Skip to main content
Racconti Erotici Etero

L’infermierina

By 1 Novembre 2010Dicembre 16th, 2019No Comments

La testa mi doleva molto, non sapevo esattamente dov’ero, avevo lo sguardo appannato. Battendo le palpebre vidi il mio corpo, indossavo un pigiamone da ospedale, quelle imbarazzanti simil tovaglie ricamate a fiori che ti lasciano completamente scoperto il sedere. Sulla mia destra un monitor collegato tramite degli elettrodi al mio petto dava lievi segnali sonori al ritmo del mio cuore. Non avevo idea del perché mi trovavo li ne di cosa mi era successo ma con una perspicacia fuori dal comune capii che dovevo essere in ospedale. Memore dei miei studi cominciai a controllare le funzioni del mio corpo: dita dei piedi? Si muovevano. Mani? Movimenti funzionali. Viso? Nessuna cicatrice. Che diavolo mi era successo allora? Ancora un po’ disorientato mi guardai in giro e vidi un bicchiere d’acqua che mi affrettai a svuotare e infine notai il campanello che si usava per chiamare le infermiere. Affamato di risposte lo premetti e dopo breve la porta della camera si spalancò. La visione che ebbi confermò che anche una parte anatomica a me molto cara funzionava ancora in maniera eccellente. Fu una di quelle scene che se fosse un film sarebbero al rallentatore: la ragazza entrò ancheggiando, era alta, i capelli neri lunghi erano raccolti in una coda, solo un ciuffo ribelle le accarezzava il viso. I suoi occhi color nocciola mi penetrarono quasi riuscissero a vedere i pensieri osceni e carnali che feci in quel momento. Le labbra carnose e calde, simili a un frutto maturo e succoso a cui non si vede l’ora di dare un morso, si incresparono in un lieve sorriso. Purtroppo quei completi da infermiera erano ben diversi da quelli che si vedevano nei film per adulti, così sobri non mi mostrarono molto del suo corpo tranne un voluminoso seno che spingeva impertinente sotto la stoffa bianca a cui era attaccato il cartellino da cui trassi il nome dell’angelo ‘Sara’. Mi parò con un forte accento toscano ‘oh sig. R., si è svegliato finalmente! Come si sente?’. Io ancora un po’ disorientato mormorai un ‘bene’ credo’. Riuscendo a far aumentare ancora di più il suo stupendo sorriso. ‘ha finito l’acqua, fa caldo qui, vero? Il sole batte forte e l’aria condizionata a volte fa i capricci, aspetti che gli riempio il bicchiere’ e prendendolo sparì un attimo nel bagno tornando col bicchiere pieno in mano. Lo appoggiò sul comodino dall’altra parte del letto e per farlo si piegò su di me. Il suo odore mi riempì le narici, era un odore così dolce e intenso che mi fece sussultare lievemente le gambe. Restò piegata su di me per un attimo e i miei occhi caddero inevitabilmente nella scollatura e quello che vidi mi fece letteralmente ergere il cazzo come un missile al decollo. La bella infermierina non portava il reggiseno, potei vedere con attenzione quel bel seno tondo incoronati da due bei capezzoli lievemente bruni. Quando si ritirò mi guardò con uno strano sorriso, quasi avesse capito che bella visione mi avesse appena regalato. ‘Bene, ora aspetta un paio di minuti che prendo le ciotole con l’acqua calda che ti lavo.’ Pensavo di non aver capito bene ‘Come mi lavi? Ce la faccio benissimo ad andare a farmi una doccia’. Lei mi guardò divertita e disse ‘no no, ordine del medico, non ti puoi alzare, ma non ti preoccupare, negli ultimi tre giorni ti ho sempre lavato io, il tuo corpo ormai lo conosco.’ Sempre imbarazzatissimo la guardai andare in bagno e non potei fare a meno di notare il suo sedere perfetto. Di colpo mi resi conto della situazione, ero li, con un erezione spaventosa e tra breve quell’incantevole creatura mi avrebbe spogliato. Cercai di fare i pensieri più disgustosi e noiosi per farmi passare il bollore ma inutilmente. Sara uscì dal bagno con una grossa ciotola di metallo stracolma di acqua calda e una saponetta. La appoggiò sul ripiano vicino al letto e dopo aver abbassato la coperta fino alla cintola e avermi slacciato il pigiama iniziò lavarmi il petto e la pancia. Forse per il forte imbarazzo, forse per l’acqua calda che subito divenne gelata sentii il mio cazzo ammosciarsi e deporsi come uno stanco soldato sul mio linguine. Giusto in tempo, dopo una veloce asciugata, la bella Sara ricoprì la parte appena lavata con un pigiama fresco di bucato e mi scoprì la zona intima. Alzai lievemente la testa e non potei fare a meno di notare un sorriso malizioso sul volto della mia bella infermierina. Il mio cazzo, non più eretto ma ancora di dimensioni notevoli nonché completamente scappellato era adagiato sul lato non dando esito a dubbi in che stato fosse stato qualche minuto prima. Mi sentivo ardere dalla vergogna ma quando mi sentii l’asta presa nel guanto di spugna le emozioni cambiarono, un intensa e cieca voglia si impossessarono di me. In una decina di secondi sentii il sangue fluire e il mio cazzo come un palloncino, gonfiarsi e ingrossarsi tra le mani di quella splendida creatura. Sara fece un risolino e disse ‘ah bene, le altre volte che ti ho lavato non avevi certe reazioni, temevo già che le funzioni fossero compromesse.’ Mormorai qualche parola di scusa che lei subito liquidò con un ‘ma figurati, è normale’. Però non potei fare a meno di notare che il movimento aveva preso sempre più quello di una masturbazione e soprattutto si stava fermando sul mio cazzo molto più di quello che la normale igiene intima avrebbe richiesto. La situazione era bollente, io nudo dalla cintola in giù, col cazzo in tiro che più in tiro non si può, mi stavo facendo lavare/masturbare da una bellissima infermierina dall’accento toscano. Prendendo coraggio e schirendomi la voce le chiesi ‘Ehm, non pensi che ti stai soffermando troppo sul mio’ arnese?’ Lei mi guardò con uno sguardo monello e mi rispose ‘perché, ti dispiace?’ ‘no’ e a te?’. Lei non rispose subito ma accellerò il movimento con la mano, poi quasi in maniera fulminante mi si avvicinò a un centimetro dall’orecchio e mi sussurrò nell’orecchio ‘non mi dispiace e mi sta eccitando da morire.’ E subito mi infilò la lingua nell’orecchio. L’intenso piacere che provai mi fece fremere il corpo. Subito alzai le mani e trascinai il suo viso verso il mio e ci lasciammo andare in un travolgente bacio dove le nostre lingue si unirono e si intrecciarono come due serpi in calore mentre la sua dolce manina, ora libera dal guanto di spugna, continuava il suo ritmico lavoro sull’asta del mio enorme fallo. Dopo poco si staccò da me salì a cavalcioni sul mio addome e senza indugio si liberò della parte superiore del vestito da infermiera, sfoderano quei due bei seni giovani che sfidavano impudentemente la forza di gravità. Con una mano mi afferrò la testa e mi trasse a se imboccandomi con tutto quel ben di dio. La mia lingua sapiente trovò subito un capezzolo già eretto e cominciai a succhiare e leccare con passione. Chiusi gli occhi concentrato in quel dolce lavoro e godendomi i suoi teneri gemiti di piacere. Potevo sentire chiaramente il cavallo dei suoi pantaloni sulla mia pancia che emanavano un calore incredibile, l’odore dei suoi umori mi riempì le narici. A un certo punto, quasi con violenza, mi staccò dai suoi senti e levandosi da me mi disse ‘Basta! Non ce la faccio più! Leccami!’ e dicendo così si abbasso i pantaloni bianchi e gli slip neri che indossava sotto. Una bella fichetta completamente rasata e lievemente arrossata si mostrò in tutta la sua bellezza. In breve si risistemò su di me mettendomela in faccia. Si era seduta proprio sulla mia bocca e la sua fica carnosa e grondante di piacere era li che si sfregava sulle mia labbra. Con fare sapiente presi a leccarle il clitoride mentre con la mano destra cominciai a penetrarla con foga sentendo i piccoli urli di apprezzamento che dimostravano la mia abilità in quel genere di pratica. Dopo breve lei si chinò su di me e lasciandomi sempre la sua fica oscenamente spalancata in faccia prese a farmi un pompino veramente eccellente. Sentivo le sue grosse labbra carnose attorno alla mia asta d’acciaio, che succhiava e si infilava senza ritegno fin dentro la gola per poi estrarlo di nuovo fino alla punta per giocare con la lingua sul glande mentre le sue mani esperte giocavano con le mie palle. Quel 69 spettacolare durò una decina di minuti buoni quando lei staccandosi dal mio cazzo e con un climax di urli ebbe il suo primo orgasmo. Io nonostante le contrazioni vaginali che avrebbero agevolmente spezzato un asta di metallo continuai il mio leccaggio finché lei non si alzò. La guardai, era bellissima, il viso rosso, con una gocciolina di sudore che le macchiava la fronte, aveva l’aria sfinita ma mi disse ‘Ok stallone, ora tocca a te!’ e nel dirlo si girò e prendendo il mio cazzo in mano se lo fece scivolare piano piano della fica. Lei era così fradicia che nonostante le dimensioni entrò agevolmente dentro di lei. Lei non perse tempo, accucciata su di me, con la pianta del piede appoggiata sul letto prese a cavalcarmi selvaggiamente. La scena era la seguente: Sara completamente nuda se non per le scarpe bianche sportive era sopra di me, con i 23 centimetri di cazzo che la riempivano completamente, mentre le sue sode cosce davano un ritmo animalesco alla cavalcata tant’è che vedevo a stento il mio fallo sparire dentro di lei. I suoi bei seni sodi ballavano al ritmo imposto mentre lei con un gesto di passione feroce si tolse la molletta che le teneva fermi i capelli facendoli andare da tutte le parti. Il suo viso era un estasi di piacere puro, si mordeva il labbro mentre aveva gli occhi chiusi e la fronte lievemente corrugata dal piacere intenso che le stavo dando. Improvvisamente sentii per quanto possibile che cominciò ad aumentare il ritmo e prese a dire quasi silenziosamente ‘oh cazzo, sto vendendo, vengo vengo vengo.’ Sentendo quella morsa d’acciaio ritmica attorno al mio fallo la mia resistenza venne meno e con un urlo liberatorio cominciai a schizzare tanto sperma bollente dentro la sua fica mentre questa si chiudeva quasi violentemente attorno al mio cazzo. Persi quasi i sensi.
Quando mi risvegliai mi chiesi se non era solo un sogno o altro ma aprendo gli occhi vidi che non mi ero immaginato nulla. Lei stava li, bellissima, mi sorrideva. Ancora completamente nuda se non per le scarpe da ginnastica e col mio fallo che andava via via rimpicciolendosi dentro di se si era coperta in maniera pudica i seni con i lunghi capelli neri. Si chinò su di me e mi diede un tenero bacio e si alzò dal letto cercando i vestiti. Dopo una corsa in bagno uscì perfettamente vestita e coi capelli di nuovo raccolti e prima di uscire facendomi l’occhiolino mi disse ‘Che noia, sta sera mi tocca anche il turno di notte, sarò tutta sola’.

Ti è piaciuto? fammelo sapere scrivendomi un email a bardo1985@hotmail.com Erano passati sette giorni da quando mi ero svegliato dal coma e ormai incominciavo a scivolare nella routine ospedaliera. Per una volta cominciai a vedere l’ospedale dal punto di vista di un paziente, era interessante una volta tanto essere dall’altra parte della barricata. Purtroppo l’eccitante esperienza con la bella Sara non si ripeté, nonostante gli sguardi che ci scambiavamo in pubblico, i velati sorrisi durante la visita medica del mattino, non ebbi più occasione di stare da solo con lei. Al suo posto la mattina dopo c’era una donna di mezza/terza età dalle fattezze scimmiesche e le maniere brutali. Grazie al cielo il medico mi aveva dato il permesso di muovermi dal letto e potei evitare l’orribile esperienza di venir lavato da un simile orco. I giorni seguenti mi fu spiegato cosa era successo, durante una visita nel reparto psichiatrico, un paziente convinto che avessi sedotto sua moglie, mi aveva tirato un vaso da notte in testa. Il colpo era stato ben piazzato e infatti mi aveva mandato a dormire per tre lunghi giorni prima che mi svegliassi. Ora per questioni di sicurezza dovevo restare in osservazione per un paio di settimane così che si potevano escludere conseguenze neurologiche in seguito al trauma. Infermiera nazista a parte non potevo certo lamentarmi, in fondo non era troppo diverso dall’essere in una vacanza. Niente preoccupazioni, niente lavoro, solo tanto riposo. L’unica cosa che mi dava inquietudine erano le notti, spesso l’afa notturna diventava insopportabile, la stanza troppo stretta mi davano quasi un senso di claustrofobia, di oppressione. Presi a girare per i corridoi deserti come un fantasma e a chiacchierare con i vecchietti insonni come me. Presto le mie peregrinazioni notturne mi portarono sulla terrazza. Non era una vera e propria terrazza, era il tetto dell’ospedale, da una parte c’era la piattaforma per l’elicottero e dall’altra dietro un grosso muro di mattoni c’era una superficie coperta di ghiaia e sassi. I numerosi mozziconi indicavano che veniva prevalentemente usata dal personale infermieristico e medico per fumarsi in tutta tranquillità una sigaretta nelle pause. L’ospedale, costruito sul versante della collina, si affacciava sulla città, era una vista magnifica, dal lago tirava una leggera brezza che subito spazzava via le angosce di quell’angusto forno che diventava la mia stanza nelle ore notturne. Probabilmente perché il personale era molto ridotto nel turno della notte, ma tutte le tre notti che andai li non incontrai mai nessuno. La quarta notte, verso l’una, non riuscendo a prendere sonno, decisi di fare un giretto. Appoggiai il libro che stavo leggendo, mi misi le mie ciabatte e cominciai a girare. I reparti avevano un che di spettrale a quell’ora, i lunghi corridoi sembravano la trasposizione in terra del limbo, tutto così silenzioso, ovattato e neutro. Solo poche figure vestite di bianco si intravvedevano per poi subito scomparire. Da qualche stanza giungevano urla inquietanti o pianti sommessi. Per sfuggire al senso di angoscia che iniziava a farsi pressante presi gli ascensori e premetti mi diressi verso la terrazza. Una volta fuori il venticello rinfrescante mi accolse come l’abbraccio di una madre dopo una lunga assenza. Mi avvicinai al bordo e osservai incantato il panorama che mi si parava davanti. Mi persi svariati minuti ad abbracciare mentalmente la bellezza del panorama, facendomi trasportare dalla brezza come un uccello per le strade pulsanti di vita. Ma come un pesante macigno, un presentimento mi trascinò di nuovo dai cieli della libertà sulla terrazza. Non ero solo. Con aria spaventata mi girai e la vidi. Sara era li sulla porta, bella come non mai. I suoi dolci occhi mi guardavano mentre mi donava uno dei più bei sorrisi della mia vita. Lasciò l’uscio per venire nella mia direzione, i suoi lunghi capelli che portava sciolti furono carpiti dalla brezza serale facendola sembrare una venere da poco uscita dalla sua conchiglia. Mi si avvicinò finche non sentii il suo profumo pervadermi le narici, era una cosa rara per un infermiera avere un profumo caratteristico, di solito l’odore intenso di alcool neutralizzava e anestetizzava ogni altro aroma ma per lei non era così. Ci guardammo negli occhi, uno sguardo che significava più di un milione di parole e mi chiese con lieve accento di rimprovero ‘Ma dove eri finito? Ero venuta a trovarti ma non c’eri.’ ‘non riuscivo a prendere sonno in quel forno, volevo prendere una boccata d’aria fresca.’ Le risposi. Lei si mise accanto a me e guardò il panorama. Dalla città si sentiva una lieve musica jazz portata dal vento. ‘Adoro questo posto, dopo tutto lo schifo, la malattia e la tristezza che devo vivere la sotto, nelle pause vengo sempre qui a guardare il paesaggio, mi fa sentire così libera e mi ricorda che dopotutto al mondo ci sono ancora motivi per vivere’. Era così tenera nel dirlo, si vedeva che era un pensiero che le usciva dal cuore, un pensiero puro, non traviato dalle circostanze o dal fatto che dopotutto di me non sapeva niente. Non sapevo cosa risponderle, ogni parola sarebbe stata inadeguata. La vidi avere un tremito di freddo, senza dire una parola mi misi dietro di lei e la strinsi a me. Sentii il suo corpo irrigidirsi per una frazione di secondo, poi abbandonarsi al mio completamente. La strinsi forte a me, così che il calore del mio corpo si trasmise al suo. Le mie mani le passarono sul ventre, sentendo ancora quanto fosse piatto, per poi stringerla forte. Lentamente si voltò, i nostri volti erano alla stessa altezza così che potei ancora contemplare la bellezza e la perfezione di quel viso. Non erano le labbra carnose o i lineamenti armoniosi che maggiormente mi colpirono, furono i suoi occhi. Quei due profondi occhi marroni mi scavarono dentro come niente e nessuno aveva mai fatto prima, mi lessero l’anima, carpirono ogni mio segreto. La musica jazz dal borgo divenne più forte, lentamente iniziammo a muoverci, a ballare. La trassi ancora più vicino a me, sentivo i suoi seni premersi contro il mio petto, i suoi capezzoli inturgiditi dal freddo spingere da sotto il vestito di cotone. Appoggiò la sua testa sulla mia spalla e presi ad accarezzarle teneramente i capelli. Restammo così per alcuni minuti sempre ballando lentamente al ritmo dolce di quello che sembra essere What a wonderfoul world di Louis Armstrong. Non resistevo più, interruppi il contatto e la baciai teneramente sulle labbra che subito si schiusero come un bellissimo fiore facendo scivolare la sua morbida lingua dentro la mia bocca. Le nostre lingue si intrecciarono, esplorandoci reciprocamente. Un bacio intenso, passionale e tenero contemporaneamente, mi staccai da lei per baciarle il collo. La sua pelle era così liscia e morbida, ideale per essere leccata, baciata, mordicchiata. Dovetti fare un buon lavoro perché i suoi sospiri si fecero più profondi e eccitati. Lei misi le mani sul sedere e strinsi forte, era così bello, sodo e tonico, sicuramente doveva fare molto movimento per quel fondoschiena da atleta. Interruppi i baci per guardarla e le sorrisi maliziosamente, per farle capire cosa le avrei fatto da li a poco. Armeggiando con il cordino che le teneva i pantaloni chiusi sciolsi il nodo e facendola appoggiare al muro le abbassai fino alle ginocchia la divisa. Sotto portava un delizioso perizoma nera, che mi infuocò i lombi. Caddi in ginocchio e come un discepolo che prega presi a leccarle l’interno della coscia. Aveva le gambe perfettamente depilate, la mia lingua scorreva come sul velluto. Con movimenti circolari iniziai ad avvicinarmi verso la sua fichetta, con lentezza quasi esasperante le scostai il perizoma di lato liberando la sua patatina umida. Con due dita allargai le grandi labbra facendo risaltare il clitoride già lievemente ingrossato. Mi avvicinai e presi a leccarla, il contatto con la mia lingua le procurarono un lungo lamento di piacere e un brivido di puro piacere. Lei era li con la patatina completamente spalancata mentre la mia lingua giocava, leccava e sfregava il suo clitoride voglioso. Non soddisfatto presi 2 dita e presi a penetrarla, constatando con piacere che era già un lago. Le feci assaporare ogni singolo centimetro delle mie dita nella sua fichetta umida strappandoli gemiti sempre più eccitati. Le mie leccate si fecero sempre più ritmiche e intense tanto che in breve sentii il primo orgasmo montarle dentro finche con un lungo affondo nella sua micetta brodolante mi venne in faccia. Ma non fu questo a fermarmi, insistentemente continuai a leccarla finche con aggressività inaspettata mi sentii tirare per i capelli, mi guardò sconvolta e mi disse: ‘Ora basta! Scopami!’ non me lo feci ripetere, sollevai il pigiama da ospedale dandole in mano il mio fallo già completamente eretto e scappellato. Me lo meno lentamente mentre io la feci girare appoggiandola al muro e abbassandole il perizoma che incorniciava alla perfezione il suo sedere statuario. Senza indugi presi il mio pene bollente e lo strofinai lentamente all’ingresso della sua fichetta. Poi con studiata lentezza lo feci entrare piano piano dentro di lei, facendole assaporare ogni centimetro della mia carne bollente e d’acciaio dentro di me strappandoli un sommesso ‘ohhh siii’ di passione pura. La presi per i fianchi e cominciai a scoparla da dietro. La scena era la seguente: sulla terrazza dell’ospedale la bellissima Sara se ne stava con le braccia appoggiate al parapetto, con le gambe divaricate, i pantaloni abbassati fino alle ginocchia e il culetto in fuori mentre il mio enorme fallo la penetrava e la sbatteva a un ritmo selvaggio e intenso facendola godere come non le era mai capitato in vita sua. Preso dalla foga della passione le alzai la parte superiore della divisa liberando i seni che preso a ballare al ritmo delle mie bordate di bacino mentre li stringevo tra le mie dita accarezzandole i capezzoli. Sentivo l’orgasmo montare dentro di me ma non volevo venire in quella posizione così impersonale, volevo vedere la bellissima Sara nei suoi occhi divini così mi staccai da lei e la girai, non senza un suo piccolo urlo di frustrazione poiché l’orgasmo non doveva essere nemmeno troppo lontano dal suo corpo, la appoggiai con le spalle al muro e con mia grande sorpresa per la sua snodabilità (scoprii in seguito che era una ginnasta molto abile) le sollevai una gamba fin sopra la mia spalla e presi a penetrarla in quella posizione. Non durò molto, i suoi occhi fissi sui miei, le sue labbra contratte nell’atto dell’estremo piacere furono la goccia che fece traboccare il vaso per entrambi, le contrazioni ritmiche della sua vagina mi procurarono un orgasmo intenso che mi fece riversare litri di sperma e di piacere dentro la sua pancia riempiendola completamente. Restammo in quella posizione per un attimo, a baciarci appassionatamente. Dopo alcuni minuti scivolai fuori da lei e lei si rivestì ‘Bene signor R.’ mi disse in tono ironico ‘credo che questo dovrebbe aiutarla con la sua insonnia’ e sculettando si incamminò verso le scale per l’ospedale.
Non so perché lo faceva, forse era solo una ninfomane allo stadio terminale o forse stava passando un brutto periodo e aveva visto in me un raggio di luce nel buio della vita, fatto sta che mai mi ero sentito così vicino a una persona in così breve tempo. Sorridendo mi incamminai verso la mia stanza.

ti è piaciuto? fammelo sapere a bardo1985@hotmail.com :)

Leave a Reply