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Racconti Erotici Etero

L’obelisco di Hat

By 28 Febbraio 2004Dicembre 16th, 2019No Comments

Non posso nascondere il disappunto per non aver trovato posto al solito Hotel.
Anche irritazione.
Un assiduo cliente non si dirotta su un altro albergo perché, si dice, tutto &egrave completo a causa di un convegno internazionale.
Non accettai la loro proposta e incaricai l’ufficio viaggi di provvedere con un’altra sistemazione, comoda e confortevole.
Quando mi riferirono il nome dell’hotel, mi ricordai che una volta ero andato a rilevarvi un collega francese, e che mi aveva fatto buona impressione, anzi ottima.
Forse perché il mio ufficio viaggi si era particolarmente raccomandato, e aveva accennato alla mia contrarietà per il dover cambiare albergo, ma l’accoglienza fu esemplare.
Fin dall’aeroporto.
Mi attendevano allo sbarco, si incaricarono di ritirare la valigia, mi chiesero se desiderassi qualcosa da bere, e mentre un commesso andava alla ‘giostra’ del bagaglio, un altro mi accompagnava alla limousine che era all’uscita.
Malgrado il traffico, riuscì a districarsi benissimo, l’autista, e dopo poco giunsi al nuovo Hotel che, in verità, era in posizione incantevole, e con una invitante piscina in cui si rispecchiavano le piramidi. Ottima suite, con panorama dal quale difficilmente avresti voluto allontanarti, e che richiamava alla mente infinite reminiscenze scolastiche: dalle civiltà degli Egizi, alle conquiste di Napoleone.
E’ vero che il mio balcone non si affacciava sul Nilo, ma la veduta non era meno bella e, soprattutto, non giungevano i rumori del traffico confuso e disordinato della capitale.
Bella veduta, certo, ma ancora non mi ero accorto che, lateralmente, la grande finestra, aperta, permetteva di ficcare il naso nella camera altrui.
Al momento, comunque, la visione era veramente interessante.
Quello che si scorgeva nettamente, indicava che chi occupava quella suite era persona di sesso indubitabilmente femminile, non certo in età avanzata, e che probabilmente stava entrando o uscendo dalla doccia, o aveva a che fare con qualcosa di bianco. Forse un grosso asciugamano.
Un paio di tette formidabili, splendide, affascinanti.
Il parapetto tagliava la parte inferiore della persona ‘peccato!- e la testa era tagliata a metà dalla finestra.
Comunque, la scena era seducente e non consentiva che ci si allontanasse dal punto di osservazione.
A premiare la perseveranza, ci pensò la posseditrice di quella grazia di dio che evidentemente, al momento, doveva essere nella doccia.
Entrò nella camera e, da quel che potevo arguire, andò a specchiarsi.
Beato lo specchio che poteva accogliere da vicino quello che a me, invece, toccava ammirare da molto più distante.
Era di una bellezza da mozzare il fiato.
Di quelle che ti fanno schizzare gli occhi dalle orbita, e ti rendono difficile infilare i pantaloni.
Il volto rimaneva seminascosto nell’ombra, ma pur essendo, il viso, importante, al momento era un particolare del tutto trascurabile.
La prima considerazione che balzò spontanea alla mente fu che era veramente un gran bel tocco di f’. e beato che se la godeva.
Quanto mi premeva nelle brache si rammaricava di non essere lui.
Indugiai ad assistere alla toletta, e quando compresi che era uscita dalla camera, mi decisi a fare io una bella doccia e a scendere per la cena.

Prima di entrare nella ‘salle à manger’ detti uno sguardo in giro.
Quella, tutta sola, seduta al tavolo in fondo al salone, era lei, sicuramente. Riconoscevo la silouette. La reazione che stava avvenendo nel mio boxer me lo confermò.
Si avvicinò il Maitre, gli sussurrai, con aria di complicità, che non mi sarebbe dispiaciuto sedere al tavolo dove era quella signora.
La indicai.
‘Lo credo bene,.Msieur, &egrave uno schianto, se posso permettermi di dirlo. Non &egrave la prima volta che scende al nostro Hotel. E’ una irlandese che si interessa di antichità egizie. Ma credo, dalle fattezze e dal colore della pelle, che sia un magnifico esemplare di due razze. Uno dei due genitori deve essere di colore. Potrebbe essere nubiano.
Comunque, attenda, che vado in avanscoperta.’
Si avvicinò al tavolo delLa donna, le disse qualcosa che non potevo udire, si chinò, si voltò verso me, mi strizzò l’occhio e fece cenno di raggiungerlo.
Preparai una generosa mancia.
Mi accompagnò al tavolo.
Era più bella di quanto immaginassi.
Le chiesi il permesso di sedermi, mi sorrise chinando il capo.
‘Sono Piero Marini, Madame”
‘Prego, si accomodi’ sono Maureen Kenneth”
‘Lei parla italiano, complimenti.’
‘Ho studiato anche a Torino, ma la mia lingua madre &egrave l’inglese’ anzi no, &egrave più esatto dire l’irlandese.’
Era anche una piacevole conversatrice.
La guardavo e gli abiti sparivano, quanto avevo intravisto dalla finestra prevaleva ed era confermato da ciò che potevo ammirare.
Che bella cosa che l’altro Hotel fosse al completo.
Azzardai ad invitare Maureen a fare un giro, in carrozza, sotto le piramidi, al chiar di luna.
Accettò subito, simpaticamente, e non si allontanò da me allorché, sedendomi vicino a lei, nella stretta carrozzella, le ero vicinissimo, la toccavo con le mie gambe.
Facemmo fermare quasi sotto la piramide di Cheope.
Maureen me la descrisse, con poche parole, precise, solo i dati essenziali. Si capiva che era molto addentro all’archeologia egiziana.
Mi ricordò quanto importante fosse l’Egitto, che per i Greci era il ‘dono del Nilo’, accennò alle divinità egizie, ai ruoli specifici (ad esempio, vegliare sui defunti).
Citò PTHA, creatore dell’universo che ha dato origine a tutte le divinità e al mondo intero: gli basta individuare un’immagine nel suo cuore e pronunciarne il nome con la lingua.
Cuore e lingua indicano ‘conoscenza’ e ‘parola creatrice’.
La ‘triade’ PTHA-RA-AMON rappresenta tutte le divinità.
Maureen, però, era particolarmente interessata a una Regina:

HNMT I MN(N) HAT SHePeSUT
‘Colei che &egrave unita ad Ammon’, la ‘Prima tra le Nobili’.
Era molto bella e fu una grande sovrana e la prima grande donna della storia.
A lei dobbiamo il grande tempio di Deir-el-Bahari (tempio di Hatscepsut), forse il piu’ raffinato monumento egizio di tutti i tempi. Si fece innalzare due obelischi di trenta metri.
Hatscepsut mori’ dopo circa 20 anni di dominio incontrastato e fu sepolta nella Valle dei Re La mummia della Regina, però, non e’ mai stata identificata esattamente anche se si pensa che una salma femminile ritrovata, nel 1991, in una tomba nella Valle dei Re, possa essere la sua.
La competenza di Maureen mi sorprendeva e mi attraeva, ma era la sua vicinanza, il suo tepore, il suo profumo, che mi eccitavano. La sua voce era bassa e calma, e giungeva come una carezza.
Maureen aveva programmato di seguire il corso del Nilo, in battello, e di fermarsi in vari punti, per rinfrescare i suoi appunti, fotografare qualche novità. Era molto rammaricata, però, di non aver trovato posto prima di due settimane, e lei non poteva trattenersi tanto.
Ascoltai in silenzio, e già pensavo cosa potevo escogitare per organizzare alcunché che potesse consentirci di fare insieme, sulla stessa nave, il percorso che lei desiderava e che mi incuriosiva. Non lo avevo mai fatto.
Quando tornammo in Hotel, la ringraziai per la bella serata, le proposi di rivederci, l’indomani, per un giretto al famoso mercato di Khal El Khalili, ma lei mi suggerì di visitare il Museo Egizio, se non lo avessi mai visto.
Devo confessare che la mia permanenza al Cairo, le altre volte, era stata abbastanza frettolosa e tutta dedita alle ragioni professionali per cui venivo in questa bellissima città.
Accettai con entusiasmo, a condizione che mi facesse da guida.
Sorrise divertita, e disse che lei alle nove sarebbe stata giù, per il breakfast.
L’accompagnai all’ascensore, attesi che si chiudesse la porta.
Mi avvicinai al bureau, pregai di trovarmi ‘ad ogni costo’, dei posti sulla prima nave in partenza da Luxor per Assuan, e di prenotare per due sull’aereo in coincidenza con la partenza della nave.
Sottolineai ‘ad ogni costo’.
Dopo meno di un’ora, mi telefonarono in camera: unica suite disponibile sulla nave, prenotata. Lo stesso per l’aereo.
Ringraziai e rimasi a lungo, guardando il soffitto e sognando.
Purtroppo, le finestre di Maureen erano chiuse.

Scesi qualche minuto prima, l’attesi.
Era bellissima, con un abito sportivo, comodo, e il suo incantevole sorriso, leggero, come canzonatorio.
Una colazione all’europea, senza particolari pretese.
Poi in limousine ci recammo al Museo (Midan et-Tahrir).
Maureen mi guidò subito all’Atrio centrale.
Ai piedi della scala il sarcofago di Psusennes (XXI din.); a destra statua colossale di Thumosi I (Tebe, XVIII din.); a sinistra sarcofago della regina Hatshepsut; sul fondo il gruppo colossale di Amenofi III e Tiyi.
Poi andammo al primo piano a visitare le sale col Tesoro di Tutankhamon, della XVIII dinastia.
Maureen, certamente, era lieta, e in un certo senso orgogliosa, per l’attenzione con la quale la guardavo, ma non sapeva che l’ascoltavo poco, ero intenta ad ammirarla e a ricordarla come l’avevo vista dal balcone, così come avrei voluto rivederla ancora, ma non a distanza.
All’uscita, la invitai a un aperitivo sulla terrazza del Nile Hilton, e dissi che avevo una sorpresa per lei.
Mi guardò incuriosita.
Percorremmo, in auto, un tratto lungo il Nilo, l’autista accostò sulla sinistra, dinanzi all’Hotel, disse che sarebbe rimasto ad attenderci.
Salimmo al roof garden, sedemmo vicino alla vetrata, per gustare il panorama, ordinammo due soft drinks. Ci furono servite immediatamente.
Maureen mi guardava.
‘Allora, Maureen, la sorpresa, e spero che le faccia piacere, &egrave che sono riuscito a trovare posto sulla nave che parte domani da Luxor per Assuan.’
Il volto della donna si illuminò.
‘C’&egrave un però: &egrave disponibile solo una suite, mi auguro che non le dispiaccia condividerla con me. Credo, comunque, che ci sia il modo per sistemarci senza che io le arrechi eccessivo fastidio.’
Maureen rimase in silenzio per qualche istante, scrutandomi con fare investigante.
Strinse le labbra.
Poi, distese i tratti del volto, e sulle labbra si disegnò il suo enigmatico sorriso.
‘Non &egrave detto che si dimostri un fastidio!’
Il mio profondo sospiro non espresse solo il mio sollievo, ma fu la soffocata esplosione di gioia per un messaggio che mi sembrò più che chiaro.
Dovevo cautamente accertarmene.
Cercai di rispondere amabilmente al suo sorriso, ma credo che sia riuscito solo a sottolineare una certa espressione piuttosto sciocca.
Avevamo finito i nostri aperitivi.
Maureen mi guardò di nuovo, con aria di sfida.
‘Well, Hapi, what’s your next step? Bene, Hapi, qual’é il tuo prossimo passo?’
‘Hapi?’
‘Hapi o Api, ‘colui che ha fretta’, un toro nero, con una macchia quadrangolare sulla fronte e l’immagine di un’aquila sulla schiena.’
Decisi di giocare allo stesso modo. Rinvangai le mie povere cognizioni sugli dei d’Egitto.
‘Non credo di essere ‘colui che ha fretta’, altrimenti non avrei atteso finora! E non so se chiamarla Ese, Iside, dea del cielo, o Neret, Neith, la tremenda, o Sekhmet, la potentissima”
‘Alzò la mano, ridendo, per interrompermi.
‘Quale sfoggio di cultura, che ne diresti se fossi, invece, HATOR, dea delle donne, signora dell’amore e della danza, che dà il nome al terzo mese del calendario egizio?’
Il tono era allegro e confidenziale.
‘OK, Hator.
Pranziamo insieme?’
‘Lt’s go, andiamo!’
Ero sempre più convinto che l’aver dovuto cambiare Hotel era stato un colpo di fortuna.
Trascorremmo una giornata incantevole.
Dopo il lunch, andammo a poltrire in albergo, ai bordi della piscina.
Aveva detto che doveva salire in camera.
Tornò in un due pezzi mozzafiato.
Venne a sdraiarsi nella sedia accanto alla mia.
Sapeva di eccitarmi.
Forse si era messa in quella tenuta proprio per provocarlo.
Con una certa confidente affettuosità, prese la mia mano.
‘Perché non parliamo un po’ di noi, Piero? Vuoi?’
‘Certo.’
‘Bene, comincio io.
Padre irlandese, madre Nubiana eletta ‘Miss Aswan’ quando aveva quindici anni, e mio padre la sposò quattro settimane dopo, la condusse con sé in Irlanda, alterando il passaporto, e facendo figurare che ne avesse diciotto compiuti.
Studi a Dublino, in Italia, al Cairo.
Attività: free lance per alcune riveste di storia dell’arte con particolare riguardo all’Egitto.
Single, liberissima, e con sangue gaelico e nubiano.
Conosco le nebbie del nord, le piene del Nilo.
Sono tra quelle che pur comprendendone l’alto valore economico, ritengono un delitto la diga di Aswan, e il trasferimento di Abu Simbel.
Ora tocca a te!’
Le raccontai un po’ della mia storia.
Le strinsi la mano, mi ricambiò la stretta.
Quando indossò il pareo e ci avviammo alle nostre camere per prepararci per la cena, le chiesi se potessi esserle d’aiuto per insaponarle la schiena.
‘Don’t be Hapi, darling, wait till tomorrow night. Bye-bye, I’ll have my dinner in my room!
Non essere Hapi, tesoro, aspetta domani sera. Ciao, cenerò in camera!’
Mi sfiorò la gota con un bacetto e sparì.

In aereo, dal Cairo a Luxor, non allontanò la mia mano dalla sua morbida e soda coscia.
La nave che ci accolse, all’imbarcadero, sembrava moderna ed accogliente.
La nostra suite era sul ponte superiore, centrale, con un bel balcone, ma non troppo ampia.
Il letto era ben molleggiato.
Maureen andò subito a sedersi sopra, a provarne la elasticità.
Poi uscì sulla veranda.
Io la raggiunsi, un po’ impacciato, indeciso.
Un gesto sbagliato, intempestivo, poteva rovinare tutto.
Lei era rimasta con la gonna, avana, e una blusetta abbastanza scollata per far vedere generosamente le sue brune tette che non avevano bisogno di nulla per stare su, ben erette, con gli scuri capezzoli che premevano sulla stoffa.
Si voltò verso me, mi guardò, si avvicinò.
La presi tra le braccia.
Mi offrì le sue labbra che sapevano di miele, e ci stringemmo e baciammo a lungo, appassionatamente, e con reciproci evidenti manifestazione di eccitazione.
Che bello navigare sul Nilo!
L’avrei subito rovesciata sul letto e’
Ma avevo compreso che non amava l’impazienza.
Dovevo attendere.
Si staccò lentamente, credo le piacesse sentire le mie mani sulle sue seducenti rotondità nascoste nella gonna.
Aveva sentito il turgore della mia erezione, penosamente ingabbiata nei pantaloni, e con una mano la sfiorò.
Sussurrò, con voce bassa, roca.
‘Hat needle, l’belisco di Hat! Corrisponde tutto.’
E indicò la foto a fianco del letto, mentre mi stringeva vigorosamente il sesso.
‘Adesso, però, devo fare la doccia. Tu va al bar, aspettami la!’
Mi spinse dolcemente verso la porta. Uscii.
Prima di andare al bar, mi recai dal Maitre per farmi assegnare in posti a tavola.

Non nego che tutto quell’offrirsi e ritirarsi, oltre a eccitarmi, mi rendeva sempre più impaziente e, in un certo modo, cominciava a infastidirmi.
Era evidente che Maureen avesse chiaramente accettato di venire a letto con me.
Allora?
Apparve radiosa ed elegante, pur nella semplicità del suo abbigliamento sportivo.
Mi sorrise, si mise sottobraccio, disse che voleva andare ancora più in alto, sul ponte che era il belvedere, il solarium, il tutto della nave.
Salimmo, ci dirigemmo verso poppa, nell’angolo che guardava la sponda dove eravamo attraccati. Ci affacciammo, poggiandoci sul parapetto.
Azzardai a cingerle la vita. Poggiò la sua mano sulla mia, si avvicinò ancora di più. Spostai la mano, carezzai la bella tetta, mi spinsi verso il capezzolo. Finalmente! Cominciavo a sentirla meno sfuggente.
Le detti un piccolo bacio sul collo, si voltò, ci baciammo ardentemente, incuranti degli sguardi altrui.
La nave si staccava lentamente dalla riva, si dirigeva nel centro del fiume.
La campana informò che il lunch era servito.
Scendemmo.
C’era una certa varietà di scelta, ma pregammo il maitre di farci servire qualcosa di caratteristico.
Al tavolo era seduta un’altra coppia, con un lui abbastanza anziano. Un distinto signore, con baffetti bianchi. Lei era una bruna formosetta con delle tette abbondanti che costrinse nella blusetta non appena gli sguardi di lui le fecero segno di abbottonarsi.
Fu il primo a porgermi il suo biglietto da visita, io dovetti guardare nel portafoglio, perché non immaginavo di dover far fronte a tanta convenzionalità, in una gita sul Nilo, in tenuta informale.
Era Don Diego Mendez, Direttore Generale di una nota banca di Città del Mexico.
Non appena lessi il biglietto e feci un cenno col capo, mi indicò la donna: Dona Ana, sua moglie.
Ana mi rivolse uno smagliante sorriso, e le sue labbra carnose si schiusero su una candida fila di piccoli denti.
Lesse il mio biglietto e attese che gli presentassi la donna che era con me.
Indicai Maureen
‘Maureen, la mia novia, la mia fidanzata.’
Era evidente l’ironico divertimento nel garbato cenno del capo che Maureen rivolse a Don Diego!
Caff&egrave turco, alla fine del lunch.
Don Diego annunciò che si ritiravano per la siesta.
Maureen fu alquanto ambigua.
‘Noi andiamo a letto!’
Mi prese per mano e ci avviammo in cabina.
La nave procedeva lentamente.
Molti viaggiatori erano andati sul belvedere.
Noi entrammo in cabina.
Maureen chiuse la porta, mi guardò sospirando.
‘Here we are, darling! Eccoci, caro!’
Andò nel bagno, ne uscì quasi immediatamente, senza nulla indosso.
Io non ebbi bisogno neppure di ritirarmi, rimasi nudo in un istante, e visibilmente eccitato.
Si abbracciò a me, si avvinghiò, mi cinse il dorso con le gambe.
Le mie mani la sostenevano per le natiche.
Sentivo i sui capezzoli, la cresposità del suo pube, il tepore del suo grembo, e il sapore delle sue labbra.
Così, con lei sospesa, mi avvicinai al letto, la deposi con dolcezza.
Le sue gambe dischiuse mi mostravano l’incanto del suo sesso, la sua bellezza indescrivibile.
Eravamo infiammati, entrambi.
Prese il mio glande e lo portò all’ingresso del paradiso.
‘Il tempio di Hatshepsut”
Sussurrò, inarcando la schiena, protendendo il bacino.
” che attende il suo obelisco”
Non lo attese. Ero già in lei.
Divinamente.
Non fu l’irruenza di affamati, ingordi smodati, incontrollati, ma l’esperto assaporare di raffinati alla scoperta di sempre più pregiate prelibatezze erotiche.
Esploravamo ogni angolo dei nostri corpi, e quando sentivamo più vibrante il palpitare, insistevamo, golosi buongustai della novità.
Intrecci, grovigli, viluppi, nodi, e poi il lento, voluttuoso districarsi, tra baci, carezze, sempre più cosparsi di balsamiche linfe sensuali che non lasciavano languire la nostra concupiscenza.
Quanto durò quel pellegrinaggio tra monti, valli e boschi più deliziosi di qualunque giardino incantato?
Non ci interessava del tempo che trascorreva.
Il pulsare della nave diminuì, si sentì un lieve sciabordare.
La nave si fermò.
Guardai fuori del balcone.
Una bellissima costruzione, un tempio dorato tra montagne dorate.
L’indicai a Maureen, che, divinamente affranta, con occhi splendenti, giaceva bocconi, col capo verso il balcone.
‘Cosa &egrave?’
‘Il tempio di Hatshepsut.’
‘Ma non c’&egrave l’obelisco.’
‘Li no, ma nel mio tempio si.’

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