro olio sui loro corpi già lucidi di sudore e desiderio. Il suo cazzo, ormai un totem di carne pulsante, sparì tra i suoi seni. Osservava il suo viso bendato contrarsi di piacere mentre lo massaggiava con dedizione perversa, ipnotizzata dalla vista della cappella gonfia e violacea che emergeva tra le sue tette. La sua figa era un lago di umori mentre sentiva quella verga dura scivolare nel solco dei suoi seni, ogni movimento che le mandava scariche elettriche dirette al clitoride.
Dago, perso nell’oscurità della benda, poteva solo sentire – il calore dei suoi seni, la pressione che aumentava, il piacere che cresceva senza poter prevedere i movimenti di lei. Paola aumentò il ritmo, stringendo le tette attorno al suo cazzo come una morsa di carne calda, bramando di sentirlo ancora più duro. La prima goccia di pre-orgasmo le fece contrarre la figa in uno spasmo di desiderio – voleva la sua sborra, ne aveva bisogno come una droga.
Accelerò ancora, spinta da una fame animalesca di vederlo perdere il controllo mentre lui, cieco e inerme, si aggrappava alle lenzuola, ogni muscolo teso nell’inutile tentativo di resistere al piacere che lei gli imponeva. Il primo fiotto caldo le colpì il viso come una frustata di piacere, scatenandole un orgasmo violento. Non smise di muoversi, il suo godimento che si mescolava alla sborra calda che le inondava la faccia, i seni, la bocca spalancata in attesa di ogni goccia.
Solo quando fu sicura di averlo prosciugato completamente lo liberò dalla sua tortura di piacere, lasciandolo ancora bendato, il respiro spezzato, circondato solo dal silenzio e dall’odore intenso del loro sesso mescolato all’olio.
Paola raccolse la sborra dal suo corpo come se fosse un nettare prezioso, leccandosi le dita con lenta, oscena devozione. Ogni goccia del suo seme era un trofeo da assaporare, un segno del potere che aveva su di lui. L’elegante signora dell’alta società era scomparsa, lasciando emergere una creatura di puro istinto sessuale, una femmina affamata che aveva appena iniziato a nutrirsi.
Il materasso si mosse sotto il suo peso mentre si posizionava. Dago, ancora bendato, percepì prima l’odore intenso della sua figa – un profumo selvaggio che gli fece contrarre il cazzo ancora sensibile. Poi il calore, pulsante e vivo. Quando il sapore inondò la sua lingua, capì che Paola aveva deciso di usarlo come un oggetto di piacere.
Lo immobilizzò con le cosce – una presa che non ammetteva resistenza. La sua figa grondante si muoveva sul suo viso come se stesse scopando il suo cazzo, mentre le dita spregiudicate si allargavano le labbra, esponendosi completamente alla sua lingua. Con l’altra mano gli afferrò la testa, guidandolo dove voleva essere leccata, usandolo come un giocattolo sessuale vivente.
Dago leccava con foga, la lingua che affondava nella sua carne bollente, mentre lei si accarezzava i seni, il ventre, il clitoride gonfio. Era una dea pagana che cavalcava il suo schiavo, ogni movimento un comando, ogni gemito un’esigenza di più piacere. Ma non era abbastanza. Niente sembrava mai abbastanza per placare la fame che la consumava. Voleva di più, voleva tutto – voleva essere riempita, posseduta, scopata fino a perdere il senno. senno.
Con la ferocia di una belva affamata, Paola si girò di scatto, imponendo un 69 che non ammetteva rifiuti. Aveva bisogno del suo cazzo in bocca come dell’aria per respirare. Mentre continuava a strusciarsi sul viso di Dago, la figa che colava sui suoi labbri, la sua lingua, iniziò a succhiarglielo come una posseduta. Lo voleva tutto, voleva sentirlo pulsare contro il palato, voleva farlo sparire in gola.
Dago spingeva nella sua bocca con forza crescente, il cazzo che affondava sempre più in profondità, perso in un vortice di puro istinto animale. Le sue mani si aggrapparono alle natiche di lei, allargandole con brutalità per poter affondare la lingua ancora più a fondo in quella figa grondante. Voleva divorarla, berla, possederla con la lingua come lei lo possedeva con la bocca.
Con un ringhio primordiale, invertì le posizioni in un movimento fulmineo. Si mise sopra di lei, piantando le braccia ai lati del suo corpo per immobilizzarla, spalancandole le cosce per avere completo accesso al suo sesso pulsante. Ora era lui il predatore – anche bendato, guidato solo dall’istinto e dal profumo inebriante della sua figa.
I primi affondi della sua lingua bastarono a far esplodere Paola in un orgasmo violento che le fece tremare le cosce attorno alla sua testa. Ma non si fermò – non poteva fermarsi. Continuò a succhiare quel cazzo come se ne dipendesse la sua vita, mentre il suo corpo vibrava in un limbo di piacere continuo. Era persa in una spirale di sensazioni – ogni nervo del suo corpo urlava di piacere, il cervello attraversato da scariche elettriche che la facevano tremare. Non era più la donna controllata di sempre – era diventata una creatura di puro istinto sessuale, schiava del proprio desiderio insaziabile.
Dago rallentò le spinte nella sua bocca, dedicandosi invece a massaggiarle la figa con forza crescente. Le sue dita affondavano in quella carne bollente e bagnata, esplorando, possedendo. Si strappò la benda dagli occhi – aveva bisogno di vedere, di divorarla con lo sguardo mentre la faceva impazzire di piacere.
Si aggrappò alle sue natiche come un naufrago alla sua zattera e iniziò a leccarla con foga bestiale, la lingua che tracciava percorsi infuocati dal clitoride gonfio fino al buchino stretto, ogni passata più forte della precedente. Paola rispondeva succhiandogli il cazzo come se volesse estrarne l’anima, la gola che si apriva per accoglierlo tutto.
Sentendo l’orgasmo di lei avvicinarsi, lasciò scivolare il dito medio nel suo culo – un’invasione lenta ma inesorabile che la fece tremare. Non contento, affondò tre dita della mano sinistra nella sua figa grondante, iniziando a scoparla con entrambe le mani mentre la lingua si concentrava sul clitoride pulsante. Riprese a spingersi nella sua bocca con ferocia rinnovata, il cazzo che le riempiva la gola mentre le dita la violavano senza pietà.
Il corpo di Paola si trasformò in puro tremore, vibrazioni che partivano dal centro del suo essere e si propagavano come onde di un terremoto. Si contorceva, spingeva il bacino contro le sue dita, contro la sua lingua, mentre cercava di non soffocare con quel cazzo che le invadeva la gola. I suoi gemiti, soffocati dal sesso di lui, erano il canto di una creatura persa nel piacere più oscuro.
L’orgasmo si costruì nel cervello di Dago come una tempesta elettrica, scariche di piacere che scendevano lungo la spina dorsale in un’onda inesorabile. Ogni terminazione nervosa prendeva fuoco mentre il piacere lo possedeva completamente, trasformandolo in una bestia guidata solo dall’istinto di scopare ogni buco di Paola sempre più forte, sempre più a fondo.
La sua sborra le inondò la gola in un fiume caldo e violento. Lei, insaziabile fino all’ultimo, aumentò la forza del risucchio – voleva ogni goccia, doveva averla tutta. Il suo stesso orgasmo esplose in quel momento, devastante come un’esplosione nucleare, facendole schizzare gli umori sulla faccia di Dago in un battesimo di puro piacere carnale.
La semioscurità calò sui loro corpi come una coperta di velluto nero, avvolgendoli in un bozzolo di intimità post-orgasmica. Si mossero l’uno verso l’altro come attratti da una forza magnetica, scivolando pelle contro pelle fino a trovarsi abbracciati. Le loro bocche si cercarono – non più con la ferocia di prima, ma con una tenerezza quasi dolorosa. Si baciarono lentamente, assaporando sulla lingua di l’uno il sapore dell’altro, come a suggellare quella fusione perfetta dei loro corpi e delle loro anime.
E il prossimo capitolo sarà anche meglio (ormai ne mancano un paio per completare la storia). PS: grazie per l'apprezzamento!
Bellissimo racconto, come detto in un altro racconto, da ragazzino ogni volta che venivo inculato riuscivo a venire senza toccarmi,…
Semplicemente notevole!
La vera natura di Alessia comincia a prevalere sulla sua educazione...
Devo confessare che ora sono confuso: inizialmente sembrava esserci una certa ritrosia, ma ora pare che il punto di vista…