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Racconti Erotici Etero

L’avvocatessa del…foro

By 3 Settembre 2007Dicembre 16th, 2019No Comments

Ciao a tutti. Non posso dirvi il mio vero nome, ma alcuni dei miei clienti mi chiamano semplicemente Bella. No, no. Non sono una prostituta, ma semplicemente un’avvocatessa un po’ puttana. Si, &egrave vero. Da qualche tempo ho preso l’abitudine di rinunciare alle lettere ed ai decreti d’ingiunzione per i clienti insolventi, e di richiedere un pagamento in natura. Vedreste che faccia che fanno le persone. Io sono alle prime armi, per cui mi accontento di piccole cause: recupero crediti, qualche separazione, ma soprattutto ho a che fare con gli extracomunitari e con le e loro piccole questioni di legalità. Mi capita spesso di risolvere i loro problemi e vengono a ringraziarmi. Già, a ringraziarmi ma’.’per il momento non lavora, puoi aspettare qualche tempo che ti pago con primo guadagno’. La solita frase. Così un giorno, davanti ad un ragazzetto appena maggiorenne niente male, ho meditato di unire l’utile al dilettevole dicendo:
– No, non posso proprio aspettare. Vorrà dire che dovrai disobbligarti in qualche altro modo. E mi abbassai le bretelle mostrando le mie grosse tette.
Ahaha, non potrò mai dimenticare la faccia che fece. Evidentemente era la sua giornata fortunata. Oltre ad avere vinto la causa per il rinnovo del permesso di soggiorno si era guadagnato una scopata. Eh già, perché vi assicuro che non sono male: mora, alta (anche se un po’ in carne), una quarta di seno ma soprattutto porca come nessun’altra. Sono la classica ragazza insospettabile: seria e compita nel lavoro, inflessibile quando indosso la toga ma decisamente troia a letto. Non ho nessun ritegno. Godo fino allo sfinimento, mi piacciono le umiliazioni e le scopate di gruppo, gli insulti e le perversioni.
Proseguendo con il racconto del mio primo pagamento in natura, appena mi tolsi la maglietta cominciai a strofinargli le tette sulla faccia. Dapprima stava immobile, ma notavo la protuberanza all’altezza della sua patta. Poi gli ordinai di leccarle e lui, sempre seduto sulla poltrona, si tuffo’ fra di esse, leccandole e mordendomi i grossi capezzoli in maniera maldestra.
– Su, tira fuori il tuo cazzo, che dobbiamo festeggiare la vittoria.
Vedendo che tentennava glielo estrassi da sola, sbottonandogli i pantaloncini talmente sporchi che da bianchi sembravano grigi.
Lo spompinai per bene, aveva un cazzo di medie dimensioni ma si vedeva che era da tanto che non faceva sesso (o forse era addirittura la prima). Insomma, dovetti fare tutto da sola, togliermi le mutande ed impalarmi sul suo membro dritto e duro.
– Scopami! Scopa il tuo avvocato per ringraziarlo.
Finalmente capì che non scherzavo e che doveva farmi godere. Così cominciò a succhiarmi i capezzoli dandomi della ‘troia’. Il suo cazzo diventava sempre più duro e si faceva largo dentro la mia fica fradicia, finché non venne con un urlo svuotandosi completamente le palle dentro di me. Avevo realizzato il mio sogno di scopare con uno di quei ragazzini stranieri ed impauriti che sbavavano di fronte a me quando mi raccontavano le loro vicende.
Questi episodi si sono ripetuti al punto che sono diventata un punto di riferimento per tanti immigrati: non solo vinci la causa e non paghi, ma se sei fortunato ti fai una chiavata gratis.
Mio marito &egrave anche lui un muratore albanese per cui dubito che non sia stato messo al corrente di queste mie malefatte. Ma evidentemente non gliene frega più di tanto di essere cornuto. In fondo gli do vitto e alloggio e qualche scopata al bisogno. Non &egrave proprio un tipo focoso, gli basta qualche sega al mattino o un bel pompino mentre guardiamo la TV. Secondo me ha un rapporto omosessuale con qualche suo connazionale, oppure mi piace pensare che lo eccitino i resoconti dei suoi amici relativi alle mie porcate dentro lo studio. D’altra parte a quale uomo non dispiace immaginare la sua donna che viene sbattuta dagli altri uomini e trattata da vera bagascia?
L’ultima causa che ho vinto lo scorso mese di luglio era a favore di tre tunisini. Anche loro rischiavano il rimpatrio. Grazie a me hanno avuto un rinnovo di altri sei mesi: appena mi dissero che non avrebbero avuto i soldi per pagarmi li portai in uno squallido alberghetto della città e li feci denudare. Due erano messi davvero bene, il terzo invece era veramente poco dotato. Mi denudai ed indossai la toga nera. Quindi mi misi a cavalcioni sul primo muovendomi sul suo cazzo come una troia e feci avvicinare il secondo che mi infilò i suoi 25 centimetri in bocca. Lo succhiai avidamente: prima la grossa cappella nera, poi l’intero cazzo fino alla gola. Ad un certo punto vidi il terzo che si masturbava e gli ordinai:
– tu con quel piccolo affare non faresti del male neanche ad una mosca: ficcamelo in culo!
Così si accucciò dietro di me e sollevando la toga me lo spinse nell’ano, appena a fianco del cazzone del suo amico.
Si dissero qualcosa nella loro lingua ed in breve, dopo avermi fatto gridare per il piacere misto a dolore e soffocamento, mi fecero spogliare completamente e si avvicinarono alla mia faccia, quindi sborrarono tutti e tre insieme: anche il subdotato, che aveva il cazzo sporco di merda. Era bellissimo sentire la sborra calda in bocca sul naso e tra le labbra. Poi li vidi leccare le mie tette, ognuno succhiava la sborra dell’altro.
E’ stata la mia esperienza più bella. In fondo con il pagamento in danaro non avrei racimolato più di 500 euro. Volete mettere? Tre cazzi in astinenza tutti per me in bocca, in culo ed in fica. Tornai a casa completamente sfinita e sporca dappertutto. Quel cornuto di mio marito mi disse:
– devi esserti sporcata con il gelato.
Si, ero sicura che avesse capito tutto e che la sera sarebbe andato al bar a farsi raccontare i particolari della colossale scopata dei miei clienti. Che maiale.
Se volete posso raccontarvi altre mie avventure.

Neanche la più puttana delle puttane può avere depravazioni maggiori delle mie. Dovete vedermi quando sono impeccabile in un’aula del Tribunale con la toga, oppure col tailleur che mi aggiro tra le scartoffie della cancelleria civile e penale. Ed invece sotto quella compostezza e quegli abiti così casti si nasconde una troia, una zoccola che quando incontra un extracomunitario che non ha soldi per pagarla si fa riempire la gola di sborra.
Il mio maritino, muratore albanese, &egrave sempre meno virile e le sue performance sessuali sono proprio nulle. Non sa neanche che le nostre figlie, con molta probabilità, non saranno sue bensì di qualche suo conterraneo che &egrave passato dallo studio senza soldi ma un cazzo bello grosso che non mi sono lasciata sfuggire.
L’ultima mia depravazione da maiala impenitente &egrave accaduta la settimana scorsa. Il piccolo delinquente di turno, sempre albanese, aveva scippato una borsetta ad un’anziana. Che stronzo. Per non parlare del giudice che gli ha concesso di non finire dentro e di cavarsela con un patteggiamento a ‘prezzi stracciati’. Insomma, il bastardo era tutto contento ed &egrave venuto in studio a ringraziarmi. Senza soldi ovviamente. Fino a quel momento ero stata gentile e garbata con lui, ma più lo guardavo e più mi faceva schifo, se non per quel bozzo sotto i jeans sudici. Gli dissi con tono autoritario:
– E bravo. Certo, non sei finito dentro e pretendi pure di non pagarmi! No caro, adesso mi paghi con quello che hai. Tira fuori il cazzo e fammi il culo!
Fece finta di non capire e balbettò qualcosa, il mentecatto. Io allungai le mani e finalmente deve aver capito da come gli aprivo la cerniera infilando le mani dentro:
– piccolo bastardo, spogliati e ficcami il cazzo in culo. Devi pagarmi, e la mia parcella &egrave cara. Scopami e fammi il pieno di sborra.
Finalmente capì, ma era quasi impaurito. Non mi aveva mai sentito parlare in quel modo ed insultarlo. Mi tolsi la camicetta ed il reggiseno per fargli capire che ero decisa a porcate di ogni sorta. Le mie tette sono di una quarta misura bella piena, anche se un po’ cascanti. Ormai ho 40 anni. Ma quel maiale sembrava gradire. Appena saltarono fuori le mie bocce il suo cazzo s’inpennò. Ragazzi, che nerchia. Ad occhio 23 centimetri, e pure bella grossa. Sporca però, sicuramente, e maleodorante. Mi inginocchiai per iniziare a spompinarlo e vedere fino a che grado di durezza poteva arrivare. Sembrava di ferro. Dopo 5 minuti di scappellamenti e succhiate profonde era quasi un randello. Mi misi alla pecorina e gli dissi. Ficcamelo dentro. La mia fica pelosa aveva voglia di essere sbattuta per bene, non faceva altro che colare di brutto. Così finalmente si decise a mettermela dentro ed a scoparmi. Aveva capito che facevo sul serio e che, soprattutto, ero più porca di una bagascia di strada.
– Tu porca, io te sbatto con cazzo duro. Pronunciava qualche frase sconcia che rivelava come si stesse arrapando.
– Si, maiale, scopa per bene il tuo avvocato che non ti ha fatto andare in prigione. Fammi sentire che belle cappelle avete in Albania. Prepara la tua sborra calda da spruzzarmi in gola!
Il porco scopava di piena lena stringendomi maldestramente i capezzoli con le sue mani zozze. Anch’io gridavo porcate di ogni tipo. Era proprio tanto che non sentivo una mazza di quelle dimensioni nella sorca. La fica era fradicia di umori ed il cazzo scivolava che era una meraviglia, fino in fondo. Mi sembrava di sentirlo nelle viscere. La cappella grossa si faceva strada dentro di me, ogni tanto usciva fuori e poi rientrava con una spinta ancora più forte tra le labbra della fica.
Quando la fica era soddisfatta gli dissi di farselo spompinare un po’. Adesso sapeva di fregna. Lo volli in profondità, quasi fino ad ostruirmi la gola. Il porco era infoiato e mi prendeva la testa con forza per farsi succhiare tutto, dalla cappella ai coglioni. Gli leccai pure il buco del culo mentre con le mani lo masturbavo velocemente.
– In culo ora, non discutere. Mi rimisi alla pecorina e stavolta oltre alle gambe allargai le chiappe. Il mio culo &egrave grosso, sodo con la cellulite ma invitante e sempre generoso con i giovani cazzi. Entrò facilmente il porco, nonostante le dimensioni enormi dell’uccello. Mi feci stantuffare per dieci minuti dicendogli che se fosse venuto l’avrei fatto sbattere fuori dall’Italia. Il maiale m’inculò per bene, seguiva tutte le mie indicazioni, compresa quella che gli diedi all’inizio. Il pieno di sborra lo volevo dalla bocca, non dal culo. Così quando capi’ di dover venire mi prese la testa e mi ficcò il cazzo in gola riversandomi un litro di sperma caldissimo. Bevvi e sputai. Bevvi e risputai sul suo cazzo che era sempre duro e spruzzava ancora nuova sborra. Si, tutta in bocca. Entrava ed usciva cadendo sulle tette e sulla fregna. Mi sentivo sudicia quanto lui. Una gran maiala che s’era tolta una gran soddisfazione. D’altra parte avevo lavorato per bene nel mio studio. E la ricompensa ci voleva.

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